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L’indomani, di mattina presto, Shale uscì per andare a casa di Alfie: urgeva un summit a proposito dei mass media. La polizia teneva le troupe televisive e i cronisti lontani dalla canonica, ma quelli si aggiravano furtivamente nelle vicinanze del cancello, con i loro teleobiettivi e i loro stivali di pelle scamosciata, e poi il telefono di casa squillava in continuazione finché lui non lo staccava: per non dover sentire quelle voci furbette, di uomini e di donne, a caccia d’informazioni riservate riguardo alla sparatoria e a lui stesso e via discorrendo. Shale adesso voleva lasciare la città, andarsi a nascondere da qualche parte, lontano di lì. Quasi tutti quelli con cui aveva lavorato in vita sua dicevano tienili fuori da tutto, i media del cazzo, è gente sporca e venduta e vogliono soltanto farti del male. Shale pensava che Ivis potesse accompagnarlo in macchina all’aeroporto. Voleva togliersi da tutti gli impicci. Ma Alfie disse: «Con rispetto parlando, Mansel, se tu scappi, vorrà dire che stampa radio e televisione tutte le informazioni le prenderanno dalla polizia».

«Che si fottano stampa radio e televisione. Che diritto hanno d’intromettersi nella vita della gente come si deve, Alfie?».

«Dobbiamo pensare a un’intervista per il telegiornale, registrata in studio, dimodoché tu possa esporre le tue argomentazioni a dovere, Manse. In studio, capisci, non in qualche fossa dei leoni. La BBC non si lascerà sfuggire l’occasione».

Shale era arrivato al faro in bicicletta. Uscire in macchina avrebbe significato esser seguito dalla stampa appostata al cancello. Con la bici, invece, poteva arrivare di nascosto fino a un sentiero all’altro capo della sua proprietà e di lì raggiungere la strada.

Si era portato dietro un bel po’ di quattrini e le carte di credito. Se avesse deciso di svignarsela, Alfie poteva mandargli i bagagli più avanti. Le chiavi di casa le aveva. A Denzil aveva detto di uscire di casa anche lui dal sentiero, a piedi, e poi andarsene a stare per un po’ da sua madre o cose del genere. Denzil non si trovava in casa, la sera prima, e di quel che era successo non sapeva un granché, però sapeva abbastanza in merito all’azienda ed era meglio che i cronisti non ci parlassero, specialmente cronisti col contante alla mano. Cristo, Denzil lo si sarebbe dovuto licenziare anni prima. La tolleranza può essere un grosso errore.

Alfie disse: «È fondamentale che la tua versione – la nostra versione – dei fatti sia resa pubblica. Non può essere la sola polizia a raccontare che cos’è successo. Tu – noi – siamo al centro di una furiosa battaglia politica, Manse. Grazie a Dio, all’interno delle forze di polizia c’è chi vede la necessità di giungere a un ragionevole concordato con la Mansel Shale Inc. Ma altri elementi si oppongono, pensando di poter trovare una strada migliore per uscire dal caos».

«Imbecilli» commentò Shale.

«Sì. Ma il pericolo più evidente, Manse, è che quanti si oppongono a un accordo possano usare i fatti incresciosi di ieri sera per mettere in discussione la tua immagine, per rovinarla. Queste forze vogliono che un’intesa appaia impensabile».

«Quello che diceva Lamb».

A casa di Ivis c’era una specie di spiazzo ammattonato e loro si erano messi lì, seduti su degli affari di plastica da quattro soldi, coi loro gin e menta. Alfred disse: «Il Capo in persona potrebbe contrastare quest’alleanza. Dirà ai suoi di dare in pasto alla stampa una serie di allusioni che non gioveranno certo ai tuoi affari. Potrebbero farti apparire come un personaggio dubbio: i gangster nel giardino e la ragazza morta nel salotto».

«C’è venuto pure Lane da me, sai. Proprio dentro casa». Shale guardava gli uccelli che s’indaffaravano intorno a loro, dandosi un sacco di arie sol perché si mangiavano i moscerini. «C’era Patricia stesa davanti a lui, passata per le armi, con i vestiti color ambra lacerati, perciò tu immagini, il Capo proverà una certa compassione per uno degli amici più cari della vittima, affettuosamente legato e via discorrendo. E invece lo guardo in faccia, e vedo che quello che dici tu potrebbe essere giusto, Alfie, che la sua reazione potrebbe essere negativa».

«Noialtri dobbiamo ragionare a trecentosessanta gradi» replicò Alfie. «Televisione, giornali: questi possono essere alleati preziosi. I media raggiungono decine di milioni di persone in un baleno, e possono mettere pressione dov’è che la pressione serve. Questa è una battaglia da combattere con raffinatezza. La posta in gioco è lo status. Alla fine la polizia vedrà che tu sei un interlocutore all’altezza».

Chiaramente non si sapeva mai che valore dare alle cose che diceva Alfie, specialmente quelle che diceva a casa sua: se era la verità o erano cazzate oppure qualche cosa per facilitare una delle sue gherminelle. Shale disse: «Vabbè, se avessi visto Patricia con quattro quinti della testa esplosa non staresti qui a parlare di raffinatezza». Lo scioccava scoprire che Alfie era tanto a favore dei media. Alfie di solito viveva all’insegna della cautela. E adesso invece gli diceva che toccava correre certi rischi.

Cominciava a far freddo, lì fuori. Shale si alzò e si mise a camminare, scrutando il mare con odio. «La stampa vorrà sapere da me che senso ha tutto ciò, Alf. Ad esempio, chi era quella gente lì fuori? Perché mi hanno sparato?».

Ivis a questo punto girò il faccione verso di lui, ettari di faccia grezza rosea e gioiosa, con le sopracciglia che cantavano vittoria. «Perfetto, Manse» disse con una risatina di un certo tipo, «è la nostra opportunità».

«Ah, sì?».

«È un mistero per te come per loro».

«Davvero?».

«Questo è quello che dirai nelle interviste alla TV, intendo. Sissignore, è un mistero per te come per la polizia. Devi attestarti su questa linea». Poi Alfie cambiò tono. «Però gli dici che una cosa sai per certo: un vile agguato come questo è emblematico del nostro tempo. Come, ti domandi, com’è possibile restaurare la legge e l’ordine? Come assicurarne la sopravvivenza? Capisci, Manse? Be’, scusa, certo che capisci».

Shale annuì col capo. Di quando in quando Ivis tirava fuori un’idea a modino.

«Chiaramente, non andrai a dire in TV che vedi l’alleanza tra te e la polizia come l’unico strumento valido per la salvezza del territorio» disse Alfie. «Quello sarebbe un po’ troppo esplicito. Ma i poliziotti realizzeranno senz’altro che è questo che si nasconde dietro le tue parole. Capiranno che non possono starsene con le mani in mano». Ivis si alzò e si avviò verso la casa. «Sissignore, questa cosa noi la facciamo con una certa dignità, una certa selettività. Telefono alla BBC e pongo come condizione l’intervista in studio».

Ivis lo accompagnò agli studi televisivi. L’intervista sarebbe stata registrata e poi trasmessa nel notiziario regionale della sera all’interno di un lungo segmento dedicato alla sparatoria. In macchina Ivis disse: «Rivolgiti all’intervistatore con il nome di battesimo. Li fa sentire al tuo livello».

Shale sentiva già di adorarlo, il palazzo della BBC. La reception era fantastica: spaziosa e illuminata, perché ovviamente gli ospiti delle trasmissioni non meritavano nulla di meno. Superata quest’area, Shale vide intorno a sé grande agitazione ma pure un indubbio rispetto nei confronti della sua persona. Questa gente capiva che lui rappresentava qualcosa, altrimenti non sarebbe stato lì. Dappertutto si vedevano cavi e attrezzature nuove di zecca e persone che sapevano il fatto loro, perlopiù in jeans e scarpe da tennis ma che con ogni probabilità erano in grado di districarsi tra fili elettrici e cose del genere. La ragazza del trucco si complimentò con lui per i suoi lineamenti. Disse che non aveva bisogno di fare granché, per renderlo adatto al piccolo schermo. Probabile che dicesse la stessa cosa a chicchessia, pure a un alcolizzato con la pelle come un furgone postale, però era per far sentire la gente a proprio agio e tranquilla. Insomma, lo trattavano come una star, perciò magari Alf ci aveva visto giusto. Alfie diceva che andare in TV poteva dargli il prestigio necessario per arrivare alla collaborazione con la polizia. Pensiamo all’effetto della chiacchierata tra Sir David Frost e Tony Blair... qualcosa del genere.

La donna che doveva intervistare Shale entrò in Sala Trucco e si presentò come Dawn Davies. Aveva un viso tondo e carino, da scolaretta. Sui ventiquattro anni, pensò Shale. Come poteva una scopabilissima ingenua come questa capire cosa ci stava dietro l’intervista, afferrare che le cose non erano tanto semplici? Pazienza. A questa gente qui pareva d’aver vinto alla lotteria per il solo fatto che lui era venuto a farsi intervistare, ma in effetti, come aveva detto Alfie, era lui che stava usando loro. L’idea gli garbava, anche se non bisognava gloriarsi troppo.

Agli alti livelli le cose funzionano così. Le tue opportunità devi inventartele da solo. Si sentiva meravigliosamente rilassato e in forma. Pronti via.

Dawn Davies parlò rivolgendosi alla telecamera. La sua voce, adesso che era nello studio di registrazione e stava lavorando, sorprese Shale: era maledettamente forte, come un tamtam.

Ieri sera la canonica abitata dal signor Mansel Shale, imprenditore locale emergente, è stata presa di mira da uno o più uomini armati. Un’amica del signor Shale, la bellissima 28enne Patricia Devonald, raggiunta da tre colpi di pistola, è morta all’istante.

Shale, seduto sotto i riflettori, la guardava ed ascoltava, pronto per quando la ragazza si sarebbe girata verso di lui e avrebbe cominciato con le domande, ma si accorse di uno schermo alla sua destra, guardò meglio e vide che era un monitor. L’immagine era la sua. Niente male. Il completo scuro di un certo tipo, la cravatta educata. Gli sembrò d’avere l’aria triste ma del tutto affidabile. Qui si stava parlando di un omicidio, e il dolore bisognava mostrarlo. Pensò che al posto del signor Mark Lane lui si sarebbe fidato di una faccia così, con la giusta intensità.

La polizia non è ancora riuscita a identificare i responsabili dell’agguato, ma si ritiene che possa trattarsi di elementi appartenenti ad un’associazione a delinquere estranea al territorio cittadino. La polizia crede tuttavia che possa esserci una relazione tra questo agguato ed altri atti di violenza verificatisi di recente in città.

Il filmato dell’ambulanza che aveva portato via Patricia la sera prima spuntò di colpo su di un altro monitor, poi ecco una foto di Patricia di qualche anno fa, sorridente e piena di speranze. Era questo il ricordo che Shale avrebbe desiderato conservare di lei e di qualsiasi altra donna, ma adesso invece doveva ricordarsela sanguinante sul pavimento, con quel calice di vino spezzato che le aveva infilzato il collo. Si stava parlando di una gran bella persona venuta in visita per un discorso di rispetto del loro passato, e lui non aveva saputo proteggerla. Lowri e Carmel non sarebbero più venute a trovarlo, probabilmente, per paura.

Il servizio finì e Dawn Davies partì con l’intervista: «Signor Shale, lei è stato in grado di aiutare la polizia nell’identificazione degli aggressori?».

«Ho paura che si tratti di un mistero per me come per loro, Dawn».

«Intende dire che questa aggressione era del tutto inattesa?».

La voce di ’sta ragazzina picchiava come un peso welter, santo cielo. In pratica gli stava dando del bugiardo. «Nel modo più assoluto. Come dicevo, un mistero» replicò Shale.

«È stata avanzata l’ipotesi che possa esserci la mano di un’associazione a delinquere, nella sparatoria».

«A delinquere? Sì, lei l’ha già accennato prima, Dawn. Be’, per me questa è una sorpresa. Che poteva volere, un’associazione a delinquere, da una persona squisita come Patricia Devonald?».

«Ma potrebbe essere stato lei, e non Patricia, il bersaglio?».

«Io? A livello personale? E che può volere da me, un’associazione a delinquere? Parliamo di un comune cittadino, che sta passando una serata a casa propria con un’amica. Ma c’è una cosa che so per certo: un vile agguato come questo è emblematico del nostro tempo. Com’è possibile restaurare la legge e l’ordine? Come possiamo assicurarne la sopravvivenza?».

«È stato ipotizzato che possa esserci una relazione tra questo agguato e quanto accaduto di recente a Sphere Street: anche in quell’occasione si è sparato, ed una bambina è rimasta uccisa».

«Sì, un fatto terrificante» replicò Shale. «Chi non ne ha sentito parlare, in questa città e, be’, a livello nazionale? Per quanto mi riguarda, la commozione è stata tale che ho sentito il dovere – come concittadino di quella bambina, intendo dire – ho sentito il dovere d’esser presente ai suoi funerali. Capisce, Dawn? E tuttavia no, non vedo la relazione tra Sphere Street e quant’è successo a casa mia».

«Lei ha partecipato anche al funerale di Timmy Montain, vero, signor Shale? Di un pregiudicato che potrebbe essere coinvolto nei fatti di Sphere Street e che in seguito è stato trovato a sua volta assassinato?».

Ma guarda questa sciacquetta. Era il tipo di situazione che Alfie non aveva previsto, perché la lungimiranza non era cosa sua. «Ebbene sì, Dawn» disse Shale. «Timothy Astor Montain ha lavorato per me occasionalmente, tempo addietro. Io le persone non le cancello, voglio ben sperare, indipendentemente da come possa svolgersi la loro vita in seguito». Mentre parlava, per un secondo allontanò lo sguardo dall’intervistatrice, per controllare il proprio monitor. A Shale sembrò d’avere ancora un’aria abbastanza solida: non s’era fatto spodestare da questa sfacciata di Dawn, messa lì a rivangare tutto quello che poteva metterlo in imbarazzo.

Quando finalmente fu finita andarono tutti insieme a bere qualcosa in quella che chiamavano “hospitality room”. Nome sbagliato, cazzo. Avevano il gin ma non avevano la menta, solo acqua tonica, perciò lui prese del rum. Alfie gli venne vicino e sussurrò: «Positivo al massimo, Manse. Come mi aspettavo. Hai dato forza alla tua tesi».

«Il funerale di Montain, maledizione...» ribatté Shale.

«Ah, be’, cosa fatta capo ha» disse Alfie. Ovverosia, non te l’avevo detto io, di non andarci, al funerale?

«Gliel’ha date in pasto la polizia, tutte quelle baggianate».

«Si capisce» replicò Alfie. «Quello che dicevo io».

«Per quelli lì io non valgo nulla, così come Lamb pensa che non valgo nulla. Come Mark Lane pensa che non valgo nulla».

«Ma niente affatto, niente affatto, Manse».

«Debbo fare qualcosa» disse Shale.

«Che cosa?».

«Qualche cosa».

«Stai attento, Manse».

«Stai attento un cazzo».

La ragazza si avvicinò con un sorriso largo come la botola del patibolo. «Ovviamente non potevo fare tutte le vere domande, signor Shale». Aveva un bicchierino mezzo pieno di whisky allungato. «Si rischiava la diffamazione».

«Io mi sono divertito, Dawn» ribatté Shale. «Una chiacchierata proficua».

Dawn Davies disse: «Lei è nel bel mezzo di una guerra tutt’altro che santa, no? Quei pistoleri erano soldati nemici venuti per un regolamento di conti».

«Guerra?» disse Alfie, facendosi una risata piuttosto lunga. «Voi della televisione cercate sempre il dramma! Deformazione professionale, immagino».

C’era pure il produttore del programma, donna anche lei, alta, sottile come una prolunga, capelli tagliuzzati in tanti piccoli riccioletti tipo spazzolone del cesso, forse per non impigliarsi nelle telecamere.

«Di cosa si occupa lei, esattamente, signor Shale?» domandò. Tono universitario, risonante e cordiale, di chi è abituato a impartire istruzioni. «Lei chiaramente vive alla grande: la Jaguar, l’autista, i Preraffaelliti, la canonica».

«Lei si interessa d’arte?» replicò Shale. Ai media non gl’importava un accidente della privacy. Li addestravano così, in un seminterrato di Londra o in qualche posto del genere. Gl’insegnavano a metter pressione e basta, con tanti saluti alla buona creanza.

Ivis disse: «Il signor Shale ha interessi diversificati. Di carattere “imprenditoriale”, per riassumere in una sola parola».

«Quasi tutti i reati in cui viene fatto uso di armi da fuoco hanno a che vedere con la droga, in questa città» disse Dawn Davies.

«Nel senso che quando la gente “si fa”, come suol dirsi, poi si mette a sparare all’impazzata?» replicò Shale. «Lo trovo inquietante».

«No, nel senso del traffico di droga» disse la Davies. «Gente in lotta per averne il controllo, pronta a far saltare per aria chiunque si metta di traverso, perché i soldi in ballo sono tanti. E così, lei si è ritrovato un cadavere sul tappeto del salotto, signor Shale».

«Forse è ora di andare, Mansel» fece Ivis. «Il signor Shale è comprensibilmente stanco dopo tutto quello che ha passato».

«Peraltro» disse la produttrice, «si sente parlare di una possibile coalizione tra la polizia e i baroni». Aveva un bicchiere di birra in mano, per cercare di metter su un pochino di grasso.

«Coalizione?» fece Shale.

«Baroni... accidenti!» disse Ivis, sempre con lunghissima risata annessa.

«Pensiamo che di questa vicenda si continuerà a parlare...» disse Dawn Davies.

«Vicenda?» ribatté Shale. «Questa è una tragedia, la morte di una donna».

«Forza, Mansel» disse Alfie. Si rivolse alle due donne. «Il signor Shale è già abbastanza scombussolato».