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E così Shale fissò un incontro notturno con W. P. Jantice. Si mise in tasca una Beretta automatica. Questa poteva essere una seduta un po’ difficilotta, in un modo o nell’altro. Prima di tutto, Jantice ci sarebbe venuto? Cristo, quello lì doveva avercelo, il sentore che la sua situazione s’andava facendo un pochettino dubbia. Forse girava voce che Shale era stato alla stradina di servizio, e che Harpur c’era stato prima ancora. Questo ragazzo, Jantice, era maledettamente bravo a intercettare le chiacchiere. E d’altra parte questo era il suo compito, uno dei suoi compiti. Questo ragazzo, Jantice, era tutto risatine ed evasività, però una mezza idea doveva avercela che le cose per lui non si mettevano tanto bene e potevano pure mettersi peggio.
Shale aveva detto d’incontrarsi in un punto tra alberi e cespugli, vicino a quel tratto di lungomare conosciuto come Lido della Carnalità, dove si davano convegno gli amanti. Due auto una accanto all’altra non avrebbero dato nell’occhio. Potevano essere un marito ed una moglie, anche se non l’uno dell’altra. Laggiù la gente non chiamava la polizia per raccontare di quello che poteva aver visto o sentito, dato che per la maggior parte non avrebbero dovuto trovarsi lì, in primo luogo, e pertanto non aspiravano alla celebrità. Sarebbe stata follia far venire Jantice alla canonica, specialmente perché parte dei media stavano ancora appiccicati a Shale; e Shale non sarebbe andato a casa di Jantice nemmeno se Jantice l’avesse proposto. Non si conduce un incontro di una certa tensione come questo nel territorio dell’altro: quello poteva averci roba pericolosa d’ogni genere nascosta qua e là, pronta per l’uso, e persino dei compari in attesa.
Qualche volta avevano usato il faro di Alfie Ivis come luogo d’incontro, dato che era così isolato. Ma Shale voleva che stavolta fossero lui e Jantice soltanto. Era importante. Ovviamente, se Jantice e Alfie avevano sul serio un’intesa segreta, Jantice doveva aver telefonato a Ivis per dirgli dell’incontro. Brutta cosa, ma che non si poteva evitare. Shale portò con sé cinquecento sterline in biglietti da venti.
Jantice si presentò all’appuntamento. Era già lì da prima di Shale. Shale riconobbe la Belmont color argento. A Shale la cosa non piacque. Jantice poteva esser venuto in anticipo per fare un sopralluogo e studiare le vie d’uscita, i nascondigli per i suoi compari, quel genere di cose lì. Era il tipo che poteva averci un sacco di cattive amicizie, vuoi comperate vuoi sincere. Shale era venuto con la Escort. Parcheggiò accanto alla Belmont, poi ci entrò dentro e prese posto accanto a Jantice. A Shale sarebbe parso arrogante starsene seduto nella Escort finché Jantice non l’avesse raggiunto, anche se Jantice poteva averci robetta pericolosa nascosta nella propria auto, proprio come sarebbe stato nel caso di un incontro nel suo appartamento. Shale pensava che qualche rischio bisognasse pur correrlo, per un discorso di buona creanza.
«Mi fa piacere che tu abbia voluto questa rimpatriata, Manse» disse Jantice. «In caso contrario l’avrei sollecitata io stesso. Ho sentito della riunione al Monty. Non è stata cosa troppo saggia».
«Si socializzava» ribatté Shale.
Da dietro il volante Jantice si allungò verso Shale e parlò con la voce di un amico: «Adesso ti dico la mia lettura di quella riunione lì, va bene Manse?».
Era questo il problema con i tipi furbi come quello: ti rivoltavano la frittata, sicché quando ti sembrava d’averli fatti a pezzettini, erano loro che facevano a pezzettini te. Quel che si dice l’assertività. «La mia responsabilità è quella di guardare le cose in un orizzonte più ampio, W. P.» disse Shale. «Qui non parliamo di oggi e di domani e non parliamo di uno o due affari, per quanto grossi».
Jantice disse: «Al Monty vi siete incontrati tra squadre rivali, per mettervi assieme e convincere Mark Lane che siete in grado di partorire un accordo che assicuri la pace nel territorio. E in particolare per convincerlo che lui non può fare a meno di te. Quelli di Minto non c’erano, ma tre organizzazioni non è male. O per meglio dire non sarebbe male, se davvero la polizia ragionasse in questi termini. Ma le cose non stanno così, Manse».
«Noi...».
«Ascoltami e basta. Questo è il genere di cosa per cui tu mi paghi, perciò ascolta e rifatti dei soldi spesi, va bene? Magari Iles ragiona pure in quei termini lì, però è isolato. Il piccolo Mark Lane ha recuperato terreno alla grande. A quanto pare, pensava di andar via, ma poi è tornato alla carica, ed è tornato alla carica con la stessa idea di sempre: quella di combattervi, non di unirsi a voi. Lui non pensa di non poter fare a meno di te. Per lui è un fatto spirituale, qualcosa che parte dal profondo. Da piccolo gli hanno insegnato che c’è una differenza tra bianco e nero, e lui è ancora fermo lì. E forse ha portato Harpur dalla sua parte».
Questo citrullo stava pensando alla propria posizione e ai propri quattrini. Se le varie imprese e la polizia arrivavano ad un’intesa operativa non ci sarebbe stato più bisogno di uno come Jantice a portar fuori le informazioni dall’interno della polizia, perché quelle informazioni sarebbero state messe su di un piatto d’argento nel quadro dell’accordo di cui sopra.
Pareva un pochino triste e un pochino curioso vederlo battagliare a quel modo, perché il suo impiego sarebbe venuto meno in ogni caso. Sarebbe venuto meno stasera stessa, in un modo o nell’altro. Shale aveva preso la decisione e su una cosa del genere non tornava indietro.
Jantice disse: «Il Capo è ancora sicuro che si debba infiltrare qualcuno, ed è ancora sicuro che debba essere il sottoscritto, ad infiltrarsi. Sarà bellissimo, Manse. Ma quando sento parlare di questi amichevoli incontri al Monty, e che svolgi indagini su Sphere Street, io non posso non sentirmi arrabbiato e ferito. Non posso non pensare che non ti dispiacerebbe mollarmi. È una cosa talmente stupida, Manse. Talmente sleale. E sei tu personalmente, non Alfred. Perciò hai voluto questo rendez-vous».
«C’è una certa reciprocità, tra te e Alfie?» domandò Shale.
«Ma, il punto è questo, Manse, tu hai bisogno di me, hai bisogno di me più di quanto non sai, perché tu non sei in grado di interpretare i vertici della polizia. Iles è Iles, però è Iles e basta». Parlava tranquillamente e al tempo stesso martellando, come un insegnante a scuola.
«Tu sei una voce in passivo, W. P.» ribatté Shale.
«E perciò ti sei portato dietro la pistola». Jantice accennò col capo alla tasca destra della giacca di Shale.
«Come te».
«No».
«Io porto sempre qualcosa addosso, di questi tempi».
«Nossignore, Manse. Tu l’armamentario lo detesti. Questa pistola è apposta per me».
Questo Jantice pareva deboluccio, con quel fisico pelle e ossa e i riccioli biondi, però aveva pure una sua forza, e un certo coraggio. Era il bastardo pericoloso che non t’aspetti, come molti con quella faccia lì. Shale disse: «Ho avuto gente a casa mia, son venuti a spararmi contro a raffica e hanno ammazzato una carissima amica, perciò è naturale che adesso sto sempre con l’attrezzo».
«Camminiamo un po’» replicò Jantice. «Si soffoca, qui dentro».
Non si soffocava per niente. A Shale toccava pensare che questo qui gli avesse preparato un’imboscata in mezzo al fogliame. Poteva darsi che Jantice non si fosse portato dietro la pistola perché aveva un suo distaccamento in armi nascosto nei paraggi. Cristo, magari ne faceva parte lo stesso Alfie. Poteva essere la loro mossa segreta. Jantice poteva averci la predisposizione e la scaltrezza per pianificare qualcosa del genere, per via dell’addestramento da poliziotto. Ma a Shale sarebbe sembrato patetico e scortese dire di no, perciò scese dalla macchina e i due si misero a passeggiare in mezzo alla vegetazione, in direzione della diga. Shale non mise neppure mano alla Beretta. Quello sarebbe stato offensivo sul serio. Salirono fino al contrafforte della diga e di lì guardarono verso le distese di melma in lontananza, che brillavano alla luce della luna. Uno schifo di paesaggio, però almeno con una certa ampiezza. Gli effluvi schiumosi di una fabbrica di tanto in tanto venivano trascinati dalla brezza, e ballavano per la pianura come due matti scappati dal manicomio. C’era abbastanza luce per vedere i calorosi occhi castani di Jantice brillare di astuzia e di diffidenza.
«Tu proprio non hai tatto, W. P.» disse Shale. «E che cazzo, sparare a una ragazzina davanti a tutti».
«Quella è stata la cosa più terribile che io abbia mai dovuto fare» disse Jantice. Lo disse sussurrando. Le parole gli uscivano di bocca lentissime.
«Posso ben crederci, persino per un poliziotto» ribatté Shale. Ed era sincero.
«Questa ragazzina avrebbe finito con l’affossarmi. E con l’affossare pure te. Non c’è bisogno che te lo spieghi. Questa ragazzina conosceva un sacco di gente e un sacco di fatti scomodi, Mansel».
«Doveva esserci un’altra soluzione».
«Non mi è stata offerta».
«Perché, l’hai forse chiesta? Avresti dovuto consultarti».
Jantice rimase zitto per un momento: pareva sbalordito. «Be’, ma io l’ho fatto, Manse».
«Ah sì? E con chi?».
«Si capisce che mi sono consultato».
Shale ci pensò sopra. «Alfie ti ha detto di fare così?».
«Davo per scontato che il consiglio mi giungesse da parte tua, Manse. Logicamente non era qualcosa che sarebbe mai stato detto a chiare lettere, né da te né da Alf né da me, né allora né in seguito; però, sì: era un input che arrivava da te».
«Davi per scontato che cosa, cazzo?» replicò Shale con un gemito di dolore che si andò srotolando verso il mare in lontananza. «Davi per scontato di sbocciare una bambina? E Alfie t’ha detto che l’idea veniva da me?». Shale allontanò lo sguardo dalla melma e diede un’occhiata alle proprie spalle, in caso la gente di Jantice sbucasse da dietro. Era tutto tranquillo, però.
«Oh, Dio. L’ultima cosa che voglio è creare dei dissapori tra te e Alfred, Manse. Siete sempre stati una così bella accoppiata, voi due. È questo il punto. Pensate all’unisono».
«Alfie non pensa questa cosa o quell’altra. Alfie è incline a pensare questa o quell’altra cosa».
Per un secondo Jantice afferrò il braccio di Shale, forse per impedirgli di metter mano alla Beretta.
Shale non fece nulla per liberarsi dalla stretta. Lui detestava i movimenti inconsulti. Nel riverbero bianco della luce della luna la faccia di Jantice, lunga e sognante, sembrava un ammonimento contro il farsi troppe seghe. «Manse, se ho interpretato male la tua volontà riguardo a...».
«Interpretato male?» ribatté Shale. «Tu pensi che io sarei il tipo da...? Senti un po’, W. P., io ti do il benservito».
«No, Manse». Sussurrava di nuovo, con la voce fioca.
«Ti do il benservito una volta e per tutte. Da stanotte in poi, niente più contatti, intesi? Da stanotte in poi, se t’avvicini in qualsiasi modo alla mia organizzazione tu sei una spia, tu sei il nemico, sei uno che ficca il naso e ammazza le ragazzine e basta. Finiresti laggiù, nella melma». Tirò fuori il rotolo di biglietti da venti e ne prese dieci. Li diede a Jantice.
«Non me lo merito, Manse».
«Prendili».
«Non intendo dire i soldi. Intendo dire che non mi merito d’esser tagliato». Jantice sventolò i biglietti da venti. «Mi pare tutto un po’ meschino, eh, Manse? Da quant’è che ti passo le informazioni? Due anni?».
«Senti, io pensavo d’ammazzarti, W. P.».
«Lo so. È evidente. Ho pensato di dartene la possibilità. Non che m’importerebbe chissà quanto. Di tanto in tanto mi guardo in faccia e vomito. Ci credi, Manse?».
«Forse ci credo. Se t’incammini di un passettino nel genere di vita che fai tu, all’improvviso sei bello che perduto. Però seguiti a ricordarti di com’eri prima».
«Esattamente». Poi Jantice rise. «E com’ero, prima? Ero povero. E comunque, Manse, avresti avuto le tue brave difficoltà: sparare a qualcuno dentro una macchina è un gran casino. Hai visto Pulp Fiction?».
«Non mi garba, quel genere lì». Shale gli diede il resto delle cinquecento sterline.
«Vacci piano con Alfie, Manse».
Si incamminarono verso le rispettive auto. Shale si sentiva tranquillo. La cosa era stata risolta con un certo stile. Poteva pure darsi che Jantice le meritasse, le cinquecento sterline. Poteva esserci stato un problema a livello di comunicazione, sicché Jantice aveva capito che bisognava sparare alla bambina. Le complicazioni, gli errori, si ritrovano da tutte le parti. Era lieto che Jantice non si fosse messo a farfugliare e a berciare per la paura. Shale non lo poteva sopportare, quando la gente si metteva a strillare chiedendo pietà, era una cosa che ti metteva in una posizione imbarazzante. Jantice non era proprio un cattivo ragazzo. Aveva ancora un pochino di coscienza e pure un po’ di nobile indifferenza. Jantice era il tipo di cui bisognava liberarsi, ma non liberarsi in maniera crudele. Shale pensò che poteva essere un errore, sentirsi così tranquillo e soddisfatto. Questi sono quei momenti di stasi in cui la gente piglia e ti dà una botta in testa. Adesso poggiò la mano sulla Beretta, mentre si avvicinavano agli alberi. Attraversarono la vegetazione e raggiunsero le rispettive auto. Non si scambiarono nemmeno una parola, come due innamorati che hanno avuto un bisticcio.