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Harpur decise che era ora di parlare con Naomi Anstruther, la giovane investigatrice della Squadra Narcotici, per verificare che fosse adatta a lavorare in incognito. E per verificare che intendesse farlo. Non è che si possa ordinare alla gente di correre quel genere di rischi. Aveva guardato le carte, ovviamente, e il profilo gli era piaciuto. Niente bambini, niente marito. Aveva due encomi ufficiali per atti di coraggio, uno dei quali l’aver arrestato un uomo armato essendo disarmata. Mark Lane doveva avere incontrato di persona la Anstruther per conferirle queste onorificenze, e magari se la ricordava. Il che poteva essere un punto a favore, poteva rendere più facile distoglierlo dalla sua fissazione con W. P. Jantice.
Harpur aveva bisogno che Lane restasse per combattere, come meglio credeva. Qualsiasi modo andava bene, purché combattesse. Lane aveva deciso per l’infiltrazione. Che infiltrazione fosse, allora. Sarebbe stato insopportabile vedere il Capo definitivamente annientato da Iles, o definitivamente annientato dalla moglie e costretto ad andare in pensione. Lane era un brav’uomo e meritava di meglio. Ma s’era fatto debole, e non sempre riusciva ad ottenere quel che meritava. Aveva bisogno di aiuto e Harpur era disposto a darglielo, di tanto in tanto. E in ogni caso, forse Lane aveva ragione, e l’infiltrazione avrebbe funzionato, alla fin fine: l’infiltrazione e nient’altro. Harpur non poteva permettere che quest’incarico andasse a Jantice, però. Harpur non aveva in mano nulla di concreto e nemmeno di parzialmente dimostrabile, tuttavia: nulla, in merito a Jantice, che si potesse portare all’attenzione del Capo.
Se Harpur avesse comunicato quel che pensava, ma non era in grado di dimostrare, Lane poteva decidere che fosse semplicemente parte del piano di Iles per mandare a monte il progetto di infiltrarsi, e per distruggere lo stesso Lane ove possibile. Il Capo sospettava alleanze contro la propria persona da tutte le parti, e specialmente tra Iles ed Harpur. Certe volte queste paure avevano un fondamento. Però compromettevano il discernimento di Lane. Quel che Harpur aveva bisogno di portare all’attenzione del Capo non erano torbide dicerie, bensì un altro candidato, irresistibilmente adatto all’incarico.
Harpur adesso si sorprendeva a provare un’avversione forte quasi come quella di Lane nei confronti del desiderio di Iles di giungere a un «concordato preventivo» con le gang. Sarebbe stata una capitolazione totale. Sarebbe stato regredire verso il caos, altro che sfuggire ad esso. Iles ed altri alti funzionari del paese e in giro per il mondo argomentavano che utili compromessi del genere esistevano già. Poiché i venditori all’ingrosso s’erano fatti troppo ricchi e potenti, e troppo distanti dal commercio al dettaglio, era raro che li si potesse toccare. Si chiudeva un occhio, si tolleravano traffici su vasta scala che erano smaccatamente illegali. Si perseguitavano i lacchè dei potenti a livello di quartierino, ai quali si rendeva la vita più dura chiudendoli in gattabuia, ma questo era quanto. In nome della pace Iles voleva compiere i passi successivi verso un’intesa ufficiale. Era una tesi molto forte, che si richiamava al tacito vangelo dell’attività di polizia nei casi estremi – ovvero della maggior parte dei casi – che è quello del do ut des, del concedere qualcosa in cambio di qualcos’altro. Quando le cose vanno come dovrebbero andare, il famoso “far polizia attraverso il consenso” potrebbe funzionare, perché il consenso arriva dal popolo, dalla gente. Quando le cose non vanno come dovrebbero andare, il consenso che ha un peso è quello di chi è forte abbastanza da usurpare la volontà popolare attraverso il terrore. Iles riteneva che la battaglia del terrore fosse perduta. Di tanto in tanto lo credeva pure Harpur, ma solo di tanto in tanto.
Mentre stava ancora cercando di decidere dove e come fissare un incontro con Naomi Anstruther, ricevette una chiamata da Jack Lamb, appena dimesso dall’ospedale. Al telefono, Jack sembrava essersi rimesso del tutto, pieno di sicurezza e di indebito ascendente come sempre.
«Non potevo arrischiare una visita...» si giustificò Harpur.
«Ma si capisce che non potevi. Sarebbe stato come puntare il dito su di me, per così dire, e per giunta mentre stavo a letto. Avevo già abbastanza problemi di mio. E di problemi ce n’hai pure tu, Colin».
«Ah sì?».
«Ed altri ancora in arrivo. Urge un rendez-vous. Pensavo di convocarti a Darien per una chiacchierata, visto il mio stato di convalescenza. Ma al momento qui ci sta mia madre, per assistermi. Sai come a volte possa dar voce al suo disprezzo nei confronti della polizia. Con la sensibilità che ti ritrovi, non potresti sopportarlo».
«Vabbè, questo non lo so. A casa il disprezzo non mi manca».
«Facciamo da qualche altra parte, va’» disse Lamb. «E per stavolta, niente di militare».
«Da Saintsbury». Harpur era lieto di scansare la visita al maniero di Jack, e non soltanto per via della signora Lamb. Lamb ed Harpur occasionalmente utilizzavano il parcheggio di questo supermercato. Ad Harpur sembrava di aver impiegato metà della propria carriera a scovare luoghi passabilmente sicuri per i loro rendez-vous. Lamb aveva detto che gli scenari militari non gli andavano, per il momento. Di sicuro, mentre era in ospedale non gli era stato possibile comperare nuova roba alle svendite dell’esercito. E a lui piaceva far sempre la figura del cadetto cui è stata appena assegnata la Spada d’Onore a Sandhurst. Adesso stavano parlando seduti nella Land Rover di Jack. Che non può mancare in un maniero che si rispetti.
«Ti ritrovi ancora un sacco di gente a piede libero, Col» fece Jack.
«Il cerchio si va stringendo».
«Balle» ribatté Lamb. «Quando dico gente a piede libero, intendo dire i due appiedati di Sphere Street, nonché Neville Greenage e l’uomo del Kalashnikov».
«Li prenderemo tutti quanti».
«Balle. Il tizio detto Billy il Marinaio...» fece Lamb. «William Charles Rich. Te ne ho già parlato. Le mie fonti dicono che è tornato alla carica, va di nuovo a caccia».
«Quali fonti, Jack?». Solito rituale. In un patetico tentativo di esercitare un certo controllo sulla situazione, ogni tanto Harpur rivolgeva a Lamb qualche domanda in merito alle fonti. Domande che non ricevevano risposta. E che erano impertinenti.
Lamb disse: «Billy potrebbe essere uno di quelli che m’hanno preso a botte, Col. Glielo devo. Per questo sto parlando».
E ringraziamo Dio che stava parlando. Un incontro come questo con Lamb costringeva Harpur a rinnegare buona parte di quello in cui credeva. Perché non poteva non constatare – ancora una volta – come buona parte della propria attività investigativa dipendesse da quello che Iles ed altri avrebbero definito un concordato. Harpur aveva i suoi patti con gli informatori, e su tutti con Lamb. Questi patti esigevano che Harpur non facesse caso a certe attività delinquenziali, in cambio di utili dritte riguardanti certe altre attività delinquenziali. Tutti gli investigatori di successo dovevano trovare un loro equilibrio a riguardo, probabilmente pure Lane, prima di ascendere ai vertici e indossare i panni della verginella.
Questi metodi differivano così tanto da quel che proponeva l’A.C.C.? Iles avrebbe detto di no, ma Harpur pensava di sì. Doveva pensarlo per forza, Cristo. Quel che si immaginava Iles era qualcosa di più grande, di più spaventosamente fondamentale, e probabilmente di irreversibile. Una volta che accordi a certa gente uno status preferenziale di quella portata è ben difficile cancellarlo: vedi Hitler con le SA. Era difficile pure cancellare qualcosa su scala minore: vedi Lamb. «Ho chiesto a Scotland Yard in merito a questo Rich. Tutto quello che mi hanno detto è che ha un sacco di precedenti e che per adesso è fuori di galera».
Jack disse: «Billy potrebbe pure essere uno di quelli che sono andati per sparare a Mansel Shale e hanno beccato la ragazza che stava a casa sua. I motivi di lagnanza ce li hanno. È un po’ inquietante esser presi a colpi di Kalashnikov, sia pure in maniera maldestra».
«Di questo non sono tanto sicuro» disse Harpur.
«Dici che voleva evitare di colpire la ragazzina?» domandò Lamb. «Chiamiamolo il gentiluomo del Kalashnikov, allora. Ma hai riflettuto sul fatto che Billy il Marinaio – più Quant, l’altro, se è ancora tutto intero – più il resto della squadra che a quanto pare era di stanza a Letchworth Avenue durante la mia visita in loco – hai riflettuto sul fatto che quelli ce l’avranno soprattutto con chiunque abbia concepito il canovaccio trilaterale andato in scena a Sphere Street?».
«Cioè con Manse?».
«Manse e i suoi sono soltanto un lato del triangolo. Ci sono pure Billy il Marinaio e Quant, e poi NOON».
«NOON potrebbe essere stato un fatto accidentale».
Lamb sospirò spazientito. In ospedale aveva perso peso, e adesso corrugò la fronte già abbastanza segnata onde esprimere sfinitezza. «Sento dire che hai buone ragioni per dubitarne».
«Senti dire a chi?».
Gente con i carrelli carichi di roba passava ciondoloni davanti alla macchina, e alcuni ci guardavano dentro. Due uomini che discutevano animatamente, disinteressati allo shopping, potevano dare nell’occhio. Harpur desiderava andar via quanto prima, e lo stesso avrebbe dovuto essere il desiderio di Jack. I parcheggi dei supermercati, i parcheggi degli hotel, i parcheggi dei campi di calcio: avevano il vantaggio della folla che confonde le acque, ma pure lo svantaggio della visibilità. Le ferite di Jack gli erano valse una certa notorietà giornalistica. Poteva essere pedinato. E pure Harpur.
«Chi ha organizzato quella rumorosa concomitanza a Sphere Street è uno astuto, Col» rispose Lamb. «Tu conosci qualcheduno astuto?».
Harpur disse: «Io...».
«Uno astuto che avesse pure qualcosa da guadagnare da un conflitto a fuoco in quella situazione. Un vero e proprio impresario». Lamb doveva aver perduto una quindicina di chili, il che lo faceva scendere a centocinque circa. Per adesso non era tanto più corpulento di Harpur. Il completo di Jack fluttuava un po’, quando camminava. Harpur capì perché Lamb avrebbe avuto bisogno di fare nuovi acquisti alle svendite dell’esercito. Che gli abiti civili gli venissero larghi poteva essere tollerabile, ma le uniformi svolazzanti avrebbero mortificato la sua sensibilità. Aveva il volto un po’ raggrinzito, come un peso massimo che cerca di diventare mediomassimo troppo in fretta.
«Ed è qui, in giro? Sono qui, in giro?» ribatté Harpur.
«Billy il Marinaio e gli altri? Quelli vanno e vengono prima che tu e i tuoi ragazzi vi alziate dal letto. Domanda un po’ a Mansel Shale. Domanda alla compianta Patricia Devonald. Domanda un po’ a me».
«Chi diavolo ti ha tenuto così bene al corrente mentre stavi male, Jack?».
«Direi che il regista occulto di Sphere Street è in grande pericolo, non è vero, Col?».
«Il pericolo è generale».
Lamb disse: «Ma ecco la domanda successiva: embè? Te ne importa qualcosa? Perché proteggere qualcuno capace di tanto?».
«Siamo un corpo di polizia, Jack. Abbiamo un dovere nei confronti di tutti quanti».
«L’ho sentito dire» rispose Lamb. «Gira una versione secondo la quale questo tizio astuto potrebbe perfino essere uno sbirro: qualcuno che col suo dovere ci fa i giochi di prestigio e temeva che il trucco si scoprisse, qualora la ragazzina avesse parlato. Ma probabilmente questo tizio non sei tu, Col».
Harpur disse: «E allora, Billy il Marinaio è qui in giro?».
«E perché t’avrei fatto uscire di casa, sennò?» ribatté Lamb. «Io mi sento vulnerabile. Il Marinaio potrebbe stare nascosto sotto il pane in cassetta, dentro quel carrello lì. Ti saluto, Col». Poi aggiunse: «Sì, mi sento meglio adesso. Grazie per la domanda affettuosa».
Rompete le righe. La dritta era stata data. Harpur smontò dalla Land Rover e ritornò alla sua vecchia Lada presa al garage della polizia. Era preoccupante pensare che Jantice potesse essere nel mirino, ma non poi così preoccupante, come Lamb aveva correttamente intuito. A Jantice non era dovuta alcuna protezione. Il supermercato aveva chiuso e il parcheggio stava rapidamente trasformandosi in una landa desolata. Nonostante ciò, Harpur preferiva pur sempre questo luogo d’incontro a Darien. A casa di Jack, Harpur si sarebbe ritrovato ancora una volta di fronte a qualcuna delle inquietanti opere d’arte trattate da Lamb. Ce n’erano di estremamente costose appese alle pareti di Darien. Harpur non sapeva nulla di pittura a parte quello che gli raccontava Jack, ma se Jack diceva questo è un Hockney e questo è un Jackson Pollock e quest’altro è un Tissot, conveniva credergli.
E si poteva credergli anche quando ti diceva il prezzo al quale avrebbe rivenduto questi quadri. Quello a cui non si poteva credere era la sua spiegazione di come ne era venuto in possesso, se mai ne avesse fornita una. Cosa che non aveva mai fatto. A Darien i dipinti andavano e venivano e poi erano sostituiti da altri dipinti, ma l’aura di raffinata dispendiosità rimaneva sempre. L’imbarazzo di Harpur nel doverli contemplare sarebbe rimasto anch’esso, se fosse stato costretto a recarsi spesso in visita a Darien. Invece così riusciva a toglierseli di mente. Anche questo deve saper fare il bravo detective.
*
«Be’, se dobbiamo infiltrarci da qualche parte, conviene tentare con Mansel Shale» disse Naomi Anstruther. «La sua organizzazione è la più grossa. Se mai arrivassero a una fusione, sarebbe lui a far da mattatore. Infilati lì dentro e capisci un po’ tutto. Keith Vine e Stanfield sono in ascesa, ma Manse non lo vedono nemmeno da lontano. Panico? Lui è ancora agli inizi, in realtà, cerca la classica miniera d’oro nella quale investire il suo malloppo. Misto aveva un suo spessore, ma è uscito malissimo da un paio di baruffe. Al momento si è ridimensionato. Non l’hanno nemmeno invitato a far parte della confederazione».
«Il nostro obiettivo è quello di impedire il costituirsi di qualsiasi confederazione».
«Lo capisco, signor Harpur».
«Se quelli lì ricercano l’unità è soltanto perché pensano di poter venire a patti con noi».
«Lo capisco, signor Harpur».
«L’alternativa a tutto questo è lei, Naomi».
«Sì».
«O per meglio dire lei lo sarà, se andiamo avanti su questa strada».
«Sì».
Erano in una lavanderia a gettoni. Harpur si era portato dietro un sacco pieno di roba da lavare. Che lui si trovasse in quel posto era naturale, per una famiglia con un genitore solo, e avrebbe continuato ad esser naturale, se la Anstruther avesse accettato l’incarico e avesse avuto bisogno di incontrarsi col suo Controllore di tanto in tanto. Per quegli incontri la Centrale non andava proprio. Da lì c’erano continue fughe di notizie. In una lavanderia a gettoni tutt’al più potevano esserci fughe di corrente. Lei disse: «Può garantirmi che se...».
«Io non posso garantire un granché. Non insista sulle garanzie, altrimenti non potrò utilizzarla nell’ambito di questa operazione».
Ma lei persistette, parlando con grande precisione per farsi intendere a dispetto del rumore delle lavatrici. «Signor Harpur, può garantirmi che tutti i nostri incontri confidenziali si svolgeranno in luoghi pubblici come questo?» domandò.
«Ah, sì, una cosa del genere posso garantirla. Pensavo che lei parlasse di un’eventuale crisi di panico». La guardò come a chiedere una spiegazione, ma pensava di aver capito a che si riferisse la giovane poliziotta.
«Lei ha fama di uno che va scopando in giro, signor Harpur».
«Grazie tante».
«Potrei fare dei nomi, ovviamente. Altrimenti sarei scarsa, come detective. Va bene, allora, se mi pronuncio sull’argomento?».
«Certamente».
«Lei non mi piace». Una donna impegnata a riempire una delle lavatrici rivolse lo sguardo prima verso la Anstruther, poi verso Harpur, come se stesse valutando la condivisibilità di un rifiuto da parte della Anstruther.
«Bene» disse lui. «Non ci saranno interferenze con il lavoro».
«Volevo che lei capisse questo fatto sin dall’inizio. Il mio uomo potrebbe scocciarsi, se dovesse scoprire che mi incontro con lei in luoghi appartati».
«Fottetevi, lei e il suo uomo pure».
«Lo facciamo già».
«Ascolti» ringhiò Harpur, «qui si tratta della sua vita punto, non della sua vita sessuale del cazzo. Io sono responsabile della sua vita punto. In una determinata fase potrebbe esserci bisogno di un luogo segreto – appartati – dove potersi incontrare. Più di una volta. Se la cosa la disgusta, è meglio dirlo subito. E il suo uomo non deve scoprire un bel nulla, mai. Né riguardo dove ci incontriamo, e nemmeno riguardo al fatto che lei sta svolgendo questo incarico. Potrebbe essere un problema pure la sua vicinanza a Manse. Magari ha sentito dire che Manse è uno che scopa in giro anche lui».
«Al mio uomo non devo dir nulla, di questo mi rendo conto, ma mettiamo che lo viene a sapere lo stesso».
«Non lo viene a sapere e basta. Se lo viene a sapere, la sua partecipazione a quest’operazione si conclude, Naomi».
«Lui non parlerebbe».
«Se lo viene a sapere, la sua partecipazione si conclude. Lo conosco? Nel suo profilo non c’è nulla».
«Come dovrebbe fare, lei, a conoscerlo?».
«Lei parla come se potessi conoscerlo».
«Intende dire che parlo come se lui sapesse che lei è uno che va scopando in giro?».
«È questo che intendo dire? Sì, nel senso che lei gli avrebbe ammannito certi pettegolezzi. È un funzionario di polizia?».
«No. Non sono obbligata a vivere con uno sbirro».
«Molte lo fanno e se ne pentono amaramente. Conoscevo bene una donna che ha commesso proprio quest’errore. Lei è mai stata tossicodipendente?».
«No. Si direbbe, non è vero? Per via della faccia che pare un po’ sfocata. Ho problemi quando mi guardo in uno specchio, mi domando se sono la stessa persona di quando è iniziata la giornata. Ovviamente, se uno è tossicodipendente a un certo punto non è più la stessa persona di quando è iniziata la giornata. Sta lì il bello della cosa: il diventare qualchedun altro. Sicché è stata la mia faccia da drogata, a fruttarmi la candidatura?».
«No». O forse sì: negli occhi della ragazza c’era quell’apparente aria trasognata che a tratti diventava una spaventosa vuotezza, e quell’impressione che i suoi lineamenti fossero come di sghimbescio: il naso, gli zigomi, il mento e la mascella, come se qualche muscolo si fosse rilassato in permanenza per effetto della droga. La cosa si notava particolarmente lì dentro, per contrasto con le rigide geometrie delle lavatrici. Non che questo le impedisse d’essere attraente. Le impediva di essere bella. A Manse interessava la bellezza? Patricia Devonald era bella. Harpur disse: «Non è assolutamente necessario aver fatto uso di stupefacenti. Forse è meglio di no. Un sacco di trafficanti non fanno uso della propria mercanzia. La sua preparazione di fondo è perfetta, e dalla Squadra Narcotici non mi giungono altro che lodi sperticate, a suo riguardo». Non si fermò, pronunziando subito le seguenti parole a mo’ di avvertimento ufficiale. «Debbo ricordarle del detective Raymond Street, finché lei è in tempo per ripensarci».
«Ucciso da infiltrato...» disse lei. «Non c’è bisogno che lei me lo ricordi».
«Ho bisogno di ricordarlo a me stesso».
«Non lo faccia» disse lei. «È sentimentalismo. Potrebbe interferire con il lavoro, come il sesso. Mi dica invece in che modo debbo infiltrarmi. O forse è una richiesta inutile? Debbo scoprirlo da sola, com’è che si fa?».
Harpur osservò le proprie camice e pantaloni e la roba delle ragazze girare in tondo dentro la lavatrice. Sembrava una procedura semplice e ordinata. Persino le bolle avevano un’aria sistematica. Era stato Newton a dire che la vita era fatta così, o era stato Sam Goldwyn? «Sì, immagino, che lei debba scoprirlo da sola, in sostanza».
«Ho perso punti?».
«Ci sono cose ben più importanti» replicò Harpur. «Se si dichiara disponibile lei è tra i papabili, tutto qui. Il Capo vuole un’altra persona. E probabilmente il Capo nominerà se stesso quale Soprintendente. E quello che pensa lui ha una certa importanza».
«Lane? Io sto dalla parte di Iles. Pensavo lo stesso di lei».
«A volte. Quando ha ragione».
«Lane rappresenta il passato, se rappresenta qualcosa».
«Non possiamo fare le groupie di Iles, riguardo alla questione in oggetto».
«Ah sì?» fece lei. «Mi pare una questione fondamentale, o sbaglio?».
«Sì».
«E così, la mia preferenza per Iles mi fa perdere degli altri punti?». Assunse un’espressione che le faceva la faccia ancora più bizzarramente obliqua, e ancora più simpatica. «Penso che lei dovrebbe raccontarmi di quella piccola retata che s’era messa in cantiere, così avverto Shale in tempo e mi conquisto la sua fiducia».
«Non troppo piccola» obiettò Harpur. «Manse è in grado di leggerci dentro piuttosto bene».
«Ah, be’, è maledettamente sveglio».
«Dovremo organizzare due o tre fiaschi colossali, prima che cominci a credere in lei, che la metta a libro paga. E potrebbe non crederci nemmeno a quel punto, perché si immagina che noi si piazzi lì qualcosa, se non troviamo niente. Perché mai saremmo diventati scrupolosi tutto d’un tratto?».
«Sì» disse lei. «Naturalmente l’ho fatto anch’io, quando sapevo per certo che il tizio o il caio erano trafficanti, ma risultavano apparentemente puliti in seguito a un’irruzione».
«L’attività di polizia è una scienza solo in parte. C’è anche l’aspetto creativo». Dovettero spostarsi lungo la fila di sedie azzurre per far spazio ad una signora piuttosto robusta che era arrivata con quel che sembrava un sacco pieno di tovaglioli d’albergo, i quali iniziarono a far capitomboli e poi risollevarsi dentro la lavatrice, come una pioggia di piatti oppure di frisbee. Harpur perse così d’occhio i propri vestiti, consapevole però che quelli nel frattempo continuavano a muoversi nella loro consolante, predeterminata traiettoria. «La stampa ci darà addosso, in seguito a queste irruzioni fallite, e forse pure gli avvocati di Manse. Perciò, nel lungo periodo bisogna che l’operazione riesca, per giustificare i precedenti insuccessi».
«Keynes diceva che nel lungo periodo saremo tutti morti».
«Ah sì? Scriveva le frasi sopra le castagnuole di Natale? Ad ogni modo, Naomi, eviti di morire, nel lungo come nel breve periodo. Il detective Street era coraggioso, ma si comportò da stolto, per un momento o due».
«Lei può chiamarmi pure col nome di battesimo. Ma io la chiamerò Controllo, che a quanto pare è quello che le manca».
«Veramente Iles pensa che sia l’unica dote che ho. Ma che mi colloca nella categoria dei tardoni. Al telefono o per radio dobbiamo usare comunque dei nomi in codice. Ne ho trovati un paio in un libro delle mie figlie. Lei sarà Talpa».
«Le Carré c’è arrivato prima di lei».
«Chi? Io sarò Topo».
«E Mansel?».
«Dovrò dare un’altra occhiata al libro di Jill».
«C’è un personaggio che si chiama Rospo» disse lei.
«Dunque lei conosce già questa storia? Certo che l’istruzione arriva dovunque, oggigiorno. Sì, Rospo va bene».
«Rospo è l’unico che ci interessa, giusto?».
«Non ci interessa nessuno che stia più in basso. Non vale la pena...». Era stato sul punto di dire “Non vale la pena mettere a rischio la sua vita per dei pesci piccoli”, ma cambiò la frase in «Non vale la pena mettere in piedi una cosa talmente elaborata per dei pesci piccoli. Che i delinquenti minori la facciano franca. Che poi è quello che succederà nelle irruzioni fallite di cui lei dovrà metterlo al corrente. È l’opposto di quello che facevamo di solito... che facciamo di solito: acciuffare le nullità mentre il mattatore rimane tranquillo al suo posto, col nome più grande in cartellone. Dopo Manse potremo passare a Vine, Stanfield, Panico».
Aprì lo sportello della lavatrice e mise la propria roba dentro il sacco di plastica.
«Chi le stira la roba, Colin?» fece lei.
«Non lei, Talpa. Il suo uomo non gradirebbe».
«Non verrebbe a saperlo».
«Era Rospo, non Talpa che si travestiva da lavandaia. Senta, si concentri sui misteri che contano, eh?» fece Harpur. «Sempre se ottiene l’incarico».
«Lei è infido, Topo. Lei di Rospo sapeva già tutto».