VI
«Mi scusi, signor delegato» azzardò il Frapolli non appena l’oste si allontanò. «Non sarebbe meglio convocare questa signora Sterlina in gendarmeria per un interrogatorio formale?».
«Troppo complicato, Frapolli. Non si troverebbe a suo agio e non otterremmo quello che invece ci potrebbe raccontare in questo posto. E poi non abbiamo nessuna accusa. È soltanto una normale richiesta d’informazioni».
Albino annuì, in effetti il loro obiettivo, al momento, era solo quello d’identificare la vittima.
Dalla porticina sul retro comparve una signora, ben vestita, sui trenta, trentacinque anni. Aveva i capelli raccolti dietro la nuca, castani scuri, ondulati, che le avvolgevano il capo, precisi e ordinati. Il viso era ovale, proporzionato, con lunghe e sottili sopracciglia che raggiungevano le onde dei ricciolini sulle tempie. Oltre a una gonna lunga fino ai piedi, portava una camicetta chiara, scollata fino al limite dell’attaccatura del seno.
La donna con disinvoltura, ma con portamento composto, si sedette al tavolo dei poliziotti.
«Buongiorno, Sterlina» salutò il delegato.
«Buongiorno a te, Zechi» disse la donna.
Ad Albino si alzarono le antenne. Questa meretrice conosce il soprannome dell’ufficiale capo della polizia di Lugano e lo usa pure? Il gendarme però non volle trarre conclusioni affrettate e si concentrò sull’interrogatorio senza pensare ad altro.
«Tutto bene?».
«Per ora sì, finché non ci caccerete».
«Io e il collega Frapolli non cacceremo nessuno. Di’, piuttosto, hai saputo del ritrovamento del cadavere della ragazza?».
«Dell’angelo?».
«Eh sì, dell’angelo, appunto».
«Qui al Sassello, da mezzogiorno non si parla d’altro».
«La conoscevi?».
Vi fu una lunga pausa. Sterlina era titubante e indecisa, guardava di continuo prima il delegato, poi fissava il gendarme.
«Non ti preoccupare, Sterlina. Il gendarme Frapolli è una persona seria, un mio amico, di lui ti puoi fidare nel modo più assoluto».
Il Frapolli non capiva bene cosa stesse succedendo. Lui amico del delegato. Chissà quale trucco stava escogitando il suo capo per ottenere informazioni.
Comunque una cosa era vera, di lui ci si poteva fidare.
«Non saprei... non ho visto la ragazza morta. So per certo che in via Tassino ci sono due ragazze giovanissime e la più carina è una biondina arrivata da Milano».
«Sei sicura?».
«Be’, l’ho vista» fece Sterlina. «Sabato sera. Era con un giovanotto, un damerino venuto dal centro. Hanno chiacchierato un po’ e poi si sono diretti in via Tassino. Così giovani ci rubano i clienti della piazza, quelli che pagano meglio».
Ecco un buon movente, pensò il Frapolli. Una prostituta ruba i clienti e in men che non si dica è morta. Ora mi ordinerà di arrestarla e il caso sarà chiuso.
«Grazie, Sterlina» fece il delegato. «Puoi andare».
Albino non credeva alle sue orecchie. Come sarebbe? È palese che lei è coinvolta. Più chiaro di così, magari non l’ha uccisa proprio lei, ma di sicuro sa chi è stato.
Il Beretta si accorse dello stupore del giovane gendarme e della perplessità che aveva stampigliata sul volto.
«Lei non c’entra niente, Frapolli. Intanto non sappiamo ancora chi è la vittima e questa è la prima cosa d’appurare. La seconda è che non sappiamo se è morta per un incidente oppure se è stata ammazzata». Mentre parlava fissava la donna che attraversava il locale. Lei si girò, e prima di sparire attraverso una porticina che dava sul retro, sfoggiò un ampio sorriso. «E da ultimo, credimi, Sterlina e le altre non c’entrano niente. Sanno benissimo che in città aspettano solo un raccapricciante episodio per far sgombrare tutti. Sarebbe stupido provocarlo».
«Accidenti, ma lei legge nella mente delle persone».
«È come giocare a scacchi. Sai giocare a scacchi, Frapolli?».
«Sì, signor delegato».
«Ecco! Questo mestiere è una partita a scacchi grandiosa, infinita. Devi intuire cosa pensa l’avversario, prevedere le sue mosse e anticiparlo».
«Lei sarà un grande giocatore...».
«Macché! Perdo sempre».
I due saldarono il conto e ritornarono in strada. S’incamminarono verso via Tassino: dovevano verificare la questione delle due giovani prostitute venute da Milano.
«Andiamo a cercare questo galantuomo del Magliana».
«E chi sarebbe?» chiese il Frapolli.
«Un poco di buono arrivato al Sassello da quattro o cinque anni. È un trafficone sempre intento a combinare guai. Un gran genio della truffa non è, visto che ha già fatto diversi giorni di galera. Lo abbiamo preso con le mani nel sacco più di una volta. Furtarelli di poco conto».
La casa del Magliana si trovava all’inizio di via Tassino, in una corte angusta. Il delegato bussò parecchie volte alla porta, ma nessuno rispose.
«Sfondiamo?» fece il Frapolli.
«Calma ragazzo, non possiamo entrare nelle proprietà altrui con la forza senza l’autorizzazione del giudice».
Un uomo si affacciò a un balcone. «Il Magliana non c’è, è a casa vostra» fece il tipo sogghignando. «L’hanno portato al penitenziario».
«E quando?» chiese il Beretta. Si rammentò che aveva del lavoro arretrato e quell’informazione non l’aveva ancora letta.
«Saranno due o tre giorni».
«E le ragazze?».
«Non lo so. Dopo che hanno arrestato il Magliana io non le ho più viste e vi dirò che non mi dispiace. C’è meno confusione».
Albino stava assistendo al più assurdo interrogatorio che avesse mai immaginato. Un delegato di polizia svizzero, in strada con il naso all’insù, che interrogava, anzi colloquiava con un omone in canottiera bianca incurante della temperatura, appoggiato alla ringhiera di un balcone, che fumava rilassato come se fosse in una qualunque bettola a giocare a carte. Cominciava a conoscere il suo superiore e, a quanto pareva, quello era il suo stile.
«Le hai viste bene le ragazze?» riprese il Beretta.
«Certo! Non sono mica cieco».
«Com’erano?».
«Carine!».
«Accidenti! Puoi fare uno sforzo supplementare nella descrizione».
«Una era bionda, l’altra era mora, pettinata come la Sterlina. Dicono che la bionda l’hanno fatta fuori».
«Chi lo dice?».
«Voci».
«Vabbè. Voci. Grazie! Alla prossima».
L’uomo in canottiera rientrò e i due s’incamminarono verso il centro.