IX

La sala stampa della gendarmeria brulicava già di giornalisti alle 13.00, nonostante l’incontro fosse previsto alle 14.00. Oltre ai cronisti dei quotidiani locali, erano arrivati anche alcuni illustri corrispondenti di testate d’oltralpe e della vicina penisola. A quanto pareva, il fatto di cronaca nera aveva suscitato interesse dappertutto. Alle 14.00 la sala era zeppa di persone e si faceva fatica a muoversi.

Il delegato entrò dalla porticina di servizio che stava in fondo. Albino era con lui. Al tavolo dei poliziotti vi erano altri graduati e politici.

Il Beretta aveva preparato un comunicato e quando iniziò a leggerlo il mormorio in sala s’interruppe di colpo.

«In data martedì primo ottobre, il gendarme Frapolli Albino, qui presente, inseguendo un ladro che aveva rubato un vaso di ciambelle all’anice di proprietà del signor Bianchi Gino, detto Gin, si ritrovò, dopo un inseguimento fra le vie del centro, nel quartiere di Sassello in Lugano.

Ligio al suo dovere, il gendarme Frapolli inseguì il ladro finché fu visibile ai suoi occhi e fintanto che un episodio particolare gli fece cambiare obiettivo.

Il gendarme Frapolli fu chiamato a più riprese dal signor Carrozzi Aristide, detto Risciott, di professione muratore, il quale lo condusse in un cavedio, nelle vicinanze di via Sassello, dove per terra giaceva il corpo senza vita di una giovane donna.

Il cadavere era stato rinvenuto verso le 11.30 dal signor Fioratti Carlo, detto Carlin, di professione arrotino.

Sul posto sono prontamente intervenuti: il giudice di pace Balmelli Alcide, il dottor Riva Giocondo e il sottoscritto delegato di polizia di Lugano Beretta Ezechiele.

Dopo aver esperito sul posto gli accertamenti di legge, si è provveduto a portare il corpo della giovane vittima presso il reparto di anatomia patologica dell’ospedale civico per l’esame post mortem.

Ad oggi, in base agli indizi rilevati dalle nostre accurate indagini, l’unica ipotesi che sta prendendo piede e che ci sembra – fra quelle emerse sinora – la più realistica è che il corpo trovato in Sassello...».

Leggendo l’ultima frase, il delegato fece una breve pausa, adocchiò il giovane gendarme, cercandone la complicità per chissà quale dichiarazione. Il Frapolli, sentendo quelle parole, impallidì e sgranò gli occhi. Accidenti a lei, pensò, non vorrà mica raccontare la storia dell’angelo. Ci mandano entrambi a Villa Ortensia, giù al manicomio di Mendrisio.

«Contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa, non si tratta del corpo di una giovane prostituta, ma di una sconosciuta alla quale non si è ancora potuto dare un nome.

L’indagine sta proseguendo con intensità e solerzia e non appena vi saranno novità sarà premura della scrivente gendarmeria informare l’opinione pubblica».

Una moltitudine di braccia si alzarono nello stesso momento e i vari cronisti iniziarono a tempestarlo di domande.

«Quanto era alta? Di che colore erano i capelli? Cosa aveva addosso? Quanti anni aveva?».

E poi altre ancora: «Perché si riteneva che non fosse una prostituta? Cosa c’entravano in questa storia il Pà Cech, la Sterlina, il Magliana?».

Insomma, pareva che i giornalisti conoscessero ogni loro mossa e spostamento.

Il delegato rispose a tutte le domande, con cordialità, ma con fermezza, soppesando bene ogni parola, ogni virgola, conscio che avrebbero interpretato le sue risposte come meglio credevano.

Verso le 15.00 la conferenza stampa terminò.

I giornalisti se ne andarono insoddisfatti. In effetti non ebbero molte informazioni supplementari rispetto a quelle di cui già erano a conoscenza grazie al passaparola, anzi, vi erano state delle smentite, ma senza altre novità.

Il Beretta, accompagnato dal Frapolli, che ormai era diventato la sua ombra, tornò in ufficio.

«Mah! Vedremo domani cosa scriveranno. Non sono convinto che la nostra versione li aggradi: troppo poco scandalistica».

«Il comunicato stampa era molto preciso, così le sue risposte alle numerose domande, non vedo cosa potranno aggiungere. Se non ci sono novità, non ce ne sono».

«Non so. Spero che tu abbia ragione. È un caso già complicato, mi auguro solo che la stampa non si metta ad agitare le acque. Perché quando si agitano le acque, si agitano anche i politici e allora addio tranquillità investigativa».

Mentre chiacchierava, il delegato prese due bicchieri e versò dell’acqua per entrambi. Tutta quella chiacchierata gli aveva prosciugato la gola.

«Alle 16.30 dobbiamo andare dal dottor Riva per gli esami post mortem. Io devo sbrigare alcune cose. Tu, Frapolli, prenditi una pausa, ci vediamo in via Stauffacher alle 16.25».