Nota alla traduzione inglese

La nostra traduzione cerca di rendere il Sun Tzu immediato ed evocativo per il lettore occidentale così come lo era per i guerrieri cinesi. […]

Il cinese classico si legge in modo molto più lento rispetto alla lingua moderna, imbastardita dai dialetti. Ha un ritmo cadenzato, misurato, a metà strada fra la nostra concezione della poesia e della prosa. Per esempio le linee di apertura del Sun Tzu:

ping che Le operazioni militari
kuo chih ta-shih ye sono di vitale importanza per lo Stato.
ssu-sheng chih ti Sono questione di vita o di morte,
ts’un-wang chih tao Il Tao della sopravvivenza o della distruzione.
pu-k’o pu-ch’a ye È dunque necessario ponderarle con cura.

La maggior parte del testo è composta di frasi di quattro parole; lo ye al termine della seconda e della quinta riga segnala esclusivamente la fine della frase. Il Sun Tzu mescola liberamente queste unità di quattro parole con passi di metro irregolare. Occasionalmente usa la rima, indicata nella nostra traduzione dal simbolo ~. Le rime hanno la funzione di strutturare elenchi di cose, aiutano il lettore a ricordare le massime o a delimitare il sommario di una sezione o di un capitolo. Non possiamo riprodurre tutte queste peculiarità nelle lingue occidentali, ma abbiamo cercato di alleggerire il nostro stile e di utilizzare gli schemi e le convenzioni della poesia inglese per trasmettere un po’ del loro effetto.

Come molti traduttori, per ogni parola cinese utilizziamo un singolo termine equivalente inglese. […]

Il Sun Tzu è pieno di ripetizioni, frasi parallele ed elenchi, che la prosa moderna cerca, invece, di evitare. Tutto ciò suggerisce che il testo sia emerso solo recentemente dalla tradizione orale. Abbiamo mantenuto queste caratteristiche, anche quando i paralleli nel testo ci hanno imposto di estendere il significato comune delle parole inglesi o di inventarne di nuove. Ciò ci permette di esprimere al meglio il pensiero degli autori del Sun Tzu, e la loro visione e concezione del mondo. Fare altrimenti distorcerebbe il testo verso una chiarificazione, come si farebbe per la trasposizione in prosa di un complesso poema.

Abbiamo perciò mantenuto i punti oscuri dell’originale, la sua logica compressa, i suoi raccordi ambigui, i suoi bruschi cambiamenti di visuale dal “nemico” a “noi”. Il testo dice per esempio: «Un esercito nel caos porta alla vittoria» (capitolo 3). È necessario riflettere qualche minuto prima di capire che il mio caos determina la vittoria dell’altro e viceversa. E ancora, un noto distico in rima (capitolo 3) recita:

Se chi è in minoranza persevera, ~

Determina la vittoria di un nemico più numeroso. ~

Questo significa che, se insistiamo a combattere un avversario più forte, egli ci batterà.

Alcune di queste difficoltà sono state così impervie da spingere i redattori delle epoche imperiali ad alterare il testo, sostituendo alcune parole o rendendo più esplicite le connessioni interne. Ciò è tipico dei testi religiosi o filosofici: in essi l’intensità e la forza di una verità di fondo o di un insegnamento si affievoliscono gradualmente nel corso della loro trasmissione. A mano a mano che scartavamo le aggiunte posteriori, scoprivamo una forma originale del testo molto più potente.

Fummo aiutati in questa ricerca dal ritrovamento, nel 1972, di un manoscritto del Sun Tzu riportato sul bambù all’inizio del II secolo a.C. Anche se le sue varianti riguardano solo il 5 per cento circa del testo, leggere il manoscritto sul bambù è un’esperienza eccezionalmente forte. Il suo stile, più crudo, è vicino alla tradizione orale da cui il Sun Tzu è emerso solo recentemente. La sua logica militare, inoltre, è spesso più profonda rispetto al testo standard. Lo abbiamo quindi seguito, per quanto possibile.

La nostra traduzione cerca anche di mantenere le spigolosità del testo. Rimuoverle significherebbe spogliare il Sun Tzu della sua struttura e specificità. Se aggiungessimo connessioni mancanti nell’originale, restringeremmo i significati delle frasi che sono in realtà più estesi e più ampiamente applicabili. Oppure potremmo interpretare certe relazioni in un senso più stretto di quello che è in realtà. Un tipico esempio di tutto ciò è costituito dalla parola ku, che nella maggior parte dei testi viene resa con thus, “così”, o therefore, “perciò”. Nel Sun Tzu, però, appare spesso all’inizio di una sezione, unendo due passaggi di origine apparentemente diversa,1 segnando quindi una giuntura nella costruzione del testo piuttosto che una connessione logica. In questi casi lo abbiamo tradotto con and so, “e così”, invece che con il più forte therefore, “perciò”.

Per un lettore cinese risolvere queste difficoltà è altrettanto impegnativo che per noi. Tutti i testi classici sono perciò stati accompagnati da commentari e persino da commenti ai commentari, che spiegano le parole oscure e danno interpretazioni autorevoli. Il più noto di questi, per quanto riguarda il Sun Tzu, è il Ten-Man Notes (Shih-chia chu in cinese), che raccoglie materiale dal III all’XI secolo.

Il nostro commentario fornisce spiegazioni che potrebbero essere necessarie a un lettore occidentale, ma l’obiettivo non è tanto dare un’interpretazione definitiva, quanto sviscerare ed esporre i significati del testo. Questo è lo stesso ragionamento che ci ha indotto a mantenere le caratteristiche strutturali dell’originale: abbiamo fiducia che il lettore risolverà con successo tali difficoltà anche da solo. È importante che qualsiasi aggiunta apportata al testo sia chiaramente identificabile, in modo da poterla smantellare e dimenticare una volta che il lettore avrà trovato un accesso più diretto a esso.

La nostra traduzione si basa quasi esclusivamente sul testo del Sun Tzu e sulla nostra conoscenza degli Stati Combattenti della Cina. Abbiamo fatto riferimento ai commentari quali il Ten-Man Notes, tenendo però presente che questi riflettono le idee del periodo imperiale e non costituiscono dunque delle buone guide al testo originale. Tutto il nostro lavoro si è ispirato agli scritti di due grandi studiosi cinesi, Yang Ping-an dell’Armata di liberazione popolare, e Wu Chiu-lung, del Ministero della cultura di Pechino. Il professor Yang è l’autore del Sun-tzu hui-chien (1986), che analizza le sue varianti testuali dettagliatamente e identifica anche numerosi passi paralleli in testi contemporanei. Wu Chiu-lung diresse la spedizione archeologica del 1972 che ritrovò e decifrò il testo sul bambù. È anche l’autore principale dell’autorevole Sun-tzu chiao-shih (1990). Le loro opere forniscono il fondamento sinologico del nostro libro e, come tutti coloro che studiano il Sun Tzu, siamo loro debitori.

Abbiamo cercato, quindi, di creare una lingua inglese immediatamente riconoscibile come indipendente, distaccata dal linguaggio di ogni giorno, che resista all’assorbimento in un mondo precostituito. Speriamo di avere aperto un campo in cui il potere originale del Sun Tzu possa far scaturire la saggezza personale del lettore.

Questo libro è il frutto di un’ampia conversazione. Messo sotto forma di pubblicazione, ha lo sfortunato effetto collaterale di arrestare le discussioni a un particolare punto del loro sviluppo. Ciò è estremamente limitante per il Sun Tzu, poiché il testo costituisce soprattutto un processo in evoluzione. Per tenerlo vivo, abbiamo allestito un sito web all’indirizzo www.victoryoverwar.com, che ha le seguenti caratteristiche: è un forum per discutere il testo con altri lettori interessati; è una guida allo studio con argomenti di discussione e domande; presenta saggi alternativi nati dalla scrittura del libro, ma rappresentati in esso solo indirettamente; fornisce l’opportunità di esaminare il ragionamento che sta dietro ogni scelta relativa alla molteplicità di significati delle parole cinesi, la discussione sui possibili equivalenti inglesi e sul peso delle varianti testuali.

Il sito include anche il testo cinese del Sun Tzu, con gli equivalenti letterali inglesi parola per parola. Il tutto costituisce l’apparato accademico del libro.

Siete invitati a raggiungerci sul web.

1. Vedi Robin D.S. Yates, New Light on Ancient Chinese Military Text, in «T’oung Pao», 74, 1988, p. 219.