Il modo più semplice per cogliere lo spirito del Sun Tzu è identificarne il punto di vista, la prospettiva dalla quale vede le cose. Quando riusciamo ad assumere questo punto di vista, il suo mondo si apre davanti a noi e possiamo identificarne più chiaramente le varie parti, le relazioni tra gli elementi e il ruolo di ognuno di essi all’interno dell’insieme.
Questa prospettiva è semplice da definire: il Sun Tzu considera il mondo un insieme unitario, composto da una moltitudine di aspetti variabili e connessi tra di loro. Non si tratta semplicemente di un punto di vista, è anche un modo di agire. Così una delle sue affermazioni più note (capitolo 3) stabilisce che:
Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto uno Stato nemico.
Distruggerlo costituisce un risultato inferiore.
Si può cominciare a cogliere tale prospettiva esaminando gli elementi più vicini a noi, ovvero gli oggetti della vita quotidiana. Essi interagiscono in vari modi, sempre diversi e mutevoli, nei quali anche noi siamo coinvolti. Non appena cominceremo a dare un senso a tali configurazioni, riusciremo a sincronizzare meglio le nostre azioni con esse. Basandoci sui dettagli, muovendoci in armonia con le loro forme e configurazioni, non potremo farci sfuggire la vittoria.
La natura delle cose
All’inizio, prenderemo in considerazione i minimi dettagli, gli oggetti tangibili, visibili, le cose che dipendono dalla scrupolosità dei sottufficiali: riso e fucili, mappe, dati relativi alla forza dei vari reggimenti. Cogliere l’insieme significa prendere in considerazione ognuno di questi elementi. Ciò vale anche per fattori meno tangibili quali il morale dell’esercito, il terreno, le caratteristiche meteorologiche del luogo. Ognuno di questi fattori è importante, ogni cosa che appartenga a quel mondo, poiché tutto influisce sull’esito della battaglia. Il capitolo 1 elenca quindi gli strumenti a disposizione, i rifornimenti, i gradi, le punizioni e l’affidabilità del generale. Il capitolo 2 elenca in dettaglio alcune spese specifiche per la creazione di un esercito: «per gli stipendi dei consiglieri stranieri, per i costi dei materiali come la colla e la lacca, dei carri e delle armature». Ciò è necessario non solo perché ogni elemento è importante in caso di battaglia, ma anche perché ognuno influisce sugli altri. Modificando un singolo elemento, l’azione si ripercuote sull’insieme. Minate la credibilità del generale, e un piccolo acquazzone diventerà un diluvio minaccioso. Il capitolo 2 illustra questo punto molto chiaramente:
Uno Stato si impoverisce a causa dei suoi soldati –
Quando essi sono lontani e per il loro approvvigionamento le merci devono viaggiare a lungo.
Quando essi sono lontani e il trasporto delle vettovaglie su lunghe distanze impoverisce le famiglie nobili.
Dove si trova un esercito, i prezzi delle merci salgono
E con il rincaro, le ricchezze si esauriscono.
Quando le ricchezze si esauriscono, il popolo è immancabilmente oppresso da pesanti tassazioni.
Poiché tutti gli elementi sono connessi tra loro, bisogna conoscerli uno per uno, e sapere come ognuno agisce e influenza gli altri. Soltanto allora si potrà pianificare la propria strategia.
Stiamo esaminando ora una sequenza di eventi, cosicché quando i soldati si avvicinano, i prezzi salgono e, di conseguenza, la ricchezza cala e il popolo viene gravemente tassato. Ma questa catena causale si sta già intersecando con un’altra… per esempio, quando piove troppo, i raccolti si coprono di muffa e marciscono e vengono chiamati i maghi e gli indovini; il popolo perde così fiducia negli antenati e nei capi e la minaccia di rivolte contadine si fa più concreta.
Tutte queste sequenze hanno luogo simultaneamente. Ogni cosa è collegata al resto, in un movimento perpetuo. Di solito riusciamo a capire solo alcuni aspetti del mondo per agire in questo modo: i prezzi fluttuano per effetto delle complesse interazioni della domanda e dell’offerta. Ma se ogni cosa fosse diversa, se il mondo fosse un universo mutevole composto da infiniti elementi che si muovono a velocità diverse, così da formare strutture mai uguali una all’altra? Anche il peso degli elementi si modifica, poiché un pezzo può crescere o ridursi, in una ricerca costante di equilibrio.
Questo è il mondo del Sun Tzu. Ed è il mondo non solo del Sun Tzu, ma anche dell’antica Cina, un insieme di affermazioni condivise da tutti, relative all’andamento del mondo. Le varie scuole di pensiero enfatizzano i diversi aspetti del Sun Tzu: i confuciani cercano di disciplinarlo attraverso il rituale e la ricerca della virtù, mentre i taoisti si lasciano trasportare dalla sua corrente. Ma tutti concordano nel riconoscerlo come l’essenza del loro mondo.
Le relazioni
Qual è il nostro approccio a questo mondo? Prima di tutto, dobbiamo analizzarlo dal nostro punto di osservazione. Riportiamo un esempio apparentemente banale tratto da un libro per bambini cinese, nel quale uno scoiattolo cerca di stabilire se sia sicuro o meno attraversare un corso d’acqua. Dal suo punto di vista, si tratta di un’azione pericolosa e sicuramente annegherà. Ma l’acqua arriva a malapena ai garretti di un cavallo. Non è una questione di definizioni, si tratta di capire come agire efficacemente nel mondo. Se dobbiamo determinare se attraversare il fiume sia un’azione appropriata per le nostre truppe, non possiamo fare affidamento sulle informazioni date dallo scoiattolo o dal cavallo: dobbiamo inserirci personalmente nel processo di calcolo, valutando le nostre forze in confronto con gli altri elementi. Così ciò che siamo in qualsiasi situazione – ad esempio, “in grado di attraversare” o “non in grado di attraversare” – è solo parzialmente una funzione delle nostre abilità relative. Ciò che conta è come ci adattiamo alla situazione, se riusciamo a cavarcela in quella determinata acqua. La risposta che avremo sarà molto diversa da quella ottenuta da qualcun altro.
Esistono vari esempi di questo modo di pensare, risalenti all’epoca del Sun Tzu. I due che riportiamo furono elaborati da uno dei suoi principali detrattori, un influente confuciano di nome Hsün Tzu (310-220? a.C.), che visse circa un secolo dopo la compilazione del testo. Hsün Tzu dedica un capitolo alla critica del Sun Tzu, tuttavia il suo pensiero è del tutto analogo a quello da lui rifiutato. A proposito del punto di vista da adottare, egli scrive:
Esiste una pianta nelle regioni occidentali chiamata iris perenne. Il suo gambo è alto dodici centimetri, ma poiché cresce in cima ad alte montagne, si sporge su abissi di migliaia di metri.1
Se adottiamo un punto di vista corretto, possiamo tenere sotto controllo vaste distanze, per quanto limitata sia la nostra persona. È come se lo scoiattolo si trovasse in groppa al cavallo.
Un altro esempio portato da Hsün Tzu, sempre tratto dal capitolo 1 delle sue opere, sottolinea il potere che deriva da questo modo di vedere le cose:
Arrampicandoti su un’altura per fare segnalazioni, non è che il tuo braccio si allunghi, ma lo si potrà vedere da lontano. Urlando sottovento, non è che la tua voce si intensifichi, ma la si potrà intendere più chiaramente.
Se sappiamo trarre vantaggio da alcune caratteristiche del territorio, il nostro potere crescerà a dismisura. Per fare ciò, dobbiamo valutare non solo l’oggetto, ma anche le sue interazioni con gli altri oggetti e situazioni: in altre parole, dobbiamo conoscere le sue relazioni. Ricordate che in questo mondo non siamo un’entità a sé stante; alcune qualità come l’altezza o il coraggio si definiscono solo in rapporto con altri elementi. Così ciò che chiamiamo “alto” dipende da ciò che definiamo “basso”. Il Sun Tzu è profondamente consapevole dell’interdipendenza degli oggetti e dell’importanza di conoscere tali relazioni per raggiungere i propri obiettivi. Nel capitolo 7, si afferma che dobbiamo spostare le truppe lungo vie che risultino tortuose per il nemico, ma che siano chiare a noi stessi.
Possiamo ottenere ciò con un’azione facile da compiere, poiché non genera opposizioni, ed efficace, poiché fondamentalmente modifica l’ambiente a nostro vantaggio. A questo proposito, citiamo due esempi dal capitolo 6: «Per percorrere mille li indisturbato, attraversa terre disabitate», o: «Per colpire e imprigionare il nemico, attaccalo dove non si può difendere».
Il mondo è in continuo movimento. Ciò che non è da difendere oggi può esserlo domani. Se attualmente il nostro esercito è sazio ed efficiente, non è detto che domani i soldati non siano affamati e non siano impantanati in una palude. Ciò che il nostro esercito è, ciò che può o non può fare, non è un elemento fisso, un’essenza immutabile: dipende piuttosto dalle condizioni nelle quali le truppe si troveranno ad agire. Non siamo “oggetti”; seguiamo una traiettoria attraverso lo spazio e il tempo, e le nostre azioni si intersecano con quelle degli altri. Le uniche costanti sono legate ad alcune caratteristiche fisse di una determinata situazione, ovvero il nostro esercito avrà bisogno di cibo ogni giorno o, per meglio dire: «Dove si trova un esercito, i prezzi delle merci salgono. E con il rincaro, le ricchezze si esauriscono». Si tratta di modelli fissi che possiamo ritrovare lungo i secoli.
Poiché cerchiamo di scoprire questi modelli o gruppi di eventi, è cruciale soffermarsi sull’essenza delle cose, sulla loro inclinazione naturale. In alcuni casi, il processo è abbastanza semplice: l’acqua scorre sempre verso il basso, e la maggior parte delle persone non vuole morire. Ma in quanto esseri umani complessi, i soldati hanno un vasto repertorio di reazioni possibili, e il mondo in sé è infinitamente complesso. Ciò vale sia per noi stessi sia per l’esercito del Sun Tzu, ma il linguaggio del Sun Tzu, proveniente dall’antica Cina, è già concepito per spiegare tali aspetti del mondo. La natura mutevole delle cose non contraddice il suo senso della realtà o la sua logica, né rappresenta una minaccia per la sua concezione del mondo. Al contrario, si tratta di aspetti centrali nella visione del Sun Tzu.
Il Sun Tzu fornisce vari esempi di queste tendenze, modelli o gruppi di eventi, insegnandoci a riconoscerli ovunque intorno a noi. Per farlo in maniera efficace, dobbiamo imparare a usare lo shih.
Lo shih
Abbiamo a che fare con un mondo compatto. Tuttavia, possiamo distinguere al suo interno le strutture temporanee e mutevoli, ognuna delle quali possiede dei vantaggi momentanei di vario genere. Possiamo citare l’esempio dello scoiattolo sul cavallo, che riesce ad attraversare senza problemi il corso d’acqua. Si tratta di un concetto complesso, che in cinese viene definito con un unico termine: shih (si pronuncia “shir”, quasi senza vocale).2
Il significato originale di shih era il potere di colui che comanda: il suo controllo sugli altri, l’abilità di colpirli a distanza. All’epoca del Sun Tzu, le persone avevano cominciato a rendersi conto che il potere non risiedeva nella persona del monarca, bensì nel suo ruolo. Come nota un antico testo:
Il Serpente che Solleva le Testa si diverte nelle brume,
Il Drago Volante cavalca le nubi.
Ma quando le nuvole se ne vanno e le brume si dissolvono,
Essi non sono differenti dai vermi della terra.3
Nell’epoca anteriore al Sun Tzu, i requisiti per conquistare potere e autorità erano la forza fisica, gli antenati degni e le virtù morali. Com’è possibile che il monarca attuale, che potrebbe non possedere nessuno di tali requisiti, nondimeno controlli coloro che li possiedono? La risposta è semplice: la sua autorità, o shih, deriva dal fatto che egli siede sul trono. Essere al posto giusto accresce enormemente la sua influenza.
Egli non può creare personalmente questo ruolo: ha bisogno dell’aiuto di tutto l’apparato statale, nonché dell’appoggio di cortigiani, burocrati e militari. Il monarca è potente poiché si trova a capo di una complessa rete di relazioni. Viceversa, la forza, la moralità e l’abilità sono qualità personali che appartengono a un unico individuo. A meno che non possano esprimersi in ambiti d’influenza più ampi, sono del tutto inefficaci.
Lo shih, quindi, è una funzione della relazione tra le cose. Il suo potere risiede in una conformazione particolare: il drago sfrutta la forza del vento sopra le nuvole, il monarca definisce i meccanismi dello Stato. Le interconnessioni dipendono dalla sistemazione dei vari elementi.
Ovviamente le cose cambiano e, di conseguenza, anche la loro configurazione muta. In questo caso, il potere del loro specifico shih non è più disponibile. Il Sun Tzu sottolinea che l’abile condottiero non segue uno shih prestabilito e non mantiene una forma immutabile (capitolo 6). Senza le nuvole il drago è solo un grosso verme, il re un uomo come tutti gli altri. Ma tali cambiamenti non avvengono a caso: si può prevedere se domani ci saranno vento e nuvole che possano sostenere il volo del drago. E un abile stratega è in grado di sapere quando la marea si abbasserà, permettendo alle sue truppe di attraversare l’estuario.
Sarebbe più semplice trarre vantaggio dallo shih che si manifesta spontaneamente, ma è opportuno imparare a conoscere le piccole alterazioni che si possono apportare all’ambiente, in modo che esso agisca a nostro favore. L’abile stratega sa come bloccare l’arrivo della marea, in modo che le truppe nemiche si trovino in mezzo al letto del fiume nel momento in cui egli rompe gli argini che trattengono l’acqua. In altre parole, lo shih può essere coltivato. Ciò comporta un progressivo accumulo di energia e potere, analogamente all’acqua che si raccoglie in una diga.
Lo shih può dunque essere paragonato a una scacchiera: l’efficacia di una posizione è da leggersi in relazione al potere di determinati pezzi, all’efficacia della loro disposizione, al loro rapporto con i pezzi avversari e anche alla possibilità che si trasformino in qualcos’altro. A ciò possiamo aggiungere il particolare atteggiamento psicologico del nostro avversario. Sono tutti aspetti dello shih. Possiamo distinguerli in modo analitico, ma un giocatore di scacchi riesce a coglierli tutti contemporaneamente.
Il mondo è più complesso degli scacchi a tre – o perfino a cinque – dimensioni. Comprende cibo, protezione, riposo, materiali, tutti quegli elementi che abbiamo citato all’inizio del nostro discorso. C’è inoltre un altro concetto cruciale, il tempismo: il saper scegliere il momento giusto per intervenire, prendere la mira, liberare l’energia accumulata. Nel Sun Tzu questo momento è chiamato nodo, un termine che fa riferimento alla giunzione irregolare, estremamente piccola, tra i vari segmenti del bambù, che separa una sezione dall’altra.
Vediamo dunque come il Sun Tzu introduce queste sfaccettature dello shih. Ognuno dei seguenti passaggi, tratti dal capitolo 5, pone l’accento su un singolo aspetto, sebbene di fatto tutti gli aspetti siano intrinsecamente presenti.
Il primo esempio riguarda il potere del movimento:
La furia dell’acqua, nel punto in cui trascina e ammassa le pietre: questo è lo shih.
Il falco in picchiata, nel momento in cui ghermisce mortalmente la preda: questo è il nodo del bambù.
L’acqua è placida, ma in questo caso il suo scorrere impetuoso può abbattere le rocce. Tale potere deriva dal movimento incessante di un elemento altrimenti inoffensivo. Per evocarlo, non è necessario alterare le caratteristiche base dell’acqua; bisogna raccoglierne una grande quantità e metterla in movimento. Il falco che scende in picchiata, un’immagine usata qui per definire le caratteristiche del nodo, richiama anch’esso il potere dello shih, mostrando lo stretto legame tra i due concetti.
Il secondo esempio enfatizza la forma:
Perciò, l’esperto in battaglia –
È dotato di uno shih irresistibile,
Di un nodo corto.
Il termine “irresistibile” può essere tradotto anche con “burrone”. In questo caso si pone l’accento sulla configurazione, quell’espressione attraverso la quale una determinata cosa fa appello a una delle sue qualità intrinseche per manifestarsi in una maniera completamente diversa. Il nodo è volutamente corto.
Il terzo esempio sottolinea l’aspetto di accumulazione:
Lo shih è come tendere una balestra al massimo.
Il nodo è come lo scatto del grilletto.
La balestra è uno strumento per accumulare la forza sotto forma di energia potenziale. Premendo il grilletto scocchiamo la freccia, rilasciando in un colpo solo tutta l’energia accumulata. Questo è lo shih in azione. Il potere è stato accumulato e focalizzato alla perfezione sull’obiettivo. La freccia non possiede in sé alcun potere, né lo “trae” dalla balestra. Il potere nasce solo quando tutte le condizioni si verificano contemporaneamente. Non ha origine né all’interno della configurazione né all’esterno. Al momento giusto, o nodo, la freccia viene scoccata, colpendo il nemico a distanza.
Tutti questi aspetti costitutivi dello shih sono espressi nell’esempio seguente, tratto dal capitolo 5:
Colui che segue lo shih impiega le truppe in battaglia come se fossero tronchi d’albero e rocce rotolanti.
Riguardo alla natura dei tronchi d’albero e delle rocce –
Quando sono su un terreno pianeggiante, sono statici.
Quando vengono agitati, si mettono in moto.
Quando sono quadrati, restano immobili.
Quando sono rotondi, si muovono.
Così, lo shih dell’abile condottiero, che si appresta a condurre un esercito in battaglia, è paragonabile al far rotolare rocce rotonde da una montagna alta mille jen.
Questo è il potere in movimento, la configurazione corretta e la liberazione dell’energia potenziale. Le rocce hanno caratteristiche e tendenze di vario genere. Le rocce quadrate non rotolano, ma quelle rotonde, se mosse nella maniera giusta, sono in grado di farlo. Lo shih “buono” ci permette di far rotolare le rocce da una montagna alta un miglio. Non c’è bisogno di spingere le rocce verso l’alto, né di levigare gli spigoli delle rocce quadrate. Queste verranno usate per costruire fortificazioni, mentre le rocce rotonde saranno fatte rotolare verso il nemico. La configurazione giusta rende tale potere, di volta in volta, naturalmente disponibile.
Con lo shih non è necessario alterare la natura delle cose – come se l’acqua potesse essere solo un’arma quand’è sotto forma di blocchi di ghiaccio, o le truppe dovessero essere coraggiose. Lo shih buono trasforma chiunque in un soldato valoroso. Il testo afferma che non dobbiamo basarci sulle qualità specifiche che ogni individuo possiede (capitolo 5):
E così, chi è abile in battaglia
Ricerca l’abilità nello shih e non la pretende dalle truppe.
Così si possono ripartire i compiti fra le truppe e ci si affida allo shih.
È il grande, impersonale potere del mondo verso il quale lo shih ci indirizza.
Apprendere lo shih
Lo shih esiste solo nell’attimo in cui si realizza. Tuttavia, è possibile imparare a riconoscerlo e ad agire di conseguenza. In altre tradizioni militari la vittoria è attribuita alle scelte del comandante, a una perfetta strategia di battaglia o a una palese sproporzione di forze; nel Sun Tzu deriva dal controllo dello shih. Come lo scoiattolo che attraversa il corso d’acqua, dobbiamo valutare attentamente la situazione, stabilire se l’acqua è placida o impetuosa, e se, in questo caso, siamo in grado di attraversarla. Dobbiamo inoltre saper stabilire il suo shih potenziale, come colui che, con un unico colpo d’occhio, riesce a capire in che modo l’acqua scorrerà tra una fila di colline basandosi sulle caratteristiche della vallata e sulle asperità del terreno circostante. Possiamo così determinare il luogo in cui erigere una diga – l’elemento semplice e banale che modificherà tutta la configurazione.
Nel Sun Tzu, lo shih è insegnato in vari modi. Tre sono particolarmente importanti: il primo usa una breve frase per riassumere un argomento complesso. Ne abbiamo già visto vari esempi: «E così, chi è abile in battaglia ricerca l’abilità nello shih e non la pretende dalle truppe». Il testo spiega in maniera analoga la prospettiva più ampia:
Un risultato superiore consiste nel catturare intero e intatto uno Stato nemico.
Distruggerlo costituisce un risultato inferiore.
Il passaggio continua con una generalizzazione e un elenco dei seguenti principi (capitolo 3):
Perciò, ottenere cento vittorie in cento battaglie non è prova di suprema abilità.
Sottomettere l’esercito nemico senza combattere è prova di suprema abilità.
E così, è di suprema importanza sconvolgere la strategia del nemico.
In secondo luogo spezzare le sue alleanze.
In terzo luogo attaccare il suo esercito.
La scelta peggiore è assediare le città fortificate.
Tali affermazioni partono da un punto di vista che considera tutto l’insieme. Se non le analizziamo partendo da questo presupposto allargato, penseremo che si tratti semplicemente di opinioni personali casualmente collegate.
In secondo luogo, il testo insegna lo shih tramite metafore e immagini: «La furia dell’acqua, nel punto in cui trascina e ammassa le pietre: questo è lo shih». Lo shih è «come tendere una balestra al massimo», come «far rotolare rocce rotonde da una montagna alta mille jen». Queste immagini rimangono impresse in noi, influenzando i nostri pensieri in maniera inconscia. È un potere che non può essere espresso a parole.
Il terzo modo per insegnare lo shih è rappresentarlo semplicemente tramite esempi. Il testo afferma quindi: «Quando attraversi le montagne, / Tieniti vicino alle valli», o «Quando hai attraversato un fiume, / Accampati a una certa distanza da esso» (capitolo 9). Inizialmente, potremmo considerarli dei semplici ammonimenti – in una situazione A, fai R. Sono buoni consigli provenienti dalla prima linea, semplici e chiari. Tuttavia, analizzandoli più da vicino, rappresentano il mondo sotto forma di relazioni. Descrivono come una situazione appare, assumendo la prospettiva d’insieme e quale sarà la nostra reazione. Anziché esprimere tali concetti sotto forma di enunciati, il testo li enuncia sotto forma di esempi, di situazioni concrete.
I capitoli 8, 9, 10, 11 sono in gran parte incentrati su questo genere d’informazioni. Qualche volta gli esempi riguardano tipologie d’azione. I nove terreni, ad esempio, sono nove tipi di situazione, ognuna delle quali richiede un certo genere di attività. La maggior parte dei concetti espressi appare piuttosto ovvia. Potrebbe in effetti trattarsi del livello più superficiale del testo, nel quale i dati sono presentati a gruppi di cinque o nove per facilitarne la memorizzazione. Tuttavia, non possono essere considerati meno profondi dei capitoli concettualmente più densi all’inizio del libro, poiché derivano ed esprimono lo stesso punto di vista.
Insegnano lo shih in maniera altrettanto efficace, guidandoci con gli esempi finché non ne intuiamo la prospettiva relazionale e presentando un approccio alternativo rispetto a quello puramente concettuale dei capitoli precedenti. In questo modo s’imparano l’aikido o il karate, operando con i kata, o sequenze di tecniche, ripetendole finché non diventano una seconda natura, se non la prima. È anche il modo in cui una tradizione orale arricchisce una cultura. Le sue massime penetrano con naturalezza nel nostro inconscio e la saggezza entra nel flusso della nostra coscienza. Tale approccio si rivela problematico solo nel caso in cui cerchiamo di riprodurre l’atteggiamento descritto dalle massime, anziché usarlo come spunto per capire al meglio le circostanze contingenti.
Attraverso queste diverse forme di approccio, arriveremo a vedere il mondo con occhi diversi. In ogni momento, la natura delle cose si rivela a noi. Impareremo ad agire spontaneamente e in maniera appropriata in ogni situazione nuova.
Conoscere il Tao
C’è un ultimo aspetto dello shih che dobbiamo prendere in considerazione. Per farlo, è necessario uno sforzo d’immaginazione. In genere, si pensa che il mondo sia composto da elementi solidi. Le rocce sono un esempio perfetto – in particolare, le rocce rotonde che il Sun Tzu suggerisce di far rotolare giù da una montagna alta mille jen. Ma la loro solidità è soltanto apparente. Sono senz’altro più dure, più resistenti della carne umana, la quale a sua volta è più compatta o più concentrata dell’aria in cui si muove. Tuttavia, possiamo considerare tutto ciò come parte di un unico continuum.
Inoltre, ognuna di queste forme – roccia, persona, aria – è solo temporanea e svanisce dopo un lasso di tempo più o meno lungo. Queste forme sono in costante interazione reciproca. Ciò vale non solo per gli agenti attivi quali le persone, ma anche per gli elementi immobili come un’altura, che interagisce con gli elementi circostanti nella misura in cui è un rifugio per gli uccelli e impedisce ai soldati di scalare le ripide pareti dei suoi versanti.
Come qualsiasi altra parte del mondo, anche l’altura ha dei confini e noi possiamo temporaneamente delimitarli: le persone e le cose si muoveranno attraverso un percorso ben definito. Possiamo trarre vantaggio da tale configurazione, sfruttandone a tratti l’energia. Un testo contemporaneo al Sun Tzu riporta che i semi lanuginosi dell’aster «sono catturati dalle correnti d’aria e viaggiano per miglia e miglia. Essi sfruttano lo shih del vento».4 Se collocato nel posto giusto al momento giusto, anche l’oggetto più minuscolo può provocare risultati eccezionali. Possiamo alternativamente controllare il movimento delle forze, gettando grandi quantità di acqua giù da un burrone per spazzare via i nemici. Nel punto in cui sono, i nostri avversari ostacolano il libero fluire dello shih e, di conseguenza, sprecheranno energie preziose nel tentativo di resistergli. Il mondo non è quindi composto da oggetti solidi, bensì da flussi di forze, movimenti di energia o configurazioni in mutamento dello shih. Tutto ciò è il Tao.
Il principale ostacolo alla conoscenza del Tao è la staticità. Anziché essere l’acqua che scorre giù dal burrone, siamo noi il nostro nemico, colui che impedisce il flusso dell’energia. Abbiamo una prospettiva limitata, una posizione statica all’interno di una corrente più ampia, nella quale non riusciamo a muoverci liberamente. Possiamo fissarci in molti modi. Uno di questi può essere l’abitudine, i vecchi schemi di pensiero, simili a rivoletti nella sabbia attraverso i quali scorrono ostinatamente i nostri pensieri. Le buone abitudini possono essere tanto limitanti quanto quelle cattive. Il testo elenca una serie di qualità del generale che, al momento giusto, diventano virtù. Se portate all’estremo, possono rivelarsi autodistruttive (capitolo 8):
Risoluto a morire, può essere ucciso.
Risoluto a vivere, può essere catturato.
Incline alla rabbia, può essere provocato.
Puro e onesto, può essere oggetto d’infamia.
L’amore per i suoi uomini lo rende ansioso.
Quelle che in origine erano virtù si sono trasformate in un grosso intralcio alle azioni del generale. Tuttavia, ogni fissazione è un impedimento.
Un altro ostacolo è rappresentato dalle nostre proiezioni, che ci impediscono di accettare qualsiasi elemento ignoto. Non vediamo mai il nemico perché non riusciamo a scorgere neppure noi stessi. Nessun elemento nuovo viene a turbare il nostro mondo, che nasce immacolato in ogni momento, e si ripete in una sequenza d’immagini sempre uguale.
Qual è la causa delle nostre proiezioni? Si tratta di fissazioni a livello profondo, che determinano una prospettiva ancor più limitata. Dal punto di vista del Tao, una prospettiva così ristretta è costantemente in pericolo. Pensiamo a una roccia in mezzo a una corrente impetuosa: può resistere per un po’ – pochi attimi o più secoli – ma alla fine viene trascinata via. Se riconosciamo questa vulnerabilità, possiamo cercare di rinforzarci, proteggendoci di fronte alla vertiginosa prospettiva del Tutto.
Ma se riusciamo ad avere la visione d’insieme, se diventiamo corrente e roccia, se vediamo la roccia stessa come energia, e non come una forza statica, la nostra mente si aprirà, andando oltre l’egoismo e gli interessi di parte. Così recita il testo (capitolo 10):
E così, egli avanza senza cercare fama.
Si ritira senza temere la vergogna.
Cerca solo di risparmiare i suoi uomini
E di procurare il massimo vantaggio al suo sovrano.
Egli è il tesoro dello Stato.
Se facciamo nostro questo punto di vista, non dobbiamo temere che le ragioni dell’Io offuschino il nostro giudizio. Se ci rendiamo conto che una battaglia non può essere vinta, non dobbiamo combatterla, anche se ci viene ordinato di farlo (capitolo 10).
E così, quando analizzando il Tao della battaglia si prevede vittoria certa, nonostante il sovrano decida di non combattere, il generale può con sicurezza lanciare le sue truppe all’assalto.
Quando analizzando il Tao della battaglia, si prevede una sconfitta, nonostante il sovrano decida di combattere, il generale può ragionevolmente rifiutarsi di eseguire quest’ordine.
La conoscenza del Tao è superiore all’obbedienza al sovrano e richiede un diverso approccio mentale, come appare evidente in questo passaggio che parla dei tre modi di usare la forma. Per “forma” s’intende la particolare configurazione data alle cose, e “formare” indica gli espedienti che mettiamo in atto per far sì che le cose accadano (capitolo 6).
Affidati alla forma per vincere sul nemico numeroso,
E quest’ultimo non riuscirà a capire come hai fatto.
Tutti vedono la forma con cui ho vinto,
Ma nessuno sa cosa mi porta a decidere la forma della vittoria.
Evita di ripetere le tattiche vittoriose del passato,
Perché la forma deve essere suggerita dall’infinita varietà delle circostanze.
Le persone in genere vedono la vittoria (l’esito finale), ma non riescono a scorgere la forma (gli eventi che hanno determinato l’esito). Conoscono soltanto gli elementi facilmente calcolabili – l’aspetto materiale e tangibile della guerra, la logistica. A un secondo livello di conoscenza, le persone sono in grado di vedere le forme usate. Conoscono già tutti gli elementi della strategia – capovolgimenti di fronte, calcoli astratti, come disporre i pochi contro i tanti. Ma è solo a giochi fatti che riconoscono la particolare disposizione degli elementi grazie alla quale siamo giunti alla vittoria. Il terzo livello di conoscenza è inaccessibile perfino all’élite. È estremamente produttivo, poiché permette di creare nuove forme. Esse scaturiscono da qualcosa di inesauribile, di incommensurabilmente ampio: dal Tao.
Il Tao è molte cose. Una di queste è un particolare tipo di caos – il caos nell’antica Grecia indicava un Tutto le cui parti non erano singolarmente distinguibili. È l’ordine costituito dalla totalità di queste multiple e mutevoli relazioni. Ma il Tao è anche il modo in cui gli elementi interagiscono e si muovono; le strutture che si creano nel tempo e nello spazio.
Come possiamo conoscere il Tao? Nello stesso modo in cui impariamo a conoscere gli aspetti della vita di tutti i giorni, come ad esempio spegnere il fuoco quando l’acqua bolle nel pentolino da tè. Si tratta in entrambi i casi di esperienze che apprendiamo senza sforzo, attraverso una consapevolezza immediata della situazione. Conosciamo il Tao anche grazie allo studio dello shih. Per capire lo shih, infatti, esaminiamo tutti gli elementi del nostro mondo e analizziamo le loro interazioni reciproche. Considerando il mondo come shih, scorgendo le mutevoli configurazioni delle cose, ci comporteremo nella maniera più opportuna. Agiremo in armonia con il Tao creando le forme, le strutture temporanee che determinano la realizzazione degli eventi.
Sebbene il Tao possa sembrare un sistema, un Tutto all’interno del quale sono racchiuse le forze del caos, di fatto l’essenza del Tao è il movimento. Così, com’era prevedibile, nel Sun Tzu, l’apice della creazione delle forme è il superamento delle stesse (capitolo 6):
Il fine del dare forma alle operazioni militari è diventare senza forma.
Quando si è senza forma, nemmeno le spie più abili riescono a scoprire nulla e il nemico saggio non avrà elementi per poter preparare i suoi piani.
Il corollario della mancanza di forma è la flessibilità assoluta. Questo passaggio stabilisce un parallelismo tra la forma degli eserciti e quella dell’acqua (capitolo 6):
Ora, la forma dell’operazione militare è come quella dell’acqua.
L’acqua, quando scorre, fugge le altezze e precipita verso il basso.
L’operazione militare vittoriosa evita il pieno e colpisce il vuoto.
Come l’acqua adegua il suo movimento al terreno,
La vittoria in guerra si consegue adattandosi al nemico.
L’abile condottiero non segue uno shih prestabilito e non mantiene una forma immutabile.
Modificare la propria tattica adattandosi al nemico è ciò che si intende per “divino”.
Il Tao dell’acqua è il flusso verso il basso. È contemporaneamente ciò che è e ciò che dev’essere. Lo stesso vale per l’arte militare: non esistono elementi prefissati quali forma, struttura, essenza, Sé o schema mentale, bisogna semplicemente adattarsi alle circostanze.
«Modificare la propria tattica adattandosi al nemico è ciò che si intende per “divino”.» Le divinità sono incorporee, inaccessibili. Di nuovo (capitolo 6):
Impercettibile! Impercettibile!
Nella piena assenza di forma. ~
Divino! Divino!
Nella piena assenza di rumore. ~
In questo modo si diventa padroni del destino del nemico. ~
Non si tratta di credere in qualche strana forza, ma di capire come funziona il mondo. Si tratta inoltre di sfruttare la capacità umana di intervenire sul mondo – vedere, udire e conoscere, e agire di conseguenza nella maniera più appropriata.