Il collegamento con la tradizione

In un momento imprecisato del IV secolo a.C., il Sun Tzu, fino ad allora trasmesso oralmente, assunse per la prima volta una forma scritta. Offriva delle risposte precise alle questioni fondamentali che dovevano affrontare gli Stati della Cina settentrionale, questioni, dice il testo, «di vita o di morte, il Tao della sopravvivenza o della distruzione». Noi pensiamo che la validità del testo si sia mantenuta nel corso dei secoli. Ma quando cerchiamo di attualizzare un documento storico, riemergono immediatamente molti problemi. Possiamo cogliere lo spirito autentico dell’opera? O il nostro approccio di occidentali del XXI secolo snaturerà il testo anziché chiarirlo?

Sono questioni fondamentali relative all’interpretazione del passato. Un’identica affermazione, fatta nell’antica Cina e nell’Occidente dei giorni nostri, può avere due significati molto diversi. Come possiamo riconoscere la differenza ed eventualmente superarla? Per fare ciò, prima di tutto dobbiamo esaminare il contesto all’interno del quale è nato il Sun Tzu, identificando i problemi ai quali i contemporanei cercavano di dare una risposta. Potremmo quindi valutare fino a che punto il testo è legato alle sue origini, analizzando il modo in cui se ne allontana. Scopriremo alcune verità paradossali: il Sun Tzu è intimamente legato alle circostanze specifiche in cui è nato, ma al tempo stesso il valore del suo messaggio supera i confini dello spazio e del tempo.

Volendo continuare la tradizione del Sun Tzu, quali sono le informazioni aggiuntive che ci fornisce il testo? Accetta il nostro intervento? E se sì, come? Che cosa rende la tradizione aperta a noi, e cosa dobbiamo fare per instaurare un collegamento? Le risposte risiedono nel modo in cui il Sun Tzu è emerso dalla tradizione orale. Si trattò di un processo graduale, non di un singolo atto. Il testo rimase aperto alle novità anche dopo la sua formulazione scritta nel IV secolo a.C. L’integrità del testo non dipende quindi dall’insieme di parole che lo compongono, bensì dalla prospettiva sottesa, dalla sua visione di conquistare intero e intatto il nemico. Se leggiamo attraverso le righe e sappiamo cogliere questo messaggio, potremo creare un collegamento con la tradizione.

Ma perché una simile prospettiva appare così attraente nel mondo d’oggi? Perché persone di ogni nazionalità leggono questo libro? In questo saggio, mostreremo come gli avvenimenti degli ultimi secoli abbiano creato le condizioni favorevoli per una comprensione adeguata del Sun Tzu. Ognuno di questi tre aspetti – il contenuto, la forma e il contesto – mostra come sia possibile creare una tradizione nuova e attuale del Sun Tzu.

Gli Stati Combattenti

La nostra indagine comincia nel 1045 a.C., quando il regno di Chou conquistò il Nord della Cina e fondò una dinastia che avrebbe governato fino al 256 a.C. Per controllare un’area vasta come l’Europa dell’Est, i sovrani di Chou suddivisero il territorio in feudi e guarnigioni, che vennero assegnati a una settantina di famiglie, ognuna delle quali era vincolata al trono da legami matrimoniali o di sangue. I feudi divennero gradualmente degli Stati semi-indipendenti, le cui rivalità sfociavano a volte nella violenza. Gli ideali militari dell’epoca erano basati su usanze cavalleresche paragonabili a quelle dell’Europa o del Giappone medievali. Gli aristocratici combattevano i loro pari su carri da guerra. I giuramenti di nobili e re erano suggellati con il sangue, l’onore gelosamente difeso. Il codice militare prevedeva il rispetto del nemico, e la sconfitta sul campo di battaglia non comportava l’annientamento dello Stato perdente.

Con l’indebolirsi dell’autorità centrale, le lotte intestine crebbero in frequenza e intensità. Nel VI secolo a.C., all’epoca in cui visse Confucio, il potere politico dei sovrani di Chou era di fatto simbolico. Nel 453 a.C. uno degli Stati più importanti fu conquistato dalle sue famiglie dominanti, che lo divisero in tre parti, dando inizio al periodo degli Stati Combattenti. Un secolo dopo, quando il Sun Tzu assunse forma scritta, gli ideali cavallereschi sopravvivevano solo nel mito. I carri degli aristocratici avevano lasciato il posto a grossi eserciti di contadini coscritti, che venivano lanciati sul campo di battaglia armati di balestra e armi con la punta di ferro. I cavalieri adottarono i pantaloni dei barbari del Nord. Le continue battaglie coinvolsero la popolazione in massacri senza precedenti, lontano da casa. I vincitori si assicuravano una posizione di prestigio e superiorità nella scala sociale, mentre il destino dei perdenti era la schiavitù, la morte e l’eliminazione della casata dominante. Della miriade di Stati originari ne sopravvissero solo sette, in continua lotta tra loro. Finché nel 222 a.C. il sovrano di Ch’in sconfisse i suoi avversari e si proclamò Primo Imperatore della Cina.

Gli Stati Combattenti determinarono profondi cambiamenti nella società cinese. Le continue lotte distrussero la moralità tradizionale e spazzarono via gli antichi feudi. Gruppi di consiglieri si accalcavano nelle corti feudali fornendo consigli contraddittori sulla questione fondamentale: «Come si mantiene l’ordine sotto i cieli?». Per la prima volta, furono scritti dei testi per guidare gli uomini in questa direzione: manuali amministrativi, speculazioni cosmiche, discorsi confuciani sulla moralità e i rituali, progetti sociali utopistici. Questo insieme di varie dottrine divenne la base del pensiero politico cinese nei successivi duemila anni.1

La sicurezza dello Stato era la preoccupazione principale di ogni sovrano. L’esercito era lo strumento principale per garantirla, sia all’interno sia all’esterno del regno. Le forme di organizzazione militare vennero sempre più applicate anche nella società civile. Furono promulgati dei severi codici giuridici, sostenuti da sofisticati sistemi di responsabilità reciproca, ricompense e punizioni.2 Contemporaneamente furono elaborati testi di argomento militare, incentrati su strategia, tattica, organizzazione, logistica, addestramento e rapporti del generale con lo Stato. Le opere di questo genere dovettero essere numerose, se si considera che quaranta sono citate nel catalogo della biblioteca imperiale del tardo I secolo a.C., e circa sei sono sopravvissute fino a oggi.3 La più famosa di queste è il Sun Tzu.

Il Sun Tzu è diverso dagli altri testi contemporanei. Non ha nulla né della moralità né dei rituali confuciani. Benché cerchi di creare unità sociali compatte, non si basa sul sistema amministrativo delle ricompense e delle punizioni. Il suo pensiero – capovolgimenti, polarità e trasformazione spirituale – è più vicino al Tao, ma non si oppone all’uso della forza. Altri testi militari offrono informazioni altamente specifiche su logistica e formazione. Ma il Sun Tzu sottolinea il ruolo della conoscenza nel conseguimento della vittoria, mentre l’arma principale è rappresentata dalla forza già esistente nel mondo degli uomini e della natura. La figura centrale è il comandante saggio, un capo che unisce in sé l’acume militare e il ruolo di detentore della saggezza ereditato dall’antica cultura aristocratica. In questo modo, il Sun Tzu fa sì che anche il pensiero militare entri a far parte dei complessi dibattiti filosofici che animavano all’epoca la Cina.

Il testo risponde dunque a una situazione particolare, quella degli Stati Combattenti, e richiede di essere interpretato in questi termini. Possiamo leggerlo in altri contesti senza snaturarlo o distorcerlo? Come possiamo distinguere l’aspetto puramente culturale dalle implicazioni a più largo raggio?

Il Sun Tzu è un testo insolito, poiché ci offre vari mezzi per risolvere con successo questi problemi. Come abbiamo visto, insegna una visione d’insieme, un punto di vista sulla struttura di qualsiasi mondo, non solo la Cina degli Stati Combattenti. Il contenuto è storicamente specifico, ma funge da esemplificazione del punto di vista più che da specchio di usanze culturali specifiche. Inoltre, sebbene il Sun Tzu mantenga uno stretto dialogo con i suoi referenti militari e culturali, non prende posizione sulle principali questioni filosofiche del suo tempo. L’autentica conoscenza, insiste l’opera, nasce solo nel momento contingente: «… gli stratagemmi militari … / Non possono essere tramandati in anticipo» (capitolo 1).

Il titolo cinese, Ping-fa, è già un indizio del carattere complesso del testo. Ping significa “militare”, con riferimento a qualsiasi elemento, dalle armi ai soldati, dagli eserciti ai princìpi di strategia bellica. Fa è un termine complesso in molti sensi. Si riferisce a modelli che possono essere copiati e strutture in base alle quali valutare le cose. Si può così definire il modo più adatto per fare le cose. Il titolo può essere tradotto con “metodi militari”, ovvero come agire a qualsiasi livello in questo ambito utilizzando metodi collegati alle usanze tradizionali, ma che non sono semplici imitazioni di esse.

Così facendo, il Sun Tzu sposta la focalizzazione del sapere da un testo storicamente circoscritto alle nostre circostanze attuali. Per capire come ciò sia possibile, dobbiamo conoscere la storia del testo, ma in seguito si rende necessario dimenticarla. Anziché snaturare il testo, le nostre domande sono la guida migliore all’azione presente, che è l’unico ambito nel quale il Sun Tzu può rivelarsi utile.

La nascita di un testo

Alcuni testi sono rigidamente strutturati. Ci invitano a seguire il loro discorso, a patto di attenersi a un severo protocollo. Le opere di matematica e scienze costituiscono tipici esempi di questa procedura. Se ci perdiamo dopo A, B e C, in seguito F, G e R rimarranno per sempre un mistero. Il Sun Tzu è praticamente l’opposto. Presenta un insieme disomogeneo di osservazioni ed esempi, un’ampia gamma di argomenti che spaziano in lungo e in largo senza seguire un’autentica discussione. E in nessun punto espone chiaramente i princìpi sui quali si basa.

Eppure è sicuramente un libro intelligente e profondo. Che cosa significa la sua apparente disorganizzazione? Cosa dobbiamo capire della sua struttura se vogliamo coglierne il significato? Per rispondere a queste domande, è meglio analizzare il contesto e le modalità con cui il Sun Tzu è passato alla forma scritta.

Secondo la sua biografia nei Records of the Grand Historian, Sun Tzu era un contemporaneo di Confucio al servizio dello Stato di Wu.4 Tuttavia, non esistono documenti storici anteriori al III secolo a.C. che documentino l’esistenza di questo stratega. È possibile che sia realmente vissuto, ma non possediamo notizie certe su di lui. Sappiamo però che il testo noto come Sun Tzu non fu scritto da lui, ma fu redatto anni dopo sulla base di tradizioni orali.

Come quasi tutte le opere del periodo degli Stati Combattenti, il Sun Tzu è una collezione, un’antologia creata e sviluppata dai suoi seguaci. I Dialoghi di Confucio sono un eccellente esempio di questa pratica. Non sono stati scritti da Confucio, poiché la maggior parte dei capitoli comincia con «Il Maestro ha detto». Si tratta piuttosto di testimonianze dei suoi discepoli e dei discepoli dei discepoli. La struttura del Sun Tzu è simile: la maggior parte dei suoi tredici capitoli comincia con «Il Maestro Sun ha detto». Come si è evoluta questa raccolta di materiale orale in ciò che oggi definiamo un “libro”? Che effetto ha avuto il processo di trascrizione sul materiale originale da cui deriva? E in che modo questo processo influisce sulla nostra lettura del Sun Tzu? Sono questi i problemi da affrontare adesso.5

Benché non sia ovviamente possibile verificare la nostra ipotesi, possiamo immaginare un insegnante carismatico attorno al quale si radunano folle di discepoli affascinati dalle sue teorie, in parte ereditate o tratte da altre fonti, in parte frutto di un’elaborazione personale. I discepoli si mantengono fedeli alla linea tracciata dal maestro, anche dopo la sua morte. La loro più grande ricchezza è il corpus di conoscenze che conservano e trasmettono agli allievi più degni, il cui nucleo è forse in forma scritta. Le generazioni successive amplieranno il corpus con elementi nuovi ma pertinenti, in risposta alla mutata situazione contingente. I contenuti più recenti sono integrati con le parole del maestro – e diventano in qualche modo le “sue” parole. Ciò è possibile perché i seguaci di Sun Tzu hanno assorbito così profondamente il suo insegnamento da poter parlare quasi a nome suo. Non ha quindi senso parlare di falsificazione, poiché nessun elemento sostanziale distingue il maestro dai discepoli. È impossibile applicare il concetto moderno di “autore” in questo contesto.

A un certo punto, un compilatore dotato di spirito d’iniziativa decide di ordinare il corpus di conoscenze, suddividendolo in quelli che noi oggi chiamiamo “capitoli”. Si occuperà prima di organizzare il materiale più importante, aggiungendo in seguito dei capitoli introduttivi scritti di suo pugno. Nasce così un testo scritto accanto alle più fluide versioni orali. Può darsi che tale processo abbia avuto luogo più volte e che i seguaci, o i discepoli dei seguaci, abbiano aggiunto altro materiale al primo testo scritto originario. Verso la metà del periodo degli Stati Combattenti, apparve un numero sempre crescente di versioni scritte; alcune copie dell’opera, fino a quel momento destinata solo ai discepoli, cominciarono a diffondersi anche tra gli estranei. Piccole raccolte private divennero comuni tra gli appartenenti all’élite. Si svilupparono varie correnti di pensiero legate al Sun Tzu, che diedero origine a numerosi dibattiti. Le ripercussioni sullo sviluppo intellettuale furono ovviamente profonde.

La forma fisica del libro corrispondeva alle esigenze del periodo degli Stati Combattenti. Le parole erano scritte su strisce di bambù lunghe circa 30 cm, legate tra loro da cordicelle di seta e poi arrotolate. I rotoli erano chiamati “fascicoli”, ovvero “fascio di bastoncini”. Era molto facile aggiungere altro testo, sia alla fine del rotolo (semplicemente legandovi altre strisce di bambù), sia inserendo un altro fascicolo. A volte la cordicella di seta si rompeva e si perdevano alcune strisce. Questi “libri” erano costosi da produrre e ingombranti da conservare – abbiamo notizia che per trasportare alcune collezioni private erano necessari diversi carri trainati da buoi.

Gli studiosi sospettano che la versione attuale del Sun Tzu sia stata elaborata nella seconda metà del IV secolo a.C. Le prove a sostegno di questa ipotesi si trovano in tutto il libro. Ogni capitolo è composto da moltissimi brevi passaggi. In genere si riferiscono al tema indicato nel titolo del capitolo, ma spesso in maniera vaga, e in molti casi i passaggi sono decisamente fuori tema. Alcune frasi sono ripetute tali e quali in più di un capitolo. Da un punto di vista stilistico e contenutistico, emerge con chiarezza l’influsso delle varie epoche in cui il libro è stato elaborato. Il primo capitolo sembra essere stato aggiunto per ultimo, in almeno due fasi chiaramente identificabili, poiché si rivolge al monarca più che al generale. Il materiale più antico è forse quello contenuto nei capitoli 8-11 caratterizzati da argomenti più pragmatici (come l’elenco dei vari tipi di terreno) rispetto al materiale concettualmente più denso dei primi capitoli. L’aspetto più importante, tuttavia, è che gli argomenti di ogni capitolo sono così mescolati tra loro da rendere impossibile una distinzione delle singole versioni.

L’edizione del tardo IV secolo era probabilmente composta da tredici fascicoli – il numero di capitoli del testo attuale, il cosiddetto testo standard. Ma il primo catalogo di libri realizzato in Cina – un elenco delle opere presenti nella biblioteca imperiale redatto alla fine del I secolo a.C. – riporta un Sun Tzu composto da ottantadue fascicoli, ben sessantanove in più rispetto al testo standard. Forse la prima edizione ha scartato moltissimo materiale o, ancora più probabile, sono state effettuate aggiunte nel corso dei secoli.

Gran parte del materiale aggiunto è andato perso, ma ne troviamo alcuni cenni nelle enciclopedie cinesi dei secoli VI-XII d.C., le cui sezioni militari riportano ampi brani tratti dal Sun Tzu. I testi citati, tuttavia, non sempre hanno un riscontro nel testo standard. In alcuni casi si tratta di varianti minime, ma a volte troviamo dei frammenti dell’opera completamente sconosciuti.6 Il testo, quale lo conosciamo oggi, si definisce nei secoli XI e XII, grazie all’assunzione di punti di riferimento precisi nella tradizione. L’invenzione della stampa favorì questo processo di stabilizzazione.

La struttura del Sun Tzu risponde perfettamente ai canoni di “buon libro” stabiliti all’epoca degli Stati Combattenti. Il testo non si propone di argomentare, bensì di illustrare un certo punto di vista, che si manifesta in ogni passaggio ed è analizzato da molteplici prospettive. Una cultura alla ricerca di un nuovo ordine, di una nuova visione e struttura della vita avrebbe attinto a piene mani dal Sun Tzu. Il particolare processo compositivo, strutturato su aggiunte successive di elementi nuovi, non ha paradossalmente intaccato la visione di fondo, che, anzi, è cresciuta e si è sviluppata grazie alle aggiunte. Di conseguenza, la validità del testo risiede sia nella forma, sia nel contenuto.

Nel 1972, in maniera del tutto inaspettata, abbiamo scoperto nuovi elementi relativi a una fase di questo processo. In quell’anno, infatti, gli archeologi trovarono una copia del Sun Tzu in una tomba della Cina settentrionale. La tomba risaliva al 130 a.C. e il testo ritrovato era stato scritto su strisce di bambù più o meno cinquant’anni prima. Si era conservato circa il 40 per cento del testo standard, con l’aggiunta di un indice, scritto su una tavoletta di legno, che riportava i titoli dei tredici capitoli. Il testo sul bambù corrisponde quasi completamente all’attuale Sun Tzu; è una straordinaria prova dell’eccezionale fedeltà della trasmissione testuale cinese, i cui primi quindici secoli dipendono completamente dalla capacità mnemonica dei seguaci e dalla copia dei manoscritti.

Malgrado la corrispondenza quasi perfetta tra il testo sul bambù e quello standard, ci sono almeno tre differenze contenutistiche che interessano il 5 per cento circa del testo. La maggior parte di esse sono insignificanti dal punto di vista della traduzione, poiché si tratta di distinguere tra “vorrebbe” e “potrebbe”, o tra un punto e virgola e una virgola. Altre riguardano la qualità dello scritto: nel processo di trasmissione, un testo in origine duro e brusco è stato progressivamente raffinato, le corrispondenze e le connessioni interne si sono rese più esplicite e i concetti che inizialmente erano a sé stanti sono stati trasformati in frasi equilibrate con termini di paragone, come voleva la tradizione della prosa nell’antica Cina.

In qualche caso, tuttavia, i compilatori successivi hanno alterato in maniera sostanziale il significato originale del testo. Ad esempio, nel testo standard troviamo la seguente frase (capitolo 6):

Per colpire e imprigionare il nemico, attaccalo dove non si può difendere.

Per difenderti e contrastarlo, riparati dove sai che non ti attaccherà.

La seconda riga rispecchia la prima, e il significato sembra chiaro: se difendi qualcosa che non sarà mai attaccato, sarai sicuramente in salvo. Ma la seconda riga del testo sul bambù riporta:

Per difenderti e contrastarlo, riparati dove sai che di sicuro ti attaccherà.

Riflettendoci, il testo sul bambù è più vicino alla vera pratica militare. Non si può mai controllare completamente il luogo dove il nemico attaccherà, ma se conosci il suo obiettivo, puoi predisporre le contromisure adeguate.

In un altro punto il testo standard dice (capitolo 4):

Se ti difendi sei più debole.

Se attacchi sei più forte.

La frase esprime il concetto di prendere l’iniziativa attraverso l’attacco. Ma la versione sul bambù riporta:

Se ti difendi sei più forte.

Se attacchi sei più debole.

È un riconoscimento del pericolo insito in ogni attacco e della forza di una strategia basata sull’attesa di un attacco azzardato del nemico. Il testo sul bambù interpreta il conflitto in maniera più profonda.

Il testo sul bambù mostra, inoltre, come il Sun Tzu sia sempre stato un’opera molto ricettiva. Il testo standard assunse la forma definitiva nel IV secolo a.C. L’elenco dei personaggi storici nel capitolo 13 si ferma circa all’anno 1000 a.C., ma il testo sul bambù aggiunge la figura del leggendario Su Ch’in, che visse probabilmente mezzo secolo dopo la prima edizione del testo. Vediamo quindi come il Sun Tzu fosse da subito un testo aperto a nuove aggiunte, purché gli elementi nuovi si armonizzassero con i principi fondamentali.

Dobbiamo considerare queste modifiche delle varianti proprie di un manoscritto locale? No, perché nella maggior parte dei casi in cui il testo sul bambù varia da quello standard, una o più enciclopedie medievali attestano la stessa lezione, a dimostrazione che la tradizione del II secolo a.C. perdurava ancora mille anni dopo, perdendosi solo nella redazione definitiva dei secoli XI e XII. Inoltre, le varianti del testo sul bambù sono quasi sempre più brevi e complesse, una chiara indicazione della loro antichità: è ben documentata, infatti, la tendenza dei testi a diventare più lunghi e più comprensibili nel corso della loro trasmissione.

Per questi motivi, la nostra traduzione segue il testo sul bambù laddove questo è disponibile. La sua cruda terminologia è più affine alla tradizione orale rispetto a quella del testo standard. La sua logica militare è più profonda e le varianti assolutamente valide. Il nostro sito web, www.victoryoverwar.com, riporta il testo completo in cui si spiega, inoltre, il ragionamento alla base di ogni scelta terminologica nella traduzione.

Se facciamo un passo indietro e consideriamo questi fattori, ci accorgiamo che ciò che sembrava solido – un semplice oggetto, un libro scritto e pubblicato da un autore – si rivela essere una serie di concetti senza tempo, attimi collegati di un unico processo. Come testo scritto, la coesione è assicurata dalla continuità della trasmissione. A livello più profondo, la sua compattezza è assicurata dal principio ispiratore: la visione del mondo come un insieme unitario.

Le ripercussioni di questo approccio sulla nostra lettura del testo sono evidenti. Il Sun Tzu è stato sin dall’inizio un testo “aperto”, in evoluzione, e noi possiamo ricorrere a questa peculiarità per cogliere la sua essenza profonda. Lo scopo del nostro libro è di permettere ai lettori di compiere autonomamente questo percorso. I capitoli precedenti del saggio hanno descritto il processo di formazione dell’opera, segnalando i punti di contatto con la nostra società. In precedenza, abbiamo descritto il significato del conquistare intero e intatto il nemico. La traduzione si è attenuta fedelmente all’originale cinese per quanto riguarda la terminologia, lo stile e la forma. In questo modo, è possibile capire in profondità il testo e metterne in pratica gli insegnamenti. Così, come i primi seguaci di Sun Tzu, potremo andare alla conquista del mondo.

A che punto siamo?

Negli ultimi secoli abbiamo assistito a profondi cambiamenti che, sviluppatisi principalmente in Europa e in America, hanno investito e trasformato i paesi dei due continenti e in seguito hanno coinvolto tutto il resto del mondo. Gli avvenimenti hanno cambiato anche il nostro modo di pensare. Con lo sviluppo di nuovi paradigmi, possiamo comprendere meglio alcuni elementi fondamentali del Sun Tzu: la visione di conquistare intero e intatto il nemico, il mondo visto come un insieme di relazioni. È uno dei motivi per cui un antico testo cinese ci risulta così familiare.

Tali sviluppi hanno creato le basi per il successo del Sun Tzu nella società contemporanea – non solo come testo, già noto in Occidente da secoli, ma anche come filosofia da mettere in pratica, tradizione di saggezza. Prima di esaminare il pensiero militare dell’ultimo secolo, vorremmo elencare alcuni fattori che hanno contribuito a creare le condizioni favorevoli alla fruizione del testo. Il nostro scopo è mostrare come il pensare in termini di processi sia diventato una caratteristica di settori diversissimi della nostra società. Ne abbiamo scelti solo quattro e forniremo dei brevi accenni. Come il Sun Tzu, preferiamo accostare elementi simili anziché argomentare su di essi. Come avviene nel commento, vogliamo creare un terreno favorevole all’identificazione dei temi centrali del testo.

Gli scienziati hanno profondamente modificato l’ambiente in cui viviamo. Il nostro pianeta è un puntino nell’universo, che si muove nello spazio-tempo insieme al suo Sole. I nostri corpi sono composti da sorgenti di energia infinitamente piccole. La biologia evolutiva mostra le nostre origini – partendo dai mammiferi fino ad arrivare agli organismi monocellulari, e infine alle molecole di carbonio formatesi in seguito a pressioni immense sugli atomi di idrogeno ed elio.

Le aziende americane di una volta potevano essere paragonate a un meccanismo dell’universo newtoniano. Ora invece sono strutturate come unità autonome che si coordinano con gruppi più grandi, dando origine a un universo complesso paragonabile al Tao. La conoscenza è diventata prioritaria rispetto a risorse più quantificabili come la terra, i prodotti, l’energia o il capitale. Il mercato è simile a una conversazione che accoglie immediatamente e spontaneamente qualsiasi voce, con produttori e consumatori che convergono nello stesso punto per progettare, scambiare, utilizzare e riprogettare un prodotto, in un processo simile alla vittoria.7

L’Asia, l’Europa e l’America si stanno ancora scoprendo. I classici cinesi sono stati tradotti, introducendo il termine Tao nelle lingue occidentali. Il Tao porta con sé anche una novità culturale: le religioni senza Dio. Gli uomini e le donne occidentali hanno scoperto e praticato il buddhismo, per il quale siamo attività senza un centro, con un’essenza intima tendente all’infinito e senza peccato originale.

Nella filosofia dei processi di Alfred North Whitehead (1861-1947), gli eventi, non le singole cose, sono i componenti fondamentali della realtà. La nostra essenza è quindi il divenire, e ogni divenire è il risultato di una scelta fra gli innumerevoli oggetti, le cose e gli eventi che ci hanno preceduto. Lo spazio, il tempo e la materia sono inscindibili. Al posto delle categorie “essere, stabilità e uniformità”, ci sono soltanto “divenire, cambiamento e novità”.

Il pensiero militare del XX secolo mostra affinità sorprendenti con questi sviluppi della filosofia. Due esempi tratti dalla Prima guerra mondiale mostrano come iniziò la trasformazione. Uno riguarda la guerra di trincea, con gli eserciti che si fronteggiarono per anni nei campi delle Fiandre, in una situazione di stallo completo: nessuno riuscì a ottenere lo shih definitivo, e le mitragliatrici eliminarono coloro che si avventurarono all’attacco. L’altro esempio riguarda T.E. Lawrence, Lawrence d’Arabia, che agì tra la Siria e il Sinai combattendo una guerra molto diversa contro i turchi. Il suo nemico era costituito da eserciti moderni supportati da treni di rifornimenti, quartier generale e unità di comando. Ciononostante, egli si chiedeva:

Supponiamo di essere un’influenza (come potremmo in effetti essere), un’idea, un essere invulnerabile, intangibile, senza punti di riferimento, che si infiltra ovunque come un gas. E che gli eserciti siano come piante, immobili come statue, radicati al suolo, nutriti da lunghi steli collegati alla testa. Noi potremmo essere vapore che si muove in direzioni sempre diverse. Il nostro regno sarebbe la mente di ogni uomo, e poiché non vogliamo nulla di materiale per vivere, forse non offriremmo nulla di materiale da uccidere.8

Gli esiti disastrosi della guerra di trincea incrinarono la fiducia nella pratica consolidata dell’attacco frontale di massa verso il centro di gravità nemico. La ferita fu profonda e rimase aperta a lungo, finché B.H. Liddell Hart, amico di Lawrence, non sviluppò la teoria che egli avrebbe definito dell’“approccio indiretto”, un assalto lungo la linea di minor resistenza, laddove il nemico non si attende un attacco. Ed è qui che entra in gioco la sincronicità. Nel 1927 Liddell Hart ricevette una lettera da un ufficiale inglese in servizio in Cina, che gli descriveva il Sun Tzu. La lettera insisteva in particolare sull’immagine dell’acqua, priva di resistenza ma in grado di spazzare via le rocce. Questa immagine assomigliava moltissimo alla teoria del “torrente in espansione” di Liddell Hart, secondo la quale tante piccole brecce fatte nelle difese nemiche avrebbero aperto la strada a un attacco massiccio, che si espande come un torrente alle spalle del fronte nemico.

Quando pubblicò The British Way in Warfare, cinque anni dopo, Liddell Hart non fuse semplicemente Oriente e Occidente: usò il Sun Tzu come base per rivoluzionare il pensiero militare europeo. Il fine della guerra, scrisse, è sconfiggere il nemico, non combattere, che è soltanto un mezzo per raggiungere lo scopo. Il successo va cercato attraverso l’inganno e altri metodi che pongano il nemico davanti a un dilemma. La vittoria si ottiene non con la distruzione fisica del nemico, bensì minandone la fiducia, attraverso stratagemmi di vario tipo. Egli scrisse inoltre che i tredici capitoli del Sun Tzu «sono insuperati in quanto ad acume e profondità di giudizio. Potrebbero essere definiti la quintessenza della saggezza nel campo della strategia bellica».9 Di fatto, il termine “indiretto” è la traduzione del cinese “straordinario”.

In Vietnam la teoria divenne realtà. Una banda di contadini poveri sconfisse la più avanzata organizzazione militare esistente al mondo. Muovendosi sul proprio territorio come un pesce nell’acqua essi, «pur partendo dopo», arrivavano per primi (capitolo 7). Stabilendo il luogo e la modalità di ogni battaglia, essi costrinsero gli americani a controllare qualsiasi punto del territorio (capitolo 6).

Pertanto, avendo pochi uomini mentre il nemico ne ha tanti, posso usare i miei pochi per colpire i molti perché essi sono divisi.

Non farò sapere quale sarà il terreno dove sferrerò l’attacco,

Di conseguenza il nemico dovrà preparare diversi avamposti di guardia.

Essendo i suoi avamposti divisi, mi saranno sufficienti pochi uomini per colpire.

Il generale Vo Nguyen Giap aveva studiato il Sun Tzu, ma dichiarò: «La mia bibbia è I sette pilastri della saggezza di T.E. Lawrence».10 Dopo il 1968 evitò i confronti su larga scala con le forze statunitensi; scelse invece di coinvolgere gli americani nell’inseguimento, lungo e logorante, delle sue truppe sparse nella giungla. Come aveva scritto Lawrence in precedenza, una guerra simile «è sporca e lenta, come mangiare una minestra con il coltello».11

Forse c’è un nesso causale tra l’esperienza in Vietnam e l’edizione del 1997 del manuale di combattimento della Marina degli Stati Uniti. C’è sicuramente un collegamento fra questo manuale e il Sun Tzu, del quale vengono citati ampi brani. In contrasto con l’immagine di Teddy Roosevelt che guida i suoi Rough Riders sulla collina di San Juan nel 1898, un secolo dopo il manuale di combattimento afferma che

la valutazione delle superfici e dei varchi richiede un certo grado di giudizio. La superficie può trasformarsi in varco, a seconda delle circostanze. Ad esempio, una foresta è una superficie se il nemico è un’unità corazzata, poiché limita le possibilità di movimento dei veicoli; ma se il nemico è un’unità di fanteria, la foresta diventa un varco, poiché permette agli uomini di spostarsi agevolmente al suo interno […]

Se l’unità principale ha conquistato una superficie ma un’altra unità ha localizzato un varco, trasformeremo la seconda unità in unità principale, concentrando gli sforzi nella sua direzione. In questo modo, “spingeremo” frontalmente il nostro potere d’attacco attraverso i varchi anziché “passarci” attraverso da dietro.

Così, con un’apparente combinazione di Whitehead e del Sun Tzu, il manuale di combattimento afferma:

Come il contrasto e l’incertezza, la fluidità è un attributo intrinseco della guerra. Ogni episodio in guerra è il risultato momentaneo di una combinazione unica di circostanze, con problematiche particolari che richiedono una soluzione originale. Di conseguenza, nessun episodio può essere visto in maniera isolata dal contesto. Viceversa, ogni episodio si integra con quelli che lo precedono e lo seguono – creato dal precedente e creatore delle condizioni del successivo –, dando origine a un flusso continuo e mutevole di eventi, con opportunità e avvenimenti imprevisti da cogliere al volo. Poiché la guerra è un fenomeno fluido, richiede flessibilità di pensiero. Il successo dipende in larga misura dalla capacità di adattamento – prevedere e formare gli eventi a nostro favore e, al tempo stesso, reagire tempestivamente alle condizioni in costante mutamento.

In sintesi:

Dovrebbe essere chiaro che la strategia bellica non dipende tanto dai metodi usati – non crediamo a un approccio sistematico alla guerra – quanto dalla mente dei membri della Marina.12

Si tratta di un avvenimento straordinario all’interno di una serie di avvenimenti straordinari. Il Sun Tzu ci ha conquistati secondo le sue regole – conquistando senza distruggere, aprendo la nostra mente a una prospettiva più ampia. Scegliamo liberamente di adottarla, perché la sua saggezza è ora la nostra saggezza. E a un livello ancora più profondo, proprio come il generale Giap si ispirò a T.E. Lawrence, le teorie implicite del libro – mutamento, correlazioni reciproche, conquistare senza distruggere – hanno assunto oggi la stessa validità che avevano venticinque secoli fa in Cina. Il Sun Tzu ha riscosso grande favore nella cultura occidentale perché i suoi assunti principali rispecchiano le idee guida della nostra società. Si è realizzato il contesto da cui dipendono le manifestazioni di tali assunti.

Quando riusciamo a creare un ponte fra il vecchio e il nuovo, le antiche tradizioni diventano attuali, com’è avvenuto con il Sun Tzu. Questo libro fa ormai parte della cultura mondiale contemporanea, anch’essa priva di centro, sempre nuova e in costante trasformazione. Anziché essere l’eredità esclusiva di un gruppo di antichi discepoli, il Sun Tzu è presente ovunque nel mondo quando (capitolo 13)

[…] le cinque spie lavorano insieme e nessuno conosce il loro Tao,

Costituiscono la “rete degli spiriti”.

Il testo è vivo e cambierà insieme a te, lettore, se fonderai la tua saggezza con la sua. Sono questi gli stratagemmi militari che conducono alla vittoria. Non possono essere divulgati né decisi in anticipo.

1. Vedi Mark Edward Lewis, Writing and Autority in Early China, State University of New York Press, Albany 1999.

2. Si può trovare un’ottima analisi di questi processi in Mark Edward Lewis, Sanctioned Violence in Early China, State University of New York Press, Albany 1990.

3. Vedi la traduzione di Ralph Sawyer, The Seven Military Classics of Ancient China, Westwiew Press, Boulder 1993.

4. Vedi Records of the Historian, traduzione di Yang Hsien-yi e Gladys Yang, Commercial Press, Hong Kong 1974, pp. 28-29.

5. Per un’eccellente discussione di questo processo, vedi Writing the Matters, in M.E. Lewis, in Writing and Autority in Early China, cit.

6. Sono stati tradotti da Roger Ames come Texts Recovered from Later Works, nel suo Sun Tzu. The Art of Warfare, Ballantine, New York 1993.

7. Vedi Thomas Petzinger, The New Pioneers, Simon and Schuster, New York 1999, e www.cluetrain.com.

8. Da T.E. Lawrence, The Evolution of a Revolt, citato da Alex Danchev in Liddell-Hart and The Indirect Approach, in «Journal of Military History», 63, aprile 1999, pp. 329-30.

9. Citato in Samuel B. Griffith, Sun Tzu. The Art of War, Oxford University Press, Oxford 1963.

10. Citato in Phillip B. Davidson, Vietnam at War, Presidio Press, Novato 1988, p. 15.

11. Da T.E. Lawrwnce, Evolution of a Revolt, citato da A. Danchev in op. cit., p. 130.

12. U.S. Marine Corps, Warfighting (MCDP 1), U.S. Department of the Navy, Washington 1997.