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I nove terreni

Sun Tzu disse:

Il metodo per organizzare le operazioni militari enumera nove tipi di terreno –

Questo capitolo tratta di vari metodi militari. Per i primi due terzi si occupa dei nove terreni e del comando delle truppe all’interno del territorio nemico. Poi la discussione sui nove terreni viene ripresa e il capitolo si occupa di questioni militari generali.

Un terreno di disunione, un terreno facile, un terreno conteso, un terreno aperto, un terreno d’intersezione, un terreno pericoloso, un terreno difficile, un terreno chiuso e un terreno di morte.

Quando i feudatari di uno stesso Stato si combattono a vicenda,

Si tratta di un terreno “di disunione”.

Tutti i contendenti considerano questo terreno importante e non ci sono mezzi per ottenere facili vantaggi. Non bisogna combattere in queste condizioni.

Quando penetro nel territorio nemico, ma non in profondità,

Si tratta di un terreno “facile”.

Non bisogna impegnarsi in questo terreno né penetrarlo. Lo shih non è ancora favorevole.

Quando, indipendentemente da chi lo occupa, offre una posizione vantaggiosa,

Si tratta di un terreno “conteso”.

Poiché chiunque può trarre beneficio dall’occupazione di questo terreno, il nemico vorrà sicuramente insediarvisi. Bisogna impedirglielo, ma fare attenzione quando si dà inizio all’attacco.

Quando sia io sia il nemico siamo in grado di avanzare,

Si tratta di un terreno “aperto”.

Poiché questo terreno è egualmente accessibile a tutti, chiunque si trovi al suo interno è vulnerabile. Bisogna attraversarlo solo se si è ben protetti, stringendo alleanze dove è possibile.

Quando in un luogo al vertice di tre Stati confinanti, colui che arriva per primo ottiene l’appoggio degli altri Stati,

Si tratta di un terreno “d’intersezione”.

Si tratta di un confine condiviso da tre Stati che hanno guarnigioni nelle vicinanze. Se siamo i primi a occupare questo terreno stabilendo una forte posizione, possiamo esserne i dominatori. Ma per poter fare questo bisogna stringere alleanze.

Quando penetro profondamente nel territorio del nemico, lasciandomi alle spalle molte città e villaggi fortificati,

Si tratta di un terreno “pericoloso”.

Poiché siamo impegnati in profondità in questo terreno, bisogna mantenere le nostre forze unite. Senza possibilità di avere sostegno dalla patria, bisogna essere autosufficienti.

Quando attraverso un territorio con montagne, foreste, paludi – in breve, strade poco praticabili,

Si tratta di un terreno “difficile”.

In luoghi del genere è facile per il nemico assicurarsi posizioni minacciose. Bisogna andarsene al più presto.

Un luogo la cui via d’accesso e di uscita è stretta,

Un luogo in cui la via per inseguire e tornare indietro è tortuosa,

Tanto che una piccola forza nemica può battere la mia forza nettamente superiore,

È un terreno “chiuso”.

Con un accesso limitato e percorsi indiretti che lo attraversano, questo terreno nasconde grandi pericoli. Tutte le forme di shih operano a favore del nemico. Dobbiamo impedire che possa accedere a tali forme di shih. Solo grazie a un’attenta pianificazione potremo uscirne.

Un terreno nel quale posso sopravvivere solo grazie alla mia rapidità,

È un terreno “di morte”.

Non ci sono alternative se non ingaggiare battaglia. Si vincerà grazie a un’azione rapida, o si sarà perduti.

Perciò –

Non combatto in un terreno di disunione.

Non mi fermo in un terreno facile.

Non attacco in un terreno conteso.

Non attraverso un terreno aperto.

Stringo alleanze in un terreno d’intersezione.

Saccheggio un terreno pericoloso.

Proseguo velocemente in un terreno difficile.

Elaboro strategie in un terreno chiuso.

Combatto a costo della vita in un terreno di morte.

Quattro di questi nove terreni vengono discussi all’inizio del capitolo 8 e tutti e nove appaiono nuovamente a metà di questo capitolo.

Questo passo dimostra la grande utilità del dare un nome alle cose. Per nove volte riesce a esprimere una complessa relazione in una o due frasi, come per esempio essere “in grado di avanzare”. A volte si riduce a una singola parola, come “aperto”. In conclusione offre un consiglio essenziale, come: «Non attraverso un terreno aperto».

Una volta che si conosce il nome di qualcosa, si può coglierne l’essenza, acquisendo una conoscenza completa della situazione. Allora sarà facile individuare la grande varietà di risposte a nostra disposizione. Questi nove terreni non costituiscono una lista esaustiva di possibilità, ma ci spingono a formarci un nostro repertorio di comprensione della realtà, per iniziare a padroneggiare tutte le eventualità che potrebbero insorgere.

In passato, coloro che erano definiti esperti in battaglia erano in grado di impedire –

Il collegamento tra avanguardia e retroguardia nemica, ~

La cooperazione tra grandi e piccoli reparti, ~

L’aiuto reciproco tra ufficiali e soldati semplici, ~

Il coordinamento fra superiori e inferiori, ~

Il ricongiungimento di truppe separate, ~

La coesione di un esercito riunito. ~

Separando ciò che unisce gli altri: le relazioni, le alleanze, il coordinamento, si estirpa la fonte della loro forza. Quando quell’unità è spezzata, ciò che era un unico Tao si frammenta. In questo modo colui che è esperto nell’arte della guerra annienta la strategia del nemico.

Se la situazione è vantaggiosa, agisci.

Se non lo è, fermati.

Il vantaggio porta alla vittoria. Per il saggio comandante, non c’è altra motivazione che lo spinga ad agire.

Se qualcuno mi chiede:

«Che cosa posso fare contro una gran schiera di nemici, bene organizzata, che si avvicina?»

Rispondo:

«Impadronisciti di qualcosa cui l’avversario tiene molto, ed egli dovrà venire a patti con te!»

Non bisogna affrontare il nemico che gode delle sue piene energie, ma impadronirsi di qualcosa cui tiene. In questo caso la sua forza sarà inutile; deve per forza fermarsi e starci ad ascoltare. Non c’è bisogno di distruggere l’obiettivo che sta a cuore del nemico o annientare le sue forze. Si può invece conquistare intero e intatto il nemico.

Qualsiasi cosa ci stia a cuore ci rende vulnerabili. Prepariamoci a rinunciarvi.

L’essenza delle operazioni militari è la rapidità.

Approfitta dell’inadeguatezza altrui,

Giungi per vie inaspettate,

Attacca dove il nemico non ha preso contromisure.

Attaccare velocemente dove il nemico è debole, dove non è presente, o dove è indifeso, significa attaccare il vuoto. Il nostro impeto aumenta semplicemente perché il nemico non può offrire resistenza. Questi sono i mezzi con cui si esplicita un’azione abile.

In genere, quando si va all’offensiva bisogna osservare i seguenti principi –

Penetra profondamente e mantieni l’esercito ben concentrato,

In modo che i difensori non possano averne ragione. ~

Depreda la ricca campagna,

In modo che le tre armate abbiano di che sfamarsi. ~

Nutri abbondantemente i tuoi uomini e non stancarli eccessivamente,

In modo che il loro ch’i possa consolidarsi ed essi si rinforzino. ~

Cambia le operazioni militari dopo aver vagliato attentamente le tue strategie,

In modo che le tue intenzioni siano impenetrabili. ~

Un terreno ostile necessita di un’attenzione maggiore. Lontani dal sostegno della patria, è necessario trovare le proprie risorse e il proprio sostentamento presso il nemico. Tali linee di rifornimento non possono essere recise. Bisogna usare la minaccia che ci circonda per rimanere uniti e sostenere le truppe. Variando la nostra forma, i nostri piani, posizione e intenzioni, non ci faremo conoscere.

Sistema le truppe in un terreno senza vie d’uscita,

In modo che si trovino di fronte la morte. ~

Di fronte alla morte, ~

Come potrebbero ufficiali e soldati non battersi fino allo stremo? ~

Quando gli ufficiali si trovano in una situazione disperata, non temono più nulla. ~

Quando non hanno più via di scampo, diventano temerari. ~

Quando penetrano profondamente in terreno nemico, saranno estremamente disciplinati. ~

Quando non hanno alternative, combatteranno senza risparmiarsi. ~

Perciò, un tale esercito –

Non ha bisogno di essere richiamato all’ordine, sarà disciplinato, ~

Non ha bisogno di essere schierato, sarà in posizione, ~

Non ha bisogno di costrizioni, sarà in perfetta sintonia,

Non ha bisogno di ordini, sarà fidato. ~

Le situazioni estreme fanno sì che le truppe facciano ricorso alle fonti più profonde della loro energia. Le esercitazioni e gli ordini da soli non possono provocare questa reazione. Le configurazioni disastrose di shih, tuttavia, la evocano automaticamente. È una condizione che si ottiene senza nemmeno ricercarla.

Proibisci ai soldati di praticare la divinazione, dissipa i loro dubbi, in modo che non temano neppure la morte.

Quando i soldati si trovano faccia a faccia con la morte, le strutture della vita militare diventano irrilevanti. In tali condizioni estreme, è meglio evitare i presagi o i dubbi, ovvero il miraggio creato dalle forze misteriose e dai pensieri nascosti. Poiché i più piccoli punti di riferimento si dissolvono, ogni cosa diventa chiara e immediata. Persino la morte, il punto di riferimento definitivo, non ha più alcun particolare potere.

I miei ufficiali non hanno sovrabbondanza di ricchezze,

Ma non perché provino ripugnanza per il denaro.

Non vivranno a lungo,

Ma non perché abbiano in spregio la longevità.

Quando arriva l’ordine di partire,

Chi è seduto piangerà bagnando i risvolti della giacca,

Chi è sdraiato piangerà bagnandosi le guance.

Conducili dove non possano andarsene –

Daranno così prova di coraggio come quello di Chuan Chu e di Ts’ao Kuei.

Chuan Chu e Ts’ao Kuei erano ufficiali militari noti per gli atti di incredibile coraggio. Le loro storie, che risalgono al VI e al VII secolo a.C., sono raccontate nelle Cronache storiche.1

Le truppe sono formate da esseri umani comuni, che amano il benessere e odiano la morte e possono essere sopraffatti dalle loro emozioni. Tali qualità potrebbero mettere in discussione la loro adeguatezza al servizio militare, ma sono anche ciò che li rende dei veri soldati. Il coraggio nasce dalla codardia. Minacciati dalla morte, essi combattono disperatamente per sopravvivere. Grazie allo shih più adatto, la loro naturale reazione fa sgorgare un potere enorme.

E così, colui che è esperto nell’arte della guerra può essere paragonato allo shuai-jan.

Lo shuai-jan è un serpente del Monte Heng.

Se lo colpisci al capo, reagisce con la coda.

Se lo colpisci alla coda, ti attacca con la testa.

Se lo colpisci nel mezzo, risponderà sia con la testa sia con la coda.

Se mi si chiede:

«Si può rendere una formazione militare simile allo shuai-jan

Rispondo:

«Sì. La gente di Yueh e la gente di Wu si odia,

Ma quando si trovano su una stessa barca che attraversa il fiume,

Si aiutano reciprocamente come la mano destra aiuta la sinistra.»

Ci sono molti racconti sullo shuai-jan nella mitologia cinese, ma questo costituisce il primo riferimento mai registrato.

Yueh e Wu erano acerrimi nemici nel VI secolo a.C. Pare che Sun Tzu abbia aiutato il sovrano di Wu a sconfiggere Yueh, anche se il suo nome non appare nelle cronache storiche di quel conflitto.

Lo shuai-jan è dotato di una perfetta coordinazione. Istintivamente si concentra su una cosa sola. Nelle giuste condizioni, persino elementi altrimenti in opposizione si uniscono come se fossero un solo corpo. In questo passo tali condizioni sono rappresentate dalla minaccia di perdere la vita, che evoca energie comparabili solo a quelle del mondo mitologico.

Perciò, non basta legare le briglie dei cavalli e interrare le ruote dei carri.

Fai in modo che tutti siano coraggiosi.

Questo è il Tao dell’organizzazione.

Sfrutta il duro e il tenero.

Questo deriva dalla conoscenza del terreno.

La parola cinese “organizzazione” implica la “correzione” o il “rendere ortodosso”.

Frapporre degli ostacoli fisici tra noi e il nemico non ci salverà dal suo attacco. Bisogna invece trasformare i nostri soldati, trovando lo shih che unisce il loro spirito, in modo da moderare gli estremi della codardia o del coraggio. In questo risiede l’abilità di chi sa organizzare.

Contemporaneamente, bisogna saper padroneggiare il mondo naturale. Il tenero e il duro sono forme del terreno e rappresentano le qualità di qualsiasi situazione. Per conquistare senza distruggere, bisogna essere in grado di considerare tutte le possibilità e i loro estremi.

E così, colui che è esperto nell’organizzare le operazioni militari prende per mano i suoi uomini come se conducesse una sola persona,

Di modo che nessuno possa indugiare.

Il rapporto con gli uomini al nostro seguito deve essere talmente stretto che a essi sembrerà che stiamo parlando a ognuno di loro individualmente. Uniti nello spirito, non possono fare altro che seguirci.

Nella sua attività ~

Il comandante è calmo e perciò imperscrutabile,

È retto, in questo modo porta ordine. ~

È capace di tenere all’oscuro dei suoi piani ufficiali e truppe. ~

Muta le sue decisioni, ~

Rivede le sue strategie,

Impedendo a chiunque di comprenderle. ~

Sposta il suo accampamento, ~

Prende vie inaspettate, ~

Impedendo a chiunque di prevedere le sue mosse. ~

Per diventare invisibili, bisogna innanzitutto essere estremamente ortodossi e prevedibili, poi bisogna diventare tanto straordinari che nessuno sarà in grado di presagire i nostri obiettivi e il luogo in cui ci accamperemo.

Le truppe ci devono considerare altrettanto inafferrabili e questo andrà a vantaggio sia della loro sicurezza, sia dell’autorevolezza del nostro comando.

Quando il generale spiega ai suoi uomini che è tempo di combattere, ~

Fa come chi butta via la scala dopo essersi arrampicato. ~

Il generale si addentra con loro nella terra dei sovrani nemici, ~

Come una freccia scagliata da una balestra. ~

Come con un gregge di pecore,

Egli li conduce di qua,

Egli li conduce di là, ~

E nessuno sa dove stia andando. ~

Egli riunisce le truppe delle tre armate

E le conduce nel pericolo.

Questa è la cosiddetta “attività del comandante”.

Il generale è il responsabile della vittoria. Crea le condizioni ideali per stimolare al massimo l’energia delle truppe e lasciarla poi esprimere al momento opportuno. Le truppe, però, non devono essere a conoscenza di queste condizioni: non devono avere altra scelta che seguire il generale. In tempi di estremo pericolo, tali azioni decisive non solo saranno efficaci, ma potrebbero rappresentare il solo modo di sopravvivere. Il successo dipende dall’estrema lealtà delle truppe.

Non ci si può esimere dall’esaminare –

Le variazioni dei nove terreni,

I vantaggi della ritirata e dell’avanzata,

Le variabili della natura umana.

Qui il capitolo viene riassunto nei suoi tre temi principali, i tre tipi di conoscenza che il generale deve possedere. Innanzitutto i nove terreni, le forme dello shih e i vantaggi che derivano da ognuno di essi; poi i principi che regolano gli spostamenti, sia di ritirata sia di invasione. Terza viene la conoscenza della natura umana, che permette al generale di prevedere le reazioni delle truppe nelle varie circostanze.

Il capitolo prosegue reintroducendo i nove terreni ed esaminando questioni militari generali.

In breve, quando si invade –

Penetrando in profondità è necessaria la coesione,

Penetrando poco profondamente, si rischia la dispersione.

Perciò, appena lasciato il tuo Stato e oltrepassati i confini con i tuoi soldati, sei su un terreno di disunione.

Se ci sono quattro vie di accesso, sei su un terreno d’intersezione.

Se sei penetrato profondamente, sei su un terreno pericoloso.

Se sei penetrato poco profondamente, sei su un terreno facile.

Se hai insuperabili fortificazioni alle spalle, e davanti uno stretto cammino, sei su un terreno chiuso.

Se hai insuperabili fortificazioni alle spalle e davanti il nemico, sei su un terreno di morte.

Se non c’è alcuna via d’uscita, sei su un terreno disperato.

Questo elenco iniziale di sette terreni include il “terreno disperato”, che si trova solo nel testo sul bambù. Di questi sette, cinque sono inclusi nell’insieme successivo di nove terreni.

Perciò –

In un terreno di disunione unificherò la volontà dei miei uomini.

In un terreno facile farò in modo che avanzino uniti.

In un terreno conteso impedirò loro di esitare.

In un terreno aperto mi occuperò della difesa.

In un terreno d’intersezione stringerò alleanze.

In un terreno pericoloso mi affretterò ad assicurarmi i rifornimenti.

In un terreno difficile cercherò di uscirne al più presto.

In un terreno chiuso bloccherò i passaggi.

In un terreno di morte mostrerò loro che non abbiamo paura di perdere la vita.

Questi nove terreni sono identici a quelli presentati all’inizio di questo capitolo. Le istruzioni essenziali di quella sezione sono qui riportate con enfasi diversa.

E così, per quanto riguarda la natura dei sovrani vicini –

Quando sono accerchiati, resistono.

Quando non hanno una valida retroguardia, combattono.

Quando sono vinti, ti seguono.

La creazione di barriere consolida lo spazio in esse racchiuso. Il nemico rafforza la sua posizione. Quando non ci sono altre alternative, la resistenza nemica si trasforma in lotta attiva. In questo caso egli ci seguirà solamente dopo essere stato completamente vinto.

Perciò –

Se non conosci i piani dei sovrani vicini,

Non puoi stringere alleanze con loro.

Se non conosci la forma delle montagne e delle foreste, dei burroni e delle gole, delle paludi e degli acquitrini,

Non puoi mobilitare l’esercito.

Se non ricorri alle guide locali,

Non puoi sfruttare il vantaggio del terreno.

Se non conosci anche solo una di queste quattro o cinque condizioni,

Non sei a capo di un esercito di re e signori.

I “re” erano i sovrani degli Stati feudali del IV e III secolo a.C. Il titolo di “signore” veniva dato a diversi sovrani che stabilivano delle brevi egemonie su tutti gli altri. Le prime sei righe appaiono anche nel capitolo 7, suggerendo che questa parte del capitolo non fosse legata a una sezione particolare del testo.

Il passo sottolinea nuovamente l’importanza della conoscenza che sottende ogni forma di azione. Le due righe finali, tuttavia, mostrano che è necessario possedere tutti i tipi di conoscenza, trasformando questa sezione da una semplice lista di osservazioni in un apparato di elementi essenziali.

Se un esercito di re e signori –

Attacca un grande Stato, quest’ultimo non riuscirà a radunare le sue truppe.

L’imponenza di un tale esercito intimorisce l’avversario e impedisce ai suoi alleati di accorrere in soccorso.

Perciò –

Non cercare alleati.

Non mostrarti mite.

Basati sui tuoi interessi.

Intimorisci il tuo avversario.

Così il paese nemico potrà essere conquistato e le sue città fortificate sottomesse.

Il nostro grande potere impedisce al nemico di formare un’unità compatta o di riunirsi ai suoi alleati. In questo modo si spezzano le sue intese politiche.

I signori ottenevano l’egemonia tramite un delicato equilibrio di alleanze e rivalità. Bisogna invece lavorare per intimorire l’altro con il nostro potere, portandolo completamente dalla nostra parte. Questa è la vittoria, che scaturisce sempre da un punto di riferimento più grande.

Anche senza ricompense abituali ~

E senza ordini adeguati, ~

Potrai farti seguire dalla moltitudine delle tre armate ~

Come se guidassi un solo uomo. ~

Incitali con le azioni, non con le parole.

Incitali con i pericoli, non con i vantaggi.

Mettili di fronte alla disfatta e si batteranno per sopravvivere.

Mettili di fronte alla morte e si batteranno per vivere.

In questo modo, persino se sono sprofondate nel dolore, ~

Le truppe saranno in grado di trasformare la sconfitta in vittoria. ~

Senza ricorrere alla speranza e alla paura, alla coerenza o alla gentilezza, scartando tutte le convenzioni legate al comando, il generale lega le truppe a sé. Non si affida alle parole ma all’azione che arriva al cuore delle cose, lasciando perdere le teorie e le buone maniere. Messe di fronte alla certezza della morte, le sue truppe trasformano una situazione senza speranza in una vittoriosa.

E così, il comando delle operazioni militari ~

Consiste nel comprendere lo scopo del nemico ~

E concentrare le proprie forze in un’unica direzione. ~

Percorri anche mille li per uccidere il generale nemico. ~

Queste sono le cosiddette “azioni abili”.

Se si conosce l’obiettivo nemico, si può trovare il suo punto vitale. Concentrando lì le nostre energie, possiamo mettere fine al conflitto in un colpo solo, persino arrivando da una grande distanza. Non abbiamo bisogno di distruggere le proprietà o il popolo dell’avversario. Conquistare intero e intatto il nemico significa proprio questo.

Perciò, il giorno stesso in cui dichiari guerra – ~

Chiudi i passi e distruggi i lasciapassare.

Non permettere agli emissari nemici di transitare. ~

Decidi le tue mosse

In seno al quartier generale. ~

Nell’antica Cina un messaggero proveniente dal campo di battaglia provava la sua fedeltà mostrando l’altra metà di un lasciapassare di legno, precedentemente diviso in due dal comandante e dal sovrano. Qui tutti i lasciapassare vengono distrutti.

Nel momento in cui si dichiara guerra, si cambiano di colpo i protocolli delle relazioni diplomatiche. Bisogna rendere sicuri i confini e pianificare le proprie mosse al più alto livello.

Quando il nemico presenta una breccia, ~

Entra il più velocemente possibile. ~

Ciò che gli sta a cuore sarà il tuo primo obiettivo.

Non fargli sapere quando attaccherai. ~

Abbandona la linea d’inchiostro basando la tua strategia sul comportamento del nemico ~

E decidi poi il modo in cui dare battaglia. ~

Perciò –

Dapprima mostrati come una vergine. ~

Così il nemico aprirà uno spiraglio. ~

Poi mostrati come una lepre in fuga. ~

E il nemico non riuscirà a resistere all’inseguimento. ~

La linea di inchiostro è l’equivalente della linea di gesso del carpentiere, che viene spezzata per assicurarsi che i segni siano diritti.

Quando gli ostacoli in battaglia scompaiono, bisogna agire velocemente per afferrare l’obiettivo cruciale e impedire al nemico di ristabilire l’equilibrio. A quel punto bisogna scartare persino le misure che sono state fino a quel momento essenziali e reagire a qualsiasi cosa il nemico faccia. Come l’acqua adatta il suo movimento al terreno, in guerra si vince adattandosi al nemico.

L’innocenza disarma. La velocità vince.

1. Una panoramica storica della Cina da parte di Ssu-ma Ch’ien, scritta negli anni intorno al 100 a.C. Vedi la traduzione inglese di queste storie a opera di Burton Watson in Records of the Historian, Columbia University Press, New York 1958, cap. 86, pp. 45-48.