La scena è in Atene, dove Lisistrata («colei che scioglie gli eserciti») è decisa a por fine alla crudele guerra che da vent’anni sconvolge la Grecia; convoca allora un’assemblea di donne, con delegazioni giunte da tutto il paese, e comunica il suo piano: le donne greche non dovranno più far l’amore con i loro uomini fino a che questi, esasperati dal lungo desiderio, non accetteranno di concludere la pace. Dubbi ed esitazioni da parte femminile non mancano, ma infine si ha un convinto assenso da parte di tutte. Le Ateniesi provvedono con tempestività ad occupare l’acropoli, dove è custodito il tesoro, sì che non si possano più attingere di lì i fondi necessari per le operazioni di guerra; arriva un coro di vecchi a tentare di sloggiarle col fuoco da quella cruciale posizione strategica, ma presto si fa avanti a fronteggiarlo un coro di vecchie, armate di recipienti colmi d’acqua, e i vecchi vengono innaffiati ben bene. Un commissario, inviato per porre termine a quella sedizione in nome dell’autorità, viene sconfitto dall’argomentare di Lisistrata e deve ritirarsi non senza essere stato ben bene dileggiato. Lisistrata, nel ripercorrere la storia della guerra ‘dalla parte delle donne’, ricorda tutte le volte che gli uomini avevano preso decisioni discutibili, rifiutando di parlarne a casa in nome del principio che la guerra è cosa da uomini. Ed ora le donne, le cui esigenze sono state così a lungo ignorate, fanno valere tutto il proprio potere, senza cedere a pressioni e ricatti di alcun tipo: di fronte al problema della pace poco importa che l’ordine domestico vada in malora, o che i bambini soffrano dell’assenza delle madri. Nel condurre la loro azione le donne danno prova di intelligenza oltre che di buona capacità di autocontrollo; per i loro compagni invece è una débâcle. Quando l’arrivo di un araldo spartano, in forte tensione erotica, permette di capire l’ampiezza del complotto che coinvolge la Grecia intera, si giunge alla capitolazione maschile, e la pace viene conclusa fra canti e danze.