L’opinione piuttosto diffusa secondo cui la ‘politicità’ aristofanea si sarebbe sprigionata soprattutto nella produzione giovanile si scontra con un dato di fatto: che cioè i tre grandi drammi della maturità, Uccelli, Lisistrata e Rane sono messi in moto dalle tre grandi crisi che portarono Atene al collasso:
415/414 (Uccelli)1: attentati sacrali e crisi politica interna in concomitanza con la nuova avventura bellica in Sicilia e con la caduta di Alcibiade;
412/411 (Lisistrata): postumi del disastro in Sicilia, governo di emergenza (probuli), gestazione del colpo di Stato;
406/405 (Rane): tra il processo degli strateghi e la nuova spinta oligarchica (amnistia per i ‘compromessi’ nel 411).
In modi diversi, in tutti e tre i casi il tema principale è «salvare la città». Le inclinazioni estetiche degli interpreti però hanno spesso lasciato in ombra o trascurato del tutto questo dato di fatto. Qui diremo del ‘caso’ Lisistrata.
Folgorati forse dall’invenzione, peraltro banale, dello sciopero sessuale, i professori restano spaesati. Si va dalla paradossale definizione di Gilbert Murray, amplificata da Henry Dickinson Westlake («commedia senza politica»), all’opposta idea di una commedia tutta politica (Comparetti), una commedia che, sull’onda di una riscossa militare, propugnerebbe il «fronte comune» degli alleati (Jeffrey Henderson [1987]), alla teutonica, pedantesca domanda formulata purtroppo senza ironia da Wilamowitz ormai ottantenne: «perché gli uomini, di fronte a tale sciopero, non hanno cercato tranquillamente altre donne o non si sono rivolti al loro stesso sesso?»2. Per altri ancora si tratterebbe di una crociata panellenica. Per Gilbert Norwood, invece, uno dei due temi portanti è «la presa dell’acropoli»3. E si potrebbe seguitare. Ma giova dare conto delle parole di Murray per misurarne meglio la lontananza dall’effettivo contenuto della commedia: «Nella Lisistrata la situazione è così nera che non serve attaccare più nessuno. Non c’è una parola né contro i democratici né contro gli oligarchici, né contro le masse né contro i cospiratori, e neppure contro alcun individuo. Tutti hanno fatto male, non parliamone più ma siamo uniti»4.
Anche l’apprezzamento per la pièce come tale ha subìto forti oscillazioni. Per Wilamowitz i vertici aristofanei («die Werke seiner Meisterschaft») sono Uccelli, Lisistrata e Rane (accomunate dall’«appello alla concordia»)5, per Norwood, invece, la commedia di Lisistrata è «debole» e denota «rilassamento della struttura tecnica».
Come sappiamo, i commediografi attivi negli anni febbrili della lunga guerra con Sparta (431-404 a.C.) sono stati accostati, per la funzione battagliera cui si sono prestati, ai giornalisti otto-novecenteschi, del tempo cioè in cui i giornali contavano nella costruzione dell’opinione pubblica. Grande arte. La bravura del grande giornalismo consisteva nel veicolare i concetti, per i quali quelle acuminate penne venivano mobilitate (arruolate e assoldate), all’interno di una trama narrativa allettante. Una tale strategia campeggia nella Lisistrata. L’invenzione provocatoria che sta alla base della commedia è, per i fini impegnativi che propugna, a dir poco perfetta: comicità salace e proposta di un radicale mutamento del personale politico si danno la mano. La metafora serio-faceta è: le donne al posto degli uomini, che può ben significare ‘vogliamo altri uomini al comando!’.
Come si sa, più abile dei suoi colleghi e rivali, Aristofane non ha mai adottato come titolo di commedia nomi di demagoghi, anche quando essi costituivano l’epicentro di una pièce. Caso emblematico i Cavalieri, il più violento attacco anti-Cleone della commedia in tempo di guerra. Una sola volta invece lo ha fatto, e ha scelto una leader politica da raffigurare però positivamente, come risanatrice della politica e salvatrice della città: Lisistrata. Giacché Aristofane in lei si identifica. Essa è il suo politico di elezione. Nella sua Lisistrata (1927), Wilamowitz sintetizza così il senso della commedia: «Qui viene lanciato l’appello: manca un capo (es fehlt der Führer)!» (p. 51)6.
1 Indichiamo l’anno in cui le commedie andarono in scena ma anche il momento in cui l’autore si mise all’opera.
2 U. von Wilamowitz-Moellendorff, Lysistrate, Weidmann, Berlin 1927, p. 54.
3 Greek comedy, Methuen, London 1931.
4 G. Murray, Aristophanes. A Study, Clarendon Press, Oxford 1933, pp. 176-177.
5 U. von Wilamowitz-Moellendorff, Platon, II, Weidmann, Berlin 1920, p. 18.
6 In una intervista al giornale svedese «Svenska Dagbladet» (4 agosto 1920) – in una Germania caoticamente quasi socialista – Wilamowitz aveva egli stesso lanciato l’appello «Ein Mann, ein Held muss kommen!» (cfr. L. Canfora, Cultura classica e crisi tedesca. Scritti politici di Wilamowitz 1914-1931, De Donato, Bari 1977, p. 158).