Alla fine di dicembre del 412, Pisandro giunse ad Atene da Samo dove era trierarca presso la flotta ateniese. Provetto demagogo, ufficialmente ancora tale, in segreto egli era già da tempo passato al servizio degli oligarchi impegnati, a Samo, nella congiura che avrebbe portato al crollo del regime democratico in Atene. Il compito che Pisandro doveva svolgere ad Atene era di preparare l’opinione pubblica ad accettare il cambio di regime. Il che effettivamente gli riuscì, grazie soprattutto al suo prestigio, non ancora incrinato, di ‘capo democratico’1.
La cronologia di questa vicenda, sviluppatasi tra fine dicembre 412 e maggio 411 ha palesemente a che fare con le due commedie prodotte da Aristofane quell’anno: Lisistrata e Tesmoforianti. Di qui la necessità di una ricostruzione precisa.
Dopo la defezione di Mileto, – nuovo duro colpo dopo il disastro siciliano – passata con Sparta e divenuta base della flotta spartana, la prospettiva di vittoria, per Atene, è sempre meno realistica.
Alcibiade, esule ma non più a Sparta (con cui i suoi rapporti son divenuti pessimi) e gravitante ormai, ambiguamente, intorno al satrapo persiano Tissaferne (che con Sparta ha legami e comuni interessi, ma non un rapporto di fiducia piena), fa balenare ai capi della flotta ateniese di stanza a Samo la possibilità – per lui – di distogliere Tissaferne dall’alleanza con Sparta. A tal fine inventa che però, da parte persiana, la condizione per attuare il cambio di fronte sarebbe un cambio di regime, in Atene, in senso oligarchico. E lascia intendere di essere pronto ad operare presso Tissaferne e dichiara di non essere comunque disposto a ritornare in Atene in regime «canagliesco cioè democratico» (sono queste le sue parole), «essendo quel regime responsabile della sua cacciata»2.
L’interlocutore di Alcibiade è, per l’appunto, Pisandro3. Non era difficile capire che sia il Gran Re sia Tissaferne, indifferenti al regime politico vigente nelle città greche, stabilivano alleanze tenendo conto unicamente dei gruppi e delle persone con cui reputavano fruttuoso stabilire rapporti4. È più che sensato perciò ritenere che non solo Alcibiade ma anche lo stesso Pisandro non credessero affatto alla storia che raccontavano: Alcibiade aveva inteso, con quella trovata, suggerire alle cerchie oligarchiche operanti a Samo un efficace argomento da usare per scardinare le resistenze ateniesi ad un cambio di regime. Lo conferma il fatto che Pisandro, quando si presenta ad Atene e snocciola l’argomento ‘cambiamo (magari pro tempore) regime (ma lui abilmente dice «questo tipo di democrazia»5) altrimenti niente aiuti persiani’, i contatti con Tissaferne erano ancora in altissimo mare6: ma Pisandro li ‘vendeva’ come qualcosa di molto concreto; e riuscì persino a farsi affidare, dall’assemblea ormai conquistata, la guida di una missione presso Tissaferne7.
La sostanza della questione ovviamente, per i capi della congiura, era tutt’altra; e la sintetizzò Teramene, in un momento estremo e dinanzi ad un uditorio con cui si giocava a carte scoperte: «Il governo dei Quattrocento – disse al cospetto di ex complici ormai suoi giudici – fu il demo stesso a vararlo, perché gli fu spiegato che di qualunque regime gli Spartani [non i Persiani!] si sarebbero fidati piuttosto che della democrazia»8.
Ad ogni modo la partita più delicata, all’inizio, la giocò Pisandro nella sua doppia veste: di congiurato (in segreto) e di capo democratico (in pubblico), impegnato, in tale ruolo, a spiegare all’assemblea quale fosse il ‘male minore’. Per il decollo della congiura, e la sua successiva riuscita, la prima venuta di Pisandro ad Atene fu dunque decisiva. Tucidide la descrive ampiamente e quasi in ‘presa diretta’ (VIII, 53-54). Grazie a molti animati colloqui individuali, Pisandro riuscì a far deglutire l’idea che la ‘sospensione’ della democrazia sarebbe stata solo temporanea (e i vantaggi, in cambio, molti) e a farsi autorizzare a recarsi, in delegazione con altri dieci, a trattare sia con Alcibiade che con Tissaferne9. E ottenne anche dall’assemblea la revoca di Frinico dalla carica di stratego. Qui Tucidide, che ha assistito a tutte le fasi di quell’assemblea, inserisce una sua notazione penetrante, che coglie l’elemento più profondo della psicologia di massa in quel momento: il demo – di cui dirà più oltre che era «sconfitto nella volontà (ἡσσῶντο ταῖς γνώμαις)» – «temeva e al tempo stesso auspicava un cambiamento» (δείσας καὶ ἅμα ἐπελπίζων ὡς καὶ μεταβαλεῖται)10.
Ottenuto questo enorme risultato, Pisandro però non riparte ancora ma si reca in segreto presso le eterie («congiure per manipolare le elezioni e i processi» le chiama Tucidide) e dà ordini molto chiari: «unirsi (ξυστραφέντες), studiare la situazione tutti insieme (κοινῇ βουλευσάμενοι), porre mano all’opera di demolizione della democrazia (ὅπως καταλύσουσι τὸν δῆμον)». E soprattutto ordinò loro di mettersi subito all’opera (ὥστε μηκέτι διαμέλλεσθαι)11. E l’opera effettivamente dovette incominciare subito, come ben notò Andrewes, commentando «μηκέτι διαμέλλεσθαι»: «This suggests prima facie that the terrorist campaign described in 65-66 began relatively early»12. E i risultati si videro. Tornato ad Atene al principio della primavera, dopo la vana missione presso Tissaferne, Pisandro troverà che «la democrazia era già stata di fatto liquidata (κατελέλυτο)» dalle eterie13. Come ciò fosse accaduto tra la prima e la seconda venuta di Pisandro è raccontato da Tucidide in VIII, 65-6614.
È dunque rilevante stabilire l’esatta data della prima visita di Pisandro.
Il dato certo è che Pisandro approda, la prima volta, ad Atene15 in inverno, cioè in ogni caso tra novembre 412 e marzo 411 (nel racconto tucidideo, l’unico attendibile, tra VIII, 29 e VIII, 60). Il racconto delle vicende di questo inverno è particolarmente ricco a causa delle molte operazioni navali e delle intense trattative spartano-persiane, cui Tucidide riserva giustamente molto spazio (il secondo e il terzo trattato sono in VIII, 36-37 e 57-59). Tucidide deve inoltre tener testa a vari scenari (Chio, Mileto, Samo, Atene, Tissaferne etc.) ricorrendo di frequente ad espressioni che denotano il sincronismo tra avvenimenti che si svolgono in diversi teatri di operazioni. Si può osservare inoltre che, dopo il racconto analitico della venuta di Pisandro ad Atene e delle sue attività palesi ed occulte, Tucidide pone in sequenza cronologica altri episodi di quell’inverno: il successo di Leone e Diomedonte a Rodi (55, 1), il tentativo di Pedarito spartano di sfondare con un attacco in forze il campo trincerato ateniese a Chio e la morte di Pedarito (55, 3), la missione in Asia di Pisandro presso Tissaferne, boicottata abilmente da Alcibiade, e il ritorno a Samo della delegazione di Pisandro ormai convinta di essere stata ingannata da Alcibiade (56), lo spostamento di Tissaferne fino a Cauno e il suo riavvicinamento agli Spartani (57) con conseguente stipula del terzo trattato (58), conquista di Oropo, a sorpresa, e propiziata dal tradimento, da parte dei Beoti, «verso la fine dell’inverno» (60, 1), contatti dei Beoti con i Peloponnesiaci di stanza a Rodi e a Chio al fine di propiziare la defezione dell’Eubea tutta (60, 2), fallimento del tentativo e «fine dell’inverno» (60, 3).
Per datare la prima missione di Pisandro ad Atene vi è un indizio utile. Come s’è detto, egli aveva ottenuto, a conclusione della sua missione, che l’assemblea popolare ateniese esonerasse Frinico dalla carica di stratego, e aveva argomentato contro Frinico come responsabile della perdita di Iaso16. È dunque evidente che Pisandro non conosce ancora – quando ottiene dall’assemblea questo risultato a danno di Frinico – il vero e pericoloso tradimento di Frinico: il fatto cioè, denunziato prontamente da Alcibiade, che Frinico, per colpire Alcibiade, avesse rivelato al navarco spartano Astioco il piano di Alcibiade (condiviso da Pisandro e dagli altri congiurati) di distogliere Tissaferne dall’alleanza con Sparta17. È ovvio che questo sarebbe stato un ben più solido ed efficace argomento contro Frinico (altro che la perdita di Iaso!). Orbene, l’episodio di Frinico che scrive ad Astioco, di Astioco che ne informa Alcibiade e di Alcibiade che denuncia Frinico ai comandanti ateniesi a Samo è avvenuto «mentre Astioco era ancora a Mileto», e noi sappiamo che Astioco ha lasciato Mileto alla volta di Cnido all’inizio di gennaio visto che il 21 dicembre (περὶ ἡλίου τροπάς)18 era ancora a Mileto.
Dunque Pisandro – del tutto ignaro della gravissima rivelazione di Frinico ad Astioco subito divulgata da Alcibiade – è partito alla volta di Atene entro novembre, approdando in città appunto nel dicembre 412. È alla fine di quel mese, dunque, che ha agito, prima in assemblea e poi presso le eterie. Questa ricostruzione ha un punto fermo nell’indicazione del solstizio d’inverno (περὶ ἡλίου τροπάς). È un dato ancorato ad un elemento astronomico indiscutibile e accertabile. Perciò la datazione del primo e fondamentale intervento di Pisandro ad Atene, così calcolata da Busolt19, è anche – Deo gratias! – accettata e fatta propria da Andrewes20 e, di conseguenza, dai suoi seguaci conterranei.
Questo risultato è da tener presente quando si cerca di comprendere in quale clima, nel gennaio-febbraio (Gamelione) 411, andò in scena la Lisistrata, efficace messinscena di un colpo di Stato. Ma di questo diremo nei capitoli seguenti, non senza aver prima cercato di precisare – nel capitolo qui di seguito – cosa accadde ad Atene, dopo la partenza di Pisandro, in attuazione delle sue direttive.
1 Tucidide, VIII, 53-54.
2 Οὐ πονηρίᾳ οὐδὲ δημοκρατίᾳ τῇ αὐτὸν ἐκβαλούσῃ (Tucidide, VIII, 47, 2).
3 Cornelio Nepote, Alcibiade, 5, 3.
4 W. Wattenbach, De Quadringentorum Athenis factione, Diss. Berlin 1842, p. 26. Wilhelm Wattenbach, poi grande medievalista, aveva esordito con questa dissertazione sulla vicenda dei Quattrocento in Atene: un testo di grande intelligenza e tuttora pregevole quantunque scritto mezzo secolo prima della scoperta della Costituzione degli Ateniesi di Aristotele. Era il frutto dei suoi studi ginnasiali (insegnante suo era stato Johannes Classen) e universitari con un vero parterre de rois: Böckh, Lachmann, Ranke, Bopp, Jacob Grimm, tutti ricordati con fierezza e riconoscenza nel Lebenslauf posto al termine della dissertazione.
5 Tucidide, VIII, 53, 1.
6 Tucidide, VIII, 52 ironizza su Alcibiade ‘venditore di fumo’: ἅτε περὶ μεγάλων ἀγωνιζόμενος.
7 Tucidide, VIII, 54, 2.
8 Senofonte, Elleniche, II, 3, 45 (Teramene sotto attacco, e prima di essere arrestato, replica a Crizia davanti alla Boulé nominata dai Trenta: autunno del 404). Sempre istruttivo in proposito l’opuscolo criziano, Sul sistema politico ateniese, II, 15.
9 Tucidide, VIII, 54, 2.
10 Tucidide, VIII, 54, 1. Peccato che vari interpreti moderni abbiano perso l’occasione di capire questa frase e la valutazione profonda che essa contiene. «... daß es auch wieder zu Änderungen kommen werde» è la traduzione quasi perfetta di Steup, che ben vede in μεταβαλεῖται un ‘passivo impersonale’, ma interpola un «wieder» (daccapo, in futuro) che nel testo non c’è e ne indebolisce il senso (Steup, VIII, 19223). È tutto chiaro invece se si sa leggere quel che dice Teramene (Senofonte, Elleniche, II, 3, 45) e ancor più Isocrate, Sulla pace, 108: «causa la ribalderia dei capi popolari, fu il popolo stesso a desiderare l’oligarchia dei Quattrocento».
11 Tucidide, VIII, 54, 4.
12 Andrewes presso HCT, V, 1981, p. 187.
13 Tucidide, VIII, 63, 3.
14 Su ciò cfr. più oltre in dettaglio il capitolo 3, Elogio del piuccheperfetto.
15 Tucidide, VIII, 53, 1.
16 Avvenuta in VIII, 28, 2-3; 29, 1.
17 Tucidide, VIII, 50, 1-2; 50, 4 (lettera di Alcibiade che denunzia Frinico).
18 Tucidide, VIII, 39, 1.
19 Griechische Geschichte bis zur Schlacht bei Chaeroneia, III.2, Perthes, Gotha 1904, pp. 1468-1469.
20 HCT, V, 1981, p. 186.