Appendice 1.
Agoni comici alle Dionisie del 411?

«La gente per paura non faceva più opposizione,
vedendo che i partecipanti alla congiura erano tanti;
ma se anche qualcuno vi si opponeva,
subito moriva in un modo opportuno»

Tucidide

Nessuna traccia si è conservata1 di Dionisie nell’anno 411. Ma avrebbero potuto aver luogo nella situazione di terrore diffuso che – a giudicare dalla cronaca tucididea – imperversò ad Atene tra la partenza di Pisandro (gennaio 411) e la vigilia della sua nuova venuta (aprile-maggio 411)?2

Quale fosse il clima in quei mesi si comprende ancor meglio se si tien conto di un altro aspetto: la continuità di comportamento dei congiurati e dei loro satelliti. Non solo nei mesi precedenti il ritorno di Pisandro ad Atene, ma anche in concomitanza con la militarizzata assemblea3 di Colono (Targelione 411) che sancì la liquidazione della Boulé dei Cinquecento. Anche subito dopo l’insediamento dei Quattrocento nel Bouleuterion erano continuate le violenze e le uccisioni ‘mirate’: «ammazzarono alcuni, non però molti [sic], – scrive Tucidide – quelli che parve appropriato far fuori»4. Né va dimenticato che i Quattrocento si erano presentati armati nel Bouleuterion quando decisero di sbattere fuori i legittimi buleuti, e s’erano fatti accompagnare da ben centoventi «giovani» (anch’essi armati) scelti tra quelli che avevano seminato il terrore nei mesi precedenti5. Alcuni di loro – e non a caso gli oltranzisti poi fatti fuori da Teramene – si aggiravano con scorte armate personali, reclutate magari tra elementi «barbari». È il caso di Aristarco, che era anche stratego, e che, al momento di mettersi in salvo con la fuga, prese subito con sé «alcuni arcieri tra i più barbari»6. Il che viene confermato da un frammento di Aristofane, da cui apprendiamo che erano Iberi del Caucaso (fr. 564 K.-A.).

Si comprende dunque, grazie alla dettagliata cronaca tucididea di quelle vicende, che – da quando, a gennaio, sono entrate in azione le società segrete «riunificate» per ordine di Pisandro e dei congiurati – la violenza, l’intimidazione, la censura e l’autocensura, la paura sono stati più o meno continuativamente, gli strumenti che hanno reso, in pochi mesi, i Quattrocento padroni della città. Gli studiosi stentano a rendersene conto: non hanno ben chiaro cosa significhi preparare, e prima ancora predisporre il clima, per la presa del potere. Tucidide – il quale rivela che Antifonte, il capo ‘occulto’, ci stava lavorando «da moltissimo tempo (ἐκ πλείστου7 – lo sa e l’ha visto svilupparsi sotto i propri occhi in Atene. Questi uomini si erano preparati da tempo: è sintomatico il finale dell’opuscolo criziano Sul sistema politico ateniese, in cui si soppesa la questione «se abbiamo forze sufficienti per abbattere la democrazia»8. Avevano imparato la ‘tecnica del colpo di Stato’ osservando la lotta inesausta degli oligarchi delle città alleate contro i governi democratici imposti da Atene9. Avevano posto in essere la tecnica dei piccoli nuclei, ‘irresistibili’ perché armati e in grado di colpire a sorpresa obiettivi mirati10. E avevano anche ‘comprato’ un capo popolare, indispensabile, in quanto buon conoscitore della psicologia di massa e delle tecniche di difesa preventiva del demo (il cosiddetto ‘allarmismo democratico’), per manovrare sul suo stesso terreno la massa popolare e spingerla a perdere la fiducia in se stessa portandola, alla fine, alla resa. Una macchina ‘perfetta’ preparata da tempo e impegnata per mesi in un’azione di lunga lena.

È perciò alquanto problematico immaginare, in una situazione del genere, coreghi disponibili (e generosi), autori pronti a cimentarsi come di consueto nella satira (certo non politica e comunque ‘sorvegliata’)11, e, infine, spettatori sereni. È forse ipotesi lecita che, proprio per gli agoni comici, non ci siano state le condizioni, alle Dionisie del 411. Autori che avessero accettato di lavorare in quelle condizioni, quali che fossero le loro inclinazioni e simpatie politiche, si sarebbero messi in una posizione non solo compromettente, ma difficilmente sostenibile.

Vi è poi un dettaglio non marginale.

L’abrogazione di ogni altro salario fuorché quello militare (e degli arconti) era tra le aperte proclamazioni dei sostenitori del nuovo ordine da ben prima dell’assemblea di Colono: «Era stata da loro allestita da tempo – e apertamente – una formula propagandistica: solo ai militari si dovrà pagare un salario» (Tucidide, VIII, 65, 3).

E la formulazione normativa che sanzionò, a Colono, questo programma fu «che le risorse andavano usate unicamente per la guerra e tutti i salari erano abrogati» (Aristotele, Costituzione degli Ateniesi, 29, 5).

1 Si veda anche il catalogo delle Didascalie (per quanto attiene alla tragedia), in TrGF, I, p. 9.

2 Giova ricordare ancora una volta che Tucidide, VIII, 65-66 descrive ciò che era accaduto nel frattempo, com’è detto esplicitamente in 63, 2.

3 Tucidide, VIII, 67, 2 e 69, 2.

4 Tucidide, VIII, 70, 2: οἳ ἐδόκουν ἐπιτήδειοι εἶναι ὑπεξαιρεθῆναι.

5 Tucidide, VIII, 69, 3.

6 Tucidide, VIII, 98, 1: τοξότας τινὰς τοὺς βαρβαρωτάτους.

7 Tucidide, VIII, 68, 1.

8 [Senofonte], Sul sistema politico ateniese, III, 12-13.

9 Perciò Tucidide (III, 80-82) può tratteggiare una vera ‘fisiologia’ della guerra civile partendo dal caso Corcira.

10 I 120 ‘giovani’ pronti a tutto (Tucidide, VIII, 69, 4).

11 Tucidide, VIII, 66, 1: tutti i poteri erano sotto il controllo dei congiurati.