12.
Come avvenne la ‘riforma’ delle Rane

1.

A noi è giunto, delle Rane, il testo incompiutamente ‘aggiornato’1. Ecco perché nella commedia come noi la leggiamo ci sono, sul piano politico, elementi contraddittori: da un lato Cleofonte è sotto processo e ἀπολεῖται comunque, dall’altro (vecchio finale) lo si incita: «vada a combattere in Tracia a casa sua, noi intanto ci facciamo la pace subito»; è rimasto l’appello per gli atimoi, che però dopo il decreto di Patrocleide era superato (una parabasi ‘invecchiata’ è inconcepibile).

Proviamo dunque ad immaginare come si è sviluppata l’operazione di ‘aggiornamento’.

Nella prima rappresentazione il pezzo forte era l’appello per gli atimoi nella parabasi. Per questo Aristofane è stato premiato e gli è stato concesso2 di ripresentare la commedia.

A questo punto sono incominciati gli ‘aggiornamenti’: ovviamente innanzi tutto politici. Ciò era di per sé necessario (la commedia deve aggiornarsi au jour le jour sulla politica: altrimenti non fa ridere e rischia persino di diventare oscura), ma lo era soprattutto a causa degli eventi epocali che si producono nei mesi seguenti: Egospotami, assedio, attacco frontale a Cleofonte, uscita ‘allo scoperto’ dei gruppi politici che già avevano ‘commissionato’ l’appello per gli atimoi, che ora trovava spettacolare attuazione.

Tutto questo impone ad Aristofane un appesantimento dei toni, ben diversi da quelli concilianti-cattivanti-quasi adulatori dell’originaria parabasi (di cui resta l’epirrema), nonché degli appassionati anapesti dislocati nella parodo. L’antepirrema fa quasi a pugni con l’epirrema: strapazza il demo che perseguita i kalokagathoi mentre dà il potere alla «gentaglia» (così come si fida della cattiva moneta e scaccia la buona); l’ode e l’antode sono due ‘condanne a morte’ rispettivamente di Cleofonte (ormai sotto processo e praticamente liquidato) e di Cligene (al quale viene preannunziato che gli resta ben poco da campare). Le innovazioni non sembrano aver investito anche il finale, che affronta temi (Alcibiade) e prospetta ipotesi (una pace paritaria con Sparta) anacronistiche alla fine del 405.

2.

La riforma/revisione rimase incompiuta per il precipitare della situazione e soprattutto per la sempre più evidente impossibilità di tenere agoni comici nel gennaio/febbraio 404. Di tale incompiutezza sono indizio: a) il fatto che sopravviva l’epirrema quando ormai la questione che esso agita è superata; b) la sopravvivenza del finale in cui Cleofonte veniva incitato a togliersi dai piedi nel quadro di una auspicata pace e ad andarsene in Tracia.

Indizio ben visibile di questo stato di cose è che l’ode posta all’inizio della parabasi è del tutto sconnessa rispetto al seguito (appassionato e cauto appello per gli atimoi). Nel quadro di una riforma da compiersi in vista delle Lenee del 404 (ben dopo il varo del decreto di Patrocleide) l’epirrema sugli atimoi sarebbe stato con ogni probabilità rimosso e sostituito: all’ode avrebbe tenuto dietro un nuovo epirrema, più congruente.

E forse l’ode stessa sarebbe stata limata onde rendere più comprensibile il passaggio dalla Musa a Cleofonte.

L’ultimo intervento del coro, quale lo leggiamo, sarebbe risultato del tutto surreale nel febbraio o aprile 404:

a) vi si parla di Cleofonte come vivo, mentre a quella data è già morto;

b) vi si parla di una auspicata pace paritaria mentre in Atene, ormai, vi è solo un’estenuante agonia in attesa di un Diktat da approvare.

Quello è il finale, andato in scena un anno prima.

1 Non era perciò impropria la notazione con cui Rogers (1919) apre il suo commento: «The comedy has come to our hands in the revised form».

2 In forza del medesimo decreto che gli attribuiva la corona.