1° aprile 1809 Nasce a Soročincy (accento espiratorio sulla terza sillaba), vivace e fangosa città di mercato, nella Provincia di Poltava, Piccola Russia.
1821 Si iscrive al ginnasio di Nežin.
1825 Muore suo padre, piccolo proprietario terriero ucraino e commediografo dilettante.
1828 Terminato il ginnasio, va a San Pietroburgo. La distanza è dal 50° al 60° parallelo, vale a dire la stessa che intercorre tra Vancouver e Caribou. Quell’anno nella Provincia di Tula nasce Tolstoj.
1829 Saltuaria ricerca di lavoro e pubblicazione di due componimenti poetici, la lirica Italia e ciò che egli chiamò «un idillio», il lungo e irrilevante Hanz Kuechelgarten.
1° agosto 1829 Bruciate tutte le copie di Hanz.
Agosto-settembre 1829 Singolare viaggio nella Germania settentrionale. Veloce ritorno, e ingresso nell’amministrazione statale.
1830 Inizia a collaborare con riviste letterarie pubblicando racconti di vita ucraina.
1831 Vola via veloce dalla polverosa tetraggine dell’amministrazione statale e incomincia a insegnare storia in un istituto femminile. Le ragazze lo trovano noioso.
Fine maggio 1831 Incontra Puškin (Aleksandr Puškin, 1799-1837, il più grande poeta russo).
Settembre 1831 Pubblica il primo volume di Veglie alla fattoria presso Dikan’ka, una raccolta di racconti che trattano di fantasmi e di ucraini, tuttora ritenuti da alcuni critici assai vivaci e divertenti.
Marzo 1832 Secondo volume delle suddette. Vi è una famosa descrizione del Dnepr nel racconto La terribile vendetta («Stupendo è il Denpr nelle calme giornate», ecc.) e un tocco del vero Gogol’ che verrà in Ivan Špon’ka e sua zia.
1834 Grazie ad amici letterati viene nominato professore assistente di Storia Universale all’Università di San Pietroburgo. La prima lezione, che egli aveva accuratamente preparato, celò con successo la sua scarsa erudizione sotto le armoniose onde dell’eloquenza poetica. In seguito prese l’abitudine di mostrarsi con la guancia tutta fasciata, così da lasciar immaginare una mascella gonfia che impediva la parola, e con fare abbattuto distribuiva fra le studentesse immaginette di rovine romane.
1835 Pubblicati due volumi di racconti intitolati Mirgorod, che comprendevano Vij, una storia da brividi non particolarmente efficace; Proprietari di vecchio stampo, in cui «gli umori vegetali della vecchia coppia, la loro indolenza, la loro ghiottoneria, il loro egoismo vengono idealizzati e sentimentalizzati» (Mirskij, Storia della letteratura russa); la Storia del litigio tra Ivan Ivanovič e Ivan Nikiforovič, che Gogol’ aveva letto a Puškin il 2 dicembre 1833 («molto originale e molto divertente» – il commento di Puškin) e che è il migliore dei suoi racconti puramente umoristici; e Taras Bul’ba, un racconto melodrammatico sulle avventure di cosacchi del tutto fittizi – qualcosa sul genere del Cid di Corneille e dei suoi spagnoli (o degli spagnoli di Hemingway, se per questo) sotto travestimento ucraino. Quello stesso anno pubblicò un volume di saggi e racconti, Arabeschi, tra i quali vi sono Nevskij prospekt, Memorie di un pazzo (si veda la citazione iniziale) e Il ritratto – un ritratto che si anima, quel genere di cose lì. All’incirca nello stesso periodo scrisse quello straordinario incubo che è Il naso, la storia di un poveretto il cui naso se ne va in giro per la città con l’aspetto di un uomo (come nei sogni, quando si sa che qualcuno è il tal dei tali ma non si è turbati dal fatto che assomigli a qualcun altro o a un bel niente), e le due pièce Revizor e Il matrimonio – una commedia piuttosto sciatta sulle esitazioni di un uomo che ha deciso di sposarsi, si fa fare un abito a coda di rondine, viene provvisto di fidanzata – ma all’ultimo momento exit dalla finestra. Nessun protagonista di Gogol’ riusciva ad andare molto lontano con le donne.
18 dicembre 1835 «Ci sputammo addosso e ci separammo, io e l’Università. Sono di nuovo uno spensierato cosacco» (da una lettera a Pogodin).
30 gennaio 1836 Letta la sua nuova pièce Il revisore a una delle soirée da Žukovskij (Žukovskij, 1783-1878, leader del «movimento romantico», grande traduttore di poesia tedesca e inglese).
1° maggio 1836 Prima messinscena del Revisore.
Giugno 1836 Sdegnato, parte per terre straniere. «Da allora in poi e per dodici anni (1836-48) egli visse all’estero, tornando in Russia solo per brevi periodi» (Mirskij, Storia della letteratura russa, cit., p. 158).
Ottobre 1836 Vevey, Svizzera. Qui comincia per davvero a scrivere la Prima Parte di Anime morte, che era stato progettato in maggio a San Pietroburgo.
Inverno 1836-1837 Parigi. Viveva all’angolo tra place de la Bourse e rue Vivienne. Scrisse lì ampi brani della Prima Parte di Anime morte. La porta di Browning è conservata nella biblioteca del Wellesley College. In giornate tiepide si portava Čičikov a sgranchirsi le gambe alle Tuileries. Passeri, statue grigie.
Inizio del 1837 Roma. «La mia vita, il mio supremo diletto è morto con lui» (lettera a Pogodin dopo il duello e la morte di Puškin a San Pietroburgo).
Primavera 1838 Roma. Due cattolici polacchi pensavano – a giudicare dai resoconti al loro quartier generale – di essere sul punto di convertire con successo Gogol’. Il critico Veresaev (Gogol’ v žizni, Akademija, Moskva-Leningrad, 1933, p. 190) suggerisce tuttavia che Gogol’ stesse ingannando in modo piuttosto sgradevole quelle brave persone, che mollò non appena la sua ricca e utile amica, la principessa Zinaida Volkonskij (fervente cattolica), ebbe lasciato Roma.
Maggio 1839 Fugace amicizia romantica con il giovane principe Viel’gorskij, che stava morendo di tubercolosi a Roma. Le ore passate al capezzale del giovane trovano una vibrante eco nel pathos del breve frammento di Gogol’ Notti in villa.
Inverno 1939-1840 Ritorno in Russia. Legge i primi capitoli di Anime morte ai suoi amici letterati.
Aprile 1840 «Una persona che non possiede una propria vettura amerebbe trovare un compagno di viaggio che ne abbia una per andare a Vienna. Spese condivise» (avviso sul giornale «Moskovskie vedomosti»).
Giugno 1840-ottobre 1841 Di ritorno in Italia. Passa molto tempo assieme a pittori russi che lavorano a Roma. Termina Il cappotto.
Inverno 1841-1842 Torna in Russia.
1842 Pubblica la Prima Parte di Anime morte. Al tempo di Gogol’ si poteva, se si era un
possidente terriero russo, vendere contadini, comprare contadini e dare in pegno
contadini. I contadini erano computati in «anime», così come si faceva per il
bestiame con i «capi». Se quindi vi capitava di dire che avevate un centinaio di
anime, significava che eravate non un poeta minore, ma un piccolo proprietario. Il
Governo teneva sotto controllo il numero dei vostri contadini, giacché si doveva
pagare una tassa per ciascuno di loro. Se qualcuno dei vostri contadini moriva, voi
dovevate continuare a pagare fino al censimento successivo. L’«anima» morta era
ancora in lista. Non si potevano più usare gli annessi fisici mobili che aveva avuto
un tempo, come le braccia o le gambe, ma l’anima che avevi perduto era ancora viva
nei Campi Elisi degli incartamenti burocratici e solamente un altro censimento
poteva obliterarla. L’immortalità dell’anima durava per alcune stagioni, durante le
quali si doveva comunque pagare il tributo. Il piano di Čičikov in Anime morte era di acquisire da te quelle anime morte che inevitabilmente
si accumulavano, così che non eri tu, ma lui a pagarne la tassa. Egli pensava che tu
saresti stato felice di liberarti di loro e più che contento se per questa
transazione ottenevi un piccolo bonus da lui. Dopo aver messo assieme un numero
sufficiente di queste anime ridicolmente a buon mercato, egli intendeva ipotecarle
come autentiche anime vive, cosa che esse erano nominalmente secondo i documenti
ufficiali. Come suggerisco, da un Governo che permetteva il traffico di
anime vive, cioè di esseri umani vivi, difficilmente ci si poteva aspettare che
agisse quale esperto di morale in una faccenda che riguardava il mero traffico di
anime morte – soprannomi astratti su un pezzo di carta. Questo punto sfuggì
completamente a Gogol’ quando, nella Seconda Parte di Anime
morte, tentò di trattare Čičikov come un peccatore umano e il Governo come un
giudice sovrumano. Dal momento che tutti i personaggi nella Prima Parte sono
egualmente subumani, e tutti vivono in seno alla demonocrazia di Gogol’, non ha
alcuna dannata importanza chi giudica chi.
Vediamo Čičikov giungere alla città
di NN e fare amicizia con i notabili. Egli poi fa visita ai piccoli proprietari
terrieri nei dintorni e ottiene da loro le sue anime morte più o meno a buon
mercato. La sequela delle sue negoziazioni lo conduce dal solenne Sobakevič con la
sua schiena massiccia, dal mite e languido Manilov, dall’avido e antiquato Pljuškin,
pronunciato plew-shkin, come se la tarma avesse fatto un buco nel
peluche, da Dame Korobočka, che è una perfetta mescolanza di
superstizione e di senso pratico, e dal prepotente Nozdrëv, che è un truffatore
sgradevole, chiassoso e invadente, e non amabile come Pavel Čičikov. Le chiacchiere
di quello e la diffidenza della Korobočka fanno sì che la città si rivolti contro il
nostro tondo avventuriero, il nostro necrofilo Casanova, la nostra pietra rotolante,
il nostro signor Čičikov. Egli lascia la città sulle ali di una di quelle
meravigliose interpolazioni liriche che l’autore inserisce (paesaggio, metafora
estesa, imbonimento del prestigiatore) ogniqualvolta il suo protagonista è in
viaggio, tra un colloquio d’affari e un altro. Per l’analisi della tessitura di Anime morte si veda il Capitolo 3.
Della Seconda Parte
del romanzo abbiamo solo i primi capitoli. Vi sono ancora incontri con alcuni
piccoli proprietari terrieri e alla fine Čičikov si ficca in guai seri con la
polizia. Malgrado il valore di alcuni passi, si sente che il messaggio spirituale
dell’autore sta gradualmente uccidendo il libro.
1842-1848 Viaggi da un luogo all’altro in cerca di salute e ispirazione, senza trovare nessuna delle due.
1847 Pubblicati Brani scelti dalla corrispondenza agli amici.
Primavera 1848 Oscuro pellegrinaggio in Palestina.
1848-1852 Mosca, Odessa, Vasil’evka (a casa di sua madre), monasteri, ancora Mosca.
Febbraio 1852 «Rinunciate a Puškin! Era un peccatore e un pagano» disse lo spietato, florido Padre Matvej al floscio e malato Gogol’ nel loro ultimo incontro.
11 febbraio 1852 «Quella notte... pregò a lungo da solo nella sua stanza. Alle tre chiamò il suo giovane servitore e gli chiese se l’altra metà dei locali era riscaldata. [A Mosca abitava a casa del conte A.P. Tolstoj, un fanatico seguace di Padre Matvej]. “È freschetto” rispose quello. “Dammi il mantello, andiamo, devo fare delle cose”. E si incamminò, con la candela in mano, facendosi il segno della croce in ogni stanza che attraversava. In una di queste stanze ordinò di aprire la canna fumaria facendo meno rumore possibile per non svegliare nessuno, e poi di dargli la cartella che stava nell’armadio. Quando la cartella gli fu portata, tirò fuori un pacco di quaderni legato con lo spago, lo depose nella stufa e gli diede fuoco con la candela che aveva in mano. Il ragazzo [ci informa Pogodin raccontando come Gogol’ bruciò la Seconda e la Terza parte di Anime morte] capì, cadde in ginocchio davanti a lui e disse: “Signore! Cosa fate? Fermatevi!”. “Non è affar tuo” disse Gogol’. “Prega!”. Il ragazzo cominciò a piangere e a supplicarlo. Nel frattempo il fuoco si stava spegnendo, dopo aver bruciacchiato i bordi dei quaderni. Lui se ne accorse, tolse il pacco dalla stufa, slegò la corda e depose i fogli in modo che il fuoco attecchisse più facilmente, accese di nuovo e si sedette sulla sedia di fronte al fuoco, aspettando che tutto bruciasse e si incenerisse. Allora si fece il segno della croce, tornò nella sua stanza, baciò il ragazzo, si stese sul divano e si mise a piangere». Al senso del disastro può essersi mescolato un sentimento di sollievo.
4 marzo 1852 Muore.