Daryl Mulbry dell’Alternative Intelligence Service richiamò, e fu messo in vivavoce.
«Pronto, Lincoln? La faccenda va di bene in meglio! Prima il tuo sosco... Com’è che lo avete chiamato?»
«Sosco 47.»
«Mister Quarantasette si presenta come un geniale ladro di diamanti, poi pare rivelarsi uno psicopatico serial killer che si fa chiamare Promittente, e adesso salta fuori che in realtà sarebbe un mercenario assoldato per fare qualcosa di orribile a Brooklyn. In ogni caso, sempre di uno squilibrato si tratta. Mai un momento di noia, eh?»
«Daryl?»
Una risatina. «Lo so, vuoi che andiamo al sodo. Allora, ecco cos’ho sul tuo russo. O su un russo. Un certo russo, probabilmente il tuo. Prima, però, un po’ di contesto. Operativi e risorse seguono percorsi particolari per lasciare determinati Paesi – per esempio la Russia – e raggiungere gli Stati Uniti. Noi chiamiamo questa tecnica “far pulizia”, nel senso che “ripuliscono” la loro provenienza volando attraverso tre o quattro località scollegate. Uno schema parecchio comune è: Mosca-Tbilisi, Tbilisi-Dubai, Dubai-Barcellona, Barcellona-Newark. Quattro biglietti separati, quattro identità diverse. Bene, pensiamo che il vostro uomo abbia seguito proprio questo itinerario. Nessun nome in comune sui singoli voli, ma abbiamo dato un’occhiata al registro d’imbarco – ssh, sarà il nostro piccolo segreto – e scoperto che c’era una costante.»
«Il bagaglio.»
Sachs annuì. «Ha fatto il check-in con identità diverse, ma il bagaglio aveva sempre lo stesso peso.»
Mulbry rise deliziato. «Visto? Lincoln, Amelia, ve l’avevo detto: all’AIS ci servono persone come voi! Quante probabilità ci sono che quattro diversi uomini su quattro diversi voli facciano il check-in per due valigie che pesano dodici chili e trecento grammi? Zero. Le fotografie catturate ai gate lo dimostrerebbero, e sono certo che vi piacerebbe tanto avere uno di quegli scatti, ma non possiamo chiederli al controllo passaporti: visto che il soggetto si trova nel nostro Paese verrebbe coinvolta la National Security Agency, e procurarvi informazioni riguardanti un caso di loro competenza sarebbe... be’, mi viene in mente la parola “illegale”. In ogni caso siamo convinti che si tratti del vostro uomo. A Newark ha presentato un passaporto georgiano, a nome Josef Dobyns. Non era sulla lista nera. E ha fornito un indirizzo falso a Patterson, New Jersey. Ti manderò tutte le identità che ha usato per i voli, così potrete controllare i registri degli alberghi, ma scommetto che ne sta sfruttando un’altra.»
«Cinque passaporti?» chiese Sachs.
Mulbry si limitò a ridacchiare.
Rhyme gli diede l’indirizzo e-mail di Mel Cooper per farsi mandare i nominativi.
«Ora» continuò Mulbry, «passiamo oltre. Volevi sapere degli esplosivi. Circa una settimana fa abbiamo ricevuto un’allerta riguardo una spedizione di armi introdotta illegalmente sulla East Coast: tre chili di C4 e una dozzina di lehabah.»
«Di cosa?»
«Bombe usate sui gasdotti. Lehabah è una parola ebraica. Ha diversi significati: “fiamma” e “punta di lancia” o “arma”.»
Un nome che descriveva alla perfezione il piccolo dispositivo, rifletté Rhyme. «Un’invenzione del Mossad?»
Adesso che si dilettava con il mondo dello spionaggio, si era documentato sulle varie agenzie di intelligence. Nessuna era più in gamba in fatto di armi, né più talentuosa nel suo impiego, di quella israeliana.
«Già. Ed è destinata proprio all’uso che mi hai descritto: mascherare un’esplosione come il risultato di una perdita di gas. Chissà quante case di terroristi di Hamas o Hezbollah sono saltate in aria “accidentalmente”.»
Tre chili di C4. Non sapevano quanto ne avesse impiegato il sosco per i pozzi della Northeast Geo, quindi dovevano mettere in conto che ce ne fosse ancora, almeno per un altro «terremoto». E aveva altre lehabah. Quanti attacchi aveva in mente?
«Andiamo, Lincoln, sputa il rospo. Cos’è tutta questa storia?» volle sapere Mulbry.
«Hai seguito le notizie sui terremoti e gli incendi a New York?»
«Certo, sono in prima pagina ovunque.»
Sachs spiegò che il loro sosco stava creando ad arte i falsi sismi e i conseguenti incendi.
«Quindi è a questo che gli servono i dispositivi. Mmh. Intelligente.» Come capo dell’AIS, il suo lavoro consisteva nel trovare tattiche alternative per affrontare il nemico. Simulare terremoti con cui coprire incendi dolosi si adattava perfettamente al modus operandi della sua agenzia. Era colpito, e si notava. «Perché?»
«Questo non lo sappiamo ancora» rispose Rhyme. «L’ipotesi più accreditata è che intenda fermare le trivellazioni. Qualcuno non vuole quell’impianto geotermico. Non ci sembra che gli attentati siano di matrice politica.»
«Concordo» disse Mulbry. «La spedizione di C4 e lehabah ha destato allarme – come sempre, in questi casi – ma i nostri algoritmi hanno passato al setaccio la fonte e non sono riusciti a collegare gli esplosivi a gruppi terroristici noti. In ogni caso, terremo d’occhio anche quel versante.»
«Grazie» disse Sachs.
«Lincoln, già che sei in linea...»
«Sì, Daryl?»
«Ho ricevuto la tua e-mail riguardo al codice in base dodici. E, a proposito, grazie ancora per aver verificato che nessuno al NYPD o all’FBI di New York sa di un suo utilizzo recente. Ora c’è dell’altro. Non siamo riusciti a decifrare i messaggi, ma abbiamo individuato il flusso di traffico in ricezione per almeno un paio. Il che ci ha portato a un albergo – un residence per lunghi soggiorni – nei pressi della Senna, a Parigi. Rive Gauche. Ci sei mai stato?»
«No. Va’ avanti.»
«Oh, è fantastica. Che profumi, che sensazioni... E poi la sua rilevanza culturale: Hemingway, Simone de Beauvoire, Jean-Paul Sartre, gli esistenzialisti... Ma sto divagando.»
Vero.
«Alcuni ragazzi dell’EVIDINT sono entrati, e accidenti se quel posto era stato ripulito. E intendo letteralmente: beaucoup de candeggina e le sgrassatore per DNA e impronte digitali. Segni di carta vetrata per cancellare qualcosa dal pavimento, colla superpotente per rimuovere le tracce che si erano fissate in certi punti. Insomma, chiunque sia stato, singolo o cellula, è davvero in gamba. Però qualcosa gli è sfuggito: un piccolo componente metallico. Non è saltato fuori in nessun database di componentistica, sembra fatto in casa. L’abbiamo analizzato ed è risultato positivo al radio. Non crediamo di avere a che fare con un ordigno nucleare vero e proprio, ma potrebbe comunque provenire da una bomba sporca, di quelle progettate per spargere materiale radioattivo. La cosa ci rende tutti un po’ nervosi. Potresti dargli un’occhiata?»
«Senz’altro, Daryl. Puoi anticiparmi una descrizione?»
«Flessibile, elastico, color argento. Sembrerebbe parte di un detonatore meccanico. Di recente per gli ordigni si preferisce evitare l’elettronica, perché gli impulsi elettromagnetici sono in grado di disinnescare i detonatori digitali.»
«Mandamelo al più presto.» Diede all’uomo l’indirizzo.
Appena chiusa la chiamata, il telefono squillò di nuovo. Era il quartier generale della Scientifica, nel Queens. Rispose Rhyme, ed ebbe una conversazione in vivavoce con un tecnico di laboratorio. Il sopralluogo nel seminterrato sotto l’appartamento di Claire Porter, nei pressi di Cadman Plaza, aveva rivelato impronte digitali sulle condutture e le superfici vicine, ma la maggior parte apparteneva al custode, e le altre erano comunque troppo vecchie; in ogni caso, nessuna risultava sullo IAFIS. La serratura si poteva aprire facilmente con semplici arnesi da scasso, e chi era entrato se li era ovviamente portati via con sé. Gli inquilini e i residenti dei palazzi vicini erano stati interrogati dagli agenti del distretto locale, ma nessuno aveva visto un uomo con gilet arancione e casco.
Mentre stava parlando al telefono, aveva telefonato Lon Sellitto. Terminato l’aggiornamento, Rhyme lo richiamò all’1 Police Plaza e lo mise in vivavoce.
«Ci sono novità. Vimal ha fatto fare un giro in autobus al suo telefono. Un agente della polizia della Pennsylvania l’ha trovato sul mezzo. L’aveva nascosto nella borsa di una ragazza. Quindi è di nuovo scomparso. Un giovane dannatamente sveglio.»
«Già» sospirò Rhyme. Altroché se era sveglio.
«Ovunque stia andando» intervenne Sachs, «ha due ore di vantaggio su di noi. Avrà preso un treno dell’Amtrak, o i mezzi pubblici per il New Jersey. Magari per raggiungere una stazione della Greyhound meno trafficata. Oppure si è diretto nella contea di Westchester.»
Rhyme gli riferì quanto scoperto da Mulbry sui movimenti del sosco, e chiese a Cooper di mandargli via e-mail i nomi che sospettavano avesse usato.
«Ricevuto, Linc. Farò fare un controllo sugli alberghi.»
Il criminologo gli ricordò che, secondo la loro spia, il sosco poteva avere un’altra identità.
«Già, mi sembra plausibile» convenne Sellitto. «Ma tentar non nuoce.»
«E c’è qualcos’altro che troverai interessante, Lon.» Gli raccontò degli esplosivi.
«Ordigni del Mossad? Cazzo...»
«Daryl sta facendo altre ricerche.»
«Be’, c’è una cosa che devi sapere, Linc. L’unità d’emergenza e gli Artificieri si sono rivolti all’ufficio del sindaco. Hanno deciso di non calare robot nei condotti dell’impianto geotermico per metterli in sicurezza: si limiteranno a installare delle paratie protettive. Pensano che, in caso di una nuova esplosione, le persone nella zona avranno almeno dieci minuti per mettersi al riparo. E il dipartimento dei vigili del fuoco ha inviato mezzi e personale extra da dispiegare attorno al cantiere, il cuore degli attacchi: se ci fosse un’altra detonazione, saranno pronti a intervenire alla prima segnalazione di incendio. Inoltre...»
Silenzio.
«Lon?»
«Porca puttana» mormorò il tenente.
«Cosa c’è?»
«Ho appena visto un comunicato: a quanto pare Quarantasette ha fatto un’altra vittima.»
«Una coppia di fidanzati?» chiese Sachs.
«No.» Una pausa. Probabilmente stava leggendo. «Ma di sicuro c’è un collegamento di qualche tipo. Deve esserci. La vittima è Kirtan Boshi. Indiano, all’incirca dell’età di Vimal. Lavorava nell’industria dei diamanti: apprendista tagliatore. Proprio come Vimal. Non può essere una coincidenza.»
«Cos’altro sappiamo?» chiese Sachs.
«Seminterrato di una caffetteria, nel Fashion District. A un isolato da dove lavorava.» Un’altra pausa. «Alcuni dipendenti hanno appena trovato il corpo, ma pare sia stato ucciso verso l’ora di pranzo. Il figlio di puttana gli ha sfondato la trachea, poi l’ha finito con il taglierino.»
«Probabilmente la vittima conosceva Vimal, sapeva dove vive. Deve avergli dato l’indirizzo.»
«Già. È stato torturato. Un macello... Il sosco gli ha anche tagliato il mignolo sinistro, e gliel’ha ficcato in bocca. Post-mortem, ma comunque...»
«Maledizione» mormorò Sachs.
Rhyme le lanciò un’occhiata.
«Abbiamo cercato chiunque conoscesse Vimal nel Diamond District, a Jackson Heights e in altre zone del Queens o Brooklyn, ma non mi è nemmeno passato per la mente di controllare se ci fossero tagliatori di diamanti nel Fashion District. Invece Quarantasette l’ha fatto. Mi ha superato.»
Ci ha superato tutti. Rhyme tenne la precisazione per sé: sapeva che per Amelia sarebbe stata di ben poco conforto. Sentiva qualsiasi fallimento come una propria mancanza personale, anche se riguardava operazioni in cui era coinvolta solo in parte.
«Quindi adesso ha l’indirizzo dei Lahori» commentò Sellitto. «E non sa che il ragazzo è in fuga. Amelia, di’ alla tua squadra di sorveglianza di non farsi vedere, e di tenersi pronta.»
«Va bene» rispose Sachs. «Anche se penso che sia troppo astuto per cadere in trappola così.» Sospirò. «Percorrerò la griglia alla caffetteria.»
Sellitto le diede l’indirizzo e lei uscì di corsa, infilandosi distrattamente la giacca. Poco dopo Rhyme sentì il motore della sua auto rombare, e gli pneumatici stridere mentre si immetteva nel traffico. Il suo sguardo andò alla finestra, verso i rumori e il crepuscolo di un marrone grigiastro.
Quindi, la settimana prima, Sosco 47 aveva passato un’intera giornata a piazzare ordigni per simulare incendi provocati dalle scosse. Dovevano essercene altri. E informare le autorità riguardo ai finti terremoti non avrebbe cambiato il fatto che le bombe fossero impostate per esplodere.
Nonostante avessero ormai scoperto i suoi piani, Sosco 47 non aveva motivo per rimuovere gli ordigni, né per far sapere alla polizia dove si trovassero.