IL MONDO era oscurità e gelo. Poteva gridare quanto gli pareva, gridare fino a che la gola gli bruciava e le orecchie gli facevano male per le sue stesse urla, ma il tepore, la gentilezza e la salvezza erano ancora molto lontani. Non importava. Allungò le mani nella tenebra assoluta e sentì... il nulla. E poi le sue dita persero sensibilità, e poi le sue braccia, e poi le sue mani, e quando poi le mani gli ricaddero sui fianchi, inutili e doloranti fino alle ossa, delle cose presero a toccargli la faccia. Gridò, ma gli sfiorarono le labbra e lui le serrò per tenerli fuori. Cose minuscole, che mordevano, si contorcevano, senza pelle, umide e appiccicose, che si attaccavano alla sua faccia, alle sue braccia insensibili, al suo ventre, al suo petto, ai suoi genitali, e lui continuava a tenere la bocca serrata e a urlare e a urlare e a urlare...
“Xander!”
Era nel sogno? Per un attimo non riuscì a capirlo.
“Xander!”
Tenne gli occhi e la bocca serrati e gridò, poi uno dei cani fece un mezzo sbuffo e lui rimase a fissare sbalordito l’oscurità nella propria stanza. Mosse il braccio alla ricerca di Chris, ma Chris non c’era, ma la voce di Chris gridò “Xander!” e all’improvviso lui si raddrizzò sul letto e fu completamente sveglio.
“Merda,” borbottò, cercando di togliersi il sonno dagli occhi. “Oh, Gesù, fanculo a me, Chris?”
“È meglio che Gesù non te lo metta nel culo, genio, quello è il mio lavoro!”
La voce di Chris era vagamente incorporea e Xander si voltò verso lo schermo illuminato del computer e vide Chris, in una bella stanza d’albergo, restituirgli lo sguardo.
“Oh.” All’improvviso le parole di Chris fecero presa e lo scolaretto che era in Xander (mai distante dalla superficie) sollevò la testa e Xander soffocò un sorrisetto. “Oh, cribbio, Chris, andremo all’inferno per questo!”
“Ehi, hai bestemmiato tu per primo!”
Xander brancolò alla ricerca della lampada accanto al comodino e sbatté le palpebre mentre i suoi occhi si adattavano alla luce.
Chris aveva un’aria... stanca. I suoi occhi erano un po’ iniettati di sangue ed era a torso nudo, così vicino alla webcam che Xander poteva distinguere l’ombra di barba sulla sua mascella e le rughette dei sogni (così le chiamava Andi) agli angoli dei suoi occhi.
“Già, è vero.” I suoi sogni erano sempre seguiti da un freddo che gli penetrava fin nelle ossa e Xander avvolse le braccia intorno alle ginocchia e cedette ai brividi. Si sentiva patetico. In un certo senso, era anche peggio lasciare che Chris lo vedesse in quel modo quando non potevano toccarsi, quando Chris non poteva farlo stare bene.
“Sssssh...” Chris allungò una mano verso la webcam con una smorfia di dolore. “Ssssh... va bene, Xander. Dovrai solo ascoltare la mia voce per un po’, d’accordo?”
Xander annuì, vergognoso e imbarazzato, ma rassicurato dalla voce di Chris, perché era tutto ciò che aveva. “V...v... vva... bbene...”, balbettò, dopodiché appoggiò la testa sulle ginocchia e lasciò che le solite chiacchiere di Chris gli scivolassero sopra.
“E così Cliff e io siamo usciti con la squadra dopo la partita e siamo riusciti a farci dare dei cucchiai dalla cameriera, giusto? E un attimo dopo eravamo a giocare a spoons nel bel mezzo del bar. Però non c’era solo da bere, c’era anche da mangiare, bastoncini di formaggio, patate farcite e tutto quello che stavamo mangiando. E io e Cliff avevano appena ordinato tutte la roba più unta e bisunta che ci era venuta in mente. Sai, roba che con lo scotch va giù come nitroglicerina in un frullatore, giusto?”
Nonostante i tremiti, Xander fu costretto a ridere un poco, perché sapeva come sarebbe finita. Dio, a volte Chris era un bastardo, quel suo senso dell’umorismo infernale poteva colpire chiunque tranne Xander.
“Già,” disse con voce tremante. “Questo è sabotaggio.”
“Oh. Mio. Dio. È stato epico! Cliff e io, beh, ti ricordi quello che facevamo a scuola, giusto? Avresti dovuto vederlo. Lui prendeva, tipo, un cucchiaio e me lo passava da sotto il tavolo prima di prendere l’altro, poi io facevo lo stesso per lui, e c’era questo novellino...”
“Oswald,” lo aiutò Xander. Uno stronzetto basso – uno e settantasette – che continuava a cercare di dimostrare di avere le palle necessarie per giocare coi grandi sul campo. Un buon giocatore, che aveva solo bisogno di stagionatura.
“Già, Oswald. Comunque, tra noi due avevano preso proprio tutti i cucchiai e dopo, tipo, il terzo bicchiere, quel ragazzino era così fuori che dovevamo solo dire, ‘Guarda come luccica!’ e ci tuffavamo tutti sul tavolo, giusto? E lui rimaneva con il piatto di roba unta e il bicchiere di scotch torcibudella, perché lui beve quella merda perché…”
“Non conosce niente di meglio.” Lo stesso valeva per Chris e Xander quando avevano iniziato. Ma erano bravi a rimanere in silenzio, guardando gli altri, mescolandosi. Dovevano esserlo per essere passati per etero tanto a lungo. Tempo due partite e già ordinavano Royal Salute senza batter ciglio, paragonandone il sapore a quello del Glenlivet 18 Anni senza mostrare nemmeno una traccia della vergogna che provavano.
Ma un esordiente abituato a iniziare mode e a essere al centro dell’attenzione? No. Era una preda facile.
“Che roba,” disse Chris, gongolante. “Non ho mai visto nessuno vomitare così tanto. Voglio dire... pensavo che avremmo visto le sue unghie dei piedi o roba del genere, o delle foto della prima elementare. Beh, così impara.”
“Che ha fatto?” Qualunque cosa fosse stata, Xander se l’era persa. Aveva visto solo Chris: i punteggi di Chris, i momenti salienti di Chris. Beh, aveva sempre saputo di avere una mente a senso unico.
“Ha rovinato la partita, per esempio. Il ragazzo è brillante. Non quanto te, certo ma… Cazzo. Quello ci è quasi costato la partita. Già. La prossima volta darà retta al coach, e a Cliff, e al resto di noi mentre gli urliamo dietro. Voglio dire, Denver gioca abbastanza bene quest’anno, meglio per lui non farsi trasferire.”
Xander gemette per non dover sottolineare l’ovvio e Chris fece una smorfia e sbadigliò.
“Come va ora, Xan? Meglio?”
Xander annuì. “Sì, grazie.”
“Ti è capitato niente di bello?”
Così fu il turno di Xander di parlare della nuova inquilina, e quando ebbe raccontato la maggior parte della storia (aveva appena terminato la parte in cui Mandy era saltata sul banco), qualcuno bussò alla porta.
“Xander? Xander, sei tu?”
Xander si coprì il volto con le mani. “Occristo.”
Chris rise, ma era una risata tesa. “Beh, è la tua cucciola, dolcezza. Dovrai ammaestrarla, se intende rimanere.”
“Chris…”
“Xander, con chi stai parlando?”
“Sono al telefono,” disse Xander, cercando di controllare il volume della voce. “Scusa, non volevo svegliarti!”
“Mi ero alzata per mangiare qualcosa. Penny ha detto che potevo…”
“Certo, certo, va bene, Mandy. Sto parlando con un amico adesso, va bene?”
“Alle quattro di mattina?”
“Beh, è quel genere di amico,” replicò Xander con compostezza, e Chris, all’altro computer, ebbe le palle per ridere fragorosamente.
“Beh, amico, è stato divertente…”
“No, aspetta!” implorò Xander. “Ti prego? È... non voglio ancora riattaccare, d’accordo?”
La voce di Chris si fece dolce, tenera, e Xander all’improvviso dimenticò che probabilmente Mandy stava ascoltando.
“Devo farmi una doccia, amico. Il nostro aereo parte fra due ore e ho mezz’ora per presentarmi, va bene?”
Come no. Merda. La partita della sera prima era stata contro Boston.
“Grazie per aver chiamato,” bisbigliò Xander, la voce tremante, anche se era del tutto sincero.
“Non mancherò,” mormorò Chris. “Lei ci sente?”
“E chissenefrega.”
“Va bene, allora, lo dico.”
“Ti prego?” Xander odiava implorare, ma Dio, doveva sentirlo, il che era strano, perché prima non ne aveva avuto tanto bisogno.
“Ti amo, Xan.”
“Ti amo anch’io, Chris.”
“Ciao.”
“Ciao.”
E poi lo schermo del computer divenne nero.
Ci fu un silenzio carico d’attesa dall’altro lato della porta. Poi: “Xander, posso entrare?”
Xander sospirò. Le cazzo di quattro del mattino. Due cose potevano accadere in camera da letto a quell’ora, e quella conversazione non era una di quelle!
“Sì.”
Mandy si guardò attorno incuriosita nella vasta camera da letto, dai cani addormentati sul pavimento con la loro pila di giocattoli (il che la rassicurò) alle stampe sui muri (Chris preferiva gli inchiostri e i colori ad acqua, e a Xander piaceva. Sembravano veri.) Il suo completo era appeso alla bell’e meglio su una delle due sedie imbottite nell’angolo e c’erano diverse cose sul comodino: gemelli, orecchini (Chris aveva l’orecchio forato e gli piaceva portare orecchini vistosi), spazzole, gel per capelli, persino una nuova bottiglia di lozione “idramante”, che Xander non riusciva a usare perché non aveva lo stesso odore di quando era sulla pelle di Chris. Era tutto organizzato in una sorta di ordine, del genere che uno avrebbe potuto ripulire alla svelta se ne avesse avuto voglia, ma perché preoccuparsene quando si viveva bene così, giusto?
“Questa stanza è accogliente,” disse lei piano. “La sala pesi sembra usata spesso e la stanza con la TV grande da questo lato della casa... sembrano luoghi felici. Ma nessuna delle altre stanze sembra... come dire. Vissuta.” Indossava una maglietta col logo, di taglia XXLT, che le arrivava alle ginocchia e scivolava giù dalle spalle. Aveva un’aria indifesa da cucciolo, ma non desiderabile. Non per lui.
Xander annuì. “Già.”
“Xander, se ti faccio una domanda, mi prometti di non buttarmi fuori a calci in culo da questa casa davvero carina?”
Xander sospirò. “Se rispondo, dovrò farti firmare un accordo di segretezza per impedirti di diffondere la cazzo di risposta ai quattro venti?”
Mandy spalancò gli occhi, dopodiché annuì e strinse le labbra. “Hai davvero paura di questo? Tu che... tipo, mi hai salvato la vita stasera?”
“Mandy, stiamo parlando delle nostre vite. Tutto ciò che amiamo fare al mondo si basa sul fatto che solo in pochi lo sappiano.” Suonava terribile, vero? Il peso di tenere tutto segreto al mondo sembrava costringerlo in quella dannata scatola.
“Va bene,” disse piano lei, poi venne a sedersi sul letto. “Diciamo che ora lo so anch’io. Vuoi dirmi cosa accadeva nell’incubo?”
Xander scosse la testa e appoggiò la guancia sulle ginocchia. “Hai sentito?” chiese, imbarazzato. Si chiese se avesse sentito anche Penny.
“Stavi urlando, Xander.”
“Di solito non faccio tanto rumore quando…”
“Quando c’è Chris con te?” chiese lei, delicatamente, e lui annuì, continuando a stringersi a palla.
“Posso massaggiarti la schiena, Xander? Va bene? Perché, ecco, tu mi hai abbracciata e mi hai consolata, e devo ammettere che per un minuto ho visto i cuoricini e pensato ‘Che diamine, sì, molto meglio lui di quello là con il cranio ammaccato’, ma lo sai? Mi stavi abbracciando solo per fare il bravo ragazzo. Ora è quasi più importante. Mi piacerebbe restituire il favore.”
Xander deglutì e annuì, e quella manina si sollevò e cominciò a massaggiare in cerchio fra le sue scapole. Mandy era alta forse uno e cinquanta, ma a Xander sembrava una bambola. Un fremito lo percorse e lui si rilassò un po’ di più, poi la voce di Penny disse con sarcasmo: “È un pigiama party? Posso unirmi?”
“Oh, rilassati,” disse Mandy, facendo buon viso a cattivo gioco. “Non rubo l’uomo a tuo fratello, d’accordo? Ha solo avuto un brutto sogno, tutto qui.”
“Oh, Gesù, Xander. Mi dispiace. Me n’ero dimenticata.”
Xander sollevò lo sguardo sulle due donne molto diverse e cercò pateticamente di conservare un briciolo di dignità. “Posso prendermi cura di me stesso, grazie. Starò bene.” Con riluttanza, si scosse di dosso quella mano gentile sulla schiena. “Sul serio. Signore, potremmo, sapete, tornare tutti nei nostri letti di provenienza, grazie?”
“Sì, sì,” Penny entrò nella stanza e baciò Xander sulla nuca. “Goditi le tue arie da macho, Xander. Ho promesso a Chris di prendermi cura di te fino a che starò qui, e lo farò.”
“Grazie,” borbottò lui nell’incavo del ginocchio. Lo disse con gratitudine, però, e Penny gli arruffò i capelli mentre si alzava per andarsene. Mandy gli accarezzò la schiena ancora una volta e fece lo stesso, poi la porta si chiuse e lui rimase da solo sotto la luce della lampada. Esitando, saggiando l’acqua, spense la luce e rimase sollevato quando l’oscurità fu solo rilassante e non premette contro la sua carne come sanguisughe infernali vampiriche.
A quanto pareva era stato ben consolato, e il pensiero lo rese abbastanza sonnolento da consentirgli di raggomitolarsi come un feto assurdamente grosso e tornare a dormire.
MANDY RIMASE. Il giorno dopo, Xander doveva apparire in pubblico e, quando tornò, scoprì che Penny l’aveva portata nell’appartamento dei suoi amici (“una discarica di prima classe con un divano di merda”) e l’aveva fatta trasferire nella sua stanza. Aveva persino attaccato dei poster. (Pop star e ballerini, nessuno che Xander conoscesse, ma del resto quelli non erano i suoi generi.) Xander era un po’ perplesso, ma, come disse in privato a Penny, si era sempre sentito un po’ colpevole che quella parte di casa non facesse altro che rubare spazio. Penny aveva ridacchiato e gli aveva accarezzato una guancia.
“La cosa più bella del fatto che tu e mio fratello non siete mai dovuti crescere? È che avete ancora i cuori di due bambini.”
Xander non aveva il ‘cuore da bambino’ per sottolineare che, magari, la causa era che, a suo tempo, non aveva mai potuto essere bambino, ma poi vide i suoi occhi scuri incupirsi e pensò che la cosa doveva esserle venuta in mente anche senza il suo aiuto.
E in una settimana, mentre Xander era ancora in viaggio con la squadra, si aggiunse Audrey a completare l’harem di Xander.
“Un’altra?” chiese Chris durante la loro telefonata mattutina, e Xander si guardò intorno sconsolato nella stanza d’albergo. Quella sera avevano giocato in Arizona e avrebbero preso il volo di prima mattina.
“Beh, le ho dato il mio indirizzo e-mail e lei mi ha scritto per dirmi che avrebbe dovuto cancellare il suo abbonamento. Al che io ho detto ‘Un momento, come pensi di fare per la scuola?’ e lei ha detto che la preoccupava di più conservare il suo appartamento e, beh, ho telefonato a casa e una cosa tira l’altra, Mandy e Penny ieri mattina l’hanno aiutata a trasferirsi.”
“‘Una cosa tira l’altra’?” Chris scosse la testa. “Xander, se volevi accogliere ragazze randagie, ti bastava dirlo. Mi sento come se ti avessi privato di qualcosa negli ultimi cinque anni.”
Xander grugnì. “Se avessi voluto raccogliere ragazze randagie, te l’avrei fatto sapere. Avrebbero visto il vuoto e ci si sarebbero tuffate.”
Quelle parole li fecero ridere e Chris sorrise. A Xander piacevano le rughette agli angoli dei suoi occhi e soprattutto che si stessero approfondendo e divenissero più pensierose. Oddio. Tutto il suo corpo formicolava dal bisogno di essere toccato.
“Beh, me lo ricorderò la prossima volta che passo. Magari lasceranno la casa in massa!”
“Tu, io e il letto? Non credo che me ne accorgerei!” Xander era sincero e Chris roteò gli occhi. Telefonava tutte le mattine, in tempo per svegliare Xander dai suoi sogni, e Xander gli era grato. Ma confortare un uomo spaventato da lontano era diverso dal toccarlo. Alcune di quelle consolazioni mattutine si erano trasformate in sesso e... cribbio. Persino incrociarsi nel corridoio, oppure sfiorarsi il braccio mentre uno di loro era al banco. Non gli mancava solo il suo amico, o il suo innamorato, gli mancava l’altra sua metà, e per quanto cercasse di convincersi che doveva comportarsi da uomo e andare oltre, non si sentiva molto uomo senza Chris.
Il sorriso di Chris svanì e il suo sguardo si fece attento. “Come va il piede? Ti ho guardato giocare ieri sera e avevi le palle quadrate, ma nel momento in cui è suonata la sirena...”
Xander fece una smorfia. “Sì, beh, fino a quel momento non sembrava far male.” Era caduto come un sacco di patate. Il dottore era corso fuori con una stampella e Xander l’aveva usata per il resto della serata. E della sera dopo. Riusciva ad allenarsi bene, ma una volta fuori dal campo, eh, ahia. Ahia, cazzo.
Ma mentre era sul campo...
Oh, si era dimenticato di quanto il mondo sembrasse perfetto, limpido e semplice lì. Persino la folla scompariva quando c’erano solo il suo cuore e il pallone e la maniera più efficiente, semplice di portare quella cosa dove doveva andare.
“Già,” gemette Chris, per un attimo perso nei suoi pensieri. “Niente sembra fare male sul campo, vero?”
E così terminò la loro conversazione mattutina e rimase solo il fatto nudo e crudo che si desideravano e, dopo dodici anni in cui si erano visti ogni santo giorno, non si toccavano da più di due settimane.
“Posso cancellare l’evento di beneficenza della settimana prossima...” iniziò riluttante Xander; aveva scelto l’orfanotrofio locale per l’evento e odiava deludere i bambini.
“E rischiare di perdere il contratto? Non credo. E poi...” Chris lo guardò, una tenerezza inconfondibile negli occhi, persino attraverso lo schermo del computer. “Xander, tu... tu hai bisogno di farlo. Lo vedo. Nutre qualcosa dentro di te.”
“Anche tu lo fai,” mormorò Xander, e Chris emise un suono strozzato.
“Ascolta... manca una settimana alla pausa per l’All-Star, d’accordo? Prenoterò stanze comunicanti. Vieni in aereo, facciamo quel banchetto all’inizio e... e in ogni momento in cui non saremo fuori, alle partite eccetera, saremo assieme. Lo giuro, va bene?”
Xander annuì e si massaggiò il viso. L’incubo di quella mattina era stato bizzarro e il dolore al piede ci si era tuffato, facendogli credere che ci fossero dei vampiri zombie che gli divoravano il piede. Certo, suonava ridicolo con la luce accesa e mentre parlava con Chris, ma quando era soffocato dal peso del sonno e delle sue stesse paure? Non c’era nulla di divertente.
“Riesco ad andare avanti senza di te,” disse Xander a titolo di rassicurazione. “Riesco. Io... solo non... Chris, ricordi che pensavo che il lago fosse bello d’inverno? Mi piaceva tutta quell’austerità e i rami nudi degli alberi e il color grigio feltro dell’acqua... te lo ricordi?”
Chris annuì. “Già.” Xander non cercava di scrivere poesie – ma quella visuale dalla loro finestra quando si svegliavano, dalla porta principale la sera – Xander aveva fissato fuori dalla finestra per ore.
“Non c’è niente di bello. Non mi accorgo dell’odore dell’aria e non mi importa di quello che mangio a colazione. È come se... se…” Oddio. Stava per dirlo davvero. Doveva dirlo davvero. “È come se il mondo fosse morto senza di te, Chris. Io... gli unici momenti in cui vedo i colori sono quelli in campo. Io... se dovessi mai chiederti quale dei due è più importante, lo sport o te, non farlo, va bene? È una cosa temporanea. Se fosse permanente, se non vi fosse una via d’uscita, venderei tutto quello che possediamo, prenderei i cani e andrei a insegnare storia in qualche scuola dimenticata da Dio in Egitto, d’accordo?”
Chris fece una smorfia e si stropicciò gli occhi con i palmi delle mani. “Dio. Credi di conoscere qualcuno e poi... Xander, lo giuro... al prossimo giornalista che ti chiama Cavernicolo, gli strappo le tonsille dal culo. Questa è la cosa più bella che credo di aver mai sentito. Ti amo anch’io. E non dubitarlo mai. Ci vediamo all’All-Star, giusto?”
“Giusto.”
“Ma adesso... piccolo, ho sentito la tua sveglia, devi andare.”
E lo fece. Era ora di sloggiare e andarsene.
PENSAVA CHE ci fosse solo Audrey in casa quando entrò dalla porta quel pomeriggio, dopo la trasferta. Era accoccolata sul divano in salotto con un libro di testo, e lui ne fu lieto: significava che non aveva ancora trovato un lavoro e questo lo fece sentire bene. Tutti hanno bisogno di aiuto, giusto?
A ogni modo, invitò Tim a bere una bibita (lui rifiutò), salutò i cani e li lasciò stare mentre zoppicava fino alla sua stanza per cambiarsi. Era stanco e dolorante: avevano vinto quattro partite fuori casa su cinque e lui aveva fatto la maggior parte dei punti, ma Chris non era lì per festeggiare e il piede gli faceva male come un figlio di puttana. Aveva tanta voglia di andare sulla pista, il suo santuario, e di passare del tempo coi suoi bambini che si mise le scarpe da corsa e disse al dolore di chiudere la bocca, che aveva da fare.
Ma non fu questo quello che accadde. Accade che zoppicò giù dalle scale e all’improvviso Lucia era emersa, da un luogo magico che stava pulendo, con del cibo, e Mandy era tornata dal lavoro (insegnava in un asilo a Fair Oaks) con un film, e Penny sbucò fuori con una torta, e all’improvviso Xander era circondato da gente, che in parte non conosceva assolutamente, ma stavano cenando sul suo bancone e sembrava scortese andarsene. Parcheggiò il culo su uno sgabello e si tuffò sul pollo alla griglia e le patate al forno, più che felice per le chiacchiere intorno a lui.
“Allora, l’hai visto giocare?” chiese Mandy, e Audrey disse: “Di chi parli?”
Mandy roteò gli occhi. “C’è un solo ‘lui’ in questa casa, non l’hai ancora imparato?”
Xander fece una smorfia. Aveva detto ad Audrey che poteva fermarsi, ma non le aveva parlato di lui e di Chris, e non credeva fosse necessario che nessun altro lo facesse.
Audrey guardò Xander con gli occhi spalancati. “Chi è l’altro ‘lui’?” chiese, con aria imbarazzata. “Chi altri vive qui? Non ho neppure pensato di chiedertelo.”
Xander fece spallucce. “Chris Edwards, sai, della squadra.”
Audrey si accigliò. “Ma non l’hanno appena trasferito a Denver?”
“Questa è ancora casa sua!” scattò Xander, dopodiché sussultò quando vide quei grandi occhi scuri farsi guardinghi e feriti. “Mi dispiace, Audrey. Manca a tutti. Sai che Penny è sua sorella, giusto?”
Audrey arrossì e i suoi occhi si fecero grandi e umidi. “Non lo sapevo,” mormorò. “Cielo, mi sento stupida. Pensavo che fosse la tua ragazza.”
Penny rise, e senza traccia di amarezza, andava detto in suo onore.
“No, dolcezza. Xander e io ci conosciamo da quando io portavo i codini…”
“E le bretelle!” la interruppe giocosamente Xander, perché sapeva che l’avrebbe fatta ridere. Ma lei non rise.
“Già. Ero giovane e ingenua e non mi ero resa conto che Xander era innamorato di qualcun altro.” Penny si chinò e coprì la mano di Audrey con la propria. “Mi ha fatto un male d’inferno. Lo farà anche a te. Cerca di non avercela con quel bambinone, non ne ha idea.”
L’atmosfera gioiosa a tavola morì di morte improvvisa e violenta.
“Wow, Penny,” disse Xander, sentendosi come un orco a una festa di elfi, “bella mossa, davvero.”
Penny scosse la testa. “Gioca di merda senza di te, Xander, e a meno che tu non sia in campo, hai un’aria anche peggiore. Quell’espressione sul tuo viso, mentre eravamo tutte sedute qui: non ti vedevo così da quando eri bambino e non sapevi cosa fosse il cibo.”
Xander arrossì. “Penny,” disse con un sorriso fiacco, “ti rendi conto che non sono proprio entusiasta che il mondo conosca tutte le mie faccende, vero? Voglio dire…” E cercò si sfoggiare un’espressione vincente con Mandy e Audrey. “Sapete. C’è della roba che non è tanto interessante.”
“Sembri esausto, Xander. Come dormi in trasferta?” lo provocò lei, e Xander sentì un vuoto farsi strada nel suo petto. Ci mise un attimo a riconoscere il dolore.
“Gesù, Penny, che ti ho fatto?” Si alzò di colpo e portò il suo piatto finito a metà al lavandino. Lucia chiocciò (li aveva serviti, anche se lui le aveva detto che non era necessario) e prese il piatto dalle sue mani, cercando di ricacciarlo al suo posto al tavolo.
“Torni a mangiare!” lo ammonì. “Ha l’aria stanca, non dormirà mai se non mangia!”
“Devo correre,” borbottò lui, e visto che era vestito per quello quando era sceso dalle scale, questo si apprestò a fare, non considerando la pioggia gelida che aveva iniziato a cadere dopo che era arrivato a casa.
“No, Xander, non andare a correre,” piagnucolò Penny, e si alzò dal suo sgabello per prendergli il piatto e rimetterlo sul banco. “Senti, mi dispiace di averti rotto, ma... Gesù. Mi spezzi il cuore. Ci conosciamo da tanto e sei come un fratello per me, e non so se tu e Christian ce la farete ad andare avanti così, lo sai? Non sarebbe carino se Audrey fosse edotta del tutto, per sapere cosa aspettarsi?”
“Non dovrei chiamare il mio agente prima?” chiese lui, sentendosi patetico. Dio, che mondo di merda, quando doveva chiedere il permesso al suo agente e a un avvocato per qualcosa di semplice come la verità.
“Xander...” Penny si passò una mano sul viso e poi lo guardò impotente. “Senti, posso buttare giù un accordo di non divulgazione, se vuoi. Probabilmente potrei farne uno più stringente di quanto riuscirebbe a fare Leo. Mandy può firmarlo, Audrey può firmarlo e l’avvocato che c’è in me urla di farlo, sai? Ma vuoi sapere cosa vorrei davvero?”
“Costringermi a finire il pollo?” Xander era troppo stanco per quelle stronzate. Davvero. Stronzate emozionali. Era quello che gli etero dovevano affrontare quando tutto quello che volevano era un divano e un telecomando? A Xander piaceva pensare che fosse così ma forse, come tutto il resto, era qualcosa che spettava di diritto agli uomini etero ma non ai gay. Forse era, tipo un’etero-topia, in cui a nessuno fregava un cazzo di chi dormiva con chi e nessuno voleva tirare in ballo la storia antica e nessuno voleva sapere come si sentiva lui. In cui poteva semplicemente stare sul divano coi suoi cani, essere emotivamente irraggiungibile e venire considerato un macho da tutti.
“No, non finire il pollo!” Penny si fece una mezza risata e Xander archiviò ‘etero-topia’ sotto l’etichetta delle cose che doveva ricordarsi di dire a Chris dopo che l’incubo gli avrebbe ghiacciato le palle alle quattro del mattino.
“Sto aspettando!” disse Xander, cominciando ad avvertire un certo rilassamento. Beh, era stata una trasferta infernale.
“Vorrei che tu ti fidassi di noi e ci trattassi come una famiglia, e fossi tranquillo e a tuo agio con noi, d’accordo? Hai ricevuto un dono: una famigliola omaggio per prendersi cura di te mentre lui non c’è, e tu non aspetti altro che scappare via per commiserarti! Andiamo, Xander, dacci una mano!”
“Aspetta un momento,” disse Audrey, irrompendo nella conversazione mentre prima non aveva osato, perché (Xander poteva quasi vederla brillare) sopra la sua testa era comparsa la lampadina. “Dove dorme Chris quando è qui? L’unica stanza che non pare una camera d’albergo è quella di Xander!”
Xander si prese il volto tra le mani e si prese una dose mentale di ibuprofene; il piede gli faceva male, sì, ma ancora più opprimente era il dolore improvviso che si irradiava dalla cervicale agli occhi. Cristo!
“Ah.” Ecco che arriva. “Ah!” Così Audrey, e ora la conclusione. “Ooh...”
Xander sollevò lo sguardo dalle proprie mani. “Non siamo cuccioli,” borbottò, sentendosi come se la sua virilità fosse stata aggredita da quell’ultimo ‘oooh’.
Vide la studentessa minuta dai grandi occhi castani guardarlo con la testa piegata di lato, le labbra incurvate in un sorriso gentile.
“Siete magnifici,” disse beffardamente. “Innamorati divisi dal destino e migliori amici gay, tutto assieme.”
“Vero?” disse Mandy tutta eccitata, con la bocca piena di patate. “E pensare a tutte le volte che li si vedeva toccarsi il culo sul campo e…”
Audrey si coprì la bocca con una mano. “Oh mio Dio, che figata!”
Xander guardò Penny a occhi stretti. “Ti odio. Tantissimo. Lo sai, vero?”
Penny aveva distolto lo sguardo dalle altre due donne con una smorfia e per un attimo Xander volle colpirla con un cuscino e ululare di gioia. Donna impicciona, vedi? Vedi cosa succede quando il mondo si impiccia dei fatti tuoi?
“Che schifo, ragazze!” grugnì lei. “State parlando di mio fratello! Che. Non. Figata!”
Occristo!
“Lucia?” la implorò Xander. “Lucia, non sapresti per caso…”
La bottiglietta atterrò accanto al suo piatto e Xander non fu mai così lieto di vedere una medicina in vita sua.
“Grazie,” grugnì, prendendo due pillole e buttandole giù con del latte. “Grazie grazie grazie grazie grazie...”
Una piccola, dolce pacca sulla sua schiena. “Di niente, signor Karcek. Almeno questa volta le ha prese a stomaco pieno.”
Xander sollevò lo sguardo dalle sue medicine miracolose e si rese conto che le ragazze avevano cambiato argomento e parlavano ora di Adam Lambert (che dal punto di vista di Xander non era per nulla attraente, così non riusciva a capire dove stesse il suo fascino), così si sedette a finire la cena, dato che tutti sembravano tanto ansiosi che si riempisse lo stomaco.
Era a metà del secondo boccone quando vide Penny che lo guardava e annuiva con un’aria da ‘Vedi? Avevo ragione!’, al che provò di nuovo quel desiderio incontrollabile di avere un cuscino fra le mani.
“Sei odiosa adesso come alle medie,” brontolò e Penny sorrise come se avesse vinto un premio. Il chiacchiericcio proseguì e Xander capì di avere delle amicizie sincere senza bisogno di accordi di segretezza, e qualcosa nella sua schiena si sciolse al punto che il mal di testa svanì. Forse erano le medicine, ma in un certo senso lui sperava che fossero le coinquiline, perché a quel punto non aveva il cuore di buttarne fuori a calci nessuna.