DIO, QUANTO era bello Chris.
Quell’anno ci fu un banchetto di beneficenza, entrambi erano in smoking e Xander era da un lato della stanza con Penny, che era divenuta molto abile a tirar fuori dalle orecchie vestitini neri con le paillettes e accompagnarlo in posti di merda da dopo il draft. Con i riccioli biondi che le ricadevano sulla schiena (domati, in qualche modo; la cosmesi femminile lasciava Xander sbalordito) e i grandi occhi scuri, era all’altezza di chiunque al banchetto e Xander era orgoglioso di lei.
Chris era dall’altra parte della stanza con Mandy. Gliel’avevano chiesto tutti carini e gentili e Mandy aveva risposto: “L’All-Star? Ma state scherzando? Sì, cazzo!” ed era volata fino a Dallas per essere l’accompagnatrice di Chris.
Stavano davvero bene assieme. Mandy era di statura media, ma Chris era appena “mediamente alto” e i capelli e la pelle scura di lei creavano un bel contrasto con i capelli biondi (ora un po’ più lunghi) e l’abbronzatura leggera di lui. Chris aveva detto a Xander di essere andato a sciare durante il suo ultimo giorno libero e ne aveva proprio l’aria.
Anche Mandy sembrava godere della sua compagnia. Buttò indietro la testa mentre rideva e mise una mano delicata e ben curata (unghie rosso sangue) sul suo braccio, accarezzandolo.
Xander respirò fra i denti mentre qualcosa di totalmente alieno lo colpiva alla bocca dello stomaco.
“Piantala di fissarli!” sibilò Penny. “Dannazione, Xander, hai l’aria di uno che vuole ammazzare qualcosa o scoparsela fino a farla morire. Che hai che non va?”
Xander la guardò un po’ storto. “È solo che è da tanto che non...” Chris lo guardò attraverso la stanza con occhi roventi e furiosi e Xander si rese conto che stava fissando la mano di Xander sul fondoschiena di Penny con intensità rovente. Xander sbatté le palpebre, incantato dagli occhi castani di Chris che lo fulminavano con lo sguardo, e abbassò lentamente la mano. L’espressione di Chris non si fece meno intensa e Xander dovette voltare la testa perché cominciava a venirgli duro e dovevano sopravvivere al banchetto, dannazione!
“Oddio,” borbottò, completamente perso. “Penny, non riesco a respirare.”
Penny cominciò ad accarezzargli la parte bassa della schiena e mentre Xander la guardava con gratitudine, la vide sollevare lo sguardo sul fratello dall’altra parte della stanza e fargli una linguaccia. Xander soffocò una risata, ma parte della tensione del suo corpo si rilassò e lui allentò leggermente i pugni.
Penny rise nel suo orecchio e Xander mormorò: “Che c’è?”
“Fanno le linguacce anche loro. Guarda. Puoi farlo anche tu.”
Xander si voltò e lui e Penny si comportarono da bravi adulti e risposero al fuoco. Partì una raffica di flash e Xander e Chris sorrisero: sapevano entrambi con qualche foto tutti i blog e i giornali avrebbero aperto, e tanto meglio.
Qualcuno avvertì che era pronta la cena e i due presero posto a tavoli separati da parti opposte della stanza. Xander mangiò tutto irrigidito, assaporando a malapena il suo London Broil, e Penny accanto a lui sostenne la tagliente ma cordiale conversazione. Xander non conosceva nessuno di quei giocatori né le loro compagne e cercò di partecipare, ma tutta la sua mente era focalizzata sull’uomo che si trovava in quella stanza da qualche parte dietro le sue spalle e lui ebbe l’impressione che il suo silenzio stoico fosse l’unica cosa che impediva ai suoi atomi di prendere il volo e smaterializzarsi.
Poi si rese conto che Vince Blake stava parlando con lui e, impegnandosi con tutto se stesso, spostò il centro della sua attenzione.
“Allora, tu ed Edwards siete eccitati di giocare di nuovo insieme?”
Xander sbatté le palpebre, poi fece un ampio sorriso. Era l’altro aspetto positivo di quella partita; non solo si sarebbero visti, avrebbero anche giocato assieme di nuovo. “Certo, amico, non so se esiste qualcun altro sul campo in grado di leggere la mia mente come fa Chris.”
Vince scosse la testa. “Voi due eravate qualcosa di magico. Non riesco a immaginare cosa avessero in mente con quello scambio. Tutta l’NBA ne parla e non bene. Voglio dire, si sa che ci sono delle sostituzioni in questo lavoro, ma quando qualcosa funziona?”
Il sorriso di Xander era sottile come la lama di un rasoio. “Sono certo che avessero le loro ragioni,” disse, “ma di certo non le capisco.” E quella era la verità davanti a Dio.
“Beh, tu non sei un uomo di pensiero,” disse Penny, buttando giù il suo cosmopolitan in un lungo sorso. “Sei un uomo d’azione, giusto, Xander?”
Xander sussultò. Dio, era come un cane con l’osso. “Ci sono momenti per combattere e momenti per mantenere la linea,” disse in tono conciliante, rivolgendo a Vince un’occhiata di scusa perché Vince non aveva idea della situazione.
Penny gli lanciò un’occhiata di sfida. “Stai radunando i tuoi soldati, Xander?”
Xander la guardò e, per la prima volta quella sera, un sorriso vero – sghembo ma vero – gli sfuggì. “Non lo so, Penny, hai visto quanto sono piene le mie stanze per gli ospiti?”
Le sfuggì una risata ed entrambi tornarono alla conversazione con Vince. Però, in silenzio, Xander si chiese cos’altro lei si aspettasse che lui facesse.
Non importava. Non quella sera. Ci furono dei discorsi e poi delle foto, e poi le chiacchiere. Gente che si mescolava, formava capannelli, faceva rappresentanza. In qualche modo, riuscì ad attraversare con fare casuale la stanza, per incontrare Chris al centro.
“Gesù, Karcek, sei cresciuto nelle ultime sei settimane?” chiese Chris e il centro del corpo di Xander cominciò a tremare come una corda pizzicata.
“Tutto qui? Non giochiamo assieme da sei settimane e questa è la tua battuta? Pessima, Edwards. Da dilettanti del cazzo.”
Chris sorrise, quel sorriso irreprensibile, diabolico, che non aveva perso il suo nucleo di dolcezza di quando erano bambini. “Te lo farò vedere io il cazzo,” mormorò, la voce tanto bassa che Xander dovette chinarsi per ascoltare, e lui replicò, la voce improvvisamente carica di tensione.
“Se lo hai fatto vedere ad altri, ti rompo,” disse; invece di offendersi, come probabilmente avrebbe dovuto, Chris lo guardò con occhi cupi, violenti e in vena di sfide.
All’improvviso l’uccello di Xander fu molto duro.
Qualcuno disse: “Ehi ragazzi, foto di gruppo?” Si voltarono verso una serie di flash. La mano di Chris era dietro Xander e Xander sentì qualcosa scivolare nella sua tasca posteriore.
“Ancora una?”
Ci fu un’altra serie di lampi e Chris mormorò il numero della suite, mentre Xander cercava di non sbattere le palpebre.
Le macchine fotografiche se ne andarono e prima di tuffarsi nella folla Chris lo guardò e disse a mezza voce: “Venti minuti. Prima io.”
Xander dovette impedirsi di digrignare i denti.
Lanciò uno sguardo attraverso la stanza e trovò Penny. Lei e Mandy erano immerse nella conversazione e lui poteva solo tremare al pensiero di quello che si stavano dicendo. Se avesse sentito la parola ‘gatto’ se ne sarebbe andato di corsa, perché nessuno si metteva fra lui e i cani. Con molta attenzione le raggiunse e, quando arrivò, cercò di essere il più rilassato possibile.
“Fra poco me ne vado,” disse piano. “Avete le chiavi, vero?”
“Certo. Ci vediamo domani mattina,” disse dolcemente Penny, “ma è meglio per te che sia presto. Siamo entrambi sullo stesso piano, comunque…”
“È una suite,” disse Xander, con più sicurezza di quanta ne provasse. Dio. Dio. Lo avrebbe fatto davvero e... non riusciva a pensare. Tutto il suo corpo era congelato dall’adrenalina e il quarto d’ora successivo passò in un lampo mentre lui faceva un altro giro della sala.
Era praticamente in iperventilazione mentre l’ascensore lo portava fino all’ultimo piano; gli tremarono le mani mentre passava la tessera nella serratura. La porta non ebbe il tempo di chiudersi dietro di lui che Chris gli fu addosso, baciandolo selvaggiamente, le sue mani che gli toglievano di dosso la giacca dello smoking con abbastanza forza da strapparla.
A Xander tremavano le mani mentre girava su se stesso, di fatto schiacciando Chris contro il muro accanto alla porta. Prese il viso di Chris fra le mani e lo baciò sulla mascella, sugli zigomi, sul collo, ovunque, mormorando: “Nessuno può toccarti. Nessuno può toccarti tranne me, capito? Nessuno. Nessuno... solo io.”
Chris buttò indietro la testa cosicché Xander potesse baciargli la gola, solleticando il suo pomo d’Adamo, prima di scendere verso l’ampio torace scoperto dai bottoni a pressione sotto la sua camicia.
“Solo tu,” gli fece eco Chris, passando le mani tra i capelli dritti di Xander, lunghi fino alle spalle. “Solo tu... oddio.” Perché Xander aveva trovato il suo capezzolo e lo stava succhiando, forte, e per un momento le mani di Chris picchiarono le spalle di Xander mentre lui lottava per mantenere il controllo.
Xander non gliene lasciò il tempo. Si mise in ginocchio sul pavimento coperto dal tappeto e smanettò con la cintura e i pantaloni di Chris. Quando gli abbassò i pantaloni, i boxer, tutto, avvertì il fremito nelle ginocchia di Chris e uno analogo fra le proprie spalle. Aveva navigato a vista fino ad allora, ma all’improvviso anche quel livello di concentrazione gli era precluso.
Tuffò il viso nei muscoli sodi del ventre di Chris, avvolse le braccia intorno al suo posteriore nudo e stretto e rimase immobile, schiacciando l’erezione di Chris contro la spalla.
Mantennero quella posizione per un momento, mentre Chris accarezzava i suoi capelli con dita gentili, poi i fianchi di Chris cominciarono a ondeggiare e quando lui parlò, la sua voce era rotta.
“A dopo le coccole, ora si scopa!” ordinò, al che Xander si tirò indietro, sorrise ferocemente e disse: “Capetto!” prima di aprire la bocca e prendere Chris fino in fondo alla gola.
Non gli riusciva sempre – Chris era davvero dotato – ma quando lo voleva abbastanza, dopo aver desiderato il sapore di Chris per, dannazione, sei cazzo di settimane, fu facile. Respirare era secondario, non c’era bisogno di respirare quando poteva avere Chris dentro di lui, quando Chris ansimava e implorava e affondava coi fianchi e gli scopava la bocca e gemeva... oddio, era un gemito quello? Xander ruggì e si buttò in avanti, ingoiandolo tutto, e allungò le mani per arrivare al suo punto preferito e giocherellarci.
Grugnì sorpreso quando trovò il morbido, piccolo plug di gomma ad aspettarlo.
“Temevo che non prendessi l’iniziativa,” grugnì Chris, quando sentì che Xander lo strattonava. In risposta, Xander lo tirò fuori senza pietà e ingoiò, ingoiò, ingoiò quando Chris schizzò nella sua gola.
Chris fremette, le sue ginocchia ebbero un tremito, e le sue dita si rilassarono dopo aver tirato i capelli di Xander abbastanza da fargli male. Ricadde fra le sue braccia quando lo lasciò andare e sfregò la guancia sull’orlo della sua camicia, ma Xander non glielo avrebbe lasciato fare.
“Io ti scopo,” minacciò. “Ti spoglio e ti prendo e ti faccio urlare, mi senti?”
Chris se lo strinse di nuovo contro e gemette e implorò. “Ti prego? Oddio, Xander. Ho bisogno di te... Dio, mi mancavi... scopami... ho bisogno di te dentro di me… non importa come...”
Lo smoking di Chris finì a terra e lui si sfilò le scarpe mentre Xander si toglieva i vestiti rimasti e poi... oddio, non aveva idea di come fosse accaduto, ma Chris era nudo, disteso bocconi sul letto enorme, le braccia abbandonate ai lati, il culo in aria.
Xander premette contro le sue spalle e con un braccio lungo e forte sotto la vita di Chris lo posizionò perfettamente, poi afferrò i suoi fianchi con dita d’acciaio e…
Oooooooooooooooohhh...
Scivolò dentro, penetrando il suo corpo, e il mondo smise di girare, si cristallizzò, si ridusse alla loro carne unita e all’altra metà della sua anima. Chris era pronto, il giocattolo era stato lubrificato, ma era forte e si strinse attorno all’uccello di Xander come un pugno caldo e Xander grugnì di nuovo alla sensazione di casa, poi dovette per forza muoversi.
Lo fece.
Indietreggiò e scattò in avanti, ancora e ancora e ancora e ancora e ommioddio “Chris!”
Chris gemette sotto di lui, mentre Xander ricadeva sulla schiena e tremava venendo dentro il suo corpo; arricciò le dita dei piedi e fu preda di una convulsione e venne, fino a che tutto il suo corpo, teso fino all’agonia, esplose e si svuotò così in fretta da collassare.
Chris giacque disteso, usato, a malapena in grado di respirare sotto il suo peso, e rise come un pazzo nel copriletto.
“Oddio,” ansimò persino mentre Xander rotolava su un fianco, poi spinse la propria massa di muscoli contro il suo corpo sudato e sazio.
“Dio non c’è. Ho fatto del mio meglio.”
Chris esplose di nuovo in quella risata folle. “Cazzate. Certo che Dio c’è. Se ci sei tu, Xan, Dio c’è. È l’unico momento in cui so che è vero.”
Xander non riuscì a trattenersi. Gli occhi gli bruciavano e aveva il fiato corto e le sue braccia, avvolte intorno alle spalle di Chris, tremavano, forte, e gli angoli dei suoi occhi bruciavano mentre le lacrime tracimavano e cadevano sulla trapunta dell’albergo sotto la sua testa.
Chris avvolse la mano intorno a quelle strette di Xander e se le portò alla bocca per baciarle piano.
“Xander? Tutto bene?”
Xander si lasciò sfuggire un sospiro tremante. “Certo che no,” mormorò. “A quanto pare sono un bambinone frignone che non riesce nemmeno a fare sesso in modo giusto.”
Chris grugnì, si mosse fra le sue braccia e disse: “Alzati dalle coperte, genio, mi si congela il culo e mi si rattrappiscono le palle.”
Xander rise e si passò una mano sugli occhi mentre obbediva all’ordine. “Le tue palle lo sopporterebbero, sei dotato come un cazzo di caprone, lo sai?”
“Sì, come no.” Chris rotolò su un fianco e si avvolse nelle coperte, tenendo sollevata la trapunta in modo che Xander potesse infilarglisi accanto. Xander lo fece e la sensazione delle loro gambe lunghe, muscolose, pelose, che si congiungevano sotto la coperta bastò a farlo singhiozzare, liberando quell’ultima tensione che lui non sapeva ci fosse ancora fra le sue scapole.
Mentre i loro corpi smettevano di tremare, Xander diede un’occhiata da vicino ai grandi occhi castani di Chris e vide che erano cerchiati di rosso e lacrimavano anch’essi dagli angoli. Cercò di fare un sorriso di comprensione, ma non ci riuscì. Invece tentò di asciugare col dito il piccolo rivolo che scorreva lungo un lato del naso di Chris.
“Non piangere, piccolo,” disse con voce roca, ben sapendo chi fosse a parlare. “Sono qui.”
Rimasero abbracciati a lungo sotto le coperte.
Parlarono, a bassa voce, di cose stupide: la moglie di Clifford (“Non rovesciare il potpourri perdio! Dannazione, Edwards, quella merda copre la tua puzza, lasciala nella cazzo di ciotola!”); i cani (“Max è ancora fedele, amico, ma credo che dovrai portare con te un sacco di cubetti di carne se vuoi far uscire Mercury dalla stanza di tua sorella. Lo giuro, penso che lei gli dia da mangiare bacon nel cuore della notte!”); l’harem di Xander (“È bello averle intorno, d’accordo. Ma non sono te. Tra l’altro. Continuano a trattarmi come una sorta di animale da compagnia esotico. Venghino, venghino a vedere il grande gay giocatore di basket: è bianco, è goffo, e se ‘per sbaglio’ gli rubiamo chi gli fa la ceretta mentre lui è fuori coi cani, è molto molto peloso!”).
Chris aveva riso dopo l’ultima e accarezzato il torace liscio di Xander con un’amena inarcata di sopracciglia. Xander arrossì.
“Ho fissato un altro appuntamento,” borbottò. “Questa volta al salone, in modo che tre donne di mia conoscenza non si mettano a strillare di volersi fare depilare il pube dal ragazzo carino che fa le visite a domicilio.”
Chris chiuse gli occhi e rise ancora. “Ma Robbie non è...?”
“Gay? Sì. Non ho avuto il cuore di dirglielo: troppo tragico.”
Xander pensò che Chris avrebbe riso ancora, ma non lo fece. Invece, sollevò lo sguardo sull’espressione mortificata di Xander e si fece improvvisamente serio, poi lo attirò in un altro bacio. Questa volta fu lento e silenzioso. Vennero ciascuno nelle mani dell’altro perché il punto era baciarsi, accarezzare la pelle nuda, portare le labbra alle sopracciglia, alle tempie, ai lati del collo, sotto la mascella, dietro l’orecchio. Quando ebbero finito, fecero una doccia, poi si sedettero l’uno accanto all’altro sul letto, mangiando roba del servizio in camera e guardando un vecchio film. (La grande fuga: era uno dei preferiti del papà di Chris e i due ragazzi ne erano diventati fan.)
Riuscirono a fare l’amore ancora una volta prima di addormentarsi.
QUANDO XANDER si svegliò era seduto sul letto e le braccia di Chris erano avvolte attorno al suo petto: lui stava urlando nel palmo della mano che mordeva.
Riprese fiato e Chris lo attirò di nuovo sul letto, tenendo il suo grande corpo mentre lui si scuoteva il sogno di dosso.
Quando il suo respiro si fu fatto quasi regolare, Chris si sollevò su un gomito e gli accarezzò un lato del viso.
“Gesù, Xan, stanno peggiorando. Insomma... cazzo. Stavano migliorando prima che partissi, ma questo... pensavo che avrei dovuto immobilizzarti per impedirti di attraversare il muro!”
Xan lasciò ricadere la testa sul cuscino, lasciò andare un respiro ancora tremante e si voltò a guardare Chris nell’oscurità. Era così bello. I suoi occhi erano così grandi ed espressivi e il suo bel viso dal mento piccolo era praticamente luminoso sotto la luce tenue che filtrava dalle tende. Xander passò con cautela le dita lungo l’attaccatura dei suoi capelli e il lobo dell’orecchio, ogni tocco dei polpastrelli un miracolo di delicatezza.
“Christian, ci pensi che ci siamo potuti vedere quasi ogni giorno durante gli ultimi... quanti? Dodici, quasi tredici anni, giusto? E poi tu te ne vai senza pensare che non avrebbe lasciato un vuoto enorme nella mia anima?” La sua voce si ruppe. “È quello il luogo in cui combatto i mostri spaventosi, amico, e ora è tutto pieno di buchi perché non sei accanto a me ogni notte, a dirmi che va tutto bene.”
Chris sospirò e appoggiò la testa sulla spalla di Xander, prendendo quella mano vagabonda nella propria e intrecciando dita tremanti con le sue.
“Già,” mormorò. “Già. Cristo, ho bisogno di bere.”
E ora fu il turno di Xander di sospirare. “No, non è vero.”
“Credi di essere l’unico con un gran ‘vuoto nell’anima’, Xan?”
Xander avvolse le braccia intorno alle spalle di Chris e lo tenne stretto. “Penso che non ce la faremo per più di un anno,” disse. “Alla fine, dovremo decidere come vogliamo gestire la situazione. Perché io non ce la faccio senza di te e ho paura per te senza di me, e se devo fare la mogliettina e lasciare il lavoro per seguirti…”
Chris si distaccò e (goffamente, per via dell’angolazione) diede a Xander un pugno sul braccio.
“Piantala di cercare di buttar via il tuo dono, bastardo insensibile. Se uno di noi dovrà mai fare la moglie, quello sarò io!”
Nonostante il modo in cui si sentiva, Xander rise. “Questo significa che posso tornare a casa dal lavoro e trovarti con un grembiule addosso e nient’altro?”
Chris ridacchiò debolmente contro di lui. “Pervertito. Avresti dovuto dirmi che quello era il tuo genere prima di riempire la casa di donne.”
La loro risata ebbe vita breve. “Non voglio che tu debba mollare,” disse piano Xander. “Non è giusto.”
“Non voglio che tu gridi nel cuore della notte,” rispose piano Chris. “Nemmeno questo è giusto e, al momento, è molto più importante del sottoscritto che fa un’altra stagione altrove. Ma tu, Xander, ti ho visto giocare. Sei una macchina: fai paura. Non smettere. Per favore? Amo questo sport e una delle cose che amo di esso è la tua bellezza quando giochi. Se mollo io, c’è un altro novellino pronto a imparare qualcosa sullo scotch e il cibo in aereo. Se molli tu, resta un buco nel mondo. Per favore? Promettimi solo che non mollerai. Mi spezzerebbe il cuore.”
Xander deglutì a fondo. “Farei di tutto per non spezzarti il cuore,” disse, e Chris annuì contro di lui. C’era un punto umido fra la sua guancia e la spalla di Xander, pungente e scomodo per via del sale, ma erano entrambi troppo stanchi per notare il dolore.
LA SQUADRA della costa ovest vinse l’All-Star Game quell’anno. Chris vinse il premio per il maggior numero di tiri liberi consecutivi, Xander quello della gara per i tiri da tre punti e l’esordiente di Chris eseguì una schiacciata che tolse il fiato a Xander.
“Diventerà magnifico,” mormorò a Chris, deliziato dalla visione di qualcuno tanto aggraziato, tanto dotato, fare il suo mestiere con tanta passione.
Le labbra di Chris si contrassero. “Se sopravvive abbastanza. Hai visto come atterra?”
E lui lo vide. Atterrò senza paura, ma con pochissima cautela, e Xander dovette riconoscere che avrebbe dovuto imparare un po’ di autoconservazione o la sua carriera sarebbe stata dannatamente breve.
Quella sera, la sera dopo le partite e prima dell’incontro vero e proprio, mentre si spogliavano per andare a letto (un po’ più tranquilli e dignitosi della notte prima, anche se entrambi tremavano alla sola vista dell’altro che si toglieva i vestiti casual che avevano indossato a cena), Xander chiese a Chris perché loro due non avevano mai giocato con tanta spavalderia.
Chris lo guardò, con una certa tristezza negli occhi scuri ma una contrazione delle labbra che diceva che avrebbe anche potuto riderci sopra; piegò i pantaloni per appenderli con grazia sulla sedia accanto al tavolino. “Tu e io, Xan, avevamo sempre qualcosa da perdere.”
Xan deglutì. “Non potrai mai perdere me, lo sai?”
Chris fece spallucce, agganciando i pollici ai boxer e dandosi una scossetta che fece ondeggiare il suo già sporgente carico e fece ridere Xander. “Amico, sei grosso quanto un palazzo!”
Il sorriso di Xander si allargò e lui si avvicinò, nudo, al suo innamorato, sorridendo e giocherellando come il ragazzo che sarebbe potuto rimanere per sempre. “Anche tu, quando sei duro! Credo che potremmo…” Allungò la mano e diede una strizzatina. “Darci una mano.”
Chris sorrise compiaciuto, poi la sua espressione si incupì e sporse le labbra in un’espressione triste da ragazzino. “Vorrei toccarti per sempre, Xander. Nemmeno tu potrai mai perdermi, vero?”
Le braccia di Chris si avvolsero intorno alle sue spalle e lui depose un bacio sulla bocca di Xander, più come una benedizione che come gesto di passione. Xander aprì la bocca e piegò le ginocchia in modo che i loro toraci fossero uno contro l’altro, poi Chris lo baciò fino a far svanire la tristezza.
LA SERA dopo, all’All-Star Game, era la loro serata in campo. Il San Antonio era la squadra con il punteggio migliore quell’anno e Xander e Chris presero in simpatia il loro coach, Hopkins. Da parte sua, Hopkins era entusiasta di guidarli. Xander, disse, era il fenomeno ed Edwards era lì per dare spettacolo; insieme leggevano i segnali l’uno dell’altro come se ogni mossa in campo fosse stata coreografata, provata e messa in atto.
L’esordiente di Chris era eccitato. Certo, era un novellino, ma Chris non gli sarebbe stato accanto se non avesse avuto un cuore grande, e bisognava davvero voler bene a qualcuno che gridava incoraggiamenti e ti rallegrava in campo mentre prendevano possesso del campo.
Avevano un vantaggio formidabile dopo appena il primo quarto, per cui la panchina entrò in campo a circa metà partita. Mentre sedevano sulla linea laterale e guardavano lo spettacolo, Xander confessò a bassa voce a Chris che era sollevato. “Mi fa ancora male il piede e non ho dormito molto ieri notte,” mormorò. Chris mosse giocosamente le sopracciglia in risposta, mentre guardava l’azione in campo. Qualcuno scattò una foto e, in un attimo, il bel viso di Chris divenne l’icona dell’All-Star. Era tutto ciò che l’All-Star rappresentava – divertimento, sportività, abilità grandiosa – tutto in un bel viso con un sorriso da monello: quella foto sarebbe finita su tutte le pagine sportive della nazione.
Xander l’avrebbe appesa al muro accanto al loro letto e avrebbe ricordato quel momento, fermo nel tempo come un’inclusione in un cristallo.
Dopo la fine della partita, quando fu tutto saltelli e grida, pacche sulla schiena, abbracci di gruppo e dare il cinque, Xander ricordò quell’espressione. Uscirono e fecero festa coi giocatori quella sera, andandosene circa a metà, prima uno e poi l’altro.
Fecero l’amore fino a che Chris non dovette andare in aeroporto, senza aver dormito affatto.
Dopo che Chris se ne andò, indossando dei jeans stropicciati e il sudore e il seme di Xander sulla pelle, Xander si lasciò cadere sul letto e guardò l’orologio con aria miserabile. Aveva due ore prima di doversene andare e tutto ciò che riusciva a fare era pensare alla sensazione che gli avevano dato le mani di Chris sul viso mentre si baciavano.
Giugno, si ripeté. Giugno. Possiamo farcela fino a giugno. Giugno.
Sembrava lontano mille anni.