Virgil Carter era sulla settantina. I capelli e la barba folta non erano più rossi come un tempo, ma lui aveva ancora una predilezione per quel colore. Oltre alle bretelle, anche la cintura e le cifre ricamate sulla camicia erano rosse. Dopo essere stato fermato dal carabiniere, attese pazientemente che Mickey e Marcus decidessero il da farsi.
«Senti un po’ cos’ha da dire», ordinò Mickey.
«Ma perché agli stramboidi piace il rosso?» commentò Marcus.
Quando Mickey fece per andarsene, Carter lo richiamò: «Signor Andreason, le assicuro che troverà interessante quello che ho da dire».
«Lo dirà al mio responsabile della sicurezza», ribatté Mickey, per poi sparire in ascensore con le bambine, i consuoceri, il medico e l’infermiera.
Marcus disse al carabiniere che ci avrebbe pensato lui, a Carter. «Sono Marcus Handler. Cosa posso fare per lei?»
«So che gli uomini importanti tendono a delegare. Ecco il mio biglietto da visita.»
VIRGIL M. CARTER
COLONNELLO DELLA US AIR FORCE (IN PENSIONE)
SILVER SPRINGS, MARYLAND
WWW.U_AN.ORG
Celeste si avvicinò e Marcus si sentì in dovere di presentarla.
«Anche lei lavora per Andreason?» le chiese Carter.
«No. Come lei, anch’io sono venuta in Italia per aiutarlo a trovare il figlio e la nuora.»
«Anche lei si occupa di rapimenti alieni?»
«Niente affatto. Sono una sensitiva.»
«Be’, a ciascuno il suo. Lungi da me giudicarla.»
«A quello ci penso io», sbottò Marcus, ormai al limite della pazienza. «Senta, colonnello, ha trenta secondi per dirmi che cosa vuole, dopodiché vado a fare il check-in in albergo.»
«Ci vorrà un po’ più di tempo.»
«Trenta secondi da adesso.»
«E sia. Gestisco uno dei maggiori gruppi americani che si occupano di UFO e rapimenti alieni. Un anno fa, ho intervistato un uomo di nome Ruben Sanchez, che vive in Arizona ed è scomparso per cinque mesi.»
Marcus guardò l’orologio.
«Gliel’ho detto, che mi serve più tempo. Mi lasci finire. Non la deluderò. Sanchez mi ha raccontato di essere stato portato via dal suo furgone di notte, dai Grigi.»
«Cosa sono i Grigi?» chiese Celeste.
«Alieni dalla pelle grigia... le dice qualcosa? È stato tenuto prigioniero sulla loro astronave – poi vi racconterò i dettagli – ma il punto è che, quand’era lì, batteva sul muro della sua stanza bianca – tenetevi forte – con una donna terrestre di nome Helen. A quanto ho capito, la mamma delle bambine si chiama Elena. Che dite, sono riuscito a catturare la vostra attenzione?»
Celeste annuì, rapita.
Marcus si limitò a dire: «Perché non viene in albergo con noi?»
Fuori dall’ospedale, alcuni giornalisti seguirono il veicolo di Marcus fino all’albergo, un cinque stelle attaccato al Vaticano, ma se ne andarono non appena si resero conto che le bambine non erano a bordo. Carter seguì Marcus e Celeste nella lobby di marmo bianco e si guardò intorno, ammirato.
«L’avevo visto su Booking, ma per me era fuori budget. Sono un umile pensionato dell’aeronautica e non si guadagna molto nel giro dei rapimenti alieni.»
«Non mi stupisce. Vado a scaricare i bagagli, torno subito», disse Marcus.
«È davvero una sensitiva?» chiese Carter non appena lui e Celeste rimasero soli.
«Sì.»
«Però, è la sensitiva più affascinante che abbia mai incontrato.»
«Ne ha conosciute molte?»
«Lei è la prima.»
«E lei è il mio primo esperto di rapimenti alieni.»
Lui sembrava divertito. «Sa come si dice, il primo non si scorda mai. Posso chiederle che cosa ci fa qui una sensitiva?»
«Pare che i nostri interessi coincidano, signor Carter. Sono qui perché, poco dopo il rapimento, ho avuto una visione delle bambine. Si trovavano su una nave spaziale insieme con degli esseri grigi.»
Carter sorrise. «Sa una cosa? Mi piace sempre di più.»
Quando Marcus tornò, si accomodarono in una terrazza con vista sulle mura vaticane e su Castel Sant’Angelo. Carter chiese se fosse possibile mangiare qualcosa e Marcus rispose che Mickey sarebbe stato ben felice di offrire il pranzo. Ordinò metà dei piatti elencati in menu, mentre Marcus e Celeste optarono per un caffè.
«Senza offesa, Marcus, ma lei mi sembra piuttosto in là con gli anni per fare la guardia del corpo. O magari conosce qualche mossa segreta di kung-fu...» esordì Carter, sgranocchiando un grissino.
«Sono un consulente per la sicurezza, non una guardia del corpo.»
«Ah, be’, che cosa deve fare uno per diventarlo?»
«Lavoravo per il governo.»
Carter rise. «Capisco. Di solito, quando qualcuno dice così vuol dire che lavorava a Langley.»
«Più o meno.»
«Cos’è Langley?» chiese Celeste.
«Il quartier generale della CIA», spiegò Carter. «A quanto pare, Handler era una spia. Ce n’è qualcuno, di voi, tra i membri della U-AN.»
«Che sarebbe?» chiese Marcus.
«UFO Abduction-Network, un gruppo di supporto per persone che sono state rapite dagli alieni. L’ho fondato non appena sono andato in pensione. Volete sentire la mia storia?»
«Non abbiamo molta scelta, a parte spararle», commentò Marcus.
«In effetti. Dei miei ventidue anni di onorato servizio, quindici, li ho passati al Pentagono. Mi sono sempre occupato di logistica. Non ho mai pilotato nulla; nemmeno mi piace volare. La logistica è tutt’altro che sexy ma, se l’Air Force aveva bisogno che il carico X arrivasse nel punto Y, era a me che si rivolgevano. Avevo già sentito parlare di rapimenti alieni, ovviamente: chi non conosce la storia di Betty e Barney Hill?»
«Io», disse Celeste.
Il cameriere portò la caprese di Carter e lui si prese un momento per contemplarla. «Sta scherzando, vero? New Hampshire? 1961?» Vedendo l’espressione interrogativa di lei, chiese a Marcus se anche lui fosse digiuno dell’argomento.
«Vada avanti, la prego, colonnello», replicò lui.
«Va bene, ma solo se mi chiamate Virgil e ci diamo del tu. Okay, lasciamo perdere gli Hill. Anni fa, ho incontrato un pilota dell’Idaho che era stato provvisoriamente assegnato al Pentagono e lui mi ha raccontato che, una sera, un suo amico, un civile che faceva il camionista, era stato rapito mentre guidava. Era stato trasportato su un’astronave, una roba a forma di salsiccia, il che spiega perché da quel momento in poi quel poveraccio è stato soprannominato Hot Dog. Hanno continuato a chiamarlo così fino al giorno in cui non si è suicidato. In ogni modo, gli alieni che l’hanno tenuto per una settimana e hanno fatto ogni genere di esperimento su di lui ebbene... erano i Grigi. Questi sono in assoluto gli alieni che vengono descritti con maggiore frequenza dalle persone che sono state vittima di un rapimento. Ci sono i Grigi – pelle grigia, teste grosse e allungate, occhi grandi, niente naso né orecchie –, che sono il classico alieno tipo Roswell. Poi ci sono i Rettiliani, che sono verdi, ovviamente, con la testa come quella delle lucertole o dei serpenti. Poi ci sono i Nordici. Sono molto più alti dei Grigi o dei Rettiliani, di solito hanno la pelle chiarissima, occhi azzurri e capelli biondi. In pratica sono gli svedesi dello spazio.»
Marcus borbottò qualcosa.
«Come, scusa?» chiese Carter.
«Ho detto: ma perché mi tocca star qui a sentire queste cose?»
«Ascolta e impara, amico mio. Che stavo dicendo?» Approfittò del vuoto di memoria per mangiare un pezzo di mozzarella. «Okay, tornando a noi, permettetemi di saltare qualche passaggio, perché ho l’impressione che vi sto perdendo. Dopo aver sentito la storia di Hot Dog, ho iniziato a catalogare i vari casi di rapimento. Al principio era solo un hobby, ma poi sono andato oltre e ho iniziato a intervistare i sopravvissuti e le loro famiglie. Il mio datore di lavoro non vedeva di buon occhio questa mia attività collaterale, per cui ho aspettato di appendere la divisa al chiodo prima di fondare la U-AN e di creare un archivio consultabile online. Al momento il nostro è il più grande database esistente di rapimenti alieni. Il che ci porta a Ruben Sanchez. Ruben Sanchez è un autista di Uber di Phoenix che ha postato una testimonianza su U-AN circa un anno fa. Faccio questo lavoro da abbastanza tempo da riconoscere al volo i mitomani, ma lui mi è subito sembrato credibile.»
«Perché?» chiese Celeste.
«Perché di solito gli stronzi... scusi il francese... merda, ma lei è francese, che stupido... comunque, quelli che s’inventano tutto usano sempre un tono compiaciuto, come se non potessero far a meno di dimostrare quanto sono intelligenti e spiritosi. Ruben invece era diretto e il suo racconto sembrava genuino, per cui l’ho chiamato e sono andato a Phoenix per intervistarlo. Per certi versi, non c’era nulla di originale nel suo rapimento, eppure c’era un dettaglio insolito, perché era scomparso per molto tempo. Cinque mesi sono quasi un record. Almeno lo erano all’epoca. Adesso non sono nulla in confronto al caso Andreason. Comunque la famiglia ne aveva denunciato la scomparsa e la polizia aveva aperto un’inchiesta. E poi un giorno lui rispunta fuori. Camminava da solo, sulla stessa strada in cui era scomparso. All’epoca, avevo chiesto a Ruben il permesso di pubblicare la sua storia e la trovate ancora online, insieme con la data in cui l’ho postata.»
«Cosa mi dici della donna di nome Helen?» chiese Marcus.
«Allora, Ruben si trova in questa stanza bianca, coi Grigi che lo sottopongono a ogni genere di esperimento. Poi, un giorno, in preda alla frustrazione, lui tira un pugno sul muro e indovinate un po’? Dall’altra parte della parete, qualcuno gli risponde con un colpo. I due hanno un sacco di tempo libero, proprio come in prigione, per cui non ci mettono molto a inventarsi un modo per comunicare. A ogni lettera corrisponde un numero di colpi in base all’ordine alfabetico. La A è un colpo, la C tre, la N quattordici e così via. Non è un metodo veloce, ma non è che avessero molto altro da fare.»
«E la donna si chiamava Helen? Ne sei sicuro?»
«Così ha detto. Solo che ci hanno messo un po’ a capire come utilizzare il codice per scambiarsi informazioni. Non si erano spinti molto al di là del nome, quando Ruben una sera è andato a dormire e si è risvegliato sull’autostrada. Così. Aveva scontato i suoi cinque mesi.»
Arrivò la bistecca e Carter rimase deluso nell’apprendere che non era prevista nessuna salsa. Tuttavia, dopo averla assaggiata, la giudicò molto buona, anche al naturale.
«La nuora di Andreason si chiama Elena, non Helen», continuò Marcus.
«Lo so. Eppure Ruben ha detto Helen.»
«Potrebbe essersi sbagliato?» chiese Celeste.
«La E sono cinque colpi, la H otto. Ma magari ha capito male», ragionò Carter.
«Hai un suo contatto? Ci potrei parlare?» chiese Marcus.
«Sarebbe un miracolo. Ruben è morto due mesi fa. Quand’è tornato, soffriva di emicrania. Gli hanno diagnosticato un tumore al cervello.»
Celeste sussultò. «Santo cielo.»
«Anche le bambine ce l’hanno? Il cancro al cervello?» domandò Carter.
Marcus tagliò corto: «Non sono autorizzato a discutere della loro diagnosi con te. Per caso Ruben ha detto di aver mai comunicato con qualcun altro?»
«Solo con Helen, ma per me era già abbastanza. E niente... ieri ero nel mio appartamento a mangiare il mio sandwich, quando leggo su Twitter di due bambine rapite dai Grigi e tornate dopo anni senza essere cresciute di un giorno. Ora, è possibile che nemmeno Ruben fosse invecchiato, ma lui aveva quarantasette anni ed è rimasto via per pochi mesi, perciò chi può dirlo? La stessa cosa vale per gli altri: erano adulti e sono rimasti via per troppo poco tempo. Comunque sia, ho capito subito di trovarmi di fronte al caso più straordinario che mi capiterà mai di vedere, perciò ho comprato un biglietto per l’Italia ed eccomi qui, a mangiare una bistecca senza salsa.» Si pulì la bocca col tovagliolo. «Allora, quando posso intervistare le bambine?»
Bruno Spara condusse i nonni in un ufficio del reparto di ematologia. Posò le mani enormi sul tavolo.
«Allora, come stanno?» chiese Armando.
«Le ho visitate e ho analizzato i risultati degli esami cui sono state sottoposte al Riuniti dove, lasciatemelo dire, hanno svolto un lavoro eccellente. Confermo la diagnosi di leucemia mieloide cronica. Come vi avrà già informati Jessica Bingham, questa patologia è molto rara nei bambini, tuttavia ne conosciamo la cura. La prognosi, quindi, è piuttosto buona, posto che iniziamo subito un trattamento aggressivo.»
«Grazie a Dio», mormorò Leonora.
«Saprebbe darci una spiegazione per il loro aspetto?» domandò Mickey.
«Vuole dire perché sembrano avere ancora la stessa età di quando sono scomparse?»
«Esatto.»
Spara alzò le mani in segno di resa. «Non ne ho idea. Esiste una malattia genetica che si chiama progeria, che induce un invecchiamento precoce. I bambini che nascono con questa patologia sviluppano proteine anomale, che fanno maturare e morire le cellule prima del tempo. A otto o nove anni, hanno già il corpo di un anziano e muoiono di vecchiaia prima di raggiungere la pubertà. Victoria ed Elizabeth sembrano soffrire di una malattia contraria: non mostrano i cambiamenti che normalmente dovrebbero avvenire nel corso degli anni. Tuttavia non ci sono modi per misurare l’età, se non il calendario. Le persone non sono come gli alberi, cui poter contare i cerchi nel tronco. L’unica cosa di cui sono certo è che non esiste nessun trattato di medicina in cui si citino casi di persone che hanno smesso di crescere. Perciò per ora mi concentro su ciò che riesco a comprendere, ovvero la leucemia.»
«Siamo nelle sue mani. Ci dica cosa dobbiamo fare», replicò Armando.
«Inizio col prescrivere loro il Tasigna. È un farmaco nuovo, un inibitore della protein-chinasi di seconda generazione. Non dà grandi effetti collaterali e, anche nel caso in cui si dovessero manifestare, non sarebbe nulla che non possiamo gestire. Le farò avere un dépliant con tutte le informazioni.»
«E poi?» chiese Mickey.
«Mi aspetto una sostanziale remissione molecolare già tra un paio di settimane.»
«Così presto?»
«Sì, i bambini reagiscono in fretta. Possibile che dovranno assumerlo per un anno, o anche di più. Tuttavia, data la loro giovane età, è meglio un approccio aggressivo. Vogliamo curarle, non attenuare i sintomi. Perciò, non appena saranno in remissione, spazzeremo via le loro cellule staminali ematopoietiche con la chemioterapia, dopodiché procederemo col trapianto di midollo osseo, per dare loro nuove cellule sane. A Reggio Calabria non c’è stato tempo, ma adesso chiederei a tutti e tre di sottoporvi ai test di compatibilità. Se tutto va bene, dovrebbero guarire completamente.»
Quando Mickey chiamò, Carter era al dessert. Marcus si scusò e andò a parlare nel giardino dell’hotel. Mickey voleva capire se poteva fidarsi di Carter, perciò Marcus gli raccontò quanto si erano detti, senza esprimere la propria opinione.
«Hai detto tumore al cervello, non leucemia.»
«Esatto, Sanchez aveva un tumore al cervello.»
«E il nome era Helen, non Elena. Non so che dire.»
«Io sì. Se andiamo avanti così, tra un po’ avremo abbastanza matti per mettere su un torneo di tennis.»
«Allora io farò l’arbitro e manterrò una mente aperta», disse Mickey.
«Carter vorrebbe parlare con le bambine. Per paragonare il loro racconto a quanto descritto da Sanchez.»
«Si può fare, ma non subito. Oggi iniziano la cura. Mi fido del dottor Spara, sembra uno in gamba. Se tutto va come deve, tra due settimane saranno pronte per ricevere il trapianto di midollo osseo e presto saranno guarite. Spero che Armando o Leonora siano compatibili, almeno quelle povere bambine non dovranno prendersi il mio. In ogni modo, vediamo di tenerci buono il colonnello Carter. Prendigli una stanza nel nostro albergo.»
«Non rifiuterà di certo. Gli piace il ristorante.»
Dopo pranzo, Carter andò a recuperare i bagagli nel suo vecchio albergo e Marcus diede a Celeste la chiave della stanza.
«Come stanno le bambine?» chiese lei.
«Bene, credo. Mickey è entusiasta del nuovo medico, mi è sembrato di buon umore. Presto riceveranno un trapianto di midollo osseo. Ha perfino usato la parola magica. Guarire.»
Marcus andò nella sua stanza e scolò i tre mignon di Scotch presenti nel minibar. Chiamò il servizio in camera per farsi portare una bottiglia grande e insistette per pagare in contanti, così non sarebbe comparsa sul conto dell’albergo. Continuò a bere per tutto il pomeriggio, stando attento a restare sull’orlo di un’ebbrezza sostenibile, casomai Mickey avesse avuto bisogno. Quando squillò il telefono, Marcus era convinto che fosse lui, invece era Celeste. Sembrava sconvolta.
«Che succede?»
«Ero seduta tranquilla con le tende tirate, quando ho avuto una visione.»
C’era un fondo di whisky nel bicchiere. Marcus lo finì in un sorso. «Ah, sì? Che visione?»
«Era il loro medico, il dottor Spara. È entrato in una stanza per parlare con Mickey. Sembrava molto preoccupato.»
Marcus si versò un altro goccio. «E cosa diceva il nostro dottor Spara?»
«Diceva: ’Mi spiace, signor Andreason, ma qualcosa è andato storto nel trapianto di midollo osseo. Victoria ed Elizabeth stanno per morire’.»