Marcus parcheggiò la macchina di Javier vicino al centro di Segovia e girò tutti i negozi finché qualcuno non gli disse dove poteva trovare un rivenditore di accessori da caccia.
L’armeria San Cristóbal era un negozietto strapieno di attrezzature da caccia e da pesca. Il proprietario grugnì un saluto senza alzare gli occhi dal catalogo che stava sfogliando. Marcus puntò a un espositore di cartine e ne scelse una abbastanza dettagliata da mostrare non solo il paesino di Lirio, ma anche la posizione esatta di castel Gaytán.
«Ha dei binocoli?» chiese Marcus in spagnolo.
«Americano?»
«Sì.»
«Allora parliamo pure in inglese.»
«Grazie.»
«Ero nell’esercito. Ci è capitato di fare esercitazioni con la NATO. Ho degli amici americani. Sono anche andato a trovarli in California.»
«La California è fantastica.» Marcus diede un’occhiata attraverso il binocolo che gli aveva mostrato. «Lo prendo.» Dietro il proprietario c’era una rastrelliera di fucili. «Però, ha una bella selezione.»
«Alcuni sono meglio di altri.»
«Qual è il migliore?»
L’uomo ne prese uno. «Questo. Fucile a pompa Benelli Super Vinci. Può pensare quello che vuole degli italiani, ma sulle armi sono imbattibili.»
«Posso?» Marcus lo prese e si accertò che fosse scarico. Lo soppesò ed esaminò la canna. «Quanto?»
«Milleseicento euro. Ma, per un bravo americano come lei, mille e cinque.»
«Affare fatto.»
«Ottimo. Mi serve solo il suo porto d’armi.»
«Ecco, questo può essere un problema.»
«Senza non posso venderlo. Non siamo mica in America.»
«Era piuttosto impolverato. Da quanto tempo ce l’ha qui?»
«Da quand’ero giovane e magro», rispose il proprietario, dandosi una pacca al pancione prominente.
«Glielo prendo sotto banco per tremila euro.»
L’uomo si leccò le labbra. «Non voglio finire in prigione.»
«Nemmeno io.»
«Il prezzo senza porto d’armi è cinquemila. In contanti.»
Marcus gli fece l’occhiolino. «Compreso il binocolo?»
«Il binocolo, la cartina e i proiettili.»
Quando Marcus tornò dalla banca coi contanti, il negozio era chiuso. Il proprietario gli aprì, lo fece entrare e contò i soldi. «Aspetti qui», gli disse, col fucile in mano.
«Dove va?» chiese Marcus.
«Mi dia cinque minuti.»
Dal retrobottega, Marcus sentì il rumore di una lima e capì.
Al suo ritorno, il proprietario disse: «Ecco qui, niente numero di telaio e la mia telecamera di sorveglianza si è rotta. Lei non è mai stato qui».
«Esatto, non sono mai stato qui.»
«Non mi ritroverò la sua faccia sui giornali, vero?»
«Se si limita alle pagine sportive, non c’è pericolo.»
Lasciò la macchina al parcheggio all’inizio del sentiero e, non appena ebbe raggiunto un belvedere a circa cento metri di altezza sulla sierra de Guadarrama, Marcus tirò fuori il binocolo. Da lì, il castello di pietra scura aveva un aspetto maestoso. Distinse un lungo viale di accesso che si diramava dalla strada principale, passava attraverso vigne e frutteti e arrivava all’ingresso. Lì fuori c’erano diverse auto parcheggiate, ma nessuno in vista. Marcus non aveva fretta: a Segovia aveva comprato acqua, pane e formaggio con cui ingannare l’attesa.
Dopo un’ora, nella sua mente s’insinuarono i primi dubbi.
Non sapeva se le bambine fossero davvero lì. Non sapeva nemmeno se ci fosse Gaytán. Aveva appena speso cinquemila euro per un fucile illegale. Cosa pensava, di andare alla carica come Rambo? Per ora non poteva far altro che aspettare e pianificare le mosse successive. Era ricercato per omicidio; non poteva certo chiamare la polizia per chiederle di fare irruzione nella proprietà di uno stimato dottore.
Colse un movimento sul tetto, perciò posò la bottiglia d’acqua e riprese il binocolo. C’era un uomo che camminava lungo il bastione. Non sembrava armato, ma aveva anche lui un binocolo con cui scandagliava i dintorni. Era primo pomeriggio, il sole era alto e Marcus si trovava a sud rispetto al castello: non doveva temere che un riflesso delle lenti tradisse la sua posizione.
Una sentinella faceva pensare che dentro stesse succedendo qualcosa di grosso.
D’un tratto, tutti i suoi calcoli e le valutazioni ben ponderati andarono in corto circuito.
C’era un’altra figura sui bastioni.
Marcus ne riconobbe il viso e soprattutto i capelli biondi.
Mise via il cibo. Victoria, Elizabeth, sto arrivando. E che Dio abbia pietà di chiunque osi mettersi sulla mia strada.
Marcus era sempre andato fiero della sua mente analitica, eppure, mentre correva a tutta velocità lungo il viale d’accesso del castello, non riusciva a pensare a nulla. Poi un’immagine si fece strada nel suo cervello, così fuori contesto che per poco non scoppiò a ridere. Aveva a che fare con un dolce vecchietto, Javier, e con la sua auto. Avrebbe cercato di non distruggerla.
Il castello incombeva davanti a lui.
D’un tratto, Marcus vide un fucile spuntare dai merli del bastione e si abbassò. Scartò a sinistra e un proiettile perforò il parabrezza, proprio dove un attimo prima c’era la sua testa. Nonostante il vetro crepato, Marcus scorse un granaio alla sua sinistra e premette l’acceleratore. Dall’alto esplosero altri colpi. La nuova raffica si abbatté sul tettuccio, poco prima che lui riuscisse a portarsi al sicuro dietro l’edificio.
Imbracciò il fucile, uscì dall’auto e girò intorno al granaio finché non pensò di aver trovato una linea di tiro protetta sull’entrata del castello. Purtroppo il punto di osservazione non si rivelò poi così sicuro, perché dai bastioni arrivò una nuova raffica, che sbreccò il muro proprio alla sua destra. Per fortuna, a Marcus bastò mirare al bastione e il pallettone fece il resto, spaccando le merlature e costringendo l’uomo a nascondersi.
Marcus cominciò a correre.
Riuscì a raggiungere il maestoso portone d’ingresso, sormontato da ornamenti in ferro battuto, senza che nessuno gli sparasse. Caricò un altro pallettone, con un movimento che era un’agonia per la sua spalla ferita.
Il portone si socchiuse.
Ne emerse la canna di un fucile, poi un braccio, quindi una spalla.
Marcus sperava d’intravedere una zazzera di capelli biondi, invece l’uomo era moro.
Premette il grilletto, e il moro divenne rosso.
Ricaricò l’arma con una smorfia di dolore e oltrepassò il cadavere.
Con la coda dell’occhio, gli sembrò di vedere una figura minacciosa in agguato, ma si rivelò un’armatura che brandiva una lancia. La luce del pomeriggio era abbagliante e gli ci volle un po’ per abituarsi all’oscurità dell’interno. A destra e a sinistra si aprivano ampi saloni fiocamente illuminati, mentre davanti a lui c’era una rampa di scale.
Sentì una voce conosciuta: «Adesso scendo al pianterreno, signor Handler. Non sono armato. Gradirei quindi che non mi sparasse. Mi vuole sparare?»
«Lasci andare le bambine e nessun altro si farà male.»
Ferrol apparve in cima alle scale con le mani in alto. Marcus rimase sconcertato dalla calma che mostrò il dottore di fronte al sangue che imbrattava il pavimento e al fucile puntato contro di lui. A meno che non fosse sua abitudine portare un giubbotto antiproiettile in casa, aveva avuto un sangue freddo tale da prepararsi per accogliere l’ospite non appena avevano dato l’allarme.
Scese un altro paio di gradini. «La prego di mettere giù l’arma. Vuole un caffè? Potremmo sederci a parlare con calma. Potrebbe scoprire di essere interessato a quello che ho da dire.»
La stanza a sinistra sembrava una biblioteca.
Marcus colse un movimento e gridò: «Dica all’uomo alla mia sinistra che ha tre secondi per gettare l’arma o le sparo».
«Tu, nella biblioteca! Fai come dice», tuonò Ferrol.
Una pistola scivolò sul pavimento.
«Non sparare!» gridò ancora Ferrol.
Marcus stava per dirgli che non ne aveva nessuna intenzione, ma non ce l’aveva con lui.
Parlava col biondo che centrò Marcus alla testa.
L’attimo prima era nero pece, l’attimo dopo bianco abbacinante. Ovunque girasse la testa, tutto era limpido e luminoso.
Cercò di concentrarsi, nonostante il dolore peggiore che avesse mai avvertito. Quando tentò di chiudere l’occhio destro, l’agonia peggiorò e il bianco non svanì. Quando chiuse il sinistro, tornò il buio. Confuso, cercò di toccarsi il viso, ma le braccia erano bloccate lungo i fianchi.
La voce che sentì era la sua, ma era così secca e flebile che non la riconobbe. «Aiuto.»
Un visino apparve sopra di lui.
E poi un altro.
«Zio Marcus!»
«Sono vivo?» si sentì chiedere.
«Che domanda sciocca», disse Victoria.
«Sei venuto a salvarci?» domandò Elizabeth.
«Se è così, non sono stato molto bravo. Dove sono?»
«Non lo sai?» si stupì Victoria.
«Non me lo ricordo.»
«Sei con noi sull’astronave.»