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Stringo più forte le mani di Marina e Nove, sperando di dissuaderli dal rispondere a Cinque rivelando così la nostra posizione. Non sono ancora pronta a rinunciare al nostro unico vantaggio, l’invisibilità. Per fortuna riescono entrambi a controllarsi, e le parole di Cinque restano senza risposta.

«So che non mi crederete», continua Cinque. «Ma nessuno sarebbe dovuto morire.» Il suo sguardo implorante è ancora puntato dritto su di noi.

Inizio lentamente a far spostare gli altri di lato. Ci muoviamo pochi centimetri alla volta, senza fare rumore, attenti a non intralciarci. Gradualmente usciamo dal campo visivo di Cinque e ci posizioniamo al suo fianco. Ora Cinque guarda davvero nel vuoto e aspetta invano una risposta.

Poi sbuffa e si gira. Come se non ci avesse mai rivolto la parola, inizia invece a parlare direttamente al corpo di Otto. «Non avresti dovuto tuffarti davanti a Nove», lo rimprovera, e sembra quasi dispiaciuto. «Sarà anche stato un gesto eroico, e per questo ti ammiro, ma non ne valeva la pena. I Mogadorian vinceranno lo stesso. Un ragazzo intelligente come te avrebbe imparato a stare al proprio posto. Potevi aiutarci nella ricostruzione e nell’unificazione. Nove invece... è troppo stupido per accorgersi che ha perso. Non è utile a nessuno.»

Sento tendere i muscoli nel braccio di Nove, che tuttavia per ora resiste alla tentazione di scagliarsi contro Cinque. Bene, sta imparando. O forse anche lui, come me, è sconcertato da ciò che sente, da Cinque che blatera fingendo di non sapere che noi siamo lì.

Cinque posa delicatamente la mano sulla spalla di Otto. La manica dell’uniforme si solleva, mostrando la fondina di cuoio legata al braccio, quella che contiene il sottile pugnale a molla che ha ucciso il nostro amico. «Mi ha detto...» Gli s’incrina leggermente la voce mentre continua a rivolgersi a Otto. «Mi ha detto che avrei avuto una possibilità di convincervi a venire con noi. Nessuno si sarebbe fatto male, se solo voi aveste accettato il progresso mogadorian. In passato ha mantenuto le promesse: io stesso ne sono la riprova. Quando l’incantesimo si è spezzato, lui avrebbe potuto uccidermi, ma non l’ha fatto.»

Immagino che stia parlando di Setrákus Ra, di un accordo che ha stretto con lui. Gira intorno al tavolo, dandoci le spalle. Marina fa un passo verso di lui, ma non le permetto di proseguire. Non so perché Cinque sia così loquace, ma non può non sapere che siamo qui. Non so se sia una trappola, un’esca o chissà cos’altro. Ma voglio ascoltare.

«Non mi aspettavo che ti avessero fatto un tale lavaggio del cervello», riprende Cinque, chino sul corpo di Otto. «Che tu vedessi tutto in bianco e nero, eroi contro cattivi.» Solleva il ciondolo di Otto, stringe il gioiello nel pugno. Attiva la propria Eredità – Externa, l’ha chiamata –, che gli permette di far assumere alla pelle le caratteristiche di ogni sostanza che tocca. Vediamo il suo corpo rilucere per un istante dell’azzurro della loralite. Poi Cinque lascia andare il ciondolo, con un sospiro. La sua pelle riacquista il colore normale. «Ma d’altronde forse sono io a essere stato plagiato, no? Non è quello che mi avete detto?» Ride a bassa voce, poi si sistema attentamente la benda sopra l’occhio ferito. «Ti riempiono la testa di questa merda: gli Antenati, il Grande Libro, tutte quelle regole su chi dovremmo essere... Ma a me non importa niente di quella roba. Cerco soltanto di sopravvivere.»

Sento la mano di Nove sudare nella mia; si sta sforzando di non scagliarsi all’attacco. Intanto Marina ha smesso d’irradiare il gelo di poco fa, probabilmente perché la scena cui stiamo assistendo è così assurda e pietosa. Se quel discorso – chiaramente pronunciato a nostro beneficio – ha rivelato qualcosa, è che Cinque è sulla buona strada per la pazzia.

Spazza via delicatamente un bruscolino dalla fronte di Otto e poi scrolla la testa. «Comunque, il punto è: mi dispiace, Otto.» Ancora quel suo tono da saputello, ma stavolta percorso da una vena di sincerità. «So che non significa niente. Sarò un codardo, un traditore, un assassino per il resto della vita. Questo non cambierà. Ma devi saperlo: vorrei che le cose fossero andate diversamente.»

Dietro di noi, qualcuno si schiarisce la voce. Eravamo tutti così concentrati sul folle monologo di Cinque che non l’abbiamo sentito entrare. L’ufficiale mogadorian sta diritto come un fuso e scruta Cinque con perplessità. Guardandolo lì in piedi pronto a fare rapporto, mi viene il sospetto che quel Mogadorian prenda ordini da Cinque. Se è così, la cosa sembra disgustarlo parecchio.

«Abbiamo finito di caricare la nave», dice l’ufficiale.

Cinque resta in silenzio per un lungo, imbarazzante momento. È ancora chino sul corpo di Otto, fa lunghi respiri. Ho il timore che quel suo strano gioco sia finito e che ora stia pensando di dare l’allarme.

L’ufficiale mogadorian non riesce a nascondere l’irritazione suscitata dal silenzio di Cinque. «Una delle squadre di caccia non è tornata», prosegue. «E i meccanici non riescono a far funzionare uno dei velivoli da ricognizione.»

Cinque sospira. «Non fa niente, li lasceremo indietro.»

«Sì, questi sono stati i miei ordini», replica l’ufficiale, rivendicando non troppo velatamente la propria autorità. «Sei pronto a partire?»

Cinque alza lo sguardo, con una scintilla malevola nell’occhio sano. «Sì, andiamocene.» Raggiunge le porte dell’hangar a passo lento e con aria strafottente.

Noi tre restiamo a guardare tutta la scena, in silenzio.

L’ufficiale inarca un sopracciglio, senza farsi da parte per lasciar passare Cinque. «Non dimentichi qualcosa?»

Cinque si gratta la testa. «Cosa?»

«Il corpo», precisa l’ufficiale. «I tuoi ordini erano di portare via con noi il corpo del Loric. E il ciondolo.»

«Ah, quello», ribatte Cinque, e si volta a guardare il tavolo di metallo dove giace Otto. «Il corpo è andato, capitano. I Garde devono essersi intrufolati qui e averlo rubato. È l’unica spiegazione possibile.»

L’ufficiale mogadorian resta spiazzato. Allunga il collo con un gesto plateale per guardare alle spalle di Cinque: il corpo di Otto è ben visibile sul tavolo. «È uno scherzo, Loric?» sibila. «Oppure ti sei accecato anche l’altro occhio? Il Garde è lì.»

Cinque lo ignora, scrolla la testa e fa schioccare la lingua. «Ed è successo mentre eri di guardia tu», dice. «Ti sei fatto rubare da sotto il naso una risorsa bellica. Questa è alto tradimento, amico mio. E sai bene qual è la pena prevista per l’alto tradimento.»

Il Mogadorian apre la bocca per protestare. Viene interrotto da uno stridore metallico: la lama di Cinque che esce da sotto la manica. Senza esitare, Cinque affonda la lama sotto il mento dell’ufficiale e dritta nel cervello.

Prima che il Mog inizi a disintegrarsi, sul suo volto si dipinge lo stupore. Cinque resta immobile mentre l’ufficiale viene ridotto in cenere. Si disintegra più lentamente dei tanti altri Mog che ho visto morire, e alla fine dall’uniforme stropicciata spuntano ossa affilate. Cinque fa rientrare la lama nel meccanismo sull’avambraccio e scalcia via dalla soglia i resti dell’ufficiale. Poi si spazzola accuratamente i vestiti con le mani e si sistema la giacca.

Dal punto in cui ci troviamo lo vediamo di profilo, dal lato dell’occhio bendato, quindi non è facile interpretare la sua espressione.

«Buona fortuna», dice. Poi esce dalla porta dell’hangar e se la richiude alle spalle.

Nessuno parla e nessuno si muove per circa un minuto: abbiamo tutti un po’ paura che uno squadrone di Mog faccia irruzione da un momento all’altro.

Alla fine Nove stacca la mano dalla mia e torna nel mondo visibile. «Che cazzo è successo?» sbotta. «Quel ragazzino vuole farsi perdonare, o è soltanto un idiota?»

«Non importa», dico. «Abbiamo Otto, è questo l’importante. A Cinque penseremo un’altra volta.»

«È solo e sperduto», dice piano Marina, lasciandomi andare la mano. Vede che me la massaggio per scaldarla e aggrotta la fronte. «Scusa, Sei.»

La zittisco con un cenno: non è il momento di parlare del controllo esercitato da Marina sulle proprie Eredità. Raggiungo in punta di piedi la porta dell’hangar e la socchiudo, appena in tempo per vedere Cinque salire sulla rampa ed entrare nell’astronave, ultimo uomo a bordo: subito dopo, la rampa rientra nella stiva e l’enorme nave inizia a prendere quota. I motori ronzano pianissimo, a un volume così basso da sembrare impossibile per un veicolo di quelle dimensioni. Una volta raggiunta una certa altitudine, l’immagine dell’astronave inizia a tremolare e fatico a distinguere i suoi contorni dalle nubi viola. Enorme, silenziosa ed equipaggiata con tecnologie di occultamento: come possiamo vincere contro una cosa del genere?

«Sembra quasi che ti dispiaccia per lui», dice Nove a Marina.

«Non è vero», ribatte lei, ma sento un’ombra di dubbio nella sua voce, qualche crepa nella corazza. «Io... Gli hai visto l’occhio?»

«Ho visto un buco nella testa coperto da un cerotto», risponde Nove. «Se l’è meritato ampiamente.»

«Pensi che Otto avrebbe voluto una cosa del genere?» domando, e me lo chiedo davvero. «È morto perché cercava d’impedire che ci ammazzassimo a vicenda.»

Quando l’astronave da guerra svanisce alla vista, mi giro a guardare gli altri.

Nove si morde il labbro e guarda a terra, riflettendo sulle mie parole.

Marina si è seduta accanto a Otto, sulla sedia prima occupata da Cinque. Tocca con cautela gli elettrodi e passa le dita nel campo energetico, ma non succede nulla. Gli accarezza i riccioli. Ha di nuovo gli occhi lucidi, ma trattiene le lacrime. «Sapevo che ti avrei trovato», sussurra. «Scusami se ti ho abbandonato.»

La raggiungo al tavolo e guardo Otto. Forse è solo la mia immaginazione, ma mi sembra di vedergli un accenno di sorriso. «Mi sarebbe piaciuto conoscerti meglio», gli dico, posandogli una mano sulla spalla. «Avrei voluto che le nostre vite fossero diverse.»

Nove esita, ma alla fine ci raggiunge al tavolo, piazzandosi accanto a Marina. All’inizio evita di guardare direttamente il corpo di Otto, ma stringe le labbra; i muscoli del collo gli guizzano come se stesse sollevando qualcosa di pesante. Capisco che si vergogna. Alzare gli occhi sembra richiedergli molto sforzo, ma dopo un momento riesce a guardare Otto. Immediatamente allunga le mani per tirare un po’ più su la lampo della sacca, per nascondere la ferita. «Oh, accidenti», dice a bassa voce. «Mi dispiace per...» Scrolla la testa, si passa una mano tra i capelli. «Insomma, grazie di avermi salvato la vita. Cinque aveva ragione, be’... probabilmente non avresti dovuto. Se solo io avessi tenuto la bocca chiusa, forse ora saresti ancora... merda, mi dispiace, Otto. Mi dispiace tanto.» Nove fa un respiro affannoso, è chiaro che sta trattenendo le lacrime.

Marina gli posa una mano sulla schiena e si appoggia a lui. «Ti perdonerebbe», dice piano, e soggiunge: «Io ti perdono».

Nove la cinge con un braccio e la stringe a sé, con tanta forza da farla strillare. Le affonda il viso tra i capelli, per nascondere le lacrime.

Ho la testa sempre piena di pensieri – mi domando che ne è di John, Sam e gli altri, mi preoccupo di come li ritroveremo, se sono ancora vivi e liberi – ma vedere Marina e Nove che iniziano a riconciliarsi mi dà speranza. Siamo un popolo forte. Possiamo superare tutto.

«Dobbiamo andarcene», dico piano. Mi dispiace interrompere quel momento, ma so che è necessario. Tiro su la lampo della sacca.

Nove lascia andare Marina, si china e, con delicatezza, prende in braccio il corpo di Otto.

Proprio mentre ci voltiamo verso la porta dell’hangar, la sentiamo aprirsi. Mi ero completamente dimenticata dei Mog che stavano lavorando sulla navicella da ricognizione. Sono sulla soglia, stanno spingendo nell’hangar il velivolo in panne. Sembrano sorpresi quanto noi nel vederci.

Prima che possiamo fare alcunché, sentiamo un cigolio metallico provenire dalla navicella. Il lato rivolto verso di noi si solleva e appare una torretta da cui fuoriesce un cannone. Dentro dev’esserci un Mog.

«State giù!» grida Nove.

Non ci sono nascondigli in quell’hangar vuoto, a parte il tavolo di metallo, ed è troppo tardi per renderci invisibili. Marina rovescia il tavolo, Nove si accovaccia col corpo di Otto ancora tra le braccia e io mi tuffo di lato, sperando di fare abbastanza in fretta, mentre il cannone apre il fuoco.