Se avessi avuto tempo per rifletterci, probabilmente non ci sarei riuscito.
C’è un millimetro di spazio tra la tempia di Bud Sanderson e l’estremità della canna della pistola. È in quel millimetro che riesco con la telecinesi a fermare il proiettile. Lo sforzo mi strappa un grugnito. Ogni muscolo del mio corpo si tende; stringo i pugni e arriccio le dita dei piedi. È come se mi fossi tuffato con tutto me stesso per fermare quella pallottola.
Non mi capacito di avercela fatta. Non avevo mai usato i poteri con tanta precisione.
Sulla tempia di Sanderson si forma un’ustione a forma di anello, come il bordo della canna dell’arma, ma per il resto la sua testa è intatta.
Soltanto quando lo sparo smette di rintronare nell’aria il segretario della Difesa si rende conto che non è riuscito a suicidarsi. Mi guarda battendo le palpebre sugli occhi chiari, senza capire bene perché sia ancora vivo. «Come...?»
Prima che Sanderson possa premere di nuovo il grilletto, Nove scatta in avanti e con uno schiaffo sul polso gli fa cadere la pistola di mano. Espiro molto lentamente e permetto ai muscoli di rilassarsi.
«Non è giusto», dice Sanderson, in tono accusatorio. Gli trema il labbro inferiore, si massaggia il polso dove Nove l’ha colpito. «Lasciatemi morire.»
«Sì, perché l’avete fermato?» interviene Walker. «Ci avrebbe risolto tutti i problemi.»
«Non avrebbe risolto niente», dico, scoccandole un’occhiataccia mentre lascio ricadere il proiettile sul letto sfatto.
«Ha ragione lui», dice Sanderson a Walker, incurvando le spalle. «Uccidermi non cambierà nulla. Ma tenermi in vita è una crudeltà pura e semplice.»
«Non decidi tu quando chiamarti fuori, vecchio», gli dico. «Quando vinceremo questa guerra, lasceremo decidere al popolo della Terra cosa farsene dei traditori.»
Sanderson fa una risata amara. «Ah, l’ottimismo della gioventù.»
Mi accovaccio per guardarlo in volto. «Sei ancora in tempo per redimerti. Per renderti utile.»
Sanderson alza un sopracciglio e sembra mettermi un po’ più a fuoco. Ma poi gli si affloscia di nuovo il lato destro della bocca e deve asciugarsi un filo di bava con la manica dell’accappatoio. Distoglie lo sguardo con aria sconfitta. «No, non penso proprio.»
Nove sospira annoiato e raccoglie il kit di siringhe posato accanto al segretario. Esamina per un momento il fluido nero all’interno e poi le sventola davanti alla faccia di Sanderson. «Cos’è questa merda che ti danno? È in cambio di questa che hai barattato il pianeta?»
Sanderson guarda le fiale con desiderio ma poi le spinge via debolmente. «Mi hanno curato. Anzi di più: mi hanno ringiovanito.»
«E guardati adesso. Fresco come una rosa, eh?»
«Il loro leader è in vita da secoli», ribatte Sanderson. «Ce l’ha promesso. Ci ha promesso l’immortalità e il potere.»
«Ha mentito.»
Sanderson abbassa lo sguardo. «Sì.»
«Patetico», commenta Walker, ma senza più cattiveria nella voce. Anche lei, come me, si aspettava un Sanderson più malvagio. Forse in passato era il burattinaio di una congiura internazionale a sostegno dei Mog, ma ormai il progresso mogadorian lo ha ridotto l’ombra di se stesso.
Questo non è il momento decisivo in cui Walker sperava. Temo che abbiamo sprecato il poco tempo che avevamo.
Sanderson ignora gli altri e si rivolge direttamente a me: non so perché, forse perché l’ho costretto a continuare a vivere. «Le meraviglie che ci hanno offerto... non capisci? Pensavo di dare il via a un’età dell’oro per l’umanità. Come potevo dire di no? Dire di no a lui?»
«E ora devi continuare a prendere quella roba, giusto?» Guardo le siringhe che presumo contengano qualcosa di simile all’innaturale intruglio genetico che i Mog usano per allevare i soldati usa e getta. «Se smetti, ti dissolverai come uno di loro.»
«Tanto ormai è vecchio abbastanza per ridursi in polvere», borbotta Nove.
«Sono passati due giorni, e guardatemi...» Sanderson sembra una lumaca sciolta dal sale. «Mi hanno usato. Continuavano a offrirmi trattamenti in cambio di favori. Ma voi mi avete liberato. Ora posso finalmente morire.»
«Al diavolo, questo qui è una causa persa!» esclama Nove. «Dobbiamo trovare un altro sistema.»
Inizio a perdere le speranze, ora che la pista di Walker sul segretario della Difesa ha fruttato solo un vecchio con un piede nella fossa anziché aiutarci a scongiurare l’imminente invasione dei Mogadorian. Ma non sono ancora pronto ad arrendermi. Questo relitto umano seduto di fronte a me era un uomo potente: anzi lo è ancora, dato che i Mog gli hanno fornito una scorta. Dev’esserci un modo per farlo guarire, per farlo tornare a combattere.
Una strana miscela di disperazione e intuito mi spinge ad attivare il Lumen. Non all’intensità necessaria per produrre il fuoco, ma solo per far uscire dalla mano un raggio di luce pura.
Sanderson sgrana gli occhi e si tira indietro sul letto.
«Te l’ho già detto, non voglio farti del male», dico, piegandomi verso di lui. Illumino il lato paralizzato e cadente del suo viso, per valutare bene la situazione: la pelle è grigiastra e sembra quasi morta, ed è percorsa da sottili venature color cenere. Le particelle scure sotto la pelle sembrano rifuggire dal Lumen, come se cercassero di rifugiarsi più in profondità. «Posso guarirti», dico con convinzione. Non so se è vero, ma devo provarci.
«Tu... tu puoi rimediare a quello che mi hanno fatto?» chiede Sanderson, con una nota di speranza nella voce roca.
«Posso riportarti a com’eri prima. Non meglio, come ti hanno promesso. Non più giovane. Solo... come dovresti essere.»
«I vecchi invecchiano», interviene Nove. «Bisogna farsene una ragione.»
Sanderson mi guarda scettico. Le mie parole devono suonargli come quelle dei Mogadorian anni fa, quando lo hanno convinto a schierarsi con loro. «Cosa vuoi in cambio?» chiede, come se desse per scontato un prezzo alto.
«Niente», rispondo. «Puoi riprovare ad ammazzarti, per quello che me ne importa. O magari puoi trovare quello che resta della tua coscienza e fare la cosa giusta. Dipende da te.» Gli premo il palmo della mano sulla guancia.
Rabbrividisce quando sente scorrere in corpo l’energia calda della mia Eredità di guarigione.
Normalmente percepisco la ferita che si rimargina da sola, sento le cellule che si rigenerano sotto le mie dita. Con Sanderson invece sento una forza che si oppone alla mia Eredità, come se tra le cellule ci fossero interstizi bui in cui la mia luce sprofonda e si estingue lentamente. Sento che Sanderson sta guarendo, ma molto lentamente: e devo concentrarmi molto più del solito.
A un certo punto qualcosa freme e scoppietta sotto la sua pelle, una delle vene scure diventa bollente. Sanderson si ritrae di scatto dalle mie mani.
«Ti fa male?» chiedo, con la mano ancora accanto al suo viso.
«No... no, anzi mi sento meglio. Più... pulito. Continua.»
Continuo. Sento il fluido mogadorian rifugiarsi più a fondo, ritrarsi dal mio potere. Intensifico l’energia, inseguo il fluido nelle vene di Sanderson. Mi accorgo di strizzare gli occhi per lo sforzo e di avere la schiena madida di sudore freddo. Sono così concentrato nella lotta contro l’oscurità che percepisco in Sanderson, che devo avere perso la cognizione del tempo o essere sprofondato in una specie di trance.
Quando finalmente termino il lavoro, barcollo all’indietro e mi tremano le gambe; vado a sbattere contro Sam. Non mi ero neppure accorto che fosse salito quassù. Ha in mano un telefono – l’ha rubato alla passante che abbiamo fatto cadere? – con cui sta filmando la guarigione.
Si ferma quando vado a sbattere contro di lui. «È stato fantastico! Luccicavi, davvero. Ti senti bene?»
Mi tiro in piedi con un certo sforzo; non voglio mostrarmi debole davanti a Walker e a Sanderson, anche se mi sento esausto. «Sì, sto bene.»
Vedo Walker guardarmi con la stessa meraviglia con cui mi guardava il suo autista quando gli ho curato la ferita al collo.
Sanderson, ancora seduto davanti a me, sembra sull’orlo delle lacrime. Le venature nere che aveva sotto la pelle sono scomparse; il viso non è più cadente, i muscoli non sono atrofizzati. È ancora un vecchio pieno di rughe, ma sembra un vecchio vero, non uno cui sia stata lentamente risucchiata via la vita. Sembra di nuovo umano. «Grazie», mi dice, in un sussurro.
Nove viene a controllare che io stia bene, poi si gira verso Sanderson e fa uno sbuffo di derisione. «Tutto questo non sarà servito a niente, nonno, se permetti a quei pallidi stronzi di mettere piede sulla Terra.»
«Mi vergogno di ciò che ho fatto, di ciò che ero diventato...» Sanderson ha uno sguardo supplicante e confuso. «Ma non capisco cosa vogliate che faccia. Come potrei fermarli?»
«Non ci aspettiamo che tu li fermi. Devi solo rallentarli. Devi aizzare la gente contro di loro», dico. «Domani, quando terrai il discorso all’ONU, devi dire chiaramente che la flotta mogadorian non può avere il permesso di atterrare su questo pianeta.»
Sanderson mi guarda confuso, poi sposta lentamente lo sguardo su Walker. «È questo che ti ha detto la tua talpa? È questo che pensi succederà domani?»
«So perfettamente cosa succederà», replica Walker, in tono non meno velenoso anche ora che Sanderson sembra schierato dalla nostra parte. «Tu e gli altri leader che i Mog hanno corrotto salirete sul palco e convincerete il mondo che dobbiamo convivere in pace.»
«Che in pratica significa arrenderci», precisa Nove.
«Sì, tutto ciò è in programma per domani, ma avete confuso l’ordine degli eventi», dichiara Sanderson, e fa una risata cupa. «Secondo voi, io terrò un discorso e poi il loro Benevolo Condottiero farà atterrare le astronavi? Pensate che gli importi qualcosa dei lenti ingranaggi della politica umana? Non sta aspettando il permesso di nessuno. L’Assemblea generale dell’ONU si riunirà per salvare vite umane, per tranquillizzare la popolazione spaventata, perché una resistenza militare non ha speranze contro quei...» Gesticola animatamente in direzione della porta, verso il televisore ancora acceso nell’altra stanza.
Lentamente, l’uno dopo l’altro ci giriamo e usciamo dalla camera da letto per andare nel salotto della suite, attirati dal volto cinereo di un’annunciatrice della TV via cavo che, balbettando incredula, cerca di spiegare che nel cielo di varie grandi città sono apparsi gli UFO. Il segnale è disturbato, come se qualcuno stesse provocando interferenze di proposito.
«Apprendiamo ora che le astronavi sono state avvistate anche all’estero, in città come Londra, Parigi e Shanghai», dice la giornalista leggendo dal teleprompter, con gli occhi sbarrati. «Se vi siete appena sintonizzati, sta succedendo qualcosa che è letteralmente fuori dal mondo: astronavi di origine aliena sono apparse nel cielo di Los Angeles, Washington...»
«Sta succedendo», mormora Sam, sgomento, guardandomi come in cerca di sostegno. «Le astronavi da guerra stanno atterrando. Passano all’azione.»
Non so cosa dirgli. Sullo schermo appaiono le immagini sgranate di un’enorme astronave mogadorian che si fa strada fra le nubi sopra Los Angeles. Le mie paure peggiori si stanno avverando. La flotta mogadorian discende lentamente verso una Terra orribilmente impreparata. Proprio com’è successo a Lorien.
«Ho cercato di dirvelo.» È la voce di Sanderson, dall’altra stanza. «È troppo tardi. Hanno già vinto. Possiamo solo arrenderci.»