Gli occhi di Otto, braci lucenti di loralite pura, ci fissano. Indugiano più a lungo su Adam: così a lungo che il nostro alleato mogadorian fa un passo indietro con aria nervosa. Io e Marina restiamo immobili a fissare il nostro amico risvegliato a una specie di vita.
Otto resta sospeso sopra il pozzo del Santuario, in una colonna di energia. No, anzi, non si limita a restare sospeso: l’energia è parte di lui. Sono praticamente certa che non sia il nostro amico spiritoso e goffo quello che galleggia lassù. Ma, qualsiasi cosa sia, avverto con quell’entità uno strano legame, come se la stessa energia che ha rianimato Otto scorresse anche dentro di me. È la stessa sensazione che provo quando uso le mie Eredità. Forse sto guardando l’essenza di ciò che mi rende una Loric, ciò che fa di me una Garde. Forse sto guardando Lorien.
«Due Loric e un Mogadorian», dice l’entità dopo averci scrutati a lungo. La sua voce non somiglia affatto a quella di Otto: sono cento voci che parlano all’unisono, perfettamente sincronizzate. I lampi di energia emanati da quelli che erano gli occhi di Otto si posano di nuovo su Adam, le labbra si serrano in un’espressione incuriosita. «Ma non del tutto. Tu sei qualcosa di diverso. Qualcosa di nuovo.»
«Be’, grazie», mormora Adam, e fa un altro passo indietro.
Marina si schiarisce la voce e si avvicina al pozzo. Ha le lacrime agli occhi. Distende le braccia davanti a sé, come se volesse prendere per mano l’entità e assicurarsi che esista davvero. «Otto, sei tu?» La sua voce è appena avvertibile, sopra la pulsazione ritmata che rintrona ancora da dentro il pozzo.
L’entità volge lo sguardo su Marina e si rabbuia. «No, mi dispiace, figliola. Il tuo amico se n’è andato.»
Marina incurva le spalle, delusa. L’entità che abita il corpo di Otto allunga una mano per confortarla, ma la ritrae quando una scarica di energia crepita tra loro. «Adesso lui è con me», dice, in tono rassicurante. «Mi è di grande aiuto, perché mi permette di parlare attraverso di lui. Da molto tempo non avevo più una voce.»
«Sei Lorien?» riesco finalmente a chiedere. «Sei... il pianeta?»
L’entità sembra riflettere sulla mia domanda. Attraverso la stoffa sottile della maglietta di Otto vedo che la ferita inizia a brillare di luce azzurra: tutto il corpo trabocca di quell’energia. «Un tempo mi chiamavo così, sì.» Indica le incisioni che sfavillano sulle pareti. «Altrove portavo altri nomi. E oggi, su questo pianeta, avrò un nome nuovo.»
«Sei un dio», mormora Marina.
«No. Semplicemente, sono.»
Scrollo la testa. Qualsiasi cosa sia, deve aiutarci. Non abbiamo tempo per gli indovinelli. All’improvviso mi sento stanca, non ne posso più di pitture rupestri e profezie e gente che luccica. «Sai cosa sta succedendo?» chiedo a Otto... a Lorien... a chiunque sia. «I Mogadorian ci stanno invadendo.»
Gli occhi dell’entità si posano ancora su Adam. «Non tutti, vedo.»
Adam sembra a disagio.
L’entità distoglie rapidamente lo sguardo e lo sposta sul soffitto. Sembra che quegli occhi luminosi riescano a vedere fuori dal tempio, che riescano a vedere tutto. «Sì. Stanno arrivando», dice, e sembra quasi divertita dall’imminente invasione dei Mogadorian. «Il loro capo mi dà la caccia da molto tempo. I vostri Antenati hanno previsto la caduta di Lorien e hanno scelto di proteggermi. Mi hanno nascosto qui sperando di ostacolare i suoi piani.»
«Non ci sono riusciti benissimo», ribatto.
Marina mi dà di gomito.
Per un momento, sul volto dell’entità si dipinge una profonda tristezza. «Tanti dei miei figli sono scomparsi per sempre», continua, in tono amaro. «Immagino che ora siate voi gli Antenati loric.»
«Siamo Garde», dico, correggendo quell’energia divina e millenaria. Non c’è più tempo da perdere. «Siamo venuti a chiederti aiuto.»
«Antenati, Garde, Cêpan... questi sono i nomi con cui i Loric hanno scelto di chiamare i miei doni. Non è necessario che sia così anche in questo luogo. Non è necessario che sia alcunché.» L’entità fa una pausa di riflessione. «Quanto all’aiuto, non so cosa posso offrirvi, bambina.»
Altra confusione, altri indovinelli. Non pensavo certo che venendo al Santuario avremmo scatenato una forza potentissima capace di spazzare via tutti i Mogadorian, come ironizzava Nove; ma mi aspettavo almeno di trovare qualcosa che potesse aiutarci. I nostri amici sono in pericolo di vita, l’invasione mogadorian sta iniziando, e io sono quaggiù a chiacchierare con un’entità immortale che parla per enigmi.
«Non è abbastanza.» Scoraggiata, faccio un passo verso l’entità. Sento fremere l’energia intorno a me. L’elettricità statica mi fa rizzare i capelli.
«Sei, sta’ attenta», sussurra Adam.
Ignoro il suo avvertimento. «Siamo venuti fin qui per risvegliarti, abbiamo perso i nostri amici! Devi fare qualcosa!» grido all’onnipotente Lorien. «Oppure ti sta bene che Setrákus Ra marci su questo pianeta e lo distrugga? Che uccida tutti i terrestri? Hai intenzione di lasciar accadere una cosa del genere per la seconda volta?»
Il volto di Otto aggrotta le sopracciglia. Uno squarcio si apre sulla sua fronte e inizia a emanare energia. Marina si copre la bocca e soffoca un grido. Sembra che il corpo di Otto sia cavo all’interno, che l’energia lo stia lentamente sgretolando.
«Mi dispiace, figliola», dice l’entità a Marina. «Questo involucro non potrà contenermi a lungo.» Poi torna a voltarsi verso di me. Non dà segno che le mie parole l’abbiano offesa, o che abbiano sortito un qualunque effetto su di lei. La sua voce è ancora melodiosa e paziente: «Non approvo la distruzione ingiustificata della vita, ma non stabilisco io i destini. Non giudico. Se la volontà dell’universo è che io cessi di essere, allora cesserò. Esisto soltanto per elargire i miei doni a chi è disposto a riceverli».
«Io sono disposta a riceverli.» Allargo le braccia. «Riempimi di doni. Dammi le Eredità di cui ho bisogno per distruggere Setrákus Ra e la sua flotta, e ti prometto che lascerò in pace le tue chiappe luccicanti.»
L’entità sorride. Altre crepe si formano lungo il dorso delle mani di Otto: l’energia sta fuoriuscendo. «Non è così che funziona.»
«E allora come cavolo funziona?» grido. «Dicci cosa dobbiamo fare!»
«Non resta niente da fare, figliola. Mi avete risvegliato e mi avete infuso nuova forza. Ora appartengo alla Terra, e così i miei doni.»
«Ma in che modo questo ci aiuterà a vincere? A cos’è servito tutto quanto?»
L’entità m’ignora. Immagino che non abbia altre perle di saggezza da condividere. Guarda Marina e le dice: «Non gli resta molto, figliola».
«A chi?» domanda lei. Ma credo che abbia capito.
Senza un’altra parola, l’entità chiude gli occhi. Il corpo di Otto inizia a tremare, l’energia lo abbandona. Le crepe sul dorso delle mani smettono di brillare e si richiudono, così come quella che gli si era aperta sulla fronte. Dopo qualche secondo, l’unica parte che brilla è la ferita in corrispondenza del cuore.
Il corpo fuoriesce dalla colonna di energia e si ferma davanti a Marina. Apre gli occhi: non luccicano più. Sono verdi com’erano prima: sereni, ma con una scintilla della sua inconfondibile presenza di spirito. Quando vede Marina, incurva lentamente le labbra in un sorriso. «Ehi, ciao», dice con la sua voce, la voce di Otto.
È lui. È davvero lui.
Marina singhiozza per la gioia e si piega quasi in due. Ma si ricompone subito, e prende Otto prima per le spalle e poi per le guance. Lo tira a sé. «Sei caldo», mormora, meravigliata. «Sei così caldo.»
Otto scoppia a ridere, prende la mano di Marina e la bacia delicatamente. «Sei calda anche tu.»
«Mi dispiace tanto, Otto. Mi dispiace di non essere riuscita a curarti.»
Otto scrolla la testa. «Marina, non fa niente. Mi hai portato qui. È... non riesco neppure a descriverlo. È fantastico lì dentro.»
Vedo già l’energia spandersi dal cuore di Otto verso l’esterno. Gli invade tutto il corpo, gli apre squarci su braccia e gambe. Ma non sembra fargli del male. Otto sorride a Marina e la guarda come se volesse memorizzarne il viso.
«Posso baciarti?» gli chiede lei.
«Mi piacerebbe molto.»
Marina lo abbraccia stretto, lo bacia.
E l’energia abbandona Otto. Lentamente, il corpo inizia a disfarsi.
È diverso dal modo in cui si disintegrano i Mogadorian. È come se, per un attimo, riuscissimo a vedere ogni cellula del corpo di Otto e l’energia proveniente dal pozzo rilucere tra una cellula e l’altra. L’uno dopo l’altro quei pezzi si dissolvono e Otto diventa tutt’uno con la luce. Marina cerca di restargli aggrappata, ma le sue dita stringono solo l’energia.
Se n’è andato. La luce rifluisce nel pozzo e rientra sottoterra. Il battito del cuore si abbassa di volume: lo sento ancora, ma solo se tendo l’orecchio. Nella sala tornano il silenzio e il buio, tranne per le incisioni luminescenti alle pareti. Sento una folata d’aria fresca sulla schiena e, voltandomi, vedo che sulla parete si è aperta una porta che conduce a una scala, in cima alla quale si vede la luce del sole.
Marina si accascia contro di me, scossa dai singhiozzi. L’abbraccio e mi sforzo di non piangere anch’io.
Adam cerca di non fissarci troppo e si asciuga l’angolo di un occhio. «Dobbiamo andare. Gli altri hanno bisogno del nostro aiuto.»
Annuisco. Mi domando se abbiamo combinato qualcosa di utile quaggiù. È stato bellissimo rivedere Otto, anche se per pochi minuti. Ma la mia conversazione con l’entità cosmica che ci assegna le Eredità non mi ha fornito molte risposte. E nel frattempo manca poco all’invasione dei Mogadorian, se già non è iniziata.
Marina mi stringe il braccio. «L’ho vista, Sei», mi sussurra. «Mentre lo baciavo, ho visto l’interno della cosa... Lorien, l’energia, come la vuoi chiamare.»
«Certo», le dico per confortarla, anche se non abbiamo tempo per queste cose. «E allora...?»
Marina mi sorride. «Si sta diffondendo, sulla Terra. Si sta diffondendo ovunque.»
«Cosa significa?» chiede Adam.
Marina si asciuga le guance e drizza la schiena. «Significa che non siamo più soli.»