Brooke entro nell’edificio e la prima che incontrò fu Eve.
Era bellissima con la sua pancia sporgente e il suo vestito dalla gonna vaporosa. Cacciava felicità da tutti i pori. Andava da una parte all’altra per preparare il palco in compagnia di Liam. La complicità tra loro era assoluta. Il modo in cui ridevano e, soprattutto, il modo in cui si guardavano mostrava al resto del mondo che avevano un rapporto meraviglioso.
Brooke sospirò e avvertì la nostalgia che si fissava sempre di più nel petto.
Voltò un po’ la testa e il suo sguardo incontrò Keith. Il cavaliere perfetto che aveva salvato la sua sorellina dal pozzo dell’infelicità in cui tutta la sua vita si era immersa. Al suo fianco c’era Cameron, che ogni tanto gli passava la mano in modo affettuoso sul braccio o rideva come una stupida quando lui si avvicinava a lei e le dava un tenero bacio sulla testa. Brooke sorrise e scosse la testa.
Quanta felicità stavano provando le sue sorelle! Era felice per loro, anche se non riusciva a togliersi dalla testa quella schifosa sensazione di invidia. Non era bello invidiare la felicità delle donne che più amava nella sua vita, ma non sapeva nemmeno come evitarlo.
Sentì di nuovo la nostalgia che faceva pressione sul suo petto.
«Se non ti avessi partorito, penserei che ti trovi nel periodo migliore della tua vita...»
«Ma siccome mi hai partorito, mi conosci meglio di tutti, giusto?» rispose Brooke a sua madre, abbracciandola.
«Esatto» rispose Agnes. «E siccome ti ho partorito, esigo che tu mi dica cosa diavolo ti succede, visto che ultimamente sei schiva e con lo sguardo più languido che abbia mai visto in vita mia.»
«Niente, mamma.»
«Non mi freghi!» Agnes si guardò intorno. «Brandon?»
Brooke evitò lo sguardo di sua madre e poi rispose come se niente fosse.
«Di sicuro sta per arrivare.»
Agnes scosse la testa nel momento in cui Bob la sorprese con un abbraccio che fece sorridere –appena– Brooke.
Le piaceva il modo in cui si trattavano i suoi genitori nonostante fossero sposati da quattro decadi. Non riusciva a capire come facessero. Come il loro amore fosse sopravvissuto intatto al matrimonio, alla monotonia, alle rigide abitudini di sua madre, ai problemi economici di alcuni periodi. Quell’amore era sopravvissuto a tre figlie e a tutte le gioie e le preoccupazioni che comportano i figli. Quarant’anni dopo i suoi genitori si guardavano e ancora scoppiavano scintille di emozione tra di loro. Vide le sue sorelle che si abbracciavano e sentì il bisogno di unirsi a quell’abbraccio.
«Vado dalle ragazze.»
I suoi genitori annuirono. Bob le fece l’occhiolino. Sua madre riuscì soltanto a mostrarle il suo sguardo di profonda preoccupazione che lei cercò di calmare con un finto sorriso che sapeva che non avrebbe sortito alcun effetto su Agnes.
Brandon.
I suoi pensieri, negli ultimi mesi, non si allontanavano da lui.
E non proprio per amore, anche se non sapeva nemmeno definire molto bene cosa provava quando pensava a lui.
Cameron fu la prima ad intercettarla.
«Vieni a dare un bacio al pancione che sta per salire sul palco» le diede un bacio sulla guancia e l’abbracciò forte. «Stai bene?»
«Anche tu mi hai partorito e sai quello che mi succede?»
Cameron scoppiò a ridere.
«No, quello è il potere soltanto della signora Collins, ma sono tua sorella e ti conosco più di quanto credi.»
Brooke scosse la testa.
«Sig.ra Collins» ripetè divertita con sarcasmo. «Morirai torturata se si accorge che l’hai chiamata così.»
«Bah! Un paio di baci e si intenerisce di nuovo.»
Sorrisero entrambe mentre Brooke lasciava Cameron e si avvicinava ad Eve, che era mano nella mano con Liam.
La prima cosa che fece fu accarezzare la pancia gonfia di Eve e sentì un lieve movimento.
Sbarrò gli occhi per la sorpresa e sorrise.
«Questo sarà un futuro capitano di una squadra di calcio. Vedrai» protestò Eve e Liam le diede un bacio.
Brooke accarezzò di nuovo la pancia.
«Già! Non sono un buddha e non ti porterò fortuna se mi accarezzi la pancia» Eve spostò un po’ la pancia e allargò le braccia. «Adesso vieni ad abbracciarmi così questi maledetti ormoni mi lasceranno in pace.»
Brooke scoppiò a ridere.
«Non cambierai mai» disse a sua sorella. «E forse dovrò toccarti di più la pancia per vedere se questo piccolo mi porta fortuna.»
«Il lavoro non va bene?»
«Poi ne parliamo» Brooke sorrise appena e guardò Liam. «Meglio se andate a suonare che è quasi ora.»
Liam riuscì ad interpretare il suo sguardo e portò con sè Eve per salire sul palco.
I presenti presero posto.
Fecero tutti silenzio quando Eve e Liam apparirono sul palco con i propri strumenti. Si misero in posizione e cominciarono a suonare senza smettere di guardarsi negli occhi.
Organizzarono quel concerto per raccogliere fondi per il centro di accoglienza che avevano curato Helen e il generale Johnson.
Un modo bellissimo per onorare la memoria dei nostri cari, pensò Brooke con uno strano formicolio in gola.
Si voltò per cercare Brandon. Aveva ancora la speranza che sarebbe arrivato prima o poi. Quella mattina –come molte altre da un po’ di tempo– non lo aveva visto alzarsi perchè Brandon aveva preso l’abitudine di andare in palestra molto presto la mattina e poi andare direttamente a lavoro. Perciò gli aveva mandato una mail per ricordargli l’evento, visto che non aveva risposto al messaggio sul cellulare, perchè di sicuro era impegnato in ufficio. E siccome andava avanti così da alcuni mesi, ormai era sera e Brandon non dava segni di vita.
La melodia cominciò ad avvolgerla, Eve e Liam suonavano i propri strumenti con tanta passione e tanta sincronia che ogni fibra del suo corpo riusciva a sentire le note musicali nella loro massima espressione.
Quanta sensibilità aveva dentro!
La musica stava risvegliando in lei una tristezza che stava evitando da molto tempo e che preferiva mantenere addormentata per non mandare all’aria tanti anni insieme a Brandon.
Ma si avvicinava sempre di più a quel punto in cui il gigante voleva svegliarsi e farla finita. Era stufa, stanca della monotonia, di sentirsi ignorata, di arrivare a casa più per dovere che per piacere.
Alcuni mesi prima lei e Brandon ebbero una conversazione che riavvivò un po’ la fiamma dell’amore che in qualche momento era esistito tra loro e si fecero delle promesse che restavano sempre più indietro. Ogni giorno la storia tra lei e quello che credeva “l’amore della sua vita”, stava andando nel dimenticatoio.
Lo capiva quando vedeva i suoi genitori, quando vedeva le sue sorelle con i propri compagni.
La melodia si fece più intensa e con lei l’intensità del formicolio in gola superò il suo ottimismo e le sue speranze. Il mostro dell’infelicità si stava svegliando creando una forte pressione nel suo petto e distruggendo tutto.
I ricordi si presentarono nella sua mente. Le venne in mente quando conobbe Brandon e il modo in cui si era innamorata di lui. Dov’era rimasto quell’uomo affascinante che la conquistava giorno per giorno? Dov’era quell’uomo che la desiderava ogni notte come se lei fosse la dea della seduzione?
Era diventato tutto così monotono tra di loro che ormai aveva perso il conto del tempo passato senza fare sesso.
Vide suo padre che sussurrava qualcosa a sua madre nell’orecchio e il modo in cui Agnes abbassò lo sguardo sorridendo imbarazzata trasformò il formicolio in un maledetto nodo nella gola di Brooke che la stava soffocando.
E proprio quando tutti si alzarono in piedi per applaudire il duo musicale per la sua meravigliosa interpretazione, decise che era il momento di scappare da tutto e da tutti.