Roger sentiva che sarebbe svenuto dalla fame.
Già non avevano molto da mangiare lì e non aveva voglia di uscire dalla proprietà perchè ciò significava dare a Brooke la libertà di vestirsi e non lo avrebbe permesso.
La voleva così, nuda così come la vedeva adesso mentre usciva dal bagno.
La ragazza andò in cucina, preparò la caffettiera e...
Era troppo per lui. Ecco di nuovo l’erezione.
Era sorpreso dall’energia inesauribile che aveva quel giorno.
Lei lo guardò e gli sorrise ma non diede maggiore importanza al suo pene eretto.
Lo stomaco ruggì di nuovo. Fame.
Frank. Gli venne subito in mente il ragazzo che lo aveva ricevuto in hotel la notte del suo arrivo in paese e che durante la breve conversazione avuta, gli aveva detto che lavorava come fattorino nel negozio di Annie. Lo avrebbe chiamato e gli avrebbe chiesto di portare delle cose. Era perfetto.
Prese il cellulare. Brooke gli servì una tazza di caffè e ne fece un sorso mentre aspettava la risposta del ragazzo alla chiamata.
Dopo aver ascoltato il saluto programmato dell’hotel, lo salutò.
«Come posso aiutarla, Roger?»
«Frank, a che ora stacchi all’hotel?»
«Beh, tra circa trenta minuti, signore.»
«Uscendo di lì, potresti passare al negozio di Annie e portarci delle cose a casa di mio padre?»
«Con piacere, signore. Mi lasci annotare la lista di ciò di cui ha bisogno.»
«Molto bene. Avrei bisogno di una dozzina di uova,» appena Roger cominciò a dare la lista al ragazzo iniziò a perdere la concentrazione a causa delle mani di Brooke che percorsero l’interno delle sue cosce e si fermarono proprio sul suo membro.
La ragazza lo abbracciò da dietro e gli diede baci delicati sulla schiena mentre la sua mano accarezzava con fermezza il suo pene.
«Pronto?»
«Oh, sì! Frank, scusami, eh...» non ce la faceva e le carezze di quella donna lo stavano facendo impazzire.
«Pane.» Brooke gli disse sussurrando mentre continuava con le sue attività. «Pancetta.»
«Giusto.»
«Dillo al ragazzo.» Brooke sorrise.
«Maledizione.» Grugnì Roger rendendosi conto che la sua concentrazione nella conversazione era sparita. Quindi disse a Frank: «Pane, pancetta.»
Frank continuava ad ascoltare.
«Latte.» Brooke continuò ad aiutarlo. «Frutta. Acqua. Formaggio.» Roger continuava a ripetere come poteva. Non era capace di ragionare in quel momento.
Lei gli girò attorno e cominciò a baciare il suo petto per scendere verso la sua virilità.
Roger affogò un gemito che gli stava sfuggendo vedendola mentre metteva il suo pene in bocca. Quella scena, sommata al calore e all’umidità del suo interno e al piacere procurato dalla sua lingua in quella zona del corpo, lo fece sentire in paradiso.
«Signore, sta bene?»
«Sì. Portami queste cose, ragazzo, a presto.»
Riattaccò e mise la tazza e il cellulare sul tavolo per potersi afferrare alla bella chioma di Brooke mentre lei gli dava una buona dose di piacere.
***
«Credo che dovresti portarmi in hotel per fare una doccia, cambiarmi e poi dovremmo metterci sul serio a vedere cosa significa questo. Non ti pare?» commentò Brooke.
«Forse.»
Lui le sorrise e le fece l’occhiolino.
«Non vuoi lasciarmi andare?»
Lui sbuffò. E nonostante fosse presto –prestissimo– per dire quello che aveva in mente, non gli importò e lo disse lo stesso: «Lasciarti andare non è possibile, Brooke.»
Lei serrò le labbra in un sorriso.
«Mi fa piacere sentirlo, ma la verità è che ognuno ha una vita Roger, e dobbiamo continuare con quella.»
«È molto presto per parlarne, no?» Roger scansò l’argomento. Non gli piacque la sensazione di timore che gli si installò nel petto sentendola parlare con tanta tranquillità del momento in cui avrebbero dovuto recuperare la propria quotidianità, e mancava poco.
Dopo pochi giorni lui avrebbe dovuto tornare a casa sua, al suo lavoro. Alla sua vita.
E in quella vita non era inclusa Brooke, o si?
Una cosa alla volta Watson, pensò. Non lasciarti dominare dalle paure già da ora. Restano ancora alcuni giorni e vedremo cosa succederà. Goditi il momento.
«Ok, seguiamo il tuo programa», le disse.
Si cambiarono in silenzio e durante il ritorno all’hotel quasi non parlarono.
Lui voleva sapere a cosa diavolo stesse pensando lei, ma non osava chiederglielo. Come era la sua vita a New York? Come trascorreva le giornate? Cosa le piaceva fare nei fine settimana? E se aveva qualcuno che l’aspettava e lui era solo un’avventura? Forse scappava dalla sofferenza causata dalla rottura di una relazione.
Afferrò con forza il volante solo al pensiero che qualcuno potesse ferire i suoi sentimenti.
Quando lei arrivò al suo hotel e gli diede un bacio delicato sulle labbra, Roger sentì il bisogno assurdo di schiacciare l’acceleratore e portarla di nuovo a casa di suo padre dove c’erano solo loro due e non importava il resto del mondo.
La ragazza gli piaceva più di quanto credesse.
Arrivò al suo hotel e come un automa fece tutto ciò che doveva fare per lavarsi, vestirsi, raccogliere le sue cose e cancellare la sua prenotazione lì per tornare il prima possibile all’hotel in cui soggiornava Brooke e pregarla di stare con lui per quei giorni. La voleva con sè giorno e notte.
Sembrava un adolescente al suo primo innamoramento. Cosa diavolo gli stava succedendo?
La aspettò nella hall, dopo aver detto alla receptionista di avvisarla che avrebbe aspettato lì perchè fino a quel momento non si era accorto di non avere ancora il suo numero di telefono.
«Adesso sì che sono pronta per l’azione», gli disse lei quando si avvicinò a lui sorridendo.
A Roger tremarono le gambe.
«Che tipo di azione signorina Collins?» la prese per la vita.
«La ricerca di alcuni tesori nascosti» rispose lei con tono misterioso.
«Senti,» la fermò mentre lei cercava di liberarsi dal suo abbraccio, «stavo pensando alla questione del tesoro e alla ricerca e...»
«Lo hai già risolto? La cosa del tappeto?» Lei aveva le mani appoggiate sul petto di Roger e gli sorrideva in quel modo speciale che tanto piaceva a Roger.
Watson scosse la testa e lei lo guardò dubbiosa.
«Stavo pensando che per risolverlo con più calma, io resterò a casa di mio padre per il resto del mio soggiorno in questo paese. Magari se tu resti lì, insieme, a tempo pieno, potremmo trovarlo più velocemente. Che ne pensi?»
Lei gli sorrise divertita.
«Roger, se vuoi che resti con te, devi solo chiedermelo.»
«E? Resteresti con me?»
Lei gli fece l’occhiolino e Roger si sentì felice.
«Vado a prendere la mia valigia. Dovremmo andare con due macchine perchè non lascerò qui la mia.»
***
Il telefono di Brooke squillava.
«Pronto?»
«Vedo che il signor Watson ti sta trattando molto bene.» Eve fu la prima a parlare.
«Meglio di quanto immagini.»
«Per favore dimmi che non hai messo quell’intimo spaventoso.»
«Eve, con quest’uomo non ho bisogno di intimo. Voglio stare nuda per tutto il tempo.»
Eve gridò dall’emozione.
«Smettila con le sciocchezze!» protestò la più grande delle Collins ridendo come una quindicenne. «Come ti senti?»
«Come un mammut, cara.» Brooke non riuscì ad evitare di ridere a crepapelle. «E non ridere che non c’è niente di divertente nel vedermi occupare tutta la larghezza dello specchio che ho in camera. Non faccio altro che mangiare come un’indemoniata!»
Si sentirono delle inspirazioni profonde. Brooke sapeva che gli ormoni stavano portando via la poca serenità con la quale era nata sua sorella.
«Dopo dimagrirai.» Brooke cercò di non dare troppa importanza alla questione. «Credo che tu e Liam dovreste lasciare per qualche giorno la città. Magari andare in campagna o al mare. Hai bisogno di rilassarti un po’.»
Eve soffiò.
«È quello che ha suggerito lui stamattina.» Abbassò il tono di voce. «Credo che lo sto facendo impazzire.»
Le due donne risero.
«Sei in macchina?»
«Sì.» Rispose Brooke. «Sto andando a casa del padre di Roger.»
Raccontò un po’ a sua sorella della proprietà e ovviamente parlò di più di Roger. Eve la ascoltava con attenzione.
«Perciò ho deciso di aiutarlo a tempo pieno e ho lasciato l’hotel. Per portare avanti il lavoro resteremo a casa di suo padre.»
«Nudi?»
Brooke scoppiò a ridere.
«Spero di no, sorella, perchè altrimenti non risolveremo il mistero del tappeto.»
Stavolta fu Eve a ridere.
«Per favore,» continuò Brooke, «non dire quello che stai pensando. Quella risata significa solo che hai pensieri morbosi.»
«Erotici.»
«Sì, ovvio.»
«Senti, devo chiudere, Liam ha bisogno di me nella stanza del bambino. Stiamo cominciando a decorarla.»
«Meraviglioso! Non dimenticare di dirgli di sì per il viaggio, prepara le valigie e vattene dalla città.»
«Lo farò.»
«Baci a tutti.»
Riattaccarono proprio quando Brooke parcheggiava la macchina davanti alla proprietà. Roger fermò la sua macchina dietro quella di lei.
«Ti sei chiesto cosa potrebbe esserci nella stalla?» Chiese Roger mentre camminavano verso l’ingresso della proprietà.
«Sì, il giorno in cui sono venuta di nascosto. Volevo ispezionarla ma poi sono uscita di qui terrorizzata.»
Brooke sentì le sue guance arrossire.
Roger la prese per mano e le diede un bacio.
Fu il contatto necessario ad accendere il suo desiderio, ma non lo dimostrò a lui.
«Andiamo.»
Si separò da Roger e camminarono verso la stalla.
Fortunatamente la luce entrava dalle fessure delle secche assi di legno. Sembrava tutto in ordine. Molte casse chiuse e segnate con numeri consecutivi accatastate una sull’altra.
Una vecchia scrivania di legno con un lampada dalla luce bianca sopra. Un quaderno di appunti riposava sulla scrivania.
Brooke si avvicinò per visionare il contenuto.
«È una lista di quello che c’è in ogni cassa. Sono cose di poco valore anche se abbastanza antiche. Dovremmo aprirle e vederle.»
Roger annuì mentre la guardava con smisurato desiderio.
«Cosa c’è?»
Lui le sorrise indicando la sua maglietta all’altezza del petto.
«Non riesco a pensare con quel panorama.»
Lei abbassò la testa e si vergognò tantissimo vedendo che i suoi capezzoli si vedevano scandalosamente dalla maglietta.
Roger si avvicinò a lei e la circondò con un braccio. Si fermò quando la sua bocca fu all’altezza della nuca della ragazza e spostò i capelli per lasciare la pelle allo scoperto. Brooke era incapace di protestare. Quell’uomo la faceva impazzire con le sue carezze e sembrava esserne dipendente.
Sentì il respirò dolce e caldo dell’uomo e le venne la pelle d’oca.
Le calde labbra di lui percorrevano con delicatezza la sua pelle. Sentì una cascata uscire dalla sua intimità. Prese le mani di Roger e le guidò per tutto il suo busto fino ad arrivare al seno.
Il grugnito di Roger, sommato alla forza con cui massaggiò il suo seno la eccitò talmente tanto che quando lui affondò il suo viso nel collo di lei e cominciò a leccarla mentre pizzicava i capezzoli attraverso la stoffa, a Brooke sembrò di svenire.
Un paio di contrazioni involontarie della sua vagina furono più che sufficienti per raggiungere l’orgasmo e per far tremare di piacere il suo corpo.
***
Alcune ore dopo, quando ormai erano sazi di piacere e con lo stomaco pieno di buon cibo ordinato dal negozio di Annie, Brooke e Roger si sedettero nella stanza che si trovava sotto le scale. Avevano con sè il foglio sul quale era disegnato lo stesso disegno del tappeto sul quale erano seduti a bere una tazza di caffè e cercando di decifrare quel messaggio che suo padre aveva lasciato.
«E se provassimo a chiudere il sistema di sicurezza? Proprio come ho fatto la notte in cui provavo a nascondermi da te.» Brooke gli sorrise con malizia.
«Proviamo.»
Roger aveva voglia di saltare di nuovo addosso alla donna. Il suo desiderio per lei si saziava per poco tempo. Ma raggiunsero l’accordo di risolvere quella cosa presto per poi avere alcuni giorni per sè.
Brooke chiuse la porta.
Lo spazio era piccolo per i due ed era completamente buio.
«Sarà molto carino se restiamo chiusi qui perchè credo che nessuno dei due abbia il cellulare.»
«In realtà, con questo buio potremmo avere da fare senza alcun problema. Non vedresti arrivare nessuna delle mie carezze e...» Roger dovesse ingoiare l’eccesso di saliva per aver immaginato la scena nella sua testa.
«E niente, Roger...» lei passò gattonando su di lui ridendo. «Concentriamoci prima su questo e poi, se la porta non si apre, ci faremo venire un’idea.»
Quella donna lo faceva impazzire.
La sentì tastare uno degli angoli della stanza.
«Eccolo», disse e si sentì un rumore metallico.
Roger, che rimaneva vicino alla porta prese il pomello, girò e tirò. Con quella azione si sentì un secondo rumore metallico.
«Sembra una seconda chiusura.» Commentò Brooke. «E si aziona se si tira la porta quando il primo sta già facendo il proprio lavoro. È successa la stessa cosa il giorno in cui mi sono nascosta da te.»
Dopo un attimo, Roger sentì Brooke far scivolare la mano sul legno, un rumore secco e poi il sistema di sicurezza si aprì. Roger tirò la porta per far entrare il chiarore del salotto principale.
«È un sistema molto complicato per proteggere un tappeto e non può essere una camera blindata perchè è in vista.»
«Nasconde qualcosa, ovvio, ma dove? Visto che il tappeto è attaccato al pavimento.»
Roger fissò il legno che nascondeva la leva di apertura che Brooke aveva azionato qualche minuto prima.
«Ha una curva come quella che era all’entrata per nascondere la chiave d’emergenza.»
«Sì, perciò ho saputo aprire il sistema di sicurezza quella notte. Altrimenti sarebbe dovuto venire qualcuno ad aiutarmi.»
Roger sorrise a quel commento.
Poi guardò il tappeto.
«Andiamo alla stalla che lì ho visto degli attrezzi e solleviamo questo tappeto per vedere cosa nasconde.»
Qualche minuto dopo, stavano nella laboriosa attività di sollevare la stoffa ben attaccata al legno del pavimento. Non sembrava un lavoro molto professionale e ringraziarono che chiunque lo avesse fatto, aveva attaccato solo i bordi.
Spostarono il resto della stoffa e la portarono fuori dalla stanza.
Davanti a loro apparì una tabella di legno divisa in tre parti uguali lungo la stanza.
Roger cercò di separarne qualche parte ma fu impossibile. Il legno era attaccato ad una seconda piattaforma con bulloni abbastanza grandi.
E attraverso le fessure delle assi di legno si riusciva solo a vedere qualcosa di metallico.
«Mi sembra di essere in un programma di Discovery Channel, di quelli in cui scoprono una stanza egizia piena di tesoro.» Brooke era entusiasmata tanto quanto una bambina quando parla di Disney World.
Roger la guardò divertito.
«Credo che è ciò che troveremo. Fammi vedere dove azioni la chiusura della porta.»
Brooke gattonò di fronte a lui fino al punto.
Annotò mentalmente di penetrarla in quella posizione che gli sembrava così provocante.
Sorrise divertito.
Lei se ne accorse e si sedette subito.
«Metti da parte quei pensieri nella tua testa, Watson. Non ti permetterò di mettermi un dito addosso fino a quando non risolveremo questa cosa che mi sta facendo morire di curiosità.» Lo guardava diritto negli occhi e parlò con tanta serietà che Roger si chiese come fosse da arrabbiata. «Sul serio.» Lui alzò le mani e abbassò la testa in segno di pace. «Qui c’è il chiavistello che, facendolo scorrere, chiude la porta.»
Roger andò fin lì e analizzò di nuovo lo spazio. Una delle tre sezioni di legno era un po’ più scura e precisamente era quella attaccata alla porta.
«Vieni», le disse di mettersi di spalle a quella parete, chiuse la porta e si sedette vicino a lei. «Tira la leva e non muoverti di lì per alcun motivo.»
Brooke obbedì e poi tirò la leva proprio come aveva fatto prima.
Il suono metallico si sentì per la seconda volta e proprio come aveva sospettato Roger, il pavimento sotto di loro si spostò lasciando un vuoto.
«Per favore, dimmi che stavolta hai preso la torcia.» Roger commentò sconfitto.
«Elementare, mio caro Watson» rispose lei in modo scherzoso e accese la piccola torcia che aveva messo in borsa dopo aver cercato gli attrezzi nella stalla.
Davanti a loro si apriva una specie di covo. Si vedevano dei gradini abbastanza irregolari e poco affidabili. Roger si abbassò un po’ prima di entrare lì per ispezionare lo spazio.
«Dammi la torcia», le disse prendendola per mano. «Voglio che resti qui e se mi succede qualcosa, voglio che tu esca dalla stanza a cercare subito aiuto. Non crederti un supereroe e non cercare di salvarmi da sola. Chiaro?»
Lei annuì e si avvicinò a lui.
Gli diede un bacio sulle labbra.
«Stai attento» gli disse mentre gli dava la torcia.
Roger annuì e si mise in movimento.
Il primo gradino della discesa gli sembrò lungo e il modo in cui era fatto lo obbligò a mettersi di lato per trovare più equilibrio perchè diritto sentiva che sarebbe finito di faccia a terra. Era come cercare di salire su una parete con gradini di appena cinque centimetri di larghezza.
Scese con calma e molta concentrazione. L’ultima cosa che desiderava era che Brooke andasse a cercare aiuto lasciandolo chiuso lì.
«Sei arrivato?»
Sembra di sì.
«Cosa c’è?»
Roger illuminò con la torcia attorno a sè e gli sembrò così surreale ciò che vedeva che ebbe bisogno di alcuni minuti per assimilarlo.
«Roger, per favore, parlami.»
«È una specie di covo. Come le catacombe romane. Ci sono delle nicchie nelle pareti usate come mensole e dentro ognuna ci sono casse di legno segnate con numeri in sequenza come quelle che sono nella stalla.» Sospirò e continuò a camminare. «C’è un tavolo al centro della stanza con un libro come quello che abbiamo trovato su.»
Illuminò di nuovo il tavolo per visionare il contenuto del libro.
Lo aprì e le sue pagine erano piene sì, ma non con una lista.
“Abbiamo trovato un’antica mappa che sembrava portarci direttamente al covo. E fu così, abbiamo camminato per un sentiero che ci portò direttamente al tunnel tra le rocce come segnato sull’antica mappa. Stavo vivendo uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Mi sono sentito così vicino al tesoro di Henry che non potevo credere che la vita mi avesse concesso tanta fortuna. Questa era una delle mie più grandi spedizioni. Ho ricevuto alcuni mesi fa una lettera da parte di mia zia. Joan aveva mandato una foto di mio figlio, già cresciuto molto. È quasi un uomo ormai. Dice che vuole studiare storia. Non smetto di pensare oggi più che mai che sono stato un idiota codardo ad averli messi da parte. Roger avrebbe goduto di queste avventure”
Roger sentiva che gli mancava l’aria.
Si sentì stordito e barcollò lasciando cadere la torcia a terra per potersi appoggiare bene al tavolo.
«Roger! Stai bene?»
Voleva risponderle ma la pressione sul petto glielo impediva.
«Roger!»
Reagì soltanto quando sentì un colpo secco e un lamento di Brooke.
Prese la torcia e corse verso di lei.
La ragazza si stava alzando da terra con goffagine.
«Mi dispiace, tesoro. Stai bene?» Mosse la luce della torcia su tutto il suo corpo cercando qualche ferita.
«Pensavo ti fosse successo qualcosa.»
Roger ricordò di nuovo le parole di suo padre e come per magia, ebbe voglia di scappare dal covo, dal paese e tornare alla sua vita.
«Che ti prende, Roger?» lo prese per mano. Roger cercava di parlare ma gli mancava l’aria. «Usciamo di qui, adesso.»
Lui la fermò. Non si sentiva coraggioso per affrontare ogni parola che suo padre aveva scritto in quel quaderno ma la sua curiosità lo superava. Quella mancanza di ossigeno repentiva gli suggeriva che era emozionato. Quelle parole gli bastarono per sapere che suo padre lo aveva amato. Che si ricordava di lui. Che pensava a lui. E volle sapere di più. Voleva sedersi davanti al camino della sua casa, con una tazza di cioccolato e il diario di suo padre.
Ma sapeva molto bene che non poteva aspettare di tornare a casa sua. La sua ansia di saperne di più non lo avrebbe lasciato in pace nei prossimi giorni.
Era una buona idea uscire e respirare un po’ d’aria.
Brooke lo illuminò con la torcia diritto negli occhi. Come c’era da aspettarsi, la luce accecante lo portò di nuovo alla realtà.
Aveva lo sguardo fisso sul libro che riposava sul tavolo. Vide quando la ragazza vi si avvicinava.
Brooke illuminò per un paio di minuti le pagine che lui aveva letto prima e poi diresse la luce verso di lui.
«Santo cielo! È un diario delle spedizioni di tuo padre?»
«Sembra di sì.»
La ragazza prese il quaderno nelle sue mani e si avvicinò di nuovo a Roger.
«Andiamo di sopra a mangiare qualcosa e nel frattempo lo leggiamo.»
Roger riuscì solo ad annuire.
Salirono in silenzio, si sedettero sulla tabella di legno che era ancora disponibile e Brooke tirò la leva che invertiva il sistema di sicurezza. Le placche d’acciaio coperte dalle assi di legno apparvero di nuovo scorrendo e le sbarre che bloccavano la porta si ritrassero dando loro la libertà.
***
Roger seguì Brooke in cucina.
La ragazza tagliò due porzioni di torta alle mele sfornata quella stessa mattina da Georgia e servì due tazze di caffè.
Mise tutto in un vassoio.
«Andiamo in salotto.»
Lasciò tutto sul tappeto, nello stesso punto in cui il giorno prima si erano dati tanto piacere.
Roger continuava a stare in silenzio e lei voleva sapere cosa stesse succedendo dentro di lui. Quando sentì il colpo nel covo, Brooke andò in panico. Era stata una cosa così intensa che non riuscì a controllarla e agì sotto un impulso completamente naturale. Voleva arrivare da lui e aiutarlo subito. In quei pochi secondi in cui non lo sentì, il suo cuore cominciò a battere con una velocità che nemmeno lei pensava fosse possibile e l’adrenalina si impossessò di tutto il suo sistema facendola camminare più velocemente di quanto i suoi piedi le permettessero. Perciò cadde a terra da non sapeva quale gradino. Si rese solo conto di essere inciampata e cadde senza pietà sulla terra umida del pavimento del covo.
E quando lui arrivò a soccorrerla, capì che avrebbe dovuto prestare più attenzione. Volle abbracciarlo, ma vedendo la sua faccia spaventata non sapeva come diavolo agire. Roger era pallido e faceva molta fatica a respirare. E Brooke intravide un luccichio nel suo sguardo.
Un’emozione genuina.
Brooke non volle chiedere cosa gli avesse provocato ciò. Poteva scoprirlo da sola.
Perciò camminò verso il libro che era sul tavolo e i suoi occhi lessero lo stesso paragrafo che aveva letto prima Roger.
Non importava quanti tesori fossero conservati in quel posto. Roger aveva trovato un tesoro unico e inestimabile. Le parole di suo padre per lui.
Davanti a lui, Brooke preferì continuare a fingere di non sapere e incentrare l’argomento sul tesoro di cui parlava il signor Watson nel suo diario. Fu così che tirò fuori di lì Roger.
E lo portò in quel posto speciale del salotto nel quale lasciarono uscire la passione e si lasciarono consumare dal desiderio.
Il camino era un po’ distante e non faceva freddo per accenderlo, ma Brooke lo considerò un buon posto per lasciarlo parlare di suo padre. Se lui voleva, ovviamente.
Mangiarono il dolce in silenzio.
Roger si alzò e andò in cucina a prendere il libro che lei aveva lasciato sul tavolo della cucina. Tornò da lei e si sedette a terra.
«Vieni qui.» La ragazza appoggiò la testa sul petto di Roger. «Non mi aspettavo di trovarlo e la verità è che sono rimasto molto sorpreso da quello che ho letto.»
Lei decise di rimanere in silenzio.
Lui giocava con i suoi capelli e accarezzava il suo viso.
«Ho sempre voluto conoscerlo», la guardò negli occhi. «Mio padre.»
Brooke annuì e lo invitò con lo sguardo a continuare.
«Mia madre parlava bene di lui e diceva che era un brav’uomo, ma come crederle, Brooke? Come credere alla bontà di un uomo che se ne va dietro i propri sogni lasciando un figlio e una donna che lo amava con devozione?»
«Non sappiamo mai la verità della storia fino a quando non sentiamo tutte le parti coinvolte.»
«Mi spaventa conoscere la sua parte della storia.»
«Perchè?» Brooke si sentiva molto a suo agio a parlare così con Roger. Le sembrava di conoscerlo da sempre.
Roger fece spallucce.
«Forse perchè ho il leggero presentimento di essermi sbagliato sul suo conto e comincerò ad avere i sensi di colpa per aver passato tutta la vita a giudicarlo.»
Brooke gli sorrise con compassione.
«Beh, io penso che prima di pensare qualunque cosa, dovresti leggere con calma quel diario. E poi, puoi analizzare i tuoi sentimenti passati e quelli futuri nei confronti di tuo padre.»
Roger sospirò.
«Sono esausto.» La guardò negli occhi. «Che ne dici di andare a fare una passeggiata in paese e fare un giro, mangiare qualcosa, camminare?»
A lei sembrò un’idea fantistica anche se moriva dalla voglia di sapere cosa c’era nelle casse nascoste nel sotterraneo segreto.
«Vado a prendere la mia borsa» disse lei mentre si avvicinava alla sua guancia per dargli un bacio innocente.
Lui prese il viso della ragazza tra le mani.
Il suo sguardo disse tante cose a Brooke che si sentì travolta.
Poi la baciò sulle labbra. Fu un bacio sereno, dolce. Non c’era alcuna connotazione sessuale in lui anche se ciò non voleva dire che non avesse sortito un effetto elettrizzante in Brooke.
Quello fu il primo momento in cui Brooke Collins si rese conto che tra di loro cominciava a fiorire qualcosa di veramente magico.