Energia statica, energia dinamica
MA che cosa sta accadendo alla Terra in questo scorcio della sua lunga esistenza? L’umanità alla ricerca assillante del benessere materiale ha generato condizioni che il pianeta non può più sopportare. L’intera galassia subisce l’inarrestabile ascesa dell’uomo verso il folle disegno di abitare un mondo artificiosamente perfetto: il progresso tecnologico, che tanto veneriamo, comporta la creazione di campi magnetici e la dispersione nell’atmosfera di particelle che vanno ad alterare la «salute» dell’atmosfera stessa.
Un cambiamento non certo indolore. L’Universo è composto da energia dinamica ed energia statica che coesistono in naturale equilibrio. In una scala da uno a venti, l’energia dinamica è circa dodici, mentre quella statica, intorno a otto-nove, la compensa e la completa. Questo significa che l’energia dinamica deve sempre prevalere sull’altra. Al contrario, oggi lo stato del pianeta è a dir poco comatoso: viviamo in un eccesso di energia statica, pari a diciotto-diciannove contro uno o due di quella dinamica. La causa dello sbilanciamento è la crescita esponenziale del mercato delle comunicazioni (telefoni, computer, satelliti, digitale su fibra ottica eccetera) e dei trasporti su terra e in cielo. Inoltre, le industrie dislocate in ogni parte del pianeta contribuiscono all’aumento dell’energia statica a discapito di quella dinamica. Stiamo inquinando ogni cosa. E noi ne siamo le prime vittime.
Anche l’aria che respiriamo è purtroppo impregnata di energia statica, e il ricambio sta diventando impossibile perché sulla Terra non arriva più l’energia dinamica che proviene dallo spazio. I raggi del sole non riescono a oltrepassare la fascia di Van Allen, una «cintura» di particelle cariche la cui parte interna è situata tra i settecento e i diecimila chilometri dal pianeta. Le particelle, in costante movimento, si urtano tra loro e perdono energia dinamica, che viene compensata dal rifornimento proveniente dallo spazio. La principale sorgente di radiazione ad alta energia sono i raggi cosmici (particelle e nuclei atomici), ma la fascia di Van Allen li trattiene e impedisce che arrivino sulla Terra, compromettendo la sopravvivenza degli esseri umani e degli animali.
Come si può risolvere questo serissimo problema? Attraverso il cambiamento. Rivoluzionando il nostro modo di pensare e di agire. Cercando di elevarci e di raggiungere un grado di consapevolezza più alto. Diventando più spirituali e altruisti. Non basta bonificare l’aria e ridurre le emissioni che turbano l’equilibrio: sarebbe un semplice rammendo su un enorme strappo. La Terra si sta ribellando e noi ne subiremo le conseguenze. Dobbiamo capire che inseguiamo i valori sbagliati e che nella nostra folle corsa travolgiamo l’equilibrio del tutto. Migliaia di insetti, animali e pesci stanno morendo perché non ce la fanno a sostenere il cambiamento.
Noi ce la faremo se metteremo in discussione il nostro modo di pensare, ancora prima dello stile di vita. Le coincidenze, in quanto capaci di destare in noi la spiritualità, sono un dono immenso per portarci finalmente sulla corretta via. Per riuscire a percepirle e a coglierne il significato dobbiamo però trovarci noi stessi in equilibrio. Non è facile, poiché siamo assaliti quotidianamente da problemi piccoli e grandi che ci distraggono e ci fanno perdere la visione del tutto. Se recuperiamo l’equilibrio che è connaturato all’uomo – e ora vi spiegherò come – non solo saremo meglio predisposti ad affrontare le difficoltà della vita, ma diventeremo anche più intuitivi e percettivi.
La polarità
«Tutto è duale; tutto ha due poli; ogni cosa ha la sua coppia di opposti; simile e dissimile sono uguali; gli opposti sono identici di natura, ma differenti di grado; gli estremi si toccano; tutte le verità non sono che mezze-verità; tutti i paradossi possono essere conciliati.» Così i «Tre iniziati» (i loro nomi non furono mai rivelati) hanno scritto nel Kybalion, il trattato che raccoglie la summa del pensiero del Maestro dei Maestri, Ermete Trismegisto, fondatore dell’ermetismo e dell’astrologia.
Questo è il grande principio della polarità: tutte le cose hanno due lati, due facce, due poli, con molteplici gradazioni intermedie. Per esempio, lo spirito e la materia sono soltanto aspetti della medesima cosa e tra l’uno e l’altro ci sono semplicemente «gradi di vibrazione» diversi. Proprio come per il caldo e il freddo: sono poli opposti ma di identica natura, separati tra loro da differenze di valore. Il più elevato dei due gradi è «il caldo», mentre il più basso è «il freddo». Non esiste sul termometro un punto in cui cessi il calore e incominci il freddo.
Anche i termini «alto» e «basso» sono estremi di una stessa cosa: sono, cioè, relativi. Ogni cosa è relativa. La luce e l’oscurità, il nord e il sud, la scala musicale e quella dei colori, il grande e il piccolo, il rumore e il silenzio, il positivo e il negativo. Lo stesso si può dire per il piano mentale: l’amore e l’odio, il coraggio e la paura, la durezza e la tenerezza, sono sempre i capi di un unico filo che non conosce interruzioni.
Ed è meraviglioso: ciò che accade nell’Universo è esattamente identico a quello che avviene dentro di noi. Siamo una parte e uno specchio del tutto: come l’Universo persegue il proprio equilibrio tra opposti, così noi siamo alla costante ricerca dell’armonia. Come il nostro pianeta è governato da fenomeni naturali contrapposti – il freddo e il caldo, la pioggia e la siccità, la luce e il buio – così noi siamo ogni giorno in balìa della salute e della malattia, della gioia e del dolore, del bene e del male.
Se non ci fosse l’intervento distruttivo degli uomini, Madre Terra sarebbe in condizioni di naturale stabilità. Lo stesso vale per noi: cerchiamo l’equilibrio in modo inconsapevole, è per noi una necessità istintiva. «Così sopra, così sotto», dissero gli ermetici secoli fa, racchiudendo in una formula la corrispondenza perfetta tra grande e piccolo, individuo e Universo.
Riconoscere l’esistenza di questi due poli ci permette di vivere con più serenità e consapevolezza: solo così possiamo comprendere perché anche l’estremo «negativo» ha un ruolo fondamentale e imprescindibile. Dobbiamo accettare che il bene non esiste senza il male, che sono due facce della stessa medaglia, reciprocamente dipendenti, proprio come non c’è caldo senza freddo.
Nel secondo capitolo del libro Malattia e destino, il dottor Thorwald Dethlefsen tratta anche il tema della polarità e dell’unità. Se nulla accade per caso, qual è lo scopo delle malattie? I sintomi hanno un significato più profondo per l’esistenza di ognuno perché trasmettono un messaggio che viene dalla psiche. Dobbiamo imparare a interpretarli e ad accettarli: la malattia fa parte della nostra esistenza come l’aria, è necessaria per comprendere ed evolversi. Una volta guariti diventiamo migliori, apprezziamo di più la vita, persino nei suoi aspetti più semplici. L’affrontiamo in modo diverso, con più coraggio e temerarietà, senza tener conto dei pregiudizi e della società che ci circonda. Se è un nostro caro ad ammalarsi, l’amore che ci unisce si sprigiona potente e ci aiuta a riscoprire le radici del legame. Penso che dovremmo vivere sempre così – liberi e protesi verso i valori veri – non solo quando la malattia entra nella nostra esistenza.
Non tutto il male viene per nuocere
La malattia è il nostro Maestro e lo sarà per tutta la vita. Appare per dirci cosa non va dentro di noi e per imporci di risolvere il problema. A volte si manifesta senza preavviso, ma sempre e comunque nel momento giusto per ognuno. Ci ammaliamo perché ci comportiamo in un modo innaturale: la malattia ci costringe a rivedere la forma di esistenza errata e ci accompagna nel raggiungimento dell’equilibrio. La ritengo un’alleata preziosa: insegna all’uomo a essere ciò che è, e non ciò che appare. Il suo agire si orienterà con maggior forza al noumeno (l’essenza metafisica ed eterna delle cose) e meno al fenomeno (il modo in cui le cose appaiono nella realtà fisica). Parleremo meglio di questi concetti nel quinto capitolo.
Nel momento in cui saremo capaci di ascoltare ciò che il nostro essere e la nostra individualità ci consigliano di fare, la malattia non avrà più ragione di manifestarsi. È l’emotività che controlla lo stato di salute del corpo. Vivendo pienamente ogni giorno con un atteggiamento positivo o con un approccio entusiastico alla vita, i nostri geni ci proteggeranno dalle malattie.
Questa verità, avversata dagli scettici e dai materialisti, ha trovato conferma negli studi dello scienziato giapponese Kazuo Murakami, che nel 1990 ha vinto il premio Max Planck, il massimo riconoscimento mondiale per la ricerca. Un suo esperimento del 2003 ha dimostrato l’impatto benefico del pensiero positivo sui geni. Basandosi sul principio che i geni vengono attivati e disattivati da fattori fisici o chimici, ha ipotizzato che anche i fattori mentali esercitassero la stessa azione; in particolare, la gioia, l’eccitazione, la fede e la preghiera potrebbero attivare i geni benefici, mentre l’ansia, la tensione, la paura e il dolore li disattiverebbero. L’ipotesi è stata verificata mediante un esperimento stupefacente effettuato con la collaborazione della famosissima agenzia per attori comici, Yoshimoto Kogyo Co. L’obiettivo era studiare come la risata influenzasse i livelli di zucchero nel sangue in persone affette da diabete di tipo 2. La ricerca dimostrò che ridere attivava ben ventitré geni – la maggior parte dei quali correlati al ciclo cellulare e alla risposta immunitaria – e aveva un effetto positivo sul controllo del glucosio.
Le riviste scientifiche più autorevoli pubblicarono i risultati della ricerca. Kazuo Murakami proseguì sulla via appena aperta e giunse alla conclusione che ognuno di noi ha una quantità enorme di geni dormienti (si stima intorno al 90 per cento), che si attivano con un meccanismo on/off a seconda dello stato emotivo e mentale.
I geni sono l’esempio estremo della razionalità del nostro mondo. Si trovano all’interno delle cellule e sono protagonisti di una realtà a noi invisibile. Solo il 10 per cento di essi lavora, e gli scienziati non hanno idea di cosa facciano gli altri. Forse contengono la storia dell’evoluzione umana, o magari racchiudono il potenziale per lo sviluppo futuro. Murakami è sicuro che il meccanismo on/off possa attivare almeno parte di questo immenso patrimonio genetico dormiente.
Se ci affidiamo solo alla razionalità, potremo percepire una piccola frazione della realtà: trascendere la razionalità non vuol dire entrare in un mondo irrazionale, ma piuttosto riconoscere l’esistenza di aspetti che non possono essere spiegati con il buonsenso o con le normali conoscenze. O almeno, non per il momento. Il pensiero positivo è un modo per sviluppare questa nuova prospettiva.
Quando ci ammaliamo, tendiamo a vedere gli aspetti negativi, come il fatto di non poter lavorare o il rischio di incorrere in difficoltà economiche. La medesima circostanza può però avere effetti positivi, per esempio aiutandoci a comprendere e ad apprezzare le persone speciali che sono nella nostra vita, oppure consentendoci di coltivare pensieri di solito soffocati dai numerosi impegni quotidiani. Il trucco sta nel valutare la malattia come un’opportunità per ampliare le vedute sulla vita e cogliere sempre il lato positivo della realtà.
Lo stesso Murakami riconosce la necessità vitale dell’equilibrio attraverso il più grave degli esempi: il cancro. In tutti noi esistono geni potenzialmente in grado di provocare malattie e altri capaci di bloccarle. Quando coesistono, mantengono l’equilibrio. La stessa cosa vale per i tumori: immaginate che un gene cancerogeno si attivi dentro di voi e cominci a produrre cellule malate. Immediatamente, il gene inibitore risponde ed elimina quelle già formate, riportandovi allo stato di salute. Tuttavia, se l’equilibrio venisse alterato, nulla potrebbe contrastare la malattia. Il dialogo quotidiano con noi stessi diventa quindi determinante per il benessere fisico. I nostri geni percepiscono l’orientamento del pensiero. L’ispirazione – una combinazione di gioia e di piacere – è il modo migliore per tenere lontani i geni negativi. Ognuno di noi la trova in condizioni e attività diverse: per lo scienziato viene dalla scoperta, per alcuni dalla carriera, per altri dal tempo passato con i figli o da passioni come il giardinaggio, l’arte o i viaggi. L’ispirazione mantiene accesi i geni positivi nel nostro corpo.
Quando, giovanissimo, cominciò a perdere l’udito, Ludwig van Beethoven pensò al suicidio e si affrettò a scrivere le ultime volontà. Dopo un lungo conflitto interiore, decise di continuare a vivere. Nel Testamento di Heiligenstadt espresse tutta la sua determinazione: «Forse migliorerò, forse no; sono pronto… costretto a diventare filosofo a soli ventotto anni… oh, non è facile, e per l’artista è molto più difficile che per chiunque altro!»
Beethoven aveva superato l’ostacolo della sordità, una disabilità fatale per un musicista. Come ci era riuscito? Io penso che la profondità delle sue emozioni attivò quei geni in grado di restituirgli la vitalità. Non si può vivere senza una motivazione. Qualunque essa sia. Altrimenti il corpo si spegne e tutti i geni girano l’interruttore su off.
Maschile e femminile
L’esistenza umana si proietta continuamente verso l’idea di felicità. Ho scritto «idea» poiché ritengo che la felicità, seppure descritta da filosofi e saggi di ogni parte della Terra come un fine possibile da perseguire, sia una meta irraggiungibile. Una chimera. È uno stato emotivo talmente forte che non ci permetterebbe di vivere. Quei brevi attimi di felicità che generosamente invadono di tanto in tanto ogni nostra molecola sono così ingestibili e incontrollabili che sarebbe pura utopia pensare di provare tutti i giorni quella costante euforia.
Sostituirei la parola felicità con «serenità». La serenità è una forma di esistenza incentrata sulla consapevolezza e la tranquillità dell’animo. Significa vivere nell’equilibrio interiore ed esteriore e questo, come abbiamo visto, consiste nella coesistenza di principi uguali e contrari che si bilanciano. Fondamentale per il nostro benessere è la complementarietà tra maschile e femminile.
Nella coppia, l’uomo si completa con la donna e viceversa. Il singolo individuo invece deve trovare la completezza della dualità dentro di sé. Secondo Freud e Jung, noi siamo psicologicamente ermafroditi e l’anima è al tempo stesso maschile e femminile, nell’uomo come nella donna. La polarità è in atto ogni giorno.
Cosa pertiene al principio maschile e cosa a quello femminile? È difficile stabilirlo sotto le stratificazioni sociali che hanno dato forma alla nostra idea di genere. Eppure, al di là del contenuto, è innegabile che i due principi si bilanciano, si compensano, si richiamano e si attraggono. Quando un uomo e una donna si incontrano, il lato femminile di lui dialoga con quello maschile di lei e viceversa. Il cerchio si chiude: l’uomo accetta la propria componente femminile, la donna la propria componente maschile, riconoscendosi in una fusione completa e perfetta.
I più importanti testi esoterici e metafisici dell’umanità parlano del necessario dualismo-polarità nell’essere umano. Fra i tanti, la Cabala racchiude il principio in una frase: «Due che sono quattro all’interno e due che sono quattro all’esterno».
Questa sintesi matematica indica che il rapporto tra uomo e donna ha due aspetti (interno ed esterno), di conseguenza in una relazione le persone coinvolte si moltiplicano. Non sono due, ma sempre quattro persone. In ciascuno di noi esiste una dinamica maschile-femminile a livello psicologico e interiore, che andrà a incontrare la dinamica maschile-femminile dell’altro. Se non risvegliamo e potenziamo la nostra controparte interiore (maschile per la donna e femminile per l’uomo) è impensabile raggiungere una vera unione esterna. Ci sono molte coppie che si separano pur avendo una grande affinità emotiva e spirituale, perché uno o entrambi i partner non hanno ancora trovato l’armonia interiore e la disponibilità necessaria a riconoscere la reciproca compatibilità.
Ma cosa succede all’individuo che non vive stabilmente con una compagna? Femminile e maschile dovranno trovare un equilibrio nel suo pensiero e nella sua azione, senza ricercare nell’altro ciò che manca. È quello che è successo a me.
A quarant’anni divento una Srl
Siamo in evoluzione, non siamo mai gli stessi. Come le cellule muoiono e rinascono continuamente, così i pensieri e le convinzioni muoiono e rinascono diversi. A vent’anni vediamo la vita in modo scanzonato, oppure ci preoccupiamo per cose che alla fine non risultano così importanti. A trent’anni diventiamo responsabili, cerchiamo di costruire una famiglia e di trovare una valida posizione sociale e professionale. Siamo capaci e motivati per lavorare diciotto ore al giorno e siamo all’apice dell’ambizione. A quarant’anni però qualcosa cambia. Ci accorgiamo che la corsa degli ultimi dieci anni ci ha tolto il fiato. I nostri figli sono cresciuti e stanno diventando indipendenti, la moglie o il marito si sono adagiati sulle abitudini della comoda vita coniugale e il lavoro è diventato routine. Qualcosa si è perso per la strada. La maggior parte delle persone si accorge di aver sacrificato tanto e ottenuto poco.
È questo il momento di fare un importante «pit stop». In parte lo richiede la natura: per esempio, le donne che non hanno ancora avuto figli entrano nell’ultima fase possibile per chiedersi se desiderano la maternità; chi è separata vuole al più presto ritrovare un’identità di famiglia. L’uomo, al contrario, se ha sacrificato tempo per il lavoro, la moglie o i figli, riscopre il piacere di tornare spensierato a divertirsi con gli amici di una volta (la famosa crisi dei quarant’anni).
In questo contesto di insoddisfazione, per ritrovare l’equilibrio ed essere più forti fisicamente e psicologicamente, è bene iniziare a pensare in un modo nuovo. Adottate un principio sacrosanto: «Per poter essere altruisti, bisogna prima essere egoisti».
Non riusciremo mai a «dare» se non siamo soddisfatti noi per primi. Se non abbiamo raggiunto l’equilibrio interiore, come possiamo dedicarci incondizionatamente ai nostri cari? L’egoismo nasce dalla necessità psicofisica di essere al centro, e non ai margini, del nostro Universo. Una volta soddisfatto l’ego, entreremo in una nuova dimensione di percezione e saremo molto più disponibili verso l’altro. Inoltre, sarà più facile notare i segnali che ci arrivano attraverso le coincidenze. Ma come possiamo raggiungere uno stile di vita soddisfacente ed equilibrato? Io ho utilizzato la «tecnica della Srl».
La Srl
Immaginate che improvvisamente, al fatidico passaggio dagli «enta» agli «anta», la vostra persona diventi una «Società a responsabilità limitata». Essa svolge un’attività volta a produrre utili ai soci che ne detengono le quote. In questo caso, c’è un solo proprietario che possiede il pacchetto totale: voi. L’utile si chiamerà «benessere».
Le scelte per perseguirlo sono coordinate da un presidente e un amministratore delegato, i cui nomi sono «Super Io» ed «Emotivo». Come tutte le società, anche la vostra Srl, avendo come obiettivo primario l’utile, ha una politica che talvolta può risultare cinica, oppure vi impone bruschi cambiamenti che sembreranno per lo meno sconcertanti ai vostri interlocutori.
Le decisioni spicciole e quotidiane vengono prese velocemente dall’amministratore delegato, mentre quelle complicate sono vagliate da una sorta di consiglio di amministrazione interno, così composto:
• dottor Super Io – presidente
• dottor Emotivo – amministratore delegato
• dottoressa Coscienza – segretaria
• dottor Sentimento – consigliere
• dottoressa Amore – consigliere
• dottor Eros – consigliere
• dottor Spirituale – consigliere
• dottoressa Scommessa – consigliere
• dottor Economico – consigliere
• ingegner Pianificatore – consigliere
Il consiglio di amministrazione ha la facoltà di deliberare in modo irrevocabile la migliore soluzione che di volta in volta si presenta. Condizione fondamentale è quella di non affidarvi a esterni: potete ascoltare qualsiasi consiglio utile alla definizione del problema, ma non coinvolgerete nessuno nel processo decisionale, che per essere sincero e onesto spetta solo a voi.
Proviamo ora a immaginare una situazione comune e direi molto divertente: la Srl è un uomo single il cui consiglio di amministrazione deve decidere se intraprendere o meno una relazione con una ragazza, che chiameremo Francesca. Lei è palesemente interessata, ma non ha ancora lasciato il fidanzato. Questa ambiguità rende perplesso il nostro protagonista, che deve decidere quale opzione gli prospetti un maggior benessere: frequentare Francesca o rinunciare a lei?
Apertura del consiglio e discussione
Interviene il presidente, dottor Super Io, per esporre il problema: «Gentili consiglieri, come avrete saputo, da alcune settimane, se non da mesi, è intervenuta nella nostra società, prima come persona gradita, e successivamente come persona molto gradita, Francesca. La sua presenza, e soprattutto il suo agire, hanno fatto sì che la società per certi versi abbia perso un po’ il controllo della situazione e il nostro amministratore delegato, il dottor Emotivo, ha chiesto un consiglio straordinario per decidere e deliberare su come comportarsi. Sono pertanto a richiedere a ognuno di voi un breve intervento a riguardo, per poi votare e giungere a una risoluzione condivisa».
A seguito dell’esposizione del presidente, l’amministratore delegato dottor Emotivo prende la parola: «Gentili consiglieri, sapete con quanta delicatezza gestisco l’aspetto più importante della società, che è quello emotivo. Sono ogni giorno in balìa di umori, aggressioni verbali, palpitazioni, pensieri, che governo con discrezione ed equilibrio per mantenere il timone della società dritto e in acque tranquille. L’andamento è più che soddisfacente, seppure non a livelli eccezionali. Tuttavia, quello che sta per giungere da lontano a velocità sostenuta nella figura di Francesca è come un tornado in una giornata di calma piatta! Ho dato disposizioni ai reparti Egoismo e Cinismo di fronteggiare la situazione per arginare i potenziali danni recati al reparto Deep Emotion, ma purtroppo è intervenuta, senza essere stata interpellata, la direzione Sesso. Dapprima non ha manifestato alcun interesse, aiutando i suddetti reparti Egoismo e Cinismo a mantenere le distanze, poi ha cambiato repentinamente le proprie mire, scatenando un movimento imprevisto di adrenalina e testosterone che ha creato scompiglio all’interno della società. È stato a questo punto che è giunta una notizia preoccupante: Francesca ha un altro uomo. Sono dunque a chiedere con urgenza un vostro parere sul da farsi».
Intervengono nell’ordine riportato i consiglieri.
Dottor Sentimento: «Il mio reparto, ancora sotto controllo, potrebbe passare in breve a livelli di guardia. Dopo aver appreso che Francesca non è single, raccomando la massima cautela onde evitare di prendere cantonate».
Dottoressa Amore: «Per quanto mi riguarda, avendo già profuso notevoli sforzi nei decenni passati, propongo un approccio più leggero e meno impegnativo, volto per il momento a valutare il comportamento doppio della ragazza».
Dottor Eros: «Cari colleghi, non condivido i vostri tentennamenti. Propongo di cogliere al volo l’occasione e di accelerare, per mettere Francesca nelle condizioni di scoprirsi un po’ di più e vedere a che gioco sta giocando».
Dottor Spirituale: «Come ben sapete, abbiamo da poco intrapreso nuovi progetti per consolidare l’autonomia della società. Vorrei quindi scongiurare il pericolo di distrazioni, soprattutto se potenzialmente infruttuose. La spiritualità in questo momento è molto alta: non vorrei che l’intervento di Francesca la riducesse ai minimi storici».
Dottoressa Scommessa: «Come ben sapete, gentili colleghi, il mio reparto cura l’aspetto più delicato della società, da cui dipende la capacità di mettersi in gioco e valutare le reali possibilità di giungere all’obiettivo. A mio parere la ragazza è un traguardo alquanto ostico e la voglia di scommessa è salita a livelli di guardia. Soprattutto dopo la notizia dell’esistenza di un possibile concorrente, di cui personalmente non desidero sapere nulla».
Dottor Economico: «Il mio compito, cari colleghi, è farvi ragionare e soppesare il rapporto tra investimenti e benefici. Ma dove volete andare a finire con Francesca? Avete idea di quanto si dovrà spendere per conquistarla con regali, cene e weekend fuori porta? Data l’incertezza di un effettivo rientro in termini di utili, vi invito caldamente a contenere i vostri istinti e a privilegiare i veri bisogni della società».
Ingegner Pianificatore: «Da un punto di vista strategico, propongo un piano di indagine a tempo indefinito sul soggetto Francesca per verificare il suo ‘presunto’ interesse. Qualora questo si manifestasse in gesti inequivocabili, appronterò un nuovo piano per un’azione immediata».
Dottoressa Coscienza: «Il mio reparto potrebbe contattare il reparto corrispondente della società di Francesca per vedere il suo stato di tranquillità». L’intero consiglio approva l’idea all’unanimità.
Il presidente Super Io riassume lo stato attuale della situazione: «In base ai pareri da voi esposti, ritengo che Francesca sia un soggetto altamente intrigante, attraente e fuori del comune. Ma altrettanto pericolosa nella naturalezza del suo agire, che potrebbe rivelarsi subdolo. Ho ritenuto quantomeno di allertare il generale Orgoglio, responsabile dell’immagine e della tutela della società, riguardo alla presenza del concorrente. Vista la spaccatura che la ragazza sta già creando nel presente consiglio, caldeggio un’immediata risoluzione per portare avanti un’azione congiunta. Procediamo quindi a votare a maggioranza se proseguire la fase di corteggiamento di Francesca».
Le votazioni si svolgono regolarmente e il consiglio d’amministrazione vota con assoluta libertà.
Il risultato è il seguente:
• Favorevoli 7
• Contrari 3
Il Consiglio di Amministrazione approva e delibera di continuare il corteggiamento.
Tutti noi abbiamo familiarità con questi ragionamenti, ma il più delle volte non giungiamo a una conclusione e continuiamo a oscillare tra spinte contrapposte, finendo in balìa delle nostre stesse pulsioni. Con il passare degli anni, l’esperienza ci insegna a essere più realisti e concreti: la Srl diventa un’ottima tecnica di sopravvivenza per far fronte alle quotidiane intromissioni nel nostro equilibrio emotivo e sfrondare il processo decisionale da illusioni e dubbi. È una forma di razionalizzazione, giocosa ma efficace, che vi autorizza a perseguire prima di tutto il vostro bene, poiché un sano egoismo non è immorale: anzi, è la condizione imprescindibile per renderci persone più solide, lucide e serene. In una parola, migliori.
Coincidenze e Destino
Mediamente, a ognuno di noi capitano otto coincidenze significative al mese: spesso sono piccoli segnali che ci aiutano a orientare la nostra esistenza o a mantenere il timone nella giusta direzione. Se li seguiamo, migliorano il nostro equilibrio perché ci conducono dolcemente sulla linea della vita più adatta a noi e innescano una spirale positiva: più siamo in equilibrio, più siamo portati ad assecondare nuove coincidenze, consolidando il nostro stato emotivo, dando forma compiuta al Destino.
Non sempre però il processo è semplice e indolore. Talvolta le coincidenze hanno un impatto devastante e ci impongono di rivoluzionare la nostra vita: il vecchio equilibrio, sempre che fosse tale, lascia il posto a un riassestamento radicale. La fase iniziale può essere sconvolgente, ma dobbiamo viverla con fiducia: la fatica sarà ripagata da un senso di realizzazione più pieno e congeniale alla nostra anima.
Le coincidenze che, come direbbe la dottoressa Scommessa, invitano a metterci in gioco, sono quelle legate al Destino. Si ricordano con facilità perché segnano momenti precisi e determinanti per la nostra esistenza. Il Destino, che magari fino a poco prima ci appariva ingrato e ingiusto, all’improvviso si accende e diventa meraviglioso.
Un esempio viene da un fotografo ungherese che alla fine degli anni Cinquanta abitava a New York. Ogni mattina compiva lo stesso tragitto per andare al lavoro, ma un giorno deviò per recarsi in visita a un amico malato. In metropolitana, seduto di fronte a lui, vide un uomo che stava leggendo un quotidiano di Budapest e dedusse che era un connazionale. All’epoca erano così pochi gli emigranti ungheresi che si alzò e si presentò. Chiacchierarono un po’ e in breve il fotografo venne a conoscenza del fatto che l’uomo aveva perso tutta la famiglia nei campi di concentramento, inclusa l’adorata moglie. Il fotografo gli chiese come si chiamava la donna, e quando sentì il nome sbiancò: era viva e vegeta, abitava a New York ed era una sua amica! Anche lei non si era risposata e parlava spesso del marito scomparso durante la guerra. L’uomo scoppiò a piangere a dirotto e nel giro di due ore poté di nuovo abbracciare la moglie.
La storia dimostra che siamo tessere di un grande mosaico di cui possiamo scorgere solo alcuni tasselli che, uniti, danno una visione, seppur limitata, dell’immensità del disegno creato da Dio. Senza rendersene conto, il fotografo è stato l’artefice di un incastro perfetto fra due tessere che si erano perse. Ogni singola, minuscola casualità ha portato a quel risultato: cambiare percorso proprio quel giorno, scegliere la carrozza della metropolitana, trovarsi di fronte all’uomo, decidere di parlargli… Non ci può essere volontà umana dietro tutto questo, solo il convergere di forze meravigliose che ci spingono, ci guidano e ci proteggono. Il fotografo è stato testimone e strumento inconsapevole di eventi concepiti per portare felicità.
Se la coincidenza appena raccontata appare sorprendente, lo sono ancora di più quelle che coinvolgono persone decedute. Il Destino si può materializzare anche dopo la nostra morte. Il pensiero, le volontà e i desideri dei defunti resistono per decenni nel luogo in cui hanno vissuto. Il ricordo degli altri ne potenzia e accresce la presenza, rendendo possibile l’impossibile. Non ci resta che essere testimoni sopraffatti dallo stupore.
Un esempio riguarda Charles Francis Coghlan, uno dei più grandi interpreti di Shakespeare del suo tempo. Era nato nel 1842 nell’isola Prince Edward, sulla costa orientale del Canada. Morì all’improvviso il 27 novembre 1899, a soli cinquantasette anni, a causa di una malattia fulminante. Si trovava a Galveston, una città portuale del Texas. Poiché la distanza dal suo luogo di origine era enorme, si preferì seppellirlo nel cimitero locale. La bara fu collocata in una camera sotterranea dentro un’arca di granito.
Quello che successe dieci mesi dopo rimane tuttora un affascinante mistero. Il 9 settembre 1900 un terribile uragano devastò Galveston: marosi giganteschi distrussero il cimitero e scoperchiarono le tombe. L’oceano risucchiò la bara di Coghlan, la spinse nel Golfo del Messico lungo le coste della Florida e la corrente la trascinò verso nord. Otto anni più tardi, alcuni pescatori di Prince Edward si accorsero che una strana bara, rovinata e corrosa, galleggiava in prossimità dell’isola. A nove anni dalla morte, il corpo di Charles Coghlan era finalmente tornato a casa. Le correnti lo avevano sballottato per cinquemila chilometri per ricondurlo nella sua adorata patria. I concittadini, felici, decisero di seppellirlo accanto alla chiesa dove era stato battezzato.
È difficile credere che un fatto del genere sia accaduto davvero, ma è dimostrato e comprovato. Lasciamoci cullare dalla magia dell’inspiegabile. Non possiamo sempre dare una risposta scientifica a tutto. Il Destino di Charles Coghlan era di tornare a casa per sempre. Forze della natura, per noi incomprensibili, hanno captato la sua volontà e hanno «prelevato» il corpo per consegnarlo, con calma e dedizione, al luogo da lui prescelto. Quando tutto spinge a nostro favore, poco importano il tempo, la distanza e persino la morte.
Purtroppo non sempre le coincidenze sono a lieto fine. Il loro significato resta comunque profondo e rivelatore, anche nei momenti estremi della vita, e i legami con il Fato e il Destino sono altrettanto evidenti e inconfutabili. Chi le vive in quel momento si sente illuminato e comprenderà il senso del sacrificio che sta per compiere. Esattamente come accadde al soldato Jabez Spicer nel Massachusetts. Fu ucciso da due pallottole il 25 gennaio 1787, durante la rivolta capitanata da Daniel Shays. Jabez indossava la stessa giubba portata da suo fratello Daniel quando venne ucciso il 5 marzo 1784, anche lui da due colpi. Ma il fatto incredibile è un altro: i proiettili che uccisero Jabez passarono esattamente attraverso i due fori che tre anni prima avevano messo fine alla vita di Daniel. Ora i corpi dei due fratelli riposano uno di fianco all’altro, ma le loro anime se ne sono andate da tempo, unite nella vita e nella morte.
Coincidenze e Karma
Karma è una parola sanscrita che vuol dire «azione» o «compito». Indica la legge di causa-effetto che regola l’esistenza dell’anima: a ogni azione corrisponde una reazione equivalente, che punisce o ricompensa la nostra condotta. Chi ha ben seminato sarà premiato, chi ha sbagliato ne pagherà le conseguenze. A ognuno tocca ciò che ha meritato, nel bene e nel male. Ma non è mera contabilità morale: secondo le religioni orientali, è la forma naturale e suprema di giustizia, che assicura un equilibrio costante e perfetto. Nella concatenazione degli eventi, ogni causa provoca un effetto proporzionato, che a sua volta sarà causa di un nuovo effetto altrettanto proporzionato. A livello individuale, sappiamo che nessun comportamento sfugge a questa legge e che ogni avvenimento trova radice e origine nelle nostre scelte. In quanto tale, il Karma esclude la coincidenza come casualità e riconosce la causalità intrinseca del Destino individuale.
Il tempo ha poca importanza. Non sempre la reazione segue immediatamente l’azione; anzi, spesso l’equilibrio si ristabilisce nel samsa-ra, il ciclo delle morti e delle rinascite. Ogni anima porta con sé il peso del proprio passato e quando si reincarna si manifesta il Karma delle vite precedenti. Se nella nostra esistenza feriamo saremo feriti, se uccidiamo saremo uccisi, se rubiamo saremo derubati, ma non sappiamo se la reazione avverrà in questa o in un’altra vita. Con la misura di oggi saremo misurati domani. Per questo alcuni nascono tra cuscini di piume e altri nella disgrazia. Prima o poi arriveranno gli effetti che le nostre azioni hanno causato: quando un essere viene in questo mondo, reca con sé il proprio Destino. È tutto scritto nel libro del Karma che si trova nel palazzo della Giustizia divina.
Il Karma potenziale è quanto abbiamo accumulato nelle vite precedenti e sta aspettando di manifestarsi. Ovviamente, può essere positivo o negativo. La strada da percorrere nel segno del Karma è quella della pace interiore e della conoscenza; per imboccarla, dobbiamo compiere azioni che generino effetti positivi e stimolanti su di noi e gli altri. Scrivere questo libro, per esempio, è certamente positivo e porterà a sua volta effetti positivi, poiché serve a combattere e a superare l’ignoranza.
Si racconta la storia di un sant’uomo che irradiava un’insolita aura di serenità. Una luce ultraterrena, quasi celestiale, splendeva dal suo corpo e attraeva folle di persone che lo seguivano ovunque.
«Sei Dio?» gli chiedevano.
«No», rispondeva lui.
«Sei un profeta?»
«No, mi sono semplicemente risvegliato.»
Questa antica storia orientale dimostra che, ripulendo il Karma dalle azioni negative e nefaste, possiamo diventare persone più consapevoli, più felici, più elevate, riportando alla luce la parte pura e divina della nostra anima.
Le coincidenze note legate al Karma sono rarissime, poiché difficilmente si può dimostrare il legame con le vite precedenti. Per questo motivo la storia che sto per raccontare è ancora più degna di attenzione.
I due protagonisti non avevano nulla in comune se non il medesimo psicanalista. Nel 1996 il dottor Goldberg, psicoterapeuta a Woodland Hills, California, aveva in cura un uomo di nome Arnold che asseriva di avere ricordi molto vividi della sua vita precedente. Era certo di essere stato un apprendista artigiano che lavorava i metalli in Europa nel Medioevo. In quella vita si chiamava Thayer e veniva tiranneggiato dal suo maestro. Dopo pochi anni di lavoro, ebbero un violento litigio che sfociò in una furiosa colluttazione durante la quale fu colpito a morte allo stomaco.
Un anno e mezzo dopo l’incontro con questo paziente, il dottor Goldberg conobbe Brian, che si era rivolto a lui per curare la propria tendenza a manipolare gli altri. Sotto ipnosi, affiorarono ricordi di una vita precedente, in cui era stato un maestro della lavorazione dei metalli nel 1130. Allora si chiamava Gustave e aveva assunto un nuovo apprendista, rivelatosi poi un incompetente. Brian/Gustave disse che quest’uomo si chiamava Thayer e ammise che, qualche tempo dopo, in seguito a una furiosa lite, lo aveva accoltellato allo stomaco e al collo.
Arnold e Brian non sapevano che i loro ricordi coincidevano e si confermavano a vicenda. Il dottor Goldberg era il fattore di collegamento di una coincidenza strabiliante, ma sapeva bene che se avesse organizzato un incontro tra i due pazienti le conseguenze sarebbero state imprevedibili, e preferì non interferire con la legge del Karma.
Per gli indiani d’America la morte è a volte la grande guaritrice, la soluzione ultima a una vita che segue una direzione sbagliata. Talvolta è vero anche per il Karma: chi non riesce a superare il peso del proprio Destino, con l’estremo atto chiude un cerchio durato secoli. Può altresì accadere l’inverso: se il Karma non si è ancora compiuto, circostanze inspiegabili intervengono a bloccare il momento estremo. Nell’estate del 1995 il camionista Don Augusta aveva appena terminato di riempire d’acqua la sua autobotte da circa ottomila litri e aveva ripreso la sua strada, quando vide un’auto in fiamme. La ragazza alla guida, Heather Skaggs, si era addormentata al volante e aveva perso il controllo del veicolo che si era ribaltato finendo contro un albero. Il camionista si fermò e azionò la valvola della cisterna: in pochi secondi spense l’incendio e salvò la ragazza da una morte certa. «È stata una fortuna che avessi appena fatto rifornimento di acqua», esclamò Don. Fortuna? Coincidenza? Forse una strizzatina d’occhio di Dio…
Il senso delle coincidenze negative
Nell’era moderna, sopraffatti dal ritmo frenetico degli impegni, perdiamo di vista il valore della nostra esistenza e la sua fragilità. Quando una coincidenza ci rallenta e modifica i nostri razionalissimi piani ci infuriamo, la malediciamo e chiamiamo in causa la sfortuna. E se invece quell’apparente contrattempo fosse un messaggio per noi? Qualcosa che ci impone di fermarci e di cambiare strada per il nostro bene? Solo di fronte all’evidenza lo capiamo. In questo caso, anche la persona più fredda china la testa.
È accaduto a un uomo d’affari, interessato solo alla carriera e al guadagno: mentre in autostrada premeva sull’acceleratore per non perdere l’aereo, forò una gomma e fu costretto a fermarsi. La cambiò in fretta e furia e si rimise in viaggio. Dopo dieci chilometri, successe ciò che nessuna statistica al mondo potrebbe giustificare: forò una seconda volta. Entrò in una stazione di servizio e, inveendo contro la malasorte, fece riparare la ruota. Era fuori di sé: se avesse perso il volo, sarebbe sfumata un’importantissima riunione e un accordo da migliaia di dollari. La sua unica speranza era che il volo fosse in ritardo. Finalmente in aeroporto, al check-in lo informarono che l’imbarco era chiuso e l’aereo era prossimo al decollo. In giornata non erano previste altre partenze per la sua destinazione e all’uomo non restò che tornare a casa dalla moglie e dalle figlie. A cena non aprì bocca e nessuno osò proferire parola. Si alzò da tavola solo per sprofondare sul divano davanti alla televisione. Mentre faceva zapping, si fermò sulla CNN per una notizia dell’ultima ora: il volo che avrebbe dovuto prendere era precipitato e non c’erano sopravvissuti. La più incredibile malasorte si rivelò la sua migliore fortuna.
Lo stesso può accadere a noi, in qualsiasi momento. Quando tutto volge al peggio, quando anche le situazioni più rosee hanno esiti negativi, forse c’è un motivo. Non siamo noi, né la nostra incapacità, né una sfortuna cieca: è il Destino che vuole parlarci. Proprio come la malattia è la manifestazione estrema di uno squilibrio che ci impone di cambiare rotta, così la coincidenza – in apparenza – negativa ci costringe a uscire dai binari consueti per intraprendere un viaggio verso l’ignoto. Non possiamo prevedere la meta, ma solo partire fiduciosi. Arrendiamoci serenamente ai segnali che ci arrivano. Ascoltiamoli e accogliamoli anche se non hanno logica. Non forziamo il nostro Destino, ma abbandoniamoci al suo abbraccio.
Sconfiggere la paura e la morte
Il più grande ostacolo che incontriamo sulla strada della consapevolezza e della crescita spirituale è la paura. Ma di cosa? Dell’ignoto, del mistero, della morte. Sono convinto che la paura nasce dall’ignoranza. Chi non sa, ha paura. Razionalizza, tentenna, cerca una spiegazione e rifiuta di riconoscere l’evidenza del Destino.
Il nostro timore più grande è quello di morire. Le persone non sanno che cosa sia la morte e ne evitano anche il solo pensiero. Lo ha raccontato perfettamente R.K. Narayan, uno tra i maggiori autori indiani del Novecento. Nella sua riscrittura del Mahābhārata, il grande poema epico del suo Paese, e uno dei testi fondamentali dell’induismo, si legge: «Qual è la cosa più stupefacente al mondo? Giorno dopo giorno, ora dopo ora, gli uomini muoiono e i loro cadaveri vengono portati via. I vivi osservano, eppure non pensano che un giorno o l’altro anch’essi moriranno. Credono invece che vivranno per sempre. È questa la cosa più stupefacente al mondo».
Il nostro cervello non accetta il concetto di morte. Lo fugge di continuo. Anche quando ci troviamo di fronte alla scomparsa di un nostro caro, lo osserviamo come se gli fosse capitata una disgrazia che non ci riguarderà mai. Abbiamo paura di qualcosa che è nella natura, nello stato delle cose e nell’ordine dell’Universo. Qualche anno fa riflettevo su quante persone sono passate in questo mondo. Qualcuno l’ha calcolato e ne è uscita una cifra impressionante: cento miliardi! Non ci saremmo mai stati tutti insieme sul pianeta: dobbiamo far posto ai nuovi arrivati.
La morte è semplicemente un punto di passaggio, non la fine di tutto. Non conoscendo gli aspetti fisici e spirituali di ciò che accade durante il trapasso, l’individuo la teme e diventa insicuro. Eppure esistono centinaia, migliaia di testi che trattano questo mistero e che potrebbero aiutare ad affrontarlo con meno paura. Grandi iniziati del passato e del presente, ricercatori e scienziati (come la dottoressa Elisabeth Kübler-Ross, fondatrice della psicotanatologia) hanno dedicato la vita a indagare la morte, lasciando riflessioni, testimonianze e documenti interessantissimi.
Citerò un solo esempio fondamentale che spiega perché, partendo dalla scienza, si arriva alla metafisica. Jean-Émile Charon, fisico e filosofo che approfondì le teorie di Einstein, mente illuminata e geniale, nel 1975 scoprì che gli elettroni (compresi quelli del nostro corpo) contenevano, come in un guscio di materia, un nuovo spazio-tempo, diverso da quello a noi più familiare. Immaginiamo l’elettrone come una bolla di sapone: mentre all’esterno il tempo scorre in modo irreversibile dal passato verso il futuro, all’interno è invece ciclico con un periodo molto corto. Quindi la bolla di sapone contiene un tempo che riporta continuamente gli avvenimenti passati nell’istante presente. Charon chiamò questo fenomeno «tempo dello spirito».
Le particelle «spirituali» sono stabili, ossia la loro durata è paragonabile a quella dell’intero Universo. Questo fatto è estremamente importante per le sue conseguenze metafisiche: se gli elettroni racchiudono uno spazio-tempo che non può mai perdere il suo contenuto informazionale e hanno una vita praticamente «eterna», allora tutti i dati che immagazziniamo in vita negli elettroni del corpo sopravviveranno per sempre alla morte. Per questo motivo la morte non esaurisce il nostro essere e i pensieri individuali continuano a dare forma alla realtà. Parte di noi è eterna e divina e permane all’infinito nell’Universo racchiusa in componenti fisiche (gli elettroni) che hanno caratteristiche metafisiche (l’eternità). La scoperta di Charon trascende la fede e fornisce una spiegazione scientifica alla spiritualità umana che dovrebbe «alleviare» razionalmente la paura dell’ignoto e della morte.
Un altro argomento che molti ignorano è l’esistenza di una Intelligenza Cosmica. Senza addentrarmi in questo tema, mi limiterò a evidenziarne un aspetto importante. Secondo la visione del filosofo Omraam Mikhaël Aïvanhov, moderno profeta della Luce, al momento della morte, all’interno dell’Intelligenza Cosmica si attiva l’Akasha, una sorta di registratore infinito universale che memorizza ogni azione o pensiero degli uomini. Tutti noi ci ritroveremo ad affrontare questo «esame» percorrendo e rivivendo quanto abbiamo fatto, nel bene e nel male. I benefattori ignari, per esempio, vedranno, comprenderanno e sentiranno tutto il bene che sono riusciti a portare e ne resteranno abbagliati.
Non dobbiamo vivere in preda ai nostri timori: guardiamo in faccia ciò che ci spaventa, come la morte, e scopriremo che non c’è nulla di spaventoso. Anzi, la morte stessa dimostra l’eterna esistenza dell’anima e l’Intelligenza che presiede il nostro cammino. La nostra vita non è un caso. Non siamo qui per caso. Noi tutti abbiamo una ragione per essere qui.