«Che il potere dei nostri saggi antenati ci accompagni nella missione attuale e santifichi il nostro lavoro».
«Così sia», ripetettero tutti insieme.
«Che la forza, la fede e le tenebre ci accompagnino durante tutto il nostro lavoro segreto».
«Così sia», ripetettero tutti insieme in un'unica voce.
Mentre completavano la cerimonia, Kosmàs cercò di cambiare posizione per vedere un po' meglio da sotto la botola. Gli si erano mani intorpidite in così tanto tempo e cercò di muoversi... allora accadde l'incidente... scivolò...
Un assordante "bam" si udì dal fondo, mentre sforzandosi di cambiare gamba Kosmàs era scivolato verso il basso e la botola si era chiusa improvvisamente sulla sua testa.
«Chi è là?» sobbalzarono tutti gli uomini. «Presto, andate a vedere che è stato», ordinò brusco lo psichiatra bavarese.
Immediatamente tre uomini corsero in fretta con i loro mantelli sventolanti verso il punto in cui si era sentito il rumore, sollevarono la botola e sentirono i passi di Kosmàs mentre scendeva la scala. Correva quanto più forte poteva.
I suoi inseguitori saltarono e gli si avvicinarono a passi veloci... Corse per sfuggirgli, ma erano più veloci. Presto gli furono addosso e sentì un piede battergli la caviglia e mettergli uno sgambetto. Cadde a faccia in giù e sentì la guancia strisciare sul terreno. Immediatamente un ginocchio gli bruciò pesantemente sulla schiena tagliandogli il respiro e due mani gli presero saldamente la nuca spingendogli il mento per terra.
«Non muoverti, fermo ho detto», gli sibilò una voce, quando tentò di divincolarsi.
Lo sollevarono, lo presero saldamente sotto le ascelle e cominciarono a camminare all'indietro, tornando al tempio.
Lo condussero dinanzi al tavolo, l'uno mostrò al Tedesco la pistola di Kosmàs, che poco prima gli aveva tolto dalla fondina.
«Poliziotto?» chiese il Bavarese.
Kosmàs sputò davanti a lui la terra che aveva inghiottito.
«Parla!» urlò. «Non ci senti? Non parli?»
«Maggiore Kosmàs Athanasiou, Numero di Matricola 47066», rispose Kosmàs.
«Maggiore? Che c'entra un Maggiore qui?»
Kosmàs ripetette il grado, il nome e il numero di matricola.
«Benissimo... non ce lo dirai... Da quanto tempo sei qui? Che hai sentito?»
Kosmàs rimase in silenzio. L'uomo alla sua destra gli tirò un pugno allo stomaco che gli tagliò il respiro e lo fece piegare a metà.
Vecchia storia... Kosmàs era stato addestrato per anni alla scuola dei prigionieri, sapeva come reagire ad ogni movimento, semplicemente da molto tempo non si trovava in una tale posizione... molto tempo...
«Legatelo qui», indicò uno dei due carcerieri e continuò «Grande Capo, non ha fatto in tempo a fare niente, i cellulari non prendono: ciò che sa rimarrà tra noi».
Portarono una sedia, lo sedettero e ve lo legarono strettamente mani e piedi. Non poteva muovere né braccia né gambe.
«Lasciatelo là legato e venite a chiudere il nostro rito, Fratelli miei. Tra poco dobbiamo partire per la nostra missione, il tempo scorre, dobbiamo chiudere la nostra cerimonia come previsto».
Kosmàs vide i suoi tre persecutori reindossare le loro maschere come anche l'Arciprete bavarese e sedersi accanto agli altri tre che non si erano mossi dal tavolo.
L'Americano chiese:
«Faremo in tempo, Eric? Sono molti stretti i tempi».
«Faremo in tempo, non preoccuparti».
«Fratelli, in piedi», ordinò, «date il segnale».
Tutti batterono il pugno destro nel palmo della loro mano sinistra quattro volte.
«In qualità di Sua Maestà e con l'aiuto dell'energia divina dichiaro chiusi i lavori di oggi».
Portò il pugnale d'argento sopra il vaso pieno di sangue, del sangue dei quattro uomini sfortunati, colpì l'orlo del vaso prima sopra, poi a destra e poi a sinistra in forma di triangolo e poi versò il contenuto sull'altare. Il fuoco strepitò fino a spegnersi.
Kosmàs si sforzava di liberarsi dai legami ma erano molto stretti e la corda spessa gli serrava le mani.
«Ritiriamoci in silenzio e segreto...»
«Dunque noi andiamo, partiamo direttamente per l'aeroporto», disse il Bavarese... «Joseph, vieni che ti bacio... buona fortuna ragazzo mio...» Lo baciò quattro volte sulle guance. «Vai ora...»
Joseph si diresse verso la botola trasportando la preziosa fotocamera nella sua borsa, dopo aver appeso sul collo l'accreditamento importante che gli avrebbe permesso di passare attraverso i blocchi di polizia ed entrare nel sito della cerimonia presso il Museo dell'Acropoli.
«John e Philippe noi andiamo, facciamo subito il check out. Tu, caro», si rivolse all'altro uomo sconosciuto, «resta indietro a regolare come sai l'intruso e se necessario ripulisci il luogo... con il fuoco» e gli mostrò alcuni bidoni di benzina che erano nella parte posteriore del tempio.
Gli altri due stranieri raccoglievano le divise, le maschere e gli altri attrezzi del cerimoniale.
«Ciò che è sul tavolo raccoglilo tu, dopo che hai sistemato il "pacchetto"», e gli indicò Kosmàs.
Annuì in quella luce così scarsa, che ora era ancora più bassa dal momento che avevano spento anche tutte le candele del cerimoniale.
Il Bavarese con gli altri due scesero dalla botola per andare al loro albergo, poco dopo Joseph. Gli altri due uomini con il bagaglio dell'apparecchiatura rituale seguirono scendendo un po' più tardi verso la Chiesa Russa.
Kosmàs rimase solo e vide l'ultimo uomo riempire e armare una pistola. Mentre gli si avvicinava, cominciò a distinguere più chiaramente il suo volto. E quello allora gli parlò... in greco...
«Non dovevi immischiarti in affari che non ti riguardavano, Kosmàs...»
Kosmàs si paralizzò! L'ultima persona al mondo che pensava di vedere! Un volto tanto amico e noto... incredibile!
«Leonida!!!» gli disse con la sorpresa chiaramente dipinta sul volto. «Tu??? Che c'entri tu qui??? Come sei invischiato con questi?»
«Kosmàs, sono molti soldi...» gli rispose. «Che pensavi che con i 3 e 60 che ci dà l'Agenzia sarei rimasto? Sì, mi hanno arruolato molti anni fa... con il loro aiuto ho preso la casa, la macchina e... come vivo, pensi?»
«Ma tu hai detto l'eredità di tua zia in Austria...»
«Non essere sciocco, amico... l'Agenzia non ha alcun significato, è solo denaro».
«Il Comandante? L'Agenzia come? Com’è che non lo sanno? O forse lo sanno?»
«Fai troppe domande... nessuno sa niente, sono stato e sono attento».
«Mi spiace per te, tradire il proprio paese, i propri ideali, i principi, cosa sei diventato, Leonida?»
«Meglio ricco senza principi che povero e virtuoso», gli rispose immediatamente Leonida. Fine... non parlare… è giunta l'ora, mi spiace, sei giunto nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ti trovi sempre nel posto sbagliato: è proprio una mania, eh fratello!»
«Quanto ho sbagliato!!! Ti avevo come buon amico e collega, non potevo mai immaginare che ti eri ridotto così miseramente...»
«Sta zitto ho detto...» alzò la pistola e la puntò alla testa di Kosmàs. «Mi spiace Kosmàs, ma non c'è altro modo... sinceramente... non esiste».
Nel momento in cui premette il grilletto, Kosmàs chiuse gli occhi. Sentì due colpi da sparo a millesimi di secondo di distanza e sentì un bruciore fortissimo al petto... Mentre cadeva indietro legato alla sedia, fece in tempo a vedere Leonida cadere in ginocchio con un buco esattamente tra gli occhi.
Poi batté indietro la testa e tutto si spense dentro in un lampo. Prima che si spegnesse sentì come in un sogno una mano sulla guancia... Sara?