Quando ci siamo sentiti per l’ultima volta con Noa e lui mi ha chiesto cosa pensavo che era, non mi è mai venuto in mente di farmi quella domanda su me stesso. Adesso però so la risposta: che cosa sono, sono uno bravo a fare il cattivo. Strano che mi ci è voluto tutto ’sto tempo per arrivarci, ma se uno rivede tutto quanto dall’inizio non è poi una gran sorpresa.
Il fatto è questo: alla gente qua dentro servono cose e io so rimediare quello che gli serve. C’è un sacco di gente qua dentro che farebbe di tutto. Adesso ho un po’ di potere, quindi spargo la voce e i miei nuovi amici fanno quello che devono fare – alzano la voce, mostrano i muscoli, passano una mazzetta, danno via il culo, fatti loro – basta che mi levano i Wild Eights dalle palle e me li tengono lontani. Ai miei do sempre la loro fetta. Insomma, ci sono i miei amici e quelli di Justice, fuori, che fanno arrivare roba a Trujillo e ai suoi, che poi la fanno arrivare a me dentro. Io sono tipo Amazon, praticamente. A volte i Wild Eights rompono un po’ le palle ma più il sistema funziona per Trujillo e meno mi devo preoccupare. C’è un nuovo sistema e nel nuovo sistema la piazza ce la dividiamo in due, gli Eights fanno affari coi loro e io con tutti gli altri.
Ci sono giorni che penso a papà e mamma e Kaui, fuori, a tutto quello di cui avranno bisogno, e a Noa che adesso non c’è più. Tanto tempo fa mi dicevo che le cose sarebbero cambiate. Magari fin dall’inizio mi ero solo fatto un film come un coglione. Magari doveva andare per forza così, da sempre.
E questo pensiero mi colpisce come un pugno in faccia. Allora capisco cosa devo fare. Durante l’ora d’aria vado al telefono e chiamo un tipo, uno di quelli di Justice, il vero nome non lo so. Al telefono si fa chiamare Paul.
«Oh, amico mio!» dice Paul. Dalla voce sembra proprio un perfetto haole. «Spero che... dentro non te la passi troppo male. È solo questione di tempo, no?».
«Sì, ecco, a proposito» gli dico. Devo capire come fare a parlargli della mia idea. «Mi sa che sarà più lunga di quello che pensavo, eh. Certi giorni mi viene voglia di fare qualche cazzata, di mettermi nei guai, per restare qua dentro e basta».
Lui sta zitto. Pensa. «Be’, aspetta» mi dice. «Cioè, tu fai quello che devi fare. Io non sto lì, quindi non so com’è la situazione. Però pensa anche a tutti quelli che stanno qui fuori, ok?».
Mi sta dicendo: Grazie per la collaborazione ma non restarci troppo lì dentro. Mi pare un buon segno. Si vede che pensano che fuori posso fare cose più importanti.
«Sì, hai ragione» dico. «È che penso anche alla mia famiglia, no? Quando esco voglio vederli orgogliosi di me».
Che sarebbe come dire: Devo mandare dei soldi a casa.
I miei soldi.
I nostri soldi.
«Sì, capisco» dice Paul.
Appena sul conto in banca ci sarà una cifra decente, i soldi partiranno dritti per le Hawaii. So che Justice e i suoi mi possono dare una mano.
Dopo la telefonata comincio a pensare a come farmi qualche altra settimana qui dentro. Di regole da infrangere ce ne sono a milioni, e se c’è una cosa che sono bravo a fare è quella.
Sì. Ce la posso fare.