Il giorno di Natale del 1999 un pensionato era assorto alla guida sulla strada di montagna che da Oslo porta a Hemsedal. Settant’anni, vedovo, era appena stato a casa della figlia, dove avevano festeggiato il Natale. Solitamente gli piaceva quella strada, per due ragioni. La prima era che in città non stava bene. Appena poteva se la svignava, abbandonando gli uomini e i loro perenni desideri. La seconda ragione era che amava sentirsi immerso in quella natura meravigliosa. Boschi, altipiani, vette, corsi d’acqua, tutte le stagioni erano ugualmente fantastiche. Il meglio della Norvegia. La vera bellezza. L’inverno era arrivato presto quell’anno e quando era caduta la neve con la sua magia, era stato come trovarsi a guidare in una cartolina silenziosa e magnifica. Da qualche tempo però l’anziano aveva problemi di vista, per cui aveva disperatamente cercato di defilarsi il prima possibile, in modo da potersi godere il viaggio di ritorno con la luce. Invece niente, non era riuscito ad andarsene in tempo. Buio. Non era affatto contento. Una cosa era starsene seduto davanti al camino, in quel caso non c’erano problemi, non aveva nulla da dire se la Terra aveva fatto un altro giro e adesso era il suo turno di beccarsi la notte, certo che no, in realtà la cosa poteva risultare anche gradevole. Versarsi un bicchiere di qualcosa di buono. Infilarsi sotto la coperta sul divano mentre intorno a lui, fuori, si risvegliava la vita notturna degli animali e il freddo cominciava a mordere sul serio facendo scricchiolare le spesse pareti di legno. Ma in macchina... così lontano da casa... No, non gli piaceva affatto. Rallentò e avvicinò ancora di più il viso al parabrezza. Aveva fatto installare dei nuovi fendinebbia, fari potenti per condizioni di emergenza come quella, e li accese non appena le nuvole cominciarono a scendere coprendo l’ultima debole luce che gli aveva concesso la luna. All’improvviso era calato un buio pesto. L’anziano fece un sospiro e per un istante si chiese davvero se non fosse il caso di fermarsi e aspettare. Che sciocchezza, certo. Fuori era quasi meno venti. Era lontano da tutti. Doveva resistere. Arrangiarsi come meglio poteva. Stava per accendere la radio per tenersi sveglio quando i fari all’improvviso colpirono qualcosa che gli fece spingere entrambi i piedi contro il fondo dell’abitacolo.

Oh, mio Dio.

Una sagoma laggiù, sulla strada.

Ma che...?

A cinquanta metri.

Venti metri.

Dieci.

Spinse disperatamente il pedale del freno, sentì il cuore risalirgli in gola, le nocche bianche contro il volante, e il mondo parve fermarsi davanti ai suoi occhi finché l’auto finalmente si arrestò.

L’uomo rimase immobile cercando di prendere fiato.

Ma che diavolo...?

Sulla carreggiata davanti a lui c’era un ragazzino.

Immobile.

Le labbra blu.

Con delle corna di cervo sulla testa.