«Ci sono un sacco di cose che dobbiamo fare in poco tempo, quindi cerchiamo di non perderci per strada» disse Munch dalla pedana accanto allo schermo.
Gabriel Mørk posò la Coca-Cola e riuscì a prendere posto sulla sedia appena prima che si spegnesse la luce.
«Stai guardando me?» disse Curry.
«Se potessi aspettare fino alla fine per le domande, sarebbe perfetto» mormorò Munch sfogliando rapidamente le carte che stavano sul tavolo accanto.
Ci fu qualche debole risata, ma tornò nuovamente il silenzio appena apparve la prima foto sullo schermo.
«Vivian Berg, ventidue anni» disse Munch facendo scorrere la prima serie di fotografie. «Scomparsa dal suo appartamento di St. Hanshaugen giovedì pomeriggio e ritrovata cadavere a Svarttjønn sabato mattina presto.»
«Lo sappiamo con certezza?» domandò Curry.
«Che cosa, Jon?» sospirò Munch.
«Che è scomparsa dall’appartamento giovedì?»
«Anette?» domandò Munch facendo un cenno alla Goli, che si alzò.
«Abbiamo due testimoni che dalle scale hanno visto Vivian Berg lasciare casa giovedì pomeriggio tra le cinque e le cinque e un quarto. Il video che abbiamo appena ricevuto ci mostra che la testimonianza corrisponde, ma...»
«Video?» ripeté Curry che evidentemente non era del tutto aggiornato.
Avevano appena ricevuto il video di sorveglianza di un chiosco che, a quanto si diceva, avrebbe mostrato Vivian Berg che usciva di casa.
«Che cosa ho detto a proposito delle domande alla fine?» disse Munch.
«Sì, ma...» commentò Curry.
«Per chi ancora non l’avesse saputo» disse Anette facendosi forza, «al momento abbiamo ricevuto tre video. La Mercedes sulla E18. La Mercedes che passa davanti al centro commerciale di Sandvika e ora quest’ultimo video che mostra Vivian mentre sta uscendo dal suo appartamento, probabilmente per andare alla macchina.
«Secondo il medico legale, Vivian era nell’acqua da meno di ventiquattro ore quando è stata ritrovata» continuò Anette. «L’ultimo filmato di Sandvika mostra che l’auto è passata davanti al centro giovedì sera poco prima delle sette, il che ci dà un luogo e un arco di tempo di trentasei ore.»
Guardò rapidamente Munch, che annuì.
«Scusate» intervenne Ylva. «Ma trentasei ore per cosa?»
La giovane islandese era entrata nella squadra l’autunno precedente e, come sempre, nessuno sapeva esattamente dove Munch l’avesse trovata, ma aveva iniziato subito. Gabriel era contento di non essere più l’unico novellino. C’erano molte cose che gli investigatori esperti davano per scontate e adesso c’era anche Ylva che poteva porre quel tipo di domande in modo che non guardassero lui come un dilettante.
«Dall’ultima volta che l’abbiamo vista fino a quando è stata trovata» rispose Munch.
«E quanto ci vuole da Sandvika fino allo Svarttjønn?»
«Due ore al massimo» rispose Anette.
«È stata tenuta nell’auto?» domandò Ylva. «Per più di un giorno?»
«Questo lo vedremo più tardi» disse Munch annuendo ad Anette.
«Allora», proseguì la Goli, «Vivian scompare giovedì pomeriggio. Secondo la KRIPOS pare che abbia lasciato la casa in tutta fretta. Il suo cellulare era ancora lì, c’era un portatile aperto sul tavolo del soggiorno. In forno c’era del cibo. Come se stesse preparando la cena, quando all’improvviso si veste, esce in corridoio, chiude a chiave la porta e si allontana tranquilla fuori dal condominio.»
«Cosa?» intervenne Curry non riuscendo a trattenersi. «Ha lasciato il suo appartamento in tutta fretta senza prendere nulla con sé, ma poi esce tranquilla?»
«Un’altra delle cose che sono state trovate in casa su cui dobbiamo porre l’attenzione sono le medicine» riprese la parola la Goli. «Come adesso sapete tutti, sono stati trovati antidepressivi e tranquillanti. Elementi che ci portano a ipotizzare che Vivian non stesse benissimo. Abbiamo contattato sia il suo medico di base sia il suo psichiatra e stiamo facendo il necessario per avere accesso alle sue cartelle cliniche.»
«Grazie, Anette» disse Munch mentre la Goli tornava a sedersi.
«Raymond Greger» disse Ludvig Grønlie alzandosi in piedi.
«Tipo misterioso, sono riuscito a trovare molto poco su di lui. Bodø è stata molto vaga, è evidente che ci sono degli avvocati coinvolti in questa storia e che in qualche modo sono stati minacciati. In ogni caso, pare che questa vicenda di qualche anno fa in cui due bambine erano scomparse al momento non ci fornisca elementi utili per inchiodarlo. Detto ciò, di lui sappiamo ben poco. Ha cinquantotto anni. Celibe. Niente figli. Lavora come insegnante alla scuola media di Hedrum fuori Larvik e al momento è in congedo per malattia, perché...»
Grønlie inforcò gli occhiali e diede un’occhiata alle sue carte.
«Sì, neanche questo sono riuscito a sapere, comunque, gli stiamo addosso. La polizia di Larvik lo sta cercando, ho spiegato loro che in questo momento è la nostra priorità.»
«Il suo cellulare?» domandò Gabriel aprendo la bocca per la prima volta.
«Secondo Telenor è scollegato e a quanto pare lo è da giovedì» rispose Grønlie, e tornò a sedersi.
«Nel telefono di lei c’era qualcosa?» domandò Ylva curiosa.
«Non secondo l’elenco che ho ricevuto» disse Gabriel. «Non è stata in contatto con lo zio. Non erano nemmeno amici su Facebook. Nulla che indichi che abbiano avuto a che fare l’una con l’altro...»
«Raymond Greger» disse Munch. «In questo momento è assolutamente il nostro numero uno. Come si è detto, Larvik lo sta cercando e se non lo troviamo intensificheremo la caccia nel corso della notte. Mia?»
«Un paio di cose» disse Mia andando davanti allo schermo.
Fece un cenno col capo a Munch. Sullo schermo apparve una nuova fotografia. Gabriel non l’aveva ancora vista.
«Questo è un graffio sulla lente della macchina fotografica trovata sulla scena del crimine.»
«Ma rappresenta qualcosa?» domandò Ylva spingendosi gli occhiali sulla radice del naso.
«Un numero. Il quattro» disse Mia facendo un cenno col capo a Munch che pigiò di nuovo il telecomando, mostrandolo più chiaramente.
«All’inizio pensavo» disse Mia, «che con questa, con la macchina fotografica intendo, lui avesse fotografato l’assassinio, le fasi dell’omicidio. Che fosse una caratteristica sua. Visualizzare tutto quanto, prendersene cura. Ma ora non ne sono più così certa.»
«Perché sappiamo che è un lui?» la interruppe Curry.
«Le impronte intorno al cavalletto sono numero 43» disse Mia, tranquilla.
«A meno che non si tratti di una donna con le scarpe da uomo...»
«Allora le impronte sarebbero state più profonde al centro e più superficiali ai margini» disse Mia facendo un altro cenno verso Munch.
Nuova foto.
La pagina del libro.
«Notate qui che il numero di pagina è stato raschiato via» proseguì Mia. «Ci sta dicendo che questo numero non significa nulla.»
«Cosa...?» cominciò Ylva, ma Mia la ignorò mentre Munch pigiava per proiettare un’altra immagine.
«E ora giungo alla parte dolorosa» disse Mia facendo un cenno in direzione della pagina del volume sullo schermo. «A ciò che non oso pensare. E a cui non riesco a fare a meno di pensare. I fratelli Cuordileone. Qui il fratello minore, Karl Løve, racconta dell’incendio. Karl è malato e ha bisogno di aiuto, e il grande eroe, il fratello maggiore Jonathan, sacrifica la propria vita affinché il fratello possa continuare a vivere. In seguito tutti desidereranno che fosse invece morto il fratello.»
Nella sala calò il silenzio.
«Dunque abbiamo il numero quattro» continuò Mia. «Questo è un elemento importante. E poi abbiamo la pagina del libro, che è l’altro elemento. È da qui che dobbiamo cominciare.»
«Ma...» intervenne di nuovo Ylva, e venne zittita un’altra volta.
«E poi dobbiamo guardare questo» disse Mia. «Penso sia molto importante. Il video di sorveglianza che vedremo ora mostra Vivian che sta uscendo dal suo appartamento, giovedì. Fate attenzione in particolare a dove va, ok? Ho conosciuto molti ballerini. Sono sinuosi, si muovono come gatti, hanno il perfetto controllo di ogni singolo muscolo del loro corpo.»
«Che vuoi dire?» intervenne Curry.
«Questa non è una ballerina» disse Mia tranquilla facendo un cenno a Munch che pigiò sul telecomando. «Questa non è la vera Vivian Berg.»