Munch aveva appena messo piede nella veranda fumatori quando il suo telefono squillò. Guardò il display e decise di accettare la chiamata.
«Ciao, Marianne, come va?»
«Stavo appunto per chiederti la stessa cosa.»
Aveva sentito così spesso quella voce. La moglie che cercava di non sembrare preoccupata, senza riuscirci granché.
«Indaffarato» rispose Munch. «Miriam?»
«Sempre meglio, il fisioterapista ieri le ha fatto i complimenti.»
«Ottimo» disse Munch accendendosi una sigaretta in attesa di quello che immaginava gli sarebbe stato chiesto.
«Hai sentito?» chiese la ex moglie.
«Che cosa?»
«Del matrimonio.»
«Miriam mi ha telefonato, sì» disse Munch pentendosi un po’ di aver risposto. Intanto le nuvole che avevano coperto la città per tutto il giorno lasciarono vedere il sole almeno per un istante.
Davvero non aveva tempo per questo. Non adesso.
«Che ne pensi?» continuò Marianne, sempre con quella punta di preoccupazione nella voce.
«Non ci vedo niente di male» tagliò corto Munch.
«L’hai conosciuto?»
«No, tu?»
«A quanto pare...»
«E...?»
Vide Grønlie che gli faceva segno attraverso il vetro. Munch annuì e indicò il telefono.
«Mah, sembra un bravo ragazzo. Ziggy, mi pare che si chiami così. Stavano sempre fuori sulle scale. Evidentemente non vuole ancora che Marion lo incontri. Va bene, per carità, comunque: doveva proprio sposarsi? Di già? Non trovi che sia un po’ prematuro?»
«Sì» rispose Munch, in realtà senza ascoltarla.
Doveva contingentare le truppe, arroccarle un po’. Bisognava dare la priorità alla famiglia Iversen. E proseguire con gli interrogatori delle persone intorno a Kurt Wang. Il gruppo jazz. Era saltato fuori qualcosa su un portoghese che, a quanto pareva, aveva qualche pendenza con la legge.
«... facciamo?» chiese Marianne.
«Cosa?» ribatté Munch.
«Secondo noi va bene?»
«Be’, è adulta» disse Munch mentre faceva di nuovo capolino Grønlie. «È proprio necessario il nostro parere?»
«Dopotutto Marion è nostra nipote» disse la ex moglie, con un tono di voce leggermente diverso. «Potremmo pur darle dei consigli, tu non trovi?»
«Marion è tosta. La cosa più importante è che Miriam stia bene, giusto? Dopo tutto quello che ha passato...»
Grønlie scomparve di nuovo, il sole anche. Quella primavera che non voleva arrivare. Munch si strinse nel montgomery mentre una vibrazione segnalava l’arrivo di un’altra chiamata.
«Ma è proprio quello che dico anch’io... Quanto è passato? Sei mesi? Ancora non parla bene. È una decisione importante. Non trovi che dovrebbe aspettare finché... sì... finché non sarà di nuovo se stessa?»
«Devo scappare» disse Munch mentre la vibrazione cessava. «Comunque le ho detto che l’accompagnerò all’altare, ok? Credo che se lo meriti, no?»
«Secondo te dobbiamo preoccuparci?»
«Te lo ripeto, se è quello che lei vuole, io la sosterrò.»
«No, non mi riferivo a questo» rispose la ex moglie. «Quello che vediamo alla tv. Immagino tu ci stia lavorando. Tutti quegli omicidi terribili...»
«Lo sai che non posso parlare di lavoro, Marianne.»
«Lo so, Holger, ma secondo te?»
«Non c’è motivo di preoccuparsi di nulla» tagliò corto Munch sperando di apparire convincente, mentre la vibrazione tornava ad annunciare una chiamata in entrata.
«Non puoi darmi neanche un accenno? Dobbiamo guardarci le spalle? Devo andare a prendere Marion fuori da scuola?»
«No, no» rispose Munch. Grønlie fece di nuovo capolino in veranda.
«Puoi prendere la chiamata di Mia? Ho cercato di spiegarle che sei al telefono.»
«Due secondi» disse Munch.
«Ci sei, Holger?»
«Ascolta, Marianne» disse Munch prendendo un’altra boccata dalla sigaretta. «Lasciamo che sia Miriam a decidere, d’accordo? E per quanto riguarda il resto, viviamo normalmente. Non c’è motivo di preoccuparsi. D’accordo? Adesso devo proprio andare. Ti chiamo più tardi, salutamele entrambe.»
Riagganciò prima che lei avesse modo di rispondere e chiamò Mia.
«Hai finito di parlare al telefono?» esordì lei, irritata.
«Adesso ci sono» rispose Munch.
«Credo sia lo stesso uomo» disse Mia, secca.
«E su che basi lo dici?»
«Ho parlato con il truccatore a teatro. Dice che gli occhi sono gli stessi.»
«Quelli dei disegni?»
«E l’immagine del filmato. Potrebbero essere fratelli» disse Mia senza ascoltarlo. «I fratelli Cuordileone e tutto il resto, comunque, sì... no, sono sempre convinta che dobbiamo partire dal presupposto che si tratti dello stesso uomo.»
«Ok» rispose Munch. «Vieni?»
«No, devo riflettere un po’» rispose Mia. «Può essere che stacchi il telefono. Ho bisogno di concentrazione.»
«Non mollare» disse Munch, ma Mia era già svanita.
Munch stava spegnendo la sigaretta nel posacenere stracolmo quando squillò nuovamente il telefono, un numero sconosciuto.
«Pronto, qui Munch.»
«Ciao, Holger» disse una voce amichevole. «Sono Lillian Lund. Medico legale. Spero non ci siano problemi se ti chiamo direttamente...»
«No, no, affatto» disse Munch. «Come posso aiutarti?»
«Bene, due cose» rispose la Lund. «La prima: volevo dirti solo che per quanto riguarda le vittime tutto combacia. Glicole etilenico. Una dose un po’ più elevata questa volta, ma non c’è dubbio. La causa del decesso è la medesima. Nient’altro sul corpo. Niente segni di lotta, nulla sotto le unghie, sì, insomma, il solito. Lo stesso che in Vivian Berg e nel giovane dell’hotel.»
«Ok» disse Munch accendendo un’altra sigaretta. «Trovato qualcosa sulle ferite intorno alla bocca?»
«Sì» rispose la Lund esitando un istante. «Ho avuto proprio ora la risposta delle provette che avevo mandato ad analizzare.»
«E?»
«Credo di sapere» disse la Lund, tranquilla.
«Sapere che cosa?»
«Perché non hanno fatto resistenza.»
«Ebbene?»
«Ascolta» riprese la Lund, e si schiarì la voce. «Forse questo non segue il protocollo, ma credi che potremmo vederci? Preferirei non parlarne al telefono.»
«Nessun problema» rispose Munch.
«Che ne dici di un boccone insieme?» propose la Lund. «Avevo appuntamento con un’amica, ma mi ha dato buca all’ultimo momento. Ho un tavolo prenotato, e non mi va di mangiare da sola. Che ne dici?»
«Certo» disse Munch. «Quando e dove?»
«Ti piace il sushi?»
«In realtà no, ma posso fare un’eccezione.»
«Ottimo» rispose la Lund, gentile. «Alex Sushi? A Tjuvholmen? Tra un’oretta?»
«Ci vediamo lì» rispose Munch e riagganciò.