Kevin sedeva nel retrobottega del 7-Eleven di Hegdehaugsveien con un bernoccolo in fronte, non perché qualcuno l’avesse picchiato, ma perché gli era venuta fame. In genere poteva resistere diversi giorni senza mangiare. Era quando si faceva di eroina, allora non aveva bisogno di nient’altro, forse solo di un po’ d’acqua, ma era da qualche giorno che non si faceva e allora gli era venuta un’improvvisa voglia di uno Snickers.
«Drogato di merda, sta tutto il tempo qua dentro» disse una voce in lontananza.
Kevin cercò di mettere a fuoco lo sguardo per capire chi avesse parlato, ma non ci riuscì.
Niente di cui stupirsi.
L’aveva pensato, o no? Non aveva il denaro per una dose come si doveva, né era riuscito a procurarsela in altro modo. Era troppo stanco. Quasi malato in un certo senso. Non aveva le forze per fare nulla. Si erano iniettati qualcos’altro, lui e Jimmy. Pillole sciolte. Ritalin e Roipnol. Una botta in su e una botta in giù. Jimmy aveva sentito che era un ottimo succedaneo, ma Kevin in realtà aveva pensato tutto questo giusto prima che l’ago entrasse nella pelle.
Niente di cui stupirsi.
E da quel momento non ricordava più granché.
«Zombie?» disse un’altra voce spingendolo alle spalle.
«Eh?» sbottò Kevin aprendo gli occhi. Non era certo che gli fossero uscite le parole di bocca.
«Dormi?» disse l’uomo, una guardia giurata, e all’improvviso Kevin si svegliò completamente, gli venne quasi voglia di saltare sulla sedia, poi l’interruttore si abbassò di nuovo e lui tornò a sonnecchiare.
Niente di cui stupirsi.
Girava voce che Jimmy fosse un vecchio professore di matematica impazzito, e sapesse un sacco di cose su come era fatto il mondo e roba simile, ma non gli aveva fatto bene.
Quand’era stato?
Aveva vomitato un sacco, con lo stomaco vuoto, solo succhi gastrici. E siccome meno e più danno zero, o come cazzo gli era venuto in mente a Jimmy di combinare insieme uno stimolante e un tranquillante, fatto sta che la pozione non aveva funzionato. Un istante prima era lucido e attivo con la sensazione che sarebbe stato in grado di correre fino alla luna e tornare indietro, quello successivo era fuori, completamente andato.
Ora stava calando.
Così era. Presto sarebbe finita. Bisognava resistere. Ricordò di avere avuto fame. Aveva cercato un 7-Eleven e visto uno Snickers. Buone notizie. Si era schiantato contro un palo e poi il buio, fino a quando si era svegliato in quella stanza. Non belle notizie, ma chi se ne importava. Quella fottuta cioccolata. La cosa importante era che presto sarebbe finita.
Porca puttana.
«E guarda qui» disse la ragazza indicando qualcosa sul tavolo.
Kevin adesso era sveglio, ma non capiva che cosa stesse dicendo la ragazza.
«Ha rubato del denaro?» chiese la guardia giurata.
«Dalla cassa del cambio» proseguì la ragazza. «C’erano almeno ventimila corone e adesso ce n’è solo la metà.»
«Hai denaro con te?» domandò la guardia spingendolo sulla spalla.
«Snickers» mormorò Kevin sentendosi la bocca asciutta, ma la voce almeno gli stava tornando.
«Hai preso soltanto della cioccolata?»
Kevin voleva annuire, ma temeva che gli sarebbe caduta la testa, così rimase seduto in silenzio.
«Sta mentendo» disse la ragazza indicando nuovamente la cassa. «L’ho colto sul fatto. Ci era già stato qui. Guarda, quasi tutti i soldi sono spariti.»
Meglio, ora. Kevin riusciva sia a vedere che a sentire quello che stava succedendo. Sollievo. E che cazzo. Per un istante aveva avuto paura di morire lì.
«Dove sono i soldi?»
La guardia giurata lo afferrò con forza per la spalla.
«Se non li restituisci, dovremo chiamare la polizia.»
«Quali soldi?» mormorò Kevin confuso.
«Quelli della cassa» disse la ragazza indicandola per la terza volta come se gli altri due ancora non avessero capito. «C’erano almeno ventimila corone, e guarda adesso, sono almeno metà!»
Era finita adesso. Fortunatamente. No, cazzo, stava tornando. Kevin si aggrappò forte al bordo della sedia, impaurito per quello che sarebbe successo, ma fu un falso allarme. Era ancora lì. Fine dei giri. Sorrise tra sé. Fottuto Jimmy. Non l’avrebbe rifatto mai più. Doveva parlare con Lotte. Dovevano fare un discorso serio. Erano fidanzati. Dovevano fare le cose insieme e non avere segreti.
Torno tra una settimana.
Dove vai?
Non posso dirtelo.
Perché no?
Non chiedermelo, per favore, Kevin. Fidati di me, ok?
Sì, ma cazzo, un accenno almeno?
Devo andare a prendere qualcosa.
Cosa?
Non me lo chiedere adesso. Te lo prometto. Quando sarò tornata ce ne andremo insieme, ok?
Andarcene insieme? E dove?
Via di qui. Da questo buco maledetto. Tu e io. Non è meraviglioso?
Certo che sembrava meraviglioso. Kevin sentì che adesso si stava svegliando. In tempo per riprendere il discorso. Aveva perso il telefono. Non era strano che non avesse notizie di Lotte. Doveva procurarsene uno nuovo.
«Allora dove sono?» domandò la guardia giurata che ora sembrava in collera.
«Cosa...» ribatté Kevin.
«I soldi. Quelli della cassa.»
«Ho preso solo uno Snickers» rispose Kevin intimorito.
La guardia giurata guardò la ragazza, che scosse la testa. Ci volle qualche istante perché Kevin si rendesse conto di quello che era successo. C’era qualcosa negli occhi della ragazza con l’uniforme del 7-Eleven. Maledetta puttana. Aveva messo lei le mani nella cassa. Quando lui era entrato aveva colto la palla al balzo. Sicuramente. Un drogato mezzo incosciente. L’occasione perfetta. Prendere il denaro. Dare la colpa a lui.
«Allora ce ne restiamo qui finché non arriva la polizia» disse la guardia. Ne arrivò un altro, di poliziotto-mirtillo, come vengono chiamate le guardie giurate per il logo con i tre pallini rossi che somigliavano ai mirtilli. Quelli che non erano riusciti a entrare alla scuola di polizia, ma avevano un disperato bisogno di esercitare il potere. Dopo quasi sei anni sulle strade di Oslo, Kevin li aveva incontrati quasi tutti. Nei centri commerciali. Nei parcheggi. Negli atri degli edifici. Erano ovunque ci si potesse scaldare un po’, ovunque ci fosse un tetto sotto cui ripararsi.
«Caos totale giù, dev’essere successo qualcosa, non viene nessuno» disse il secondo al primo.
«Ossignore, questo va denunciato» disse la signorina Appropriazione Indebita incrociando le braccia sulla T-shirt.
Ascoltate tutti. Ehi, ci siete? Non è tanto strano che non vi abbiano preso nell’Alta scuola di polizia. Una cassa con del denaro? Un drogato? E perché avrei dovuto lasciare metà dell’incasso, se li ho presi io? Diecimila? Perché avrei dovuto lasciare gli altri diecimila? Kevin ghignò per la propria arguzia e stava per aprire nuovamente la bocca quando all’improvviso qualcosa sbatté rumorosamente sulla strada fuori del negozio. Ruote di metallo che stridevano seguite da grida come da un altro mondo.
«Ma che diavolo...?»
La seconda guardia mise la testa fuori dall’ingresso e spalancò gli occhi.
«Ah, miseria!»
«Il tram ha investito qualcuno.»
Improvvisamente il caos. Kevin si ritrovò d’un tratto tra la guardia uno e la guardia due, con il volto incollato al vetro che dava su una strada dove un anziano giaceva a terra. E poi: il fuggevole istante in cui la gente non sa bene che cosa fare. Questo non sta scritto nel copione. Cammini per la strada. Ne hai abbastanza di te stesso. Ma all’improvviso succede. Un uomo è lì e sta morendo, proprio davanti a te. Qualcuno sviene. Altri si abbracciano. C’è chi piange. Chi chiama un’ambulanza. Alcuni tirano fuori il telefono e cominciano a riprendere la scena. In realtà c’è anche chi cerca di rendersi utile. Appoggia le mani sul petto dello sventurato. Pratica la respirazione bocca a bocca. Cerca di fermare le emorragie. Kevin non fece niente di tutto questo. Se ne tornò tranquillo nel retrobottega. Si infilò in tasca le restanti diecimila corone.
E cominciò a correre verso il centro.