Dolores Di Santi era certissima che il diavolo fosse entrato nella sua vita. Era cresciuta in Sardegna, nel piccolo borgo marinaro di Portoscuso, figlia del macellaio della città e di una donna molto timorata di Dio. Ogni giorno sua madre cominciava la giornata facendosi il segno della croce e mormorando le parole nemmeno oggi, Dio. Da bambina aveva sempre scrollato la testa dinanzi alla fede esagerata della madre nel cielo e nell’inferno, ma adesso lo faceva anche lei quando era seduta sulla panca fredda del duomo di Sankt Olav di Askergata. Nemmeno oggi, Dio. Anche se era sicurissima che fosse già troppo tardi.
Da giovane aveva sognato di diventare architetto, ma le cose erano andate diversamente. Lui era spuntato su una barca a vela e l’aveva presa come una tempesta. Salvatore Di Santi. Figlio di una ricca famiglia di Milano. E così gli anni erano semplicemente svaniti, non sapeva esattamente che cosa ne fosse stato. Prima una figlia, poi un figlio. Sua madre era stata una casalinga e lei si era ripromessa di condurre un’altra vita, ma poi aveva fatto comunque la stessa fine.
Una bella vita, nulla da dire, non poteva certo lamentarsi. Entrambi i figli avevano studiato, la femmina era medico, il maschio ingegnere. Salvatore Di Santi aveva sempre nutrito ambizioni politiche e dopo un po’ era stato ripagato. Avevano vissuto per cinque anni in Sudafrica, lui da ambasciatore italiano, lei da moglie dell’ambasciatore, ed era lì che era successo ciò che la rendeva certa che il diavolo avesse preso possesso della sua vita. Un affaire innocente, in realtà. Lui era molto giovane. Molto più giovane di lei. Impiegato all’ambasciata.
L’ingresso del diavolo.
Dolores si fece di nuovo il segno della croce mentre l’assemblea si alzava. La messa del mattino era terminata. Cercò con gli occhi padre Malley, ma non riuscì a vederlo da nessuna parte. La messa quel giorno era stata celebrata da un altro, in modo un po’ deludente in realtà, ma lei era venuta per parlare con padre Malley. Doveva confessare i propri peccati. Era l’unico modo. Doveva porre fine a quella miseria, non andava più bene così.
In Sudafrica era tutto caldo, colorato, pieno di vita. Ora era l’opposto. Ambasciatore italiano in Norvegia. Dolores aveva patito un freddo inimmaginabile durante tutto l’inverno. La luce sembrava non arrivare mai. Un buio eterno. Secondo il calendario avrebbe dovuto essere primavera, ma in realtà la primavera sembrava non volersi manifestare con il calore di cui lei aveva un disperato bisogno. Il diavolo. Era ovunque intorno a lei, doveva confessare i propri peccati una volta per tutte. A casa, in Italia. Non ce la faceva più in quella terra ghiacciata.
Si avvicinò timorosa alla sacrestia e fece un cenno al prete.
«Padre Malley?»
«È da un po’ che non lo vediamo» rispose il giovane in quella lingua stentata di cui lei non capiva quasi nulla. «Forse si è ammalato, non l’abbiamo sentito oggi, purtroppo.»
«Padre Malley?» ripeté lei, ma sembrava che il giovane non capisse quello che lei voleva.
«Vedrà che tra poco tornerà» sorrise il prete, ancora una volta senza che lei riuscisse a intendere una sola parola.
Era per quello che doveva parlare con padre Malley. Lui masticava un po’ di italiano, avendo studiato a Roma. Lei parlava un po’ di inglese. Alla fine si capivano. Malley le aveva spiegato che aveva ampliato l’orario delle confessioni. Poteva andare il mattino presto, prima di pranzo, in realtà quando voleva, bastava presentarsi.
Avanzò lentamente verso il confessionale marrone in fondo alla chiesa, magari era lì che le aveva detto di andare quel nuovo prete, e si sedette sulla panca in attesa. Dopo una ventina di minuti fu stanca di aspettare. Sembrava proprio che non volesse presentarsi. Prese la borsetta dal pavimento freddo e stava per alzarsi quando vide una fessura sulla porta scura.
Magari era dentro?
Era questo che le aveva detto il prete?
Basta che entri?
Dolores fece qualche cauto passo verso il confessionale decorato.
«Padre Malley?»