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Curry entrò nel Café Mistral in Majorstua e trovò Mia seduta a un tavolo in fondo, in un angolo.

«Che cavolo succede?» brontolò il bulldog lasciandosi cadere sulla sedia davanti a lei.

«Li hai seminati?» gli domandò Mia lanciandogli uno sguardo che lui non fu in grado di interpretare.

L’indiana dagli occhi azzurri sembrava molto vigile. Non riusciva a tenere ferme le mani, continuava a tamburellare con le unghie contro la tazza di caffè guardandosi intorno.

«Penso di sì» mormorò Curry. «Ma cosa diavolo sta succedendo? Hai perso la testa o cosa?»

«Hai spento il cellulare?»

«Sì...»

«Bene» disse Mia. «Ci registrano, no? GPS. Sanno dove siamo in qualsiasi momento. Ecco come facevano. Ti controllavano.»

«Me?» domandò Curry. «Ma che cazzo...?»

«Scusa» disse mia posando la mano per un istante sulla sua. «Avrei dovuto venire da te prima. Ma adesso sono qui, ok?»

Venne servita una birra a un anziano al bancone del bar. A lui venne l’acquolina in bocca, ma riuscì a trattenersi.

«E chi diavolo era quella gente?»

«La squadra speciale, una lunga storia» rispose Mia spostandosi rapidamente i capelli dietro l’orecchio. «Comunque, avrei dovuto dirtelo subito, mi dispiace.»

«Squadra speciale? Polizia? Perché seguono me? Che cazzo ho fatto?»

«Ascolta» disse Mia sporgendosi in avanti per avvicinarsi a lui. «Un paio di giorni fa è venuto da me un agente di nome Wold. Ti ricordi quell’avvocato, Lorentzen?»

«No...»

«Il proprietario dell’auto rubata. La Mercedes che era stata utilizzata per portare Vivian Berg in montagna. Comunque, questo Wold voleva sapere se Lorentzen era tra i nostri sospettati.»

«L’avvocato? Perché?»

«Eroina» disse Mia bevendo un sorso di caffè. «Credono di aver trovato la vena d’oro. Dell’importazione. E che lui sia coinvolto.»

«Droga?» disse Curry scuotendo la testa rassegnato. «E io che cazzo c’entro?»

«Pensano che questa gente abbia qualcuno che li copre» disse Mia a bassa voce.

«Cosa?»

«Sì, nella polizia» disse Mia. «Uno dei nostri. E vorrebbero che io li aiutassi a confermare il loro sospetto.»

Lentamente Curry capì di che cosa stesse parlando. Sentì montare la collera.

«Io?» sibilò, abbastanza forte perché l’anziano al bancone del bar si girasse.

«Ssst» fece Mia.

«Io?» sussurrò questa volta Curry.

Mia annuì.

«Ma che...?»

«Lo so.»

«E come diavolo gli è venuto in mente?»

«È una storia lunga» rispose Mia di nuovo cercando di tranquillizzarlo, ma la rabbia si era già impossessata di lui.

«Che cosa avrei fatto?»

Batté il palmo della mano sul tavolo con tale forza che la tazza di caffè di Mia tremò. Il barista dietro il bancone ebbe un sussulto e lanciò loro un’occhiata preoccupata.

«Calmati» disse Mia. «Non importa, no? Io gli ho detto che non sei tu. Un sacco di volte. Non sei tu, no, Jon?»

Inclinò il capo da un lato e lo guardò. Ora lui si accorse di quanto fosse stanca.

«Certo che no» ringhiò. «Perché dovrei?»

«Vedi?» sorrise Mia. «Allora non hai nulla di cui preoccuparti.»

«Non ci credo» soggiunse Curry senza essere capace di aggiungere altro.

Eroina?

Lui?

«Ho bisogno di aiuto» disse Mia avvicinandosi.

«Ma cosa sta succedendo?» mormorò Curry ancora senza riuscire a capire.

Come possono aver pensato...?

«Ci sei?» mormorò Mia attirando la sua attenzione.

In quel momento lo vide chiaramente.

Merda.

Aveva pensato che fosse vigile. Sbagliato. Era il contrario. La fragile collega era così esausta che non riusciva a stare diritta sulla sedia.

«Va tutto bene, Mia?»

Lei fece un sospiro, chiuse gli occhi e per un istante sembrò svanire.

«Mia?»

«Tutto bene» mormorò. «È solo...»

«Non hai dormito?»

Lei scrollò il capo.

«Da quanto?»

«Quasi ventiquattro ore, non è nulla» disse con un cenno della mano.

«Cosa sta succedendo?» domandò Curry sporgendosi sul tavolo. «La squadra speciale crede che io sia un fottuto traditore... E pare che tu abbia appena visto un fantasma... Perché non hai dormito? Che cosa hai fatto?»

«Perlustrato le strade» mormorò Mia massaggiandosi gli occhi. «Per tutta la città.»

«Perché?»

«Ascolta» disse Mia riprendendosi. «Ho bisogno del tuo aiuto. Non saprei a chi altro chiedere.»

«Ma naturalmente, Mia. Qualsiasi cosa.»

Ora poteva vedere la gratitudine nello sguardo della collega che si scostava i capelli dietro l’orecchio e gli rispondeva con un sorriso stanco.

Era veramente a pezzi.

«Si tratta di Sigrid» disse Mia infine.

«Tua sorella?»

«Sì» mormorò Mia. «Io...»

«Ma non è... sì...?»

L’indiana dagli occhi azzurri distolse lo sguardo e per un istante Curry temette che potesse crollare sull’altro lato del tavolo, proprio davanti ai suoi occhi.

«Devi aiutarmi a trovare una persona.»

«Certo, Mia. Chi?»

«Tu conosci l’ambiente, giusto? Sei stato a lungo nella Narcotici, no?»

«Certo» rispose Curry. «Chi stai cercando?»

«Si chiama Kevin» disse Mia, tranquilla. «Ho girato per tutta la notte, ma...»

«Un tossico?»

Mia annuì.

«Qui in città?»

Lei chinò di nuovo la testa in avanti, sembrava che non riuscisse più a sollevarla dal petto.

«Naturalmente, ti aiuterò, Mia» ripeté rapido Curry posando la mano su quella di lei. «Sai qualcosa di più su questo tipo? Hai solo il nome?»

«Cisse» mormorò Mia.

«Cisse?»

«Kevin e Cisse. Il primo, o meglio ancora tutti e due. Mi aiuti?»

«Ti ho già detto di sì» rispose Curry. «Posso chiederti perché oppure è...?»

Mia ammiccò e si passò una mano sul viso stravolto.

«Ha qualcosa che mi appartiene.»

«L’altra tossica? Cisse?»

«Sì.»

«Ci sto. Cazzo, Mia, ci sto. Se mi prometti una cosa...»

«Cosa?» mormorò Mia.

«Che vai a dormire qualche ora, ok?»

Mia sorrise, rassegnata.

«No, è che...»

«Dico sul serio, Mia. Kevin e Cisse? Me ne occupo io. Nessun problema. Va’ a dormire un po’, d’accordo?»

Calò il silenzio per qualche istante.

«Ok» disse Mia infine.

«Bene» disse Curry infilando il telefono in tasca.