65

Curry gettò uno sguardo all’appartamento davanti a sé mentre la pioggia cominciava a tamburellare sul parabrezza. Tempo di merda. Prese un’altra bustina di tabacco dalla giacca, la infilò sotto il labbro superiore e diede un’altra occhiata alla finestra. Kyrre Greps gate. Ci era già stato, o no? All’inizio non se lo ricordava. Kevin ti incontrerà in Kyrre Grepps gate 15. Terzo piano, appartamento C, alle sei. Porta il grano. Curry si era affrettato lungo Mariboes gate immaginando tutte le possibili domande di Munch sul perché gli servisse una macchina, ma l’ufficio fortunatamente era quasi vuoto. Solo Ylva e Gabriel, chini su un computer in sala riunioni. Aveva scippato il mazzo di chiavi dalla parete senza che si fossero nemmeno accorti che era entrato. Perfetto. Spiegare in quel momento come stavano le cose, non gli andava proprio. Diede un’altra occhiata all’appartamento al terzo piano. Era proprio là che era stato appostato molto tempo prima, in auto con Allan Dahl. Quando aveva saputo che l’unità era stata ricostituita. Lotte? Non aveva un nome del genere? La tossica lassù, quella per cui avevano sprecato tutto quel tempo? Tirò fuori di tasca il telefono e cercò Mia, ma lei ancora non rispondeva. L’orologio sul cruscotto si avvicinava minacciosamente alle sei. Doveva salire da solo?

No, doveva aspettarla. Non aveva idea di che cazzo dovesse chiedere a quel Kevin... Però, quel braccialetto, avrebbe potuto cominciare da lì. Provò a chiamare di nuovo Mia, ma niente da fare. La pioggia batteva ancora più forte sul parabrezza, i tergicristalli non riuscivano quasi a scostarla, e l’orologio si avvicinava alle sei. Il tempo era poco e bisognava sfruttare l’occasione, che avrebbe potuto anche non ripresentarsi. Curry richiamò Mia ancora una volta, ma invano. Sempre lo stesso messaggio registrato.

Il numero chiamato non è raggiungibile...

Mise in tasca il telefono e prese la decisione. Aprì rapido la portiera, si coprì la testa con la giacca e corse sulla strada mentre la pioggia si abbatteva con forza sull’asfalto intorno a lui.

Tempo di merda.

Si scrollò di dosso un po’ d’acqua e guardò la fila dei citofoni.

Terzo piano.

E se la richiamassi?

No, più tardi lei l’avrebbe ringraziato.

Sorrise tra sé e pigiò il pulsante con la scritta 3 C.