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I capelli raccolti. Un ampio abito da sposa bianco. L’anello d’oro al dito. Ai piedi nulla, ma Mia non ci fece caso, non provava più emozioni mentre lui la conduceva fuori dalla baita, in mezzo al bosco. Sulla schiena di lei le pistole. Due.

Glock.

Quelle che piacciono a te, Mia.

Come quelle che hai tu, no?

Il vento le accarezzava dolcemente il viso, lui sollevò un ramo e la condusse verso il lago.

Era stata brava, no?

Niente alcol.

Niente pillole.

Brava ragazza.

Così positiva.

Le pillole sul tavolo lassù.

Sulla costa del Trøndelag.

Hitra.

La casa che aveva comprato soltanto per scomparire.

E poi lui era arrivato fin lì a scombussolarla.

Munch.

Si era presentato con una cartelletta.

Una bambina morta.

Sei anni.

Impiccata a un albero con una targhetta intorno al collo.

Io viaggio da sola.

Un vecchio caso. E lei si era lasciata coinvolgere. Aveva permesso loro di usarla, come facevano sempre.

Andate tutti all’inferno.

Il ragazzo la condusse fino alla riva del lago.

Quel buio.

Quel continuo malessere.

Non ce la faceva più.

Vieni, Mia, vieni.

Il ragazzo entrò in acqua precedendola con le pistole davanti a sé.

«È successo qui, Mia.»

Una voce che quasi non udiva più.

«Questo lago. Allora era ghiacciato, ovvio.»

Un sorriso sul giovane volto.

«Ero seduto qui. Con le corna sulla testa. Ad aspettare Bambi, che non è mai arrivato.»

Mia aprì gli occhi mentre il ragazzo le puntava addosso le pistole.

«Andiamo?»

Il vento tra gli alberi.

Un soffio lento.

«Insieme? A Nangijala?»

Uccelli.

Colpi d’ala sull’acqua.

Mia Krüger spalancò gli occhi e all’improvviso si sentì stranamente sveglia. Il volto sorridente sulla riva del lago. Uno stalker. Un fottutissimo stalker. Che si era convinto che lei fosse un angelo. Che aveva ucciso nel suo nome. Ne aveva visti parecchi. Quei bambini tranquilli che non nota nessuno. Il male si nasconde dietro maschere innocenti. Morire in quel modo?

No, cazzo, Mia.

Non così.

«No.»

«Cosa?» esclamò il ragazzo, sorpreso, inclinando un po’ il capo. «Non vuoi?»

«No» rispose Mia seria.

«Ne sei sicura?» ribatté il ragazzo facendo un altro passo nell’acqua.

«Sì.»

«Non vuoi venire?»

«No.»

Vento tra gli alberi.

«Vuoi vivere?»

Mia annuì lentamente fissando la figura nell’acqua.

«Come vuoi» sorrise il ragazzo allungando una mano verso di lei.

La Glock.

Una delle due.

«Ne sono felice, Mia» sibilò, facendo ancora qualche passo nell’acqua fredda. «Ma mi farai un favore, d’accordo?»

«Cosa?»

«Sparami.»

Di nuovo quel sorriso.

«Farai questo per me, vero?»

Non era pronta alla detonazione che squarciò l’aria.

Gli uccelli si alzarono in volo dagli alberi.

«Sparami» ripeté il ragazzo premendo di nuovo il dito sul grilletto.

Questa volta il proiettile la sfiorò, alla coscia.

Udì il suono sordo del proiettile contro la roccia alle sue spalle.

E poi.

Un’altra volta.

Trapassò l’abito da sposa, accanto all’anca, e Mia vide il sangue allargarsi sul bianco.

«Sparami, Mia.»

Il ragazzo avanzò ancora di un passo nell’acqua e premette di nuovo il grilletto.

Il proiettile le sfiorò la gamba.

Mia puntò la Glock contro il volto sorridente.

«Alexander» disse cauta.

«Tu o io?»

Un’increspatura sull’acqua scura.

«Ti amo, Mia.» Il giovane sorrise sollevando di nuovo la pistola, puntandola contro il viso di lei, con il dito sul grilletto.

Mia prese la decisione.

Sollevò la Glock.

E colpì il ragazzo in mezzo agli occhi.