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Mia Krüger scese dall’auto e avanzò con i fiori nell’elegante cimitero. Si inginocchiò e tolse dalla tomba quelli avvizziti. Sistemò il nuovo mazzo e passò una mano sulle lettere sulla lapide.

Sigrid Krüger.

Sorella, amica e figlia.

11 novembre 1979 – 18 aprile 2002.

Amatissima. Ci manchi.

La sorella gemella nel campo di grano dorato.

Che le fa cenno.

Vieni, Mia. Vieni.

«No, Sigrid.»

Mia infilò la mano nella tasca del giubbotto. Strinse per qualche istante il braccialetto d’argento, poi si tolse quello che aveva al polso.

M di Mia.

S di Sigrid.

Una buca sulla terra scura, ed entrambi i bracciali svanirono. La voce supplichevole della sorella, lontano, da qualche parte.

«No, Sigrid» disse Mia. «Ora ci devo provare. A essere me stessa. Vivere. Lo voglio.»

Si alzò, in risposta al nulla davanti alla lapide bianca.

«Riesci a capirlo?»

Non un fiato.

Solo il vento.

«Ho lasciato il lavoro. Parto.»

Rimase immobile davanti alla tomba.

La sorella nel campo dorato.

Un volto sfumato davanti a lei per un breve istante.

Poi svanì.

Mia si strinse nel giubbotto e si incamminò lungo il vialetto. Gettò un ultimo sguardo alla lapide bianca, poi salì sulla Jaguar verde giada.

E uscì sulla stradina.