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Martedì
(88-756 San Fedele)
ORE 11,10
De Vincenzi sentì trillare il telefono mentre stava attraversando la stanza di Sani.
Aveva lasciato San Fedele alle quattro del mattino e ci tornava adesso, che erano le undici.
Da quando aveva preso il comando della Squadra Mobile, s’era abituato a dormire sei o sette ore al giorno.
«Senti? Ti danno il bene arrivato!».
Sorrise a Sani e lo salutò con un cenno della mano. «Sarà il Questore, che vuole il rapporto...».
Ma non era il Questore. La voce che parlava sembrava quella di un dissennato. Gli ci volle tutta la sua pazienza per capir quel che diceva.
«C’è un morto al Decamerone? Ma che cos’è il Decamerone, benedetto voi? Ah! Sì... Il circolo letterario di via Fiori Oscuri. Sta bene, vengo...».
Sani lo aveva seguito e lo guardava ascoltando. «T’hanno dato proprio il buon giorno, eh?».
«Eh! Lo hanno dato anche a te, amico mio, perché ti tocca venir con me... Pare che abbiano assassinato qualcuno al Decamerone... Lo sai che cos’è il Decamerone, non quello del Boccaccio?».
«Una specie di circolo letterario dove si fanno conferenze e si gioca d’azzardo... Un ritrovo di donne isteriche...».
Il vice commissario non doveva avere molta simpatia pei letterati in genere, e per le donne isteriche in ispecie, perché le sue parole eran cariche d’infinito disprezzo.
«Ci sarà da divertirsi!» aggiunse, e andò a infilarsi il soprabito.
Il commissario suonò il campanello. «Fate venire il brigadiere Cruni e tre agenti».
Poi, prima d’avviarsi coi suoi uomini, avvertì per telefono il Questore. «Ho l’impressione, commendatore, che sarà una storia lunga!».
«È la sua intuizione che parla, eh? Sarà contento, allora! Le storie lunghe sono la sua gioia!».
«Gioia...».
«Badi, però, che ad andar lì dentro mette i piedi sopra una polveriera... Stia attento alle grane...».
«Farò del mio meglio».
«Vuol dire che farà come sempre, a modo suo... Bene! Mi fido del modo suo... Buona fortuna e mi elargisca meno psicanalisi che può!».
De Vincenzi rise. La psicanalisi era la bestia nera del suo capo. Ma forse proprio alla psicanalisi avrebbe dovuto ricorrere questa volta. Per strada, da San Fedele a via Fiori Oscuri, fece parlare Sani del Decamerone, e ne fu convinto.
«Quando hai dovuto occuparti di quel circolo?».
«Occuparmene? Mai. Ne ho sentito parlare. C’è stato una specie di scandalo, tempo addietro, quando tu non eri venuto ancora a Milano. Una delle socie patronesse... le patronesse sono un po’ come le responsabili del circolo... voglio dire, responsabili della sua vita amministrativa e quindi in certo modo garanti del suo benessere... Dunque, una di queste patronesse, dicitrice di versi pei raduni eleganti...».
«Un soprano senza acuti e senza trilli, insomma...».
«Proprio! Là dentro tutte quelle donne hanno la loro mania... Chi il gioco, chi se ne serve pei suoi appuntamenti amorosi, chi la vanità... vanità letteraria di scrittrice o di dicitrice di versi o di conferenziera... Tutte forme isteriche di esibizionismo e di vizio!».
«Va’ avanti... Una di queste patronesse...».
«Sì, fu pelata, pare, di qualche biglietto da mille e urlò un po’ forte... Il Questore voleva intervenire. Poi la cosa venne messa a tacere. Di quel circolo sono socie molte dame dell’aristocrazia, e qualche uomo politico lo frequenta...».
«Pelata, in che modo?».
«Un trucco di quadri. Non ricordo. Ma la cosa non ha importanza, oggi... Certo non sarà questo morto che andiamo a trovare ad avere legami con quello scandaletto di qualche anno fa...».
«Come, urlò?».
«Come? Ah! Sì, questo è caratteristico. Urlò, scrivendo un romanzo a chiave e mettendovi dentro presidentessa, patronesse, porcherie, eccetera. Ricordo che c’era pure il cavaliere...».
«E chi è il cavaliere?».
«Il marito della presidentessa, che funge da segretario del circolo...».
Erano arrivati.
Sul portone trovarono Romeo e il cavaliere. Stavano appoggiati al muro e aspettavano. Il marito di Sofia Moroni, quando vide il gruppetto dei funzionari e degli agenti, si fece avanti e si presentò.
«È di sopra?».
«Già».
«E loro stanno qui! La porta è aperta, su?».
«Sì. Ma nessuno è entrato! Sarebbe passato davanti a noi... C’è questo unico ingresso...».
«E gli altri piani?».
«Il secondo e il terzo sono vuoti».
«Come vuoti?».
«Le spiegherò... Il palazzo è di recente costruzione. Il primo piano lo abbiamo preso in affitto noi, per il circolo. Gli altri due sono stati subaffittati a una Società di Assicurazione, che deve trasportarvi i propri uffici alla fine di marzo...».
«Così, il Decamerone è da poco che si trova in questa sede?».
Sani accennò di sì col capo.
«Andiamo...».
De Vincenzi salì per primo lo scalone e gli altri lo seguirono. «Anch’io debbo salire?». Romeo s’era fermato sul primo scalino.
«Chi siete, voi?».
«Il cameriere... Ma sa? Io non so proprio nulla! Non ho veduto neppure il cadavere, io!».
«Sicuro che dovete venire...».
«Un bel guadagno ho fatto! Pure il morto ci voleva! Ma chi ce l’ha portato lì dentro? Però, era così che doveva finire, con tutti quei loro pasticci e tutte quelle donne tocche al cervello!».
«Un morto!... Nella saletta, del circolo!... Quando lo saprà Sofia!... E io che non ho potuto neppure guardarlo. Chi sarà?... Se fosse... Accidenti!... Ci mancherebbe questa!».
De Vincenzi nella sala d’ingresso si fermò e si guardò attorno. «Dov’è?».
«Là...». Povero cavaliere!... Neppure più voce aveva.
«Adesso, dovrò vederlo! Adesso, dovrò vederlo! Almeno ci fosse Sofia... E la cambiale del vecchio chi la paga? Ma perché debbo vederlo, io?».
La sala d’ingresso terminava col guardaroba e i lavandini. A sinistra, aveva la porta della sala da gioco; a destra quella che immetteva nel primo salottino. Venivano poi, tutte in fila: un’altra sala più grande, la cucina, che era stata adibita a bar; lungo tutto il fianco di queste stanze, sul davanti del palazzo, correva il salone vastissimo e rettangolare col piccolo palcoscenico. Era lì che si tenevano le conferenze, le recitazioni, anche qualche spettacolo di canto e di commediole, ed era lì che si ballava, subito dopo la conferenza, raggruppando le seggiole contro le pareti.
«Adesso vorranno sapere dove si gioca... fino a che ora... Tireranno a galla tutto quanto... Ah! È finita! Almeno, ci facessero tornare a Shangai... Perbacco! Se perquisiscono, trovano le polizze della Sartori e i braccialetti della Sutton, che non ho fatto ancora a tempo a portare al Monte...».
De Vincenzi aveva varcato la soglia del primo salottino e s’era fermato. Il cadavere era disteso in mezzo alla stanza, ai piedi del divano...