La signora Egle, che non perdeva evidentemente occasione di potersi rendere utile, aspettava pazientemente fuori dall’ufficio del commissario incaricato delle indagini, con un fascicolo di un certo spessore tra le mani. I giornali, che ormai si erano impadroniti della notizia («ombre e sospetti dietro la scomparsa del notaio Ricci Ribaldi») l’avevano ormai bollata come la «fedele segretaria» e lei sembrava voler restare aderente al proprio ruolo. Fu raggiunta nell’anticamera – il commissario era un po’ in ritardo – dalla signora Zaira, la governante, ed entrambe furono evidentemente sorprese, non era certo un incontro programmato. Così il commissario, arrivando, le trovò sedute una da una parte e una dall’altra della stanza, un modo come un altro per far capire che non erano arrivate insieme.
Il piantone, molto pignolo, fece entrare per prima la signora Egle che aveva diritto di precedenza. Il commissario la fece sedere e la guardò con aria interrogativa. Se aveva qualcosa da raccontare, quello era il momento.
In realtà la signora Egle aveva qualcosa da mostrare, qualcosa di molto interessante. Si trattava di un registro, un grosso registro nero, diviso in quattro parti, ognuna intitolata con un nome diverso, Annibale, Maria Teresa, Veronica, Matteo.
«Qui – disse la signora Egle – sono stati copiati tutti gli esami di laboratorio eseguiti alla famiglia Ricci Ribaldi dal giorno del matrimonio in poi. Corredati dalle notizie cliniche, informazioni sulle vaccinazioni, dati di eventuali ricoveri, visite mediche, tutto. Negli ultimi anni, le informazioni riguardavano solo il povero notaio, la signora Maria Teresa aveva dichiarato che a tener nota dello stato di salute suo e dei suoi figli ci avrebbe pensato lei. Quelle stesse informazioni sono state date alla società di assicurazioni con la quale erano state fatte tutte le polizze, da quelle per la malattia a quelle delle automobili, e che ultimamente assicurava solo il notaio».
Il commissario cominciò a sfogliare il grosso libro, controllò nelle diverse parti, c’erano, tanto per fare un esempio, anche i gruppi sanguigni di tutti e quattro.
«Manca niente?» chiese.
«In realtà non ho trovato la corrispondenza con la società di assicurazione, ci sono copie di tutte le polizze, ma non ho trovato le lettere. Eppure ci debbono essere, da qualche parte. Cercherò ancora».
«E chi teneva conto di questo librone, chi inseriva i dati, chi ne era responsabile?».
«Io, certamente all’inizio. Poi un po’ tutti, Carla, il signor Domenico, io stessa in qualche occasione».
La signora Egle se ne andò, sempre compunta e sempre vedovile. Fu introdotta la signora Zaira, ben altra tempra, carattere del tutto diverso, sembrava portarsi dietro una tonnellata di volgare vitalità. Venne subito in argomento.
«Avrà visto, dottore, che le nostre due cameriere sono stupide come l’acqua minerale, si sono vergognate di raccontarle una cosa che potrebbe essere importante, e adesso non vogliono venire qua, si sono prese paura. Il fatto è che poco prima che salisse il notaio, l’altro giorno, c’era qualcuno in camera sua, qualcuno che non ci doveva essere. Da noi, tranne qualche volta la signora Egle e naturalmente la Palmira, non viene mai nessuno. Invece l’altra mattina, quelle due oche hanno intravisto qualcuno che si infilava nell’ascensore, intravisto appena, non hanno nemmeno capito se era un uomo o una donna. Due oche giulive».
Il commissario si prese qualche appunto, fece fare copia delle due dichiarazioni e portò tutto al Questore.
Nell’ufficio di Macbetto, c’era una sorta di riunione al massimo livello, tutti gli elementi del rebus che erano stati via via raccolti venivano esaminati e riesaminati ed esaminati di nuovo. Anche quelle nuove informazioni subirono la stessa analisi, furono esaminate da tutte le parti. Alla fine il Questore tirò le somme.
«Fino a che non sarà terminata l’autopsia giudiziaria non sappiamo neppure se il notaio è morto di morte naturale, inutile fare tutte queste ipotesi. Adesso abbiamo anche la morte dell’ostetrica da valutare, è un caso che sembra collegato, ma come si dice, sembra e pare non concludono l’affare, vedremo. In attesa di questi riscontri dobbiamo guardare meglio le cose che sappiamo con certezza, gli elementi che abbiamo raccolto. Interroghiamo di nuovo le persone che vivono e lavorano nella casa, tutte, nessuna esclusa. Mandiamo qualcuno a controllare gli archivi dell’assicurazione, le lettere che non si trovano qui, lì le dovremmo trovare. Chiediamo alla signora Maria Teresa ragione di questa decisione, di tenere separate anche le informazioni sulla salute. E poi, proviamo ad abbandonare almeno un po’ delle cautele. Facciamoci spiegare la storia delle inseminazioni. Parliamo col medico che le ha fatte. C’era un amante? Vediamo di scoprirlo. C’è ancora? Impossibile che nessuno sappia niente. Non facciamoci prendere in giro».
La riunione si sciolse, le facce erano prevalentemente perplesse.