La Palmira fu osso un po’ più duro da rodere, già aveva un cattivo carattere per i fatti suoi, in secondo luogo era spaventata e sospettosa perché non aveva le idee chiare su quanto il magistrato sapeva e quanto non sapeva. Così tutta la prima parte dell’interrogatorio andò avanti a spizzichi e bocconi, con la Palmira che – non si sa se per iniziativa personale o perché lo avesse suggerito il suo avvocato – si faceva ripetere tutte le domande e poi rispondeva a monosillabi, sì, no, con qualche concessione ai non mi ricordo. Tutto questo fino al momento in cui il magistrato si scocciò e le fece alcuni urlacci, mostrando finalmente tutta la sua indole di maschio aggressivo prepotente e prevaricatore. Palmira, chi la conosceva bene lo sapeva, era fondamentalmente una donna timida, e quel costume da femminista-anarchica-barricadera se lo era appiccicato addosso con gli spilli ed era destinato a volarsene via al primo soffiar di vento, lasciandola piuttosto scoperta. Così, dal momento degli urlacci in poi, le risposte furono progressivamente più adeguate e persino più sincere.
Guidata dalle domande, non sempre sapienti, ma prevalentemente congrue del magistrato Palmira raccontò le cose come lei le sapeva, cioè quasi come erano accadute. Se me lo permettete ve le riassumo, la conversazione risulterebbe un po’ troppo frammentata e vorrei evitare le molte ripetizioni.
Dunque, quello che il magistrato non riuscì a far emergere dal colloquio furono le ragioni del grande attaccamento sempre dimostrato dalla Palmira alla signora Maria Teresa e ai suoi figli. Su questo argomento, la Palmira non si sarebbe mai sbottonata nemmeno il primo bottone della camicetta, era un motivo che doveva restare segreto, lei non finiva mai di vergognarsene. Se proprio volete, la verità ve la racconto io, purché non mi facciate domande insidiose su come l’ho saputo: la Palmira, da brava ragazza omosessuale che aveva passato la vita a nascondere la propria tendenza, si era innamorata della signora Maria Teresa dalla prima volta che l’aveva incontrata, e anche soltanto vedersela intorno, raccogliere le briciole delle sue emozioni, poteva esserle utile, le procurava grandi, impagabili contentezze. La signora sapeva di questa passione, e in qualche occasione – nei momenti di maggiore solitudine – aveva persino ricambiato un po’ di quei sentimenti, un po’, soltanto quel poco che basta quando si decide di togliersi una curiosità, come sono veramente le cose dall’altra parte del letto, dare una sbirciata a una sessualità fondata sulla tenerezza, sono molte le donne che vorrebbero saperlo. Prima che le loro fughe dalla realtà diventassero un’abitudine, la signora Maria Teresa si era trovata tra le braccia di un uomo, un uomo che le piaceva molto, e aveva fatto la sua scelta. La Palmira era rimasta, intanto perché non sapeva dove andare, e poi perché quella era comunque la sua famiglia, sesso o non sesso.
Nel racconto della Palmira tutte queste cose non c’erano, ma ce ne erano delle altre, molte altre. La Palmira, ad esempio, era stata testimone dell’incontro tra le due donne, la signora Maria Teresa e la signora Rosa, la prima l’aveva voluta vicino a sé, la seconda non aveva trovato ragioni per escluderla. Il racconto della Palmira non svelò nulla che il magistrato già non sapesse, tranne qualche informazione più precisa sulle cifre. Il primo versamento era stato veramente oneroso, la Rosa aveva un’idea abbastanza precisa sul patrimonio personale della moglie del notaio, soldi suoi, regali del marito, gioielli, che era passato tutto nelle sue mani avide. Per il dopo, la Rosa aveva chiesto di vedere l’assegno mensile del notaio e aveva diviso per tre, lei aveva un socio, aveva sussurrato confidenzialmente, sembrava cercare simpatia e commiserazione, anche lei aveva i suoi guai. I pagamenti erano sempre stati fatti in contanti ed era sempre stata lei, Palmira, a portare i soldi in quella specie di casa per le bambole dove la Rosa abitava, le poche volte in cui non ci era potuta andare era dovuta venire a casa l’ex ostetrica, molto seccata e vagamente minacciosa.
La consegna del denaro era cessata quando avevano scoperto che il notaio era stato informato da qualcuno della sua estraneità ai concepimenti, inutile continuare a fare quei sacrifici così gravosi, tanto valeva lasciare che le cose procedessero secondo il volere del destino. La signora Rosa si era fatta viva più volte, soprattutto nel primo mese, telefonando, andando un paio di volte di persona a cercare la signora Maria Teresa per intimarle di riprendere i pagamenti. Poi doveva aver capito che i suoi strumenti di pressione non avevano più alcuna efficacia, e si era – almeno apparentemente – rassegnata. Dopo la morte del notaio aveva telefonato direttamente a Palmira per dirle che conosceva il nome di chi era responsabile di tutto quel casino, cinquemila euro e lo avrebbe detto, ma solo a lei. Palmira ne aveva racimolati duemila ed era andata a casa sua, nell’orario in cui – ma lei non poteva saperlo – la Rosa era abituata a fare i suoi caldissimi bagni. Aveva trovato la chiave, era entrata senza suonare il campanello, l’aveva trovata immersa nell’acqua fino al collo, tutta rossa in volto, un po’ irritata ma in fondo contenta di vederla. All’inizio avevano blaterato un po’, duemila son pochi, duemila bastano, roba così. Poi la Rosa si era intenerita, forse anche perché di tanto in tanto mandava giù un sorso da una bottiglia che si stava rapidamente vuotando. La conversazione era diventata amichevole, era saltata fuori una bottiglia di cognac anche per la Palmira, e poi altrettanto misteriosamente era scaturita dal nulla una polverina bianca che bisognava annusare, la Palmira sapeva cos’era, non era nata ieri, ma non l’aveva mai provata prima. Alcool cocaina e il gran calore della stanza da bagno avevano fatto effetto su entrambe le donne, e la prima a perdere il contatto con il resto del mondo era stata Palmira, che aveva dormito due ore secche. Al risveglio aveva scoperto che la signora Rosa era passata a un mondo migliore, solo la radice del naso e la fronte emergevano dall’acqua. Aveva messo un po’ d’ordine, cancellato quelle che avrebbero potuto essere tracce della sua presenza in quel bagno, e se ne era tornata a casa, con i duemila euro in tasca, senza il nome del cattivo soggetto. Tutto qui.
Il magistrato, a questo punto, ne sapeva abbastanza, le indagini potevano essere considerate finite. L’unico reato che sopravviveva era il ricatto e l’unico ricattatore superstite era il signor Domenico, povera bestia, che avrebbe pagato per tutti.