6

 

 

 

 

 

La crisi della famiglia scoppiò quando la bambina, Veronica, cominciò le elementari, e il maschio, Matteo, cominciò a frequentare l’asilo nido. A quel punto Annibale entrò in campo, con il fermo proposito di educare i suoi figli secondo i suoi principi, perché i figli erano suoi, come sua era la casa e suo il denaro che serviva a nutrirli tutti.

I bambini furono prima sorpresi, poi impauriti dall’intrusione di quell’uomo nella loro vita, conseguenza logica e inevitabile del fatto che fino a quel momento non si erano praticamente accorti della sua presenza. E Annibale riuscì a rendere difficile la loro esistenza, urlando là dove sua moglie sussurrava, esigendo là dove lei chiedeva, pugno di ferro invece di carezze. E quando vide che i bambini gli facevano resistenza, decise di risolvere il problema alla radice: fece un’incredibile scenata a Maria Teresa, la accusò di ogni possibile misfatto, le diede dell’incapace e della puttana, e alla fine la colpì sul volto con un robusto manrovescio. Davanti ai bambini. Davanti a Palmira. Col preciso intento di intimidire anche loro.

È bene dire subito che non ci riuscì. Si può immaginare la scena. Maria Teresa seduta per terra, un po’ intontita, col naso che sanguina. Lui, Annibale, in piedi davanti a lei, con l’aria ancora minacciosa di chi non ha finito di spiegarsi. Ma con la schiena rivolta ai tre spettatori. E su di lui si scaglia la Palmira, che gli fracassa un vaso di vetro sulla testa, e i due bambini che fanno quello che possono, morsi e graffi soprattutto.

Adesso è Annibale che sta seduto per terra, un po’ intontito, con la testa che sanguina e il mondo che un po’ gli gira intorno e un po’ gli crolla. La Palmira e Maria Teresa sono in piedi sopra di lui, i bambini sono attaccati alla gonna della Palmira e adesso, certo non dovrebbero, ma dai, sono bambini, sembrano godersela un mondo. La Palmira tace, ma le fiammeggiano gli occhi. E Maria Teresa gli dice più o meno, con voce altrettanto serena quanto ferma e decisa:

«Se vuoi finire in prigione, riprovaci. Se vuoi evitare gli scandali, lasciaci in pace: tu al piano nobile, noi al secondo piano. E se tocchi i bambini ti ammazzo».

Per qualche ragione – forse il tono della voce, forse l’espressione degli occhi – Annibale le credette. La notizia della lite non trapelò, le cose continuarono, in apparenza, come prima, ma in realtà in tutti gli anni successivi e fino a quel fatale ultimo giorno, quello in cui Annibale compì i 69 anni e lì si fermò, la vita continuò come Maria Teresa l’aveva programmata, ognuno per i fatti suoi, vita sociale non ne facevano, a messa non andava nessuno dei due, la gente si limitava a dire che erano un po’ strani. I bambini erano diventati adulti e avevano la loro vita: adoravano la loro madre, volevano molto bene alla Palmira e ignoravano il padre. La Palmira continuava a fare le iniezioni di insulina. Maria Teresa aveva raggiunto una sorta di serenità interiore. Annibale sembrava un ghiacciolo, uno di quegli uomini che se gli dai una coltellata nello stomaco, esce un getto di cemento. Questo è quanto è rilevante sapere del passato del notaio Ricci Ribaldi. Adesso dobbiamo dedicare la nostra attenzione a quell’ultimo giorno, che certamente non fu un giorno come gli altri.