Questo non è, proprio non è e non vuole essere, un libro giallo, ma è piuttosto un racconto che riguarda una serie di eventi prodotti dal caso i quali hanno, ad intermittenza, originato involontariamente una serie di atti razionalmente determinati ed è il resoconto di quanto alla fine è risultato dalla confusa contaminazione tra caso e volontà. Un libro giallo che affida svolgimento e soluzione, in qualsiasi misura, al caso, si è già trasformato nel racconto del suicidio dell’autore.
Gli eventi che leggerete li dovete immaginare accaduti in una fase avanzata dell’autunno in una cittadina di mare della riviera romagnola. Non è facile e non è per tutti, lo riconosco, non sono molti coloro che hanno dimestichezza con la riviera romagnola fuori stagione, e quelli che ritengono di conoscerla generalmente si illudono che basti avere una casa aperta d’inverno e andarci per i fine settimana per capire che tipo di vita si è costretti a condurre in questi luoghi, qual è il carattere dei cittadini e che tipo di vento politico ci soffia. Temo che si tratti di illusioni.
In queste piccole città assediate dallo spleen, assumono particolare rilievo le interpretazioni soggettive degli eventi, gioca un grande ruolo la fantasia annoiata, che promuove grandi risonanze affettive a partire da eventi insignificanti: ecco perché può diventare molto importante saper distinguere casualità da volizione, la prima ha comunque diritto di cittadinanza, la seconda viene in ogni circostanza aspramente giudicata. Dal canto mio mi sono molto interrogato sulla possibilità di spiegare gli eventi casuali in modo comprensibile, di tentare almeno una definizione che sia alla portata di tutti. Di provare a metterli in relazione logica con gli eventi ai quali hanno dato origine. Certo, si tratta di fatti che si verificano senza ordine, fatti che non è proprio possibile prevedere. I matematici affermano, a questo proposito, che l’effetto globale di un gran numero di questi eventi resta perfettamente prevedibile, è un modo di formulare la legge empirica del caso: in una serie di prove ripetute nelle medesime condizioni la frequenza relativa di un evento tende a coincidere con la sua probabilità. Interessante, utile per i laboratori e la ricerca scientifica; ma la vita? Personalmente mi è capitato di vivere periodi abbastanza lunghi durante i quali gli eventi casuali sono stati prevalenti e si sono verificati senza sosta, ridendosela delle probabilità e delle sue leggi. Forse non è un caso che la letteratura e la mitologia abbiano trattato il caso con qualche imbarazzo, spesso presentandolo con nomi diversi e attribuendogli storie, leggende e persino intenti differenti: così il caso è stato confuso con il fato, o il destino, o la fortuna, ed è comparso sul palcoscenico della vita indossando vesti diverse, assumendo le sembianze di creature misteriose, come le Parche, le Moire, o le Norne. In realtà, fato e destino non dovrebbero essere minimamente confusi con il caso, visto che si esprimono con una sequenza fissa di avvenimenti non prevedibili, non evitabili e invariabili, laddove il caso è regolato da qualche sorta di legge matematica. Sono dunque ancora alla ricerca di definizioni, al momento non ho altro da offrirvi che questa storia.
Non mi piacciono – debbo premetterlo per correttezza – coloro che collegano il fato all’intervento di un dio che non vuole firmare le sue azioni (timidezza? sensi di colpa?), lo scriveva anche Anatole France che era molto più severo di me nel giudizio; non mi piacciono coloro che immaginano la divinità alla quale fanno costante e fedele riferimento mentre passeggia in incognito per le strade del mondo e combina guasti e miracoli casuali, un dio stocastico con queste propensioni meriterebbe un domicilio coatto nell’Olimpo. Del resto, Cloto, Lachesi e Atropo agivano spesso contro la volontà di Giove, che pure era il loro genitore, e non perché non lo rispettassero, soltanto perché non ne potevano fare a meno, dovevano ubbidire al caso. E non vedo nel caso un correttore di ingiustizie, un protettore degli oppressi, un produttore di magie virtuose. La nature fait le mérite et la fortune le met en oeuvre, scriveva La Rochefoucauld, che chiamava in causa la fortuna, ma certamente pensava al caso. Al momento, mi limito ad essere d’accordo con Esiodo, che definiva il caso «incomprensibile» e lo associava a molti misteri tenebrosi:
Notte poi partorì l’odioso Fato e
l’incomprensibile Caso e Ker tenebrosa e Thanatos, e generò
il Sonno e con lui la stirpe dei Sogni;
non giacendo con alcuno li generò la dea Notte oscura; poi generò
Biasimo, e la tormentosa Miseria
e le Esperidi che, al di là dell’inclito Oceano, custodiscono i bei
frutti d’oro e l’albero che li produce. E ancora partorì le Moire e generò le Kere spietate nel dar le pene:
Cloto e Lachesi e Atropo, che quando un uomo nasce gli assegnano
la sua parte di bene e di male
né mai le dee cessano dalla terribile ira
prima d’aver inflitto orrida pena, a chiunque abbia peccato. E Notte
mortale partorì anche Nemesi, l’assillo della nostra esistenza, e
Frode, e Desiderio, e la fragile Vecchiaia
e la brutale Eris.
Sono certo che prima o poi una definizione riuscirò a trovarla, se ho tempo e pazienza, perché sono sicuro che la troverò per caso. Del resto, è difficile pensare al caso come a un evento di poco conto, Jacques Monod ha scritto il suo Il caso e la necessità per dimostrare che la teoria di Darwin deve essere intesa come un’ipotesi che concepisce l’evoluzione come una somma di eventi casuali e che in ciò non c’è niente di finalistico né per quanto riguarda l’uomo né per quanto riguarda il mondo. Siamo dunque qui, per caso, in attesa che un altro caso meno compassionevole ci porti via. Intanto, in attesa di verificare cosa tiene in serbo il caso per me e di scoprire quale è la lunghezza del filo che ho avuto in sorte, dopo aver tentato invano di capire le teorie di Merton sulle conseguenze inattese, ho scritto questo racconto, che parla di eventi casuali e degli atti apparentemente volitivi che da essi sono scaturiti. La storia, nell’ordine in cui la sequenza di eventi casuali è presentata, è di pura fantasia. Presi singolarmente, gli eventi sono realmente occorsi quasi (quasi!) come li leggerete.