Propositi per il nuovo anno
«Hai intenzione di evitarmi per tutta la sera?»
«Non ti sto evitando».
«Come no».
Chris, seduto sul letto della doppia che condividiamo nell’albergo in cui passeremo il Capodanno, continua a tenere gli occhi fissi sul suo cellulare.
«Vado a fare la doccia» gli dico. In risposta ricevo un cenno della mano.
Quando rientro in stanza la trovo vuota. Apro il borsone che mi sono portata dietro, prendo vestito e costume da bagno. Lancio l’asciugamano sul mio letto e mi preparo per andare alla festa in piscina dove Cadoc sta facendo dj set. Infilo le ciabattine e lascio la stanza portandomi dietro solo le chiavi che Chris ha lasciato sul comodino. È da quando è rientrato da casa dei suoi che fa di tutto per evitare di stare da solo con me. Mi chiedo se si comporti così per via di quel bacio che mi ha dato la notte dell’incendio. La mattina dopo si è limitato a salutare me e Rebecca di sfuggita prima di uscire diretto in stazione, dove ha preso il treno per tornare a casa dei suoi. Nel corridoio incontro Rebecca avvinghiata a Matt.
«Dov’è Chris?» mi chiede mentre andiamo verso l’ascensore.
Alzo le spalle.
«Ad ogni modo è un bene che sia evaporato. Andrew ha un debole per te».
«Capirai, Andrew ha un debole per qualsiasi ragazza che respiri».
Matt sghignazza e Rebecca gli dà una gomitata. Poi torna a rivolgere la sua attenzione a me.
«Non vorrai passare anche l’ultimo dell’anno insieme a Christopher lo strambo?»
Premo il pulsante dell’ascensore. «Non ce la fai proprio a non essere stronza con lui, Becca?»
Matt continua a sghignazzare. «A scuola lo chiamavamo così».
«Chiamavamo
?»
La sua faccia da idiota si fa paonazza. «No, io… beh, qualche volta insieme agli altri, così, per gioco…»
Osservo impaziente il display che segna i piani. Ancora due, uno…
Le portiere si aprono. Mi infilo dentro seguita da Rebecca e Matt che preme il tasto del piano terra.
«Io comunque non gli ho mai fatto nulla» dice.
«In che senso?»
«Alcuni ragazzi lo bullizzavano pesantemente. Io me ne sono sempre stato per i fatti miei, ma alle prese in giro ero costretto a partecipare se non volevo diventare una vittima».
Lasciamo le chiavi alla reception e ci facciamo indicare dove si trova la piscina. Quando entriamo, cerco Chris in mezzo alla folla. La sala è densa di odore di cloro e la musica si confonde con il casino delle voci.
Andrew, l’amico di Matt che avrebbe dovuto dividere la stanza con lui, si avvicina con un bicchiere in mano.
Ci saluta, poi mi rivolge uno sguardo incuriosito. «Dov’è il tuo ragazzo?»
«Se ti stai riferendo a Chris, lo sto cercando anche io. E non è il mio ragazzo».
Lui sorride. «Ok, figo. Ti va di bere qualcosa?»
Non con te. Scuoto la testa. «Aspetterò la mezzanotte. Cadoc?»
Andrew mi indica una piccola pedana all’altro lato della sala. «Si sta guadagnando la serata».
Decido di avvicinarmi. «Vado da lui» dico rivolta agli altri, ma l’unico a prestarmi attenzione è Andrew che ha messo su una faccia da funerale, mentre Rebecca ha già ficcato la lingua in bocca a Matt.
Cadoc mi saluta con la mano mentre mi faccio strada attraverso la calca.
«Rain! Vuoi fare un po’ di dj set?» mi invita a sedermi sullo sgabello accanto al suo. Attorno al computer ci sono diversi bicchieri vuoti.
«Ho bevuto solo drink analcolici» si affretta a spiegare, notando che li sto fissando.
«Ci sono anche quelli?»
«Certo. Ne vuoi uno?»
«Sì. Dove…»
«Stai qui, vado a prendertene uno». Si toglie le cuffie e me le mette sulle orecchie. «Ti lascio il comando. Qui c’è la playlist,» mi indica lo schermo del computer «ma se trovi qualche brano che vorresti ascoltare mentre io ti prendo da bere, fai pure».
«E se mi piacesse la dance degli anni Settanta?»
«Ti pregherei di restare su qualcosa di più moderno» ridacchia. «Fragola o menta?»
«Fragola».
«Torno subito».
«Ah, Cadoc, se vedi Chris avvisami. È sparito e sono un po’ preoccupata».
Lui annuisce e si allontana, mentre io inizio a scorrere l’elenco delle canzoni. Cadoc ha degli ottimi gusti in fatto di musica. Mi blocco quando scorgo il titolo della canzone che Evan e io abbiamo cantato in spiaggia l’anno scorso. Sono sei mesi che non ho sue notizie. Sono stata più volte sul punto di scrivergli, ma ogni volta ho rinunciato.
«Eccomi, ti ho preso un drink alla fragola».
Cadoc mi raggiunge con due bicchieri in mano. Afferro quello che mi porge e bevo un sorso.
«Non ho visto Chris da nessuna parte, se vuoi posso andare a cercarlo…»
«No, se non si farà vedere andrò io. Tu stai lavorando, non voglio disturbarti. Dovrebbe farsi vivo prima o poi, dato che le chiavi della nostra stanza le ha lasciate a me».
«Dividete la camera?»
Faccio un cenno di assenso. «Ma siamo solo amici». Per un attimo mi tornano in mente le sue labbra che si posano sulle mie. Poi la sua freddezza. Forse definirci amici non è proprio esatto, ma non so più nemmeno io cosa siamo.
«Mhmm» Cadoc toglie l’ombrellino verde che era immerso nel suo drink e lo lascia accanto al portatile. «Buono a sapersi».
Sorrido. «Ti piace Chris?»
«Cosa?» Lui scoppia a ridermi in faccia. «Tu hai pensato che io… che io… oh Dio, mi sa che devo migliorare i miei metodi comunicativi».
«In che senso?»
«Nel senso…» si schiarisce la voce. «Non mi piacciono i ragazzi, ma le ragazze, e per essere più precisi, mi piaci tu».
«Cosa? Ma io credevo… cioè, tu e Chris sembravate aver stabilito una specie di connessione, non so se…»
«Sì. Ammetto che quel ragazzo mi interessa, ma da un punto di vista… professionale diciamo. Ho capito al volo che ha bisogno di aiuto, e il tuo modo di fare iperprotettivo nei suoi confronti me ne ha dato conferma. E a proposito, se sei preoccupata per lui, forse sarà meglio andare a cercarlo, che ne dici?»
Do un’occhiata all’orologio del computer: manca solo un’ora alla mezzanotte e non vedo Chris da quando ho lasciato la stanza, intorno alle dieci e mezza.
«Sì, sarà meglio che vada».
«Sicura di non volere che venga anche io?»
«No. Tranquillo, torno in camera e lo chiamo al cellulare». Mi alzo e lascio il bicchiere accanto al portatile. «Se dovesse farsi vedere, digli che lo sto cercando».
«Ok». Attraverso la sala facendo lo slalom in mezzo alla folla che è già parecchio su di giri. Rischio più volte di cadere in piscina e un tizio mi rovescia il suo drink sul vestito. Che schifo.
«Ma dove eri finita?» Mi sento tirare per un braccio e quando mi volto vedo Rebecca con il viso rigato di lacrime. Mi assale il terrore che sia successo qualcosa a Chris.
«Che è succe…»
«Matt è uno stronzo!»
Oh, Dio, grazie. Tiro un silenzioso sospiro di sollievo mentre il mio cervello elabora una via di fuga dallo sfogo di Rebecca, che arriverà tra tre, due...
«Ha baciato un’altra!» piagnucola. «E quella stronza era pure una sfigata… Cos’ho che non va?»
Che strazio. «Becca, tu non hai niente che non va…» Io invece devo proprio andare. «Scusami, ne parliamo dopo».
«Dove stai andando?» Si passa una mano sulla guancia e tira su con il naso. Le rifilo la prima scusa che mi passa per la testa. «Ho bevuto un drink tremendo, credo di avere bisogno di vomitare».
Mi guarda schifata e finalmente mi lascia andare. Torno a muovermi in mezzo alla calca e ho quasi raggiunto l’uscita quando vado a sbattere contro qualcuno.
«Rain».
Oh no. Non ci credo.
«Matt» sospiro esausta. «Scusami, sono di fre…»
«Hai visto Becca?»
«No. Ora devo proprio…»
«Devi aiutarmi a cercarla» dice afferrandomi per il polso. Che palle.
«No, Matt, lasciami andare, devo…» Ma lui ignora le mie proteste allontanandomi dall’uscita e mi riporta in mezzo alla calca. Dannazione.
Mi trascina dietro di sé costringendomi a saltare bicchieri e piatti vuoti. In mezzo al casino, perdo una ciabattina. Tento di fermare questo idiota, ma lui è troppo preso a spiegarmi la situazione.
«Mi ha visto con Noreen, ma non è come pensa. Stavamo insieme l’anno scorso, e lei ha provato a baciarmi, ma io…»
«Matt, fermati, la mia ciabatta…» Mi volto in tempo per vedere un gruppo di ragazzi seppellirla per sempre sotto le proprie scarpe. Torno a guardare la schiena di Matt e prego che inciampi, ma dato che prosegue imperterrito decido di giocare di astuzia.
«Becca! Fermati, Matt ti vuole parlare» urlo a una ragazza bionda che le somiglia vagamente. Matt si ferma e allenta la presa sul mio polso, e io ne approfitto per sgusciare lontano da lui.
Una volta fuori, mi permetto di fermarmi solo un istante per prendere fiato e imporre al mio cuore di calmarsi. Tolgo l’altra ciabattina e mi affretto a raggiungere la reception per riprendere le chiavi. Ignoro lo sguardo perplesso della receptionist e corro su per le scale, incurante dello schifo che sento sotto la pianta dei piedi.
Raggiungo il nostro piano, entro in camera, lancio la ciabatta sulla moquette e prendo il cellulare che avevo lasciato sul comodino. Faccio partire la chiamata e lo incastro tra spalla e orecchio mentre mi siedo sul bordo del letto per infilare le Converse. Chris però non risponde. Manca mezz’ora alla mezzanotte.
Esco dalla stanza e percorro il corridoio dell’hotel. Venti minuti alla mezzanotte. Compongo nuovamente il numero.
Rispondi.
Respiro. Rispondi. Respiro.
Quattro squilli, cinque, sei…
La chiamata viene interrotta dalla segreteria. Sento l’ascensore fermarsi al piano, le portine aprirsi. Mi affretto per raggiungerlo e infilarmi dentro, ma mi blocco quando vedo Chris uscirne a testa bassa. Sta bene. Quando rialza la testa e mi vede, si ferma.
Ci fissiamo in silenzio.
«Perché non hai risposto alla mia chiamata?».
Lui scrolla le spalle. «Sto aspettando una telefonata importante, non voglio tenere la linea occupata…»
«Perché sei sparito così, senza dire nulla?» Non risponde. Mi avvicino a lui. «Perché mi stai evitando da quando…»
«Sono andato a fare un giro qui intorno. Avevo bisogno di stare da solo».
«Quindi non te ne è fregato un accidenti del fatto che io potessi preoccuparmi per te».
«Mi dispiace».
«Dove sei stato?»
Si lascia sfuggire un sospiro esasperato. «Che importa? Ora sono qui».
«Chris, non puoi sparire per quasi un’ora senza dire niente e…»
«Ti ho già detto che mi dispiace!» alza la voce. «Che altro dovrei dirti?»
Resto in silenzio. Poi faccio per superarlo.
«Aspetta» mi afferra una spalla e mi tira contro di sé. Ha indossato il dolcevita nero, quello che gli ho regalato per Natale. «Mi dispiace davvero, non voglio farti preoccupare. È solo che… questi giorni ho bisogno di starmene un po’ per conto mio».
«Pensavo ce l’avessi con me».
Si allontana per tornare a guardarmi. «Come ti è venuto in mente?»
Comincio a giocherellare con il ciondolo che ho al collo. «Non lo so, sei cambiato dopo che… ho pensato che c’entrasse il fatto che… sì, insomma, che ci fossimo baciati la sera dell’incendio».
«No» mi interrompe fissandomi serio.
«No?»
«Non mi sono pentito di averti baciata, se è questo che intendi» Mi rivolge un sorriso storto. «Da parte mia, non è cambiato niente».
«Nemmeno da parte mia» mi affretto a dire. «Però forse dovremmo parlarne. O forse no. Di sicuro vorrei sapere perché ti sei comportato come se fossi invisibile da quando…»
«Quanti minuti mancano alla mezzanotte?»
La sua domanda mi ricorda che il tempismo non è la mia dote migliore. Dovrò aspettare un momento più adatto per riprendere il discorso. Guardo il mio telefono. «Quindici».
«Prendo la macchina fotografica allora. Se vuoi comincia ad andare, ti raggiungo in piscina…»
«No, ti accompagno».
Quando entriamo in camera lo vedo guardare perplesso la mia ciabattina, abbandonata sul pavimento.
«Ho perso l’altra in mezzo al casino che c’è di sotto» spiego prima che possa chiedermelo.
«Magari c’è un principe che ti sta cercando per ridartela». Prende la custodia dalla valigia e la infila sulla spalla.
«Chi ha bisogno di un principe quando ci sono le Converse?»
Lasciamo la stanza e ci infiliamo dentro l’ascensore.
Premo il pulsante del piano terra mentre lui si appoggia alla parete in ferro. «Secondo te le cose rotte si possono sempre aggiustare?» chiede fissando un punto indefinito di fronte a sé.
«No. Ma vale la pena tentare».
Mi guarda un istante, poi torna a voltarsi. «Casa mia è su due livelli. Uno dei gradini è rotto. È così da quando ero bambino. Con il tempo, non ha fatto che peggiorare. È pericoloso e instabile. Mia madre si è fatta male a causa sua. Mi ha chiesto di aggiustarlo. Non ne sono stato capace, ma non volevo che mio padre iniziasse a darmi contro, così ho detto che era a posto. Lui… Lui ci è passato per andare in camera, ha perso l’equilibrio ed è caduto».
Le portine si aprono. «Ora è ricoverato in terapia intensiva».
Si sforza di sorridere. «Non preoccuparti, io sto bene. Andiamo?»
Lascio le chiavi e il cellulare in reception, raggiungiamo la piscina e avanziamo in cerca dei nostri amici. In mezzo a questo casino si soffoca.
La voce di Cadoc che inizia il countdown ci raggiunge dalla sua postazione.
«Dieci!»
«Propositi per il nuovo anno?» mi chiede Chris.
«Respirare» borbotto mentre qualcosa, forse un bicchiere, mi fa inciampare. Chris tenta di afferrarmi, ma qualcuno mi urta con forza.
«Sei!»
Non riesco ad afferrare la mano di Chris. Cado all’indietro.
«Tre!»
Cerco di aggrapparmi alla maglietta di un ragazzo, ma le mie dita smuovono l’aria densa di odori dolciastri.
«Due!» La folla scandisce gli ultimi secondi che ci separano dal nuovo anno mentre i miei piedi perdono il contatto con il pavimento.
«Uno!»
Finisco in acqua. Tento di riemergere, ma nel farlo vado a sbattere contro il gomito di una ragazza. La folla si sta riversando in acqua come uno sciame di insetti impazziti. Vengo spinta di lato e sbatto la testa contro il bordo della piscina. I suoni si attutiscono e davanti ai miei occhi una serie di puntini luminosi comincia a danzare. Mi sento tirare per un braccio.
L’ultima immagine che attraversa la mia mente sono due occhi neri, gli occhi di un bambino.
Poi tutto scompare.