Restare
RAIN
La notte possiede una strana immobilità.
È morbida e dolorosamente quieta, gentile e silenziosa in modo crudele.
Porta con sé tutta la sofferenza dei tuoi giorni, tutto il caos che ti si agita dentro, e te lo sbatte in faccia per milioni e milioni di istanti che si susseguono senza fine.
Restituisce ricordi perduti, tormenta ferite mai richiuse, ti inganna con una promessa di pace, ma nel silenzio immoto della notte, quelle che ci accarezzano e ci cullano sino a farci crollare esausti sono le assenze.
La musica della notte è fatta di questo: silenzio assordante di voci assenti, echi di vite sbiadite in un ricordo.
Perché in fondo ogni vita non è altro che questo. Un’eco che si riverbera nelle vite degli altri.
La vita di Adam, stanotte, si riverbera nel respiro di Evan, nel suo pianto silenzioso, nelle lacrime che scaldano il suo cuscino.
«Quando… quando passerà?» chiede sottovoce.
Gli accarezzo piano una guancia.
«Non passa, Ev. Ti diranno che è così, ma non è vero. Diventa parte di te e smette di dilaniarti ogni notte, di tenerti sveglio e di rincorrerti e raggiungerti quando meno te lo aspetti. Ma non passa, ed è giusto così, perché altrimenti significherebbe che li abbiamo dimenticati».
Sospira e mi attira più vicino a sé.
Mi ha prestato una sua maglietta per dormire, e si è cambiato dandomi le spalle per tutto il tempo, permettendomi di prepararmi per la notte senza che il suo sguardo si posasse su di me.
Eppure adesso, sotto le coperte, i nostri corpi sono così vicini da sembrare uno solo.