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RAIN
Cadoc dorme profondamente. Io invece non riesco a prendere sonno, come al solito. Il telefono che ho lasciato sul comodino comincia a squillare. Quando allungo la mano per afferrarlo vengo colta da un capogiro. Ho esagerato con il vino. Scosto lentamente il braccio che Cadoc tiene attorno alla mia vita e mi alzo. Barcollo un po’, mi scoppia la testa. Stringo le dita attorno al telefono e rispondo sottovoce.
«Pronto?» Non ottengo risposta.
«Pronto?» ripeto a voce un po’ più alta non appena raggiungo il corridoio.
«Ti ho svegliata?»
Evan. Mi ha chiamata.
«No, tranquillo».
Tra noi cala un silenzio imbarazzato. «Come è andata la cena?» chiede.
«Chi ha fatto la spia?»
Lo sento ridacchiare. «Posso dirti soltanto che il nome del colpevole inizia con la C».
Rido a mia volta, pervasa da uno strano senso di leggerezza. «La cena è andata bene, a parte per…» mi blocco, prima di lasciarmi sfuggire qualcosa di troppo.
«Ti hanno detto del battesimo?»
«Sì. E non ho avuto esattamente una reazione da buona amica».
«Non sei stata l’unica».
Di nuovo silenzio.
«Ev?» lo chiamo mentre con la schiena mi appoggio alla parete del corridoio.
«Mh?»
«Sei felice?»
Esita. «Ci provo. Tu?»
«Ci provo».
«Rain…»
«Mh?»
«Sono contento che tu mi abbia scritto. Avrei voluto farlo io, ma…»
«Anche io sono contenta di averlo fatto. E… No, niente».
«E…?»
«E non so se riuscirò mai a essere davvero felice, Ev. Sono un disastro, vorrei andare avanti ma…»
«Ma ti senti sempre ferma allo stesso punto».
Sorrido debolmente. «Già». Vado in cucina per prendere una pastiglia. Dalla finestra filtra la debole luce di un lampione. «Come mai sei ancora sveglio?»
«Sono arrivato ora a Dublino. Ero a Cork».
Incastro il cellulare tra l’orecchio e la spalla mentre mi verso da bere. «Tutto a posto?»
«Sì, mi alterno tra Dublino e Cork, ho ripreso a suonare con la band…»
«Ma è fantastico» esclamo prima di portare il bicchiere alle labbra.
«Adam avrebbe voluto così».
«Sono sicura che sarebbe fiero di te».
«Sì, ma non se sentisse quanto sono arrugginito con la chitarra».
«Oh oh, qualcuno qui fa il modesto».
«Attenta, Cappuccetto, sai che amo le sfide».
Rido nel sentirlo chiamarmi di nuovo così e non mi rendo conto della presenza di Cadoc qui in cucina sino a che non accende la luce.
Per poco il telefono non mi scivola dalla spalla. Lo afferro giusto in tempo, mentre Cadoc mi guarda frastornato. Ha i capelli scompigliati, la faccia assonnata e il segno del cuscino su una guancia.
«Va tutto bene?» biascica.
«Sì Cadoc, è tutto a posto».
«Ti aspetto a letto» dice con uno sbadiglio. «Non fare tardi, domani partiamo presto».
Quando sparisce in corridoio, riprendo la conversazione con Evan.
«Scusami, era…»
«Era il tuo ragazzo?»
Mi blocco, colta alla sprovvista.
«Cassidy mi ha detto che stai frequentando un compagno di college».
Alzo gli occhi al cielo, maledicendo lei e la sua boccaccia. «Sì, ho iniziato a frequentarlo qualche mese fa. Tu, invece…»
«No. Cioè, non proprio. Non ho molto tempo per le ragazze. Sto frequentando l’ultimo anno di specialistica, e in questi mesi sono rimasto indietro per stare vicino alla nonna».
Mi appoggio al mobile del lavandino. «Non sta bene?»
«No, non sta bene. Ma la conosci, è una tipa tosta, sono sicuro che si riprenderà».
«Lo credo anche io. E… Ev?»
«Mh?»
«La mia promessa è sempre valida».
«Anche la mia».
Esito. Vorrei dirgli che mi dispiace di essermene andata l’anno scorso, che mi manca.
«Sarà meglio che vada, o domani non mi sveglierò in tempo…»
«Aspetta. Io…» sospira. «No, niente. Buonanotte, Rain».
«Buonanotte, Ev».
Torno in camera e mi rimetto a letto.
«Con chi eri al telefono?» Cadoc si sfrega gli occhi e mi fissa preoccupato.
«Un amico».
«Che genere di amico?»
«Buonanotte, Cadoc».
Lui biascica qualcosa in risposta mentre io gli poso un bacio sulla fronte.
Quando allungo la mano per spegnere la luce mi sembra che l’anello che mi ha regalato, che ho messo all’anulare sinistro, stringa più del normale.