La principessa e la mela d’argento
RAIN
«Rain, tesoro, siediti qui accanto a me».
La mamma accarezza l’erba che cresce sulla scogliera. Si è seduta per terra con un libro in mano. Prima abbiamo fatto le foto ai fiorellini gialli, poi li abbiamo raccolti per regalarli a papà.
«Mi leggi una storia?» le chiedo sedendomi vicino a lei. Ha un profumo buonissimo. Sembra un fiore. Forse è per questo che si chiama Liliam.
«Quale storia vuoi sentire?» Mi fa una carezza sulla testa.
Le do il fiorellino che ho raccolto per lei e lo mettiamo tra le pagine, così si secca. «La bambina della pioggerellina».
«Ma quella storia l’ho inventata io, non serve il libro» dice con un sorriso. «Vuoi sentire quella?»
Dico sì con la testa e lei rimette il libro nella borsa. Mi prende sulle ginocchia e io comincio a giocare con il ciondolino a forma di mela che ha al collo. Mi piace staccare e riattaccare i due pezzi.
«C’era una volta una bambina tanto triste, anche se era una principessa».
«Perché era triste?»
«Perché non aveva più la mamma e il papà».
«Come te?»
«No, Rain. Io ho sia la mia mamma che il mio papà».
«E perché non vengono mai a trovarci? E noi perché non andiamo dai nonni?»
«Perché loro sono arrabbiati con me».
Smetto di giocare con la melina, che rimane divisa a metà. «Hai fatto da cattiva?» chiedo confusa. La mamma mi sgrida sempre quando faccio da cattiva, quindi penso che lei non lo faccia mai, altrimenti perché dovrebbe dire a me di non farlo?
«No, non ho fatto da cattiva. Ma a volte facciamo delle scelte che agli altri non piacciono».
«Come quando la zia Maureen ti ha detto di non tagliarti i capelli?» Glieli tocco. Sono morbidi, anche se sono più corti. Sembra una fatina, la fatina di Peter Pan.
«Esatto. Vuoi che continui a raccontarti la storia?»
Dico sì con la testa e continuo a giocare con un filo dei suoi capelli.
«La bambina era tanto triste, e si sentiva tanto sola perché il suo principe era partito lontano per combattere. Piangeva e piangeva, e piangeva così tanto che le sue lacrime diventarono pioggia».
Questa parte fa sentire triste anche me, ma non troppo, perché so già cosa succede dopo.
«Qualcuno la faccia smettere! Esclamò il fornaio. Ho cucinato delle torte buonissime, ma la pioggia me le sta rovinando!» Rido, perché la mamma è proprio buffa quando fa le voci. «Fatela smettere! Si lamentò il contadino. Mi rovina la verdura, e le galline non fanno più le uova!»
«Le galline» ripeto con una risatina. Questa è la parte che preferisco.
«Co-cococodé! Starnazzarono le galline, ma nessuno le capì».
«Come vorrei che smettesse di piovere, pensò il principe alla finestra. Quando piove, non si vedono le stelle».
«E come ha fatto a farla smettere?»
«Aspetta, non essere impaziente. Adesso ci arrivo».
Le tiro un po’ i capelli, per vedere se si allungano. Ma restano piccoli. No, corti.
«Il principe arrivò a Dublino da Cork…»
«Come il tuo amico?»
Lei sorride. «Sì, come lui. E le portò una medicina per farla smettere di piangere».
«Ma la medicina non servette» dico io.
«Non servì».
«Non servì» ripeto sottovoce.
«Il principe allora decise di regalarle una mela d’argento che cresceva nel suo albero. Ma la pioggia l’aveva rovinata, e la mela si era spaccata».
«La pioggia è cattiva?» le chiedo. Mi sento triste perché io mi chiamo come una cosa cattiva. «Rovina le torte, la verdura e fa arrabbiare le galline. E il principe è triste perché non può vedere le stelle. E la mela d’argento si è spaccata a metà». Metto il musino mentre provo a riattaccare i pezzi della melina. «Non voglio chiamarmi come una cosa brutta».
«Oh, amore, è solo una storia. La pioggia, quella di cui porti il nome, è preziosa e necessaria. Io la amo, proprio come amo te».
«Raccontami come finisce» dico un po’ più felice, perché ho il nome di una cosa che piace alla mamma.
«La bambina prese la melina d’argento, e per gratitudine verso il principe smise di piangere e lasciò che lui potesse guardare le stelle. Il fornaio, dopo mesi di siccità, non poté più fare le torte, perché le mucche e le pecore non ebbero più erba da brucare e non produssero più latte. Il contadino non ebbe più verdura nell’orto. Le galline furono le uniche felici, ma nessuno le capì. Il principe, che aveva iniziato ad amare la pioggia, si ritrovò senza mele d’argento. Tornò allora a Dublino, e si riprese metà della mela che aveva donato alla principessa. Quando lei lo scoprì, le dispiacque molto e riprese a piangere. Il principe di Cork allora le disse che si sarebbero incontrati di tanto in tanto, e in quell’occasione la melina sarebbe tornata tutta intera. In quei giorni, non cadeva nemmeno una goccia di pioggia. Ma quando i due si separavano, le lacrime della principessa tornavano a bagnare i campi, e ci furono erba da brucare, torte da infornare, verdure per la zuppa, uova per la colazione».
«Un giorno anche io troverò un principe che mi regalerà una melina?» chiedo guardando la mamma negli occhi.
«Sì tesoro. Se vuoi, un giorno ti darò metà della mia, in attesa che il tuo principe ti porti l’altra». Mi aspetto che sorrida, ma non lo fa.
Mi allontano da lei, e mi accorgo che l’ambiente intorno a noi è cambiato. Siamo in casa, ma io non sono più in braccio a mia madre. Lei sta piangendo, seduta accanto alla finestra. Fissa una culla da cui proviene il pianto di un neonato.
Mia madre si volta verso di me. È giovane, più giovane di me adesso. Mi trapassa con uno sguardo disperato.
«Fatela smettere… Fatela smettere, questa bambina non fa altro che piangere. Fatela smettere».
Papà si avvicina alla culla e prende in braccio la bimba con i capelli rossi. Un altro ragazzo, sulla trentina, si avvicina a mia madre.
«Lily, sono io, Dominic».
Lei lo guarda, ma non sembra vederlo.
«Stai prendendo i farmaci che ti ha prescritto il tuo medico?»
Lei scuote la testa.
«Li ho dati alla bambina, ho pensato che avrebbe smesso di piangere».
Dominic fissa mia madre smarrito, ma si riprende in un istante. Si volta verso mio padre con aria allarmata. «Porta la piccola in ospedale, John. Subito!»
Papà mi avvolge nella copertina e corre fuori dalla stanza.
Osservo la scena senza riuscire a respirare. Mi manca l’aria. Soffoco.