Mai voltarti indietro
DUNCAN
«Sei sicuro di quello che stai facendo?»
Jade mi raggiunge in corridoio mentre l’infermiera è dentro la stanza.
«Sì». Asciugo il viso con la manica del giubbotto. Sentirla gridare il mio nome mi ha straziato e per un attimo sono stato tentato di ripensarci, entrare là dentro e prenderla tra le braccia, dirle che la amo e voglio passare tutta la vita con lei. Ma non posso. Non sono nemmeno stato in grado di aiutarla quando si è sentita male e se non fosse stato per Jade… Non sono nemmeno salito in ambulanza. Non mi reggevo in piedi. Sono rimasto dentro casa, a fissare il tappeto su cui qualche minuto prima eravamo sdraiati io e lei, aspettando che il dolore passasse, chiedendomi cosa avrei potuto offrire a mio figlio oltre al mio egoismo.
«Stalle vicino come mi hai promesso, Jade. Non dirle dove sto andando, dille solo che mi dispiace e che la amo».
Riprendo in mano il borsone che stamattina ho preparato con il suo aiuto. «E porta qualche fiore in quel cortile dove ho sepolto Doge, ogni tanto».
Lui mi guarda dispiaciuto. «Le do il tuo numero, però. Gesù, Duncan, aspetta un figlio da te, che cazzo, c’ha già pure una specie di minuscolo cuore quell’affarino, l’hai sentito battere pure tu, cioè».
I suoi occhi si fanno lucidi. Lo stringo forte e lui ricambia la stretta. «Datti una ripulita, Donovan, e torna a trovarci presto».
Sorrido. Nessuno mi chiamava così da tanto, troppo tempo ormai. «Grazie di tutto, Jade».
Mi allontano da lui e lascio l’ospedale. Fuori c’è un’auto che mi aspetta. Alle mie spalle, una vita che ha già resistito alla prima tempesta, un cuore piccolo come il ciondolo che ho restituito a Rain. Non ho mangiato né dormito in questi giorni. Le sono stato vicino nell’unico modo che conosco, da lontano, accampato fuori dalla porta, Jade che mi dava notizie, le infermiere che mi passavano davanti e mi vedevano per quello che sono. Una soltanto mi ha fatto entrare, stamattina, una giovane irlandese di Derry. Mi ha fatto sentire quel piccolo battito e io ho pianto.
Arrivo all’uscita, oltre la porta a vetri Ned mi aspetta appoggiato alla sua Ford. Lo saluto, carica il mio borsone nel cofano, mi siedo dal lato passeggero. Esce dal parcheggio e si immette sulla strada. Guardo il cielo. Non mi volto mai indietro.