Il nostro primo bacio
RAIN
La luce della sera estiva si insinua tra i rami del melo, illuminando il prato di un tenue bagliore rosato.
Seduta sotto la sua fronda, la schiena poggiata al tronco, le gambe lasciate scoperte dal vestito di cotone che indosso, stringo tra le mani il diario che Evan mi ha regalato dopo il funerale di Adam. Tra queste pagine ho racchiuso i mesi più belli e difficili della mia vita, quelli che mi hanno portata a trovarmi qui, oggi. Forse prima o poi ne farò un libro, non lo so. Per ora mi accontento di scrivere queste pagine per mia figlia, perché possa conoscere la mia storia, un giorno.
Quando sono stata dimessa dall’ospedale a Londra sono rimasta qualche giorno a casa di Michael. Jade è stato di parola, mi ha aiutato come poteva. Non appena sono stata meglio sono tornata a Howth. Riona mi è stata vicino durante la gravidanza e nei primi mesi di vita di Sinead. Lei che ha dovuto crescere un figlio da sola è stata l’unica a capire come mi sentivo, a rispettare i miei silenzi e i momenti in cui non avevo voglia di alzarmi dal letto nemmeno per dare da mangiare alla bambina. Non ce l’avrei mai fatta senza di lei. E senza l’amore di Evan.
L’ho rivisto al primo compleanno del figlio di Cassidy e Conor, l’anno scorso. Lei era al sesto mese della seconda gravidanza, io al terzo. La mia pancia non si vedeva ancora ma tutti i nostri amici sapevano che ero incinta. Non l’ho mai nascosto, né me ne sono mai vergognata. Mia figlia non è stata un errore, né il frutto di una leggerezza. È tutto ciò che mi rimane di un ragazzo che ho amato più della mia stessa vita.
C’era una volta una bambina tanto triste, anche se era una principessa, perché non aveva più la mamma e il papà.
Era tanto triste e si sentiva tanto sola perché il suo principe era partito lontano per combattere. Piangeva e piangeva, e piangeva così tanto che le sue lacrime diventarono pioggia...
Scrivo l’ultima riga e poso la penna a terra.
Quando è arrivato a casa dei nostri amici, Evan era da solo. Si muoveva con difficoltà, le costole che si era fratturato un mese prima nell’incidente non erano ancora guarite. Abbiamo parlato tutta la sera. Mi ha detto di Danielle, del figlio che ha perso quando era un ragazzino, di quello che c’è stato tra loro. Si sono lasciati pochi giorni dopo che lui ha avuto l’incidente. Sono rimasti amici.
«Perché?» gli ho chiesto.
«Perché non è con lei che voglio stare. Una volta ti ho detto che l’amore vero non è egoista, e se necessario sa lasciar andare la persona amata. Ma ti ho anche promesso che ci sarei sempre stato, se avessi avuto bisogno di me. E ora sono qui con te. Sono qui per voi».
E mentre posava una mano sul mio maglione e mi accarezzava la pancia, ho capito che non sarei mai potuta cadere davvero. Perché qualsiasi scelta io avessi fatto, lui ci sarebbe stato per aiutarmi a rialzarmi. Come Adam.
È stato lui a proteggermi quando ho avuto l’incidente con papà. Non mia madre. Era questo che mi aveva bisbigliato all’orecchio.
Quando avrai bisogno di me, io ci sarò ”. Evan e Adam mi hanno fatto la stessa promessa.
«Ti amo, Rain. Torna con me. Non è troppo tardi per ricominciare. Concediamoci di sbagliare. Cadiamo. E rialziamoci. Ma facciamolo insieme».
L’ho fatto.
Gli ho permesso di starmi vicino. E mentre lo guardavo cambiare i pannolini di mia figlia, aiutarmi a darle il latte, sorridere mentre Sinead muoveva i primi passi, ho capito che volevo averlo nella mia vita. Nelle nostre vite. Ho capito che non ho mai smesso di amarlo.
Dopo aver venduto la casa della nonna, ho comprato gli spazi per il centro ricreativo. Lo abbiamo intitolato alla memoria di Ellen, che se n’è andata la sera in cui Evan ha avuto l’incidente.
«Me lo farai leggere, quando avrai finito?»
Mi volto verso di lui. Seduto accanto a me, tiene Sinead tra le braccia. È l’unico che riesce a farla addormentare, resta sveglio ogni notte e canta fino a che lei non prende sonno. Le bacia la testa, le sue mani così grandi e forti eppure gentili.
«Ricordi il saggio musicale che ho fatto a scuola, prima del diploma?»
Annuisco. «Hai cantato quella canzone, com’è che faceva… perché non ce ne andiamo».
«Perché non ce ne andiamo in un posto che solo noi conosciamo».
«Sì. E mentre la cantavi avevi quello sguardo».
«Quale sguardo?»
«Quello che di solito nascondevi dietro un’aria strafottente. Quello che ogni tanto riuscivo a scorgere e che mi ha fatto capire che stavo cominciando a sentire qualcosa per te. Perché credi che ti abbia permesso di baciarmi, alla festa?»
«Non era per via di Duncan?»
«Non solo. Provavo qualcosa per te».
Sollevo la testa per osservare la fronda del melo che si staglia sopra di noi. Il cielo si sta facendo via via più scuro e il vento porta con sé l’odore dell’erba, dei fiori, del mare. «Perché siamo tornati qui, Ev?»
«Perché questo posto è quel posto. Un posto che solo io e Adam conoscevamo prima che lo scoprissi anche tu. E ora, qui è dove posso ancora sentirlo vicino».
Mi guarda dritto negli occhi, quegli occhi in cui sono ancora capace di perdermi e ritrovarmi ogni volta. «E volevo ci fosse anche lui, in un certo senso, quando ti avrei detto quello che sto per dirti. Mi sono innamorato di te due volte. La prima è stata a scuola, ma entrambi sappiamo come è andata a finire. La seconda è stata quando ti ho ritrovata, quando mi hai lasciato avvicinare tanto da portarmi ad aprirti il mio cuore. E non so più quante volte ti ho lasciata andare. Ma se le ultime volte l’ho fatto senza lottare, la prima volta non è stato così.
Quando hai lasciato la festa, ti ho seguita in macchina con Conor. Ma sono arrivato troppo tardi. Dopo, sono passato in ospedale, ma come mi avevano detto tu non ricordavi più nulla del nostro anno insieme. Non ti ricordavi di me.
Ho capito che il nostro momento non era ancora arrivato, ma ero sicuro che ti avrei incontrata di nuovo prima o poi». I suoi occhi si fanno malinconici. «Perché ti avevo fatto quella promessa».
Mentre mi racconta quello che è successo, brevi flash attraversano la mia mente.
Devo avere sbagliato stanza. Stavo cercando… Stavo cercando una ragazza.
È la tua fidanzata?
No, non lo è. Ma credo di essermi innamorato di lei.
Lo sa?
Gliel’ho appena detto.
Sarà felice.
Non credo. L’ho lasciata andare, e non so se ci ritroveremo mai.
Non ti ho baciata per gioco, Rain. L’ho fatto perché ti amo. Quando avrai bisogno di me, io ci sarò. Almeno questo, ti prego, non dimenticarlo.
Non mi aveva lasciata andare. Non lo ha mai fatto veramente.
«Non ho mai capito per quale motivo mi hai promesso una cosa del genere» dico piano, sfregandomi gli occhi con il dorso della mano.
Lui mi accarezza una guancia. «È la promessa che avevo fatto a Adam quando eravamo bambini, proprio qui dove siamo seduti adesso. E ora, sotto questo albero, vorrei fartene un’altra. Sono qui, oggi, e ci sarò anche domani, e ogni volta che ne avrai bisogno» Sinead riapre gli occhi e allunga una manina verso di lui. Evan la afferra e lei gli sorride. Lui la guarda con amore, poi torna a fissarmi serio. «Prometto di starvi vicino sempre, di condividere con voi gioie e dolori…»
«Aspetta, Ev. Non stai per dire quello che penso, vero?»
Si apre in un mezzo sorriso. «Di sopportare i vostri difetti e amarli quanto i vostri pregi. Vuoi ricostruire la nostra vita da dove l’avevamo lasciata?»
«È una sfida, Byrne?»
«Sì. La più grande di tutte».
Il vento gli accarezza i capelli. Non ha più la barba e sembra tornato il diciottenne che ha scatenato un uragano nel mio cuore. «E dovremmo ripartire da un bacio?»
«Sì, Donovan. Da quel meraviglioso primo bacio».
«Lo vuoi fare veramente?»
Avvicina il viso al mio, sfiorandomi le labbra. «Solo se dopo non mi mordi».
Lo bacio. E ho di nuovo diciassette anni, sto baciando un ragazzo meraviglioso, che mi ama e che mi ha aspettato. Per tutti questi anni, ha aspettato di poter ricominciare con me.
E io voglio farlo. Ricominciare, con lui.
Non per dimenticare il passato, o le persone che ci sono state. Ma perché lo amo.
E stavolta non ci sono scommesse, o risatine alle nostre spalle. Solo il silenzio della notte e il fruscio del vento tra i rami.
Nessun battito d’ali. Solo le nostre labbra che si promettono amore in silenzio.