Epilogo
Casa dolce casa.
Per alcuni è l’odore dell’arrosto del pranzo domenicale, per altri le coccole del cane o le fusa del gatto quando ci si chiude la porta d’ingresso alle spalle.
Per me era l’odore dei biscotti allo zenzero di mia madre e il sorriso di mio padre.
E non mi è mai sembrata una frase tanto reale come in questo momento.
Casa è un posto in cui tornare e trovare qualcuno che ci stava aspettando.
È il profumo di legna che brucia nel camino, di sapone per bambini, delle camicie di mio marito. È la serie di foto che teniamo sopra le mensole in salotto, dei nostri amici, della signora McCarty, di mamma e papà, del nostro matrimonio, dei figli di Cassidy e Conor, del bimbo di Thomas e Lauren, del primo giorno di scuola di Sinead.
È l’odore di carta dei libri che ho scritto, dei fiori essiccati tra le pagine, dei capelli dei miei figli mentre li stringo tra le braccia.
È il rumore della pioggia che è caduta quando è nato il mio secondogenito.
È la voce di Evan che canta per lui sino a che non prende sonno.
«Will you fall on me, falling like the Rain ».
Lo guardo. Seduto accanto a me sul letto, resta sveglio ogni notte sino a che i nostri bambini non si addormentano.
«Vai a dormire, Ev. Domani hai lezione».
«I miei studenti capiranno se arrivo in ritardo».
Accarezza la guancia di nostro figlio.
«Ti amo» gli dico. «Vi amo. Siete tutta la mia vita».
Mi bacia. «Vi amo anche io».
Poi bacia il nostro bambino sulla fronte. Lui riapre gli occhi, neri come i suoi, e gli sorride.
E una minuscola fossetta gli si affaccia sul mento. Le sue ditina si serrano intorno al mio indice. Evan posa la sua mano sulle nostre, che accarezza piano. Una piccola piramide di mani. Poi sorride a nostro figlio.
«Buonanotte, Adam».
***
Se un giorno vi capiterà di visitare Dublino, fate una sosta da Dubray Bookshop, al numero 36 di Grafton Street, e date un’occhiata tra gli scaffali, potrebbe capitarvi sottomano una raccolta di miti irlandesi illustrata da John Donovan, o uno dei romanzi scritti da sua figlia. Uscite e percorrete la strada fino alla Bachelors Walk, si tratta di fare cinque minuti a piedi, e lì passate per l’Ha’ Penny Bridge. Potreste attraversarlo proprio il giorno in cui un artista irlandese, naturalizzato americano, ha deciso di mettere in scena una performance chiamata Due mezzi Penny . Lui è un uomo di cinquantacinque anni, vestito in modo elegante, che se ne sta fermo a ventuno metri dall’inizio del ponte, perfettamente a metà, e aspetta di trovare qualcuno con cui raggiungere l’altra estremità. Al fortunato passante racconterà in breve la propria vita, gli offrirà una sigaretta da un vecchio pacchetto di Luckies che si porta appresso da trentasei anni. Vi dirà che quel pacchetto gliel’ha lasciato suo padre e lui lo lascerà un giorno a suo figlio Ian, un ragazzo londinese che ha adottato e cresciuto come se fosse suo.
Vi dirà che ogni volta che cade la pioggia lui lascia che gli cada addosso, perché ha fatto una promessa a una persona, trent’anni fa, e alla fine ha imparato a mantenerle, le promesse.
Se ci passaste oggi, a dieci minuti dalla fine della performance, potreste vedere una donna con i capelli rossi che sale i gradini del ponte, arriva a metà e si ferma di fronte a lui. Potreste vedere quest’uomo biondo, con gli occhi verdi, rispecchiarsi in quelli della donna che ha davanti. Potreste vedere le lacrime di entrambi scorrere sui loro volti, la donna lanciarsi tra le sue braccia e chiamarlo con l’unico nome che per lei ha un senso. Non Duncan Donovan, né Duncan Ferguson.
Semplicemente papà.
Mi chiamo Sinead Byrne, mio padre è Evan Byrne, ma l’uomo che mi ha messo al mondo è quello che ora, su questo ponte, mi stringe a sé e piange in silenzio. È l’uomo con cui arriverò dall’altra parte mentre mi racconta la sua storia, quella che non si trova scritta nei libri di mia madre.
È la metà di me che devo ancora scoprire, quella che mi ha lasciato in eredità l’amore per l’arte, per Joyce, una collana con un cuore di granato, il colore degli occhi, le ginocchia un po’ storte, l’allergia ai mirtilli e un amore smisurato per mia madre.
Mia madre che mi ha insegnato a correre, a essiccare fiori tra le pagine dei libri, ad amare incondizionatamente e a perdonare. Mia madre che prima di andarsene mi ha pregato di non commettere i suoi stessi errori, di non chiudere fuori le persone che amo e che mi amano. Mia madre, che posso sentire vicina ogni volta che cade la pioggia. Mia madre, che mi ha lasciata l’anno scorso senza rimpianti, perché per trent’anni è stata felice con papà. Ora mi è rimasto lui, i miei fratelli Adam e John, mia sorella Ellen.
E l’uomo che adesso cammina al mio fianco su questo ponte.
Arriveremo alla fine, scenderemo i gradini, prenderemo un caffè in una caffetteria all’aperto, poi torneremo a Howth, saluteremo la nonna che non lo vede da trentacinque anni, faremo una sosta al faro dove il tempo ha sbiadito il suo nome e quello di mia madre, poi andremo a raccogliere dei fiori gialli sulla scogliera e li porteremo al cimitero di St. Fintan’s dove lei riposa in attesa di ritrovare il suo amore. Forse leggeremo la storia di Aillin e Baile, o forse canteremo una vecchia ballata che tanto le piaceva.
Oh Danny Boy, le cornamuse stanno chiamando,
di valle in valle e dal fianco della montagna.
L’estate se n’è andata e tutti i fiori stanno appassendo,
e così tu devi andare e io devo aspettare.
Ma torna indietro quando l’estate sarà nei campi
o quando la valle sarà candida e coperta di neve
e io sarò qui, nel sole o nell’ombra
oh Danny Boy, oh Danny Boy ti amo tanto.
E se tu verrai, quando tutti i fiori staranno appassendo
e io sarò morta, perché morta potrei ben essere,
verrai e troverai il posto dove giaccio
e inginocchiati e dì un “Ave” lì per me.
E io ti sentirò, anche se ti muoverai con passo leggero sopra di me
e tutti i miei sogni si scalderanno e addolciranno.
Se non dimenticherai di dirmi che mi ami
dormirò semplicemente in pace finché non mi raggiungerai ”.
Fine