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5 luglio 1987

 

Tutto inizia con un mal di pancia dopo il panino e le patate fritte intinte nel ketchup. Nina è seduta sotto un ombrellone di fronte al chiosco delle patatine, pochi tavolini di ferro colorati che sovrastano le tre vasche delle piscine comunali. Sta ascoltando La Isla Bonita di Madonna, si lecca il sale rimasto sui polpastrelli e osserva con aria sognante un biondo abbronzato che si tuffa dalla piattaforma dei cinque metri. Immerge le dita nella vaschetta vuota per raccattare le briciole salate nelle scanalature della plastica. Étienne si dondola sulla sedia sorseggiando un diabolo alla fragola, Adrien dà un morso a una pesca troppo matura che gli sgocciola su mani, bocca, gambe, dappertutto.

Nina guarda spesso Étienne e Adrien. Non lo fa mai di sfuggita, i suoi occhi si posano su una parte del loro corpo e non la mollano più. È una cosa che mette a disagio Étienne, il quale non fa che dirle: «Piantala di guardarmi in questo modo». Adrien se ne frega, Nina è così, senza freni.

Di nuovo fitte alla pancia, poi un liquido tiepido che le cola tra le cosce. Nina capisce. Non le va per niente, non di già, è troppo piccola, compie undici anni tra un mese... Credeva che le mestruazioni venissero alle medie, tra la seconda e la terza. O magari anche finite le medie, mentre lei entra in prima fra due mesi... “Che vergogna” pensa, “se le altre sanno che le ho già penseranno che sono una ripetente”.

Si alza, si avvolge intorno alla vita un piccolo asciugamano ruvido, che tuttavia basta a coprirle i fianchi. È magrissima. «Fil di ferro» le dice sempre Étienne per provocarla. Nina gli restituisce il walkman senza aprire bocca e va verso lo spogliatoio femminile. Di solito entra in una cabina di quello maschile per spogliarsi e rivestirsi più in fretta.

Étienne e Adrien sono rimasti seduti. Nina è partita come una freccia senza dire una parola. Quei tre non si separano mai senza dire dove stanno andando.

«Ma che ha?» fa Étienne con la cannuccia tra le labbra.

Adrien nota che lo sciroppo gli ha fatto diventare la lingua rossa.

«Boh» risponde. «Forse l’asma».

Quel giorno Nina non torna al chiosco. Ha una macchia marrone sul costume da bagno. Si cambia a tutta velocità e si infila nelle mutande un po’ di carta igienica appallottolata, sembra che abbia un rigonfiamento tra le gambe. Si ferma alla Petite Coopérative e con i soldi avanzati dalle patate fritte compra degli assorbenti. Un pacchetto da dieci, quelli che costano meno.

Arrivata a casa, il cane Paola la guarda con aria strana dimenando la coda, la annusa, poi si volta e torna in giardino da Pierre Beau, il nonno di Nina, che non si è accorto del ritorno della nipote. Va al piano di sopra e si chiude in camera sua.

Fa parecchio caldo. Vorrebbe essere con Étienne e Adrien nella fossa, la piscina più profonda, quattro metri, dominata da tre trampolini da uno, tre e cinque metri. La fossa è troppo profonda perché l’acqua si riscaldi. La sfida quotidiana consiste nell’arrivare a toccare il fondo gelido dopo essersi tuffati.

In serata Étienne telefona a Nina. Anche Adrien, ma lo fa nello stesso momento, quindi trova occupato.

«Perché te ne sei andata senza dire niente oggi pomeriggio?».

Lei è incerta su come rispondere, pensa a una bugia, ma a che pro?

«Mi sono venute le mestruazioni».

Per Étienne le mestruazioni vengono solo alle ragazze che hanno il seno e i peli sotto le ascelle, alle madri, alle donne sposate, non a Nina! Étienne fa ancora le raccolte di figurine degli album Panini e si succhia il pollice di nascosto.

Nina è come lui. Étienne ha visto le Barbie che tiene una accanto all’altra in camera sua.

Dopo un lungo silenzio dubbioso le chiede:

«L’hai detto a tuo nonno?».

«No... Mi vergogno».

«E ora che fai?».

«Secondo te?».

«Forse non è normale alla tua età».

«Pare che dipenda dalle madri. Se la mia le ha avute a quest’età è normale. Ma non c’è modo di saperlo».

«Ti fa male?».

«Sì. Tipo crampi. Come quelli che vengono quando mangi quello schifo di minestra di cipolle».

«Sono contento di non essere una femmina».

«Be’, tu farai il servizio militare».

«Forse, ma sono contento lo stesso. Vai dal dottore?».

«Non lo so».

«Vuoi che ti ci accompagniamo?».

«Magari sì, ma mi aspettate fuori».

 

*

 

I tre si sono conosciuti dieci mesi prima nel cortile della scuola Pasteur il primo giorno di quinta elementare.

È l’età della confusione, quella in cui i bambini non si somigliano più. Alti e bassi. Già adolescenti o ancora immersi nell’infanzia. Alcuni dimostrano quattordici anni, altri otto.

Il primo giorno di scuola tutti gli alunni che devono cominciare la quinta sono riuniti nel cortile della scuola Pasteur. Di fronte a una sessantina di volti la maestra Bléton e il maestro Py fanno l’appello fianco a fianco.

È la mattina in cui si sperimentano i colpi di fortuna e quelli di sfortuna, la mattina in cui si impara a fare la differenza tra i due.

Ogni bambino, anche quelli che non hanno mai fatto catechismo, prega in silenzio che sia la maestra Bléton a chiamarlo. Il maestro Py ha una pessima fama. Generazioni di ex alunni hanno raccontato ai fratelli minori di quello stronzo patentato che non si fa scrupolo ad assestare ceffoni, sollevare un bambino da terra afferrandolo per il colletto o sfasciare sedie contro il muro quando è arrabbiato. Ogni anno sceglie un capro espiatorio e non lo molla più, in genere qualcuno che va male. «Quindi ti conviene studiare come si deve o sei morto».

Maestra Bléton, fila di destra. Maestro Py, fila di sinistra. Fanno l’appello in ordine alfabetico.

Si sentono contenuti sospiri di sollievo nella fila di destra, qualcosa nel portamento della testa che ringrazia il cielo, spalle che si rilassano, ed espressioni da condannati a morte sulle facce di quelli che vanno a sinistra.

Quella mattina alla scuola Pasteur c’è un silenzio di tomba. In cortile risuonano soltanto le voci dei maestri che, a turno, chiamano gli alunni che cominciano per A.

Adam Éric, fila di destra.

Antard Sandrine, fila di sinistra.

Antunès Flavio, fila di destra.

Aubagne Julie, fila di sinistra.

Poi tocca alla B.

Beau Nina, fila di sinistra.

Beauclair Nadège, fila di destra.

Beaulieu Étienne, fila di sinistra.

Bisset Aurélien, fila di destra.

Bobin Adrien, fila di sinistra.

È così che il 3 settembre 1986 Nina Beau, Étienne Beaulieu e Adrien Bobin si ritrovano in classe insieme. Dato che i due maschi sembrano paralizzati, Nina li prende per mano e li trascina nella fila davanti al signor Py. Étienne si lascia condurre. C’è da vergognarsi a farsi prendere per mano da una femmina, ma non se ne rende conto, è schiacciato dal doppio verdetto: l’hanno separato dal suo amico Aurélien e sta con il maestro Py. Alla Pasteur, dalla prima alla quarta, tutti vedono quell’ultimo rettilineo prima delle medie come una prova da superare. «Ti hanno messo con Py, cavolo, con quello è un inferno».

Uno accanto all’altro, tutti e tre aspettano la fine dell’appello.

Étienne è molto più alto degli altri due. Ha lineamenti sottili, capelli biondi e pelle chiara da bambino perfetto, come quelli delle illustrazioni, con occhi azzurro piscina che colpiscono.

Adrien è castano scuro, sempre spettinato, capelli come spighe indomabili, magro, con la pelle lattiginosa, talmente timido che sembra nascondersi dietro se stesso.

Nina ha la grazia di una cerbiatta. Sopracciglia e ciglia nere su occhi d’ebano. Dopo due mesi d’estate ha la pelle scura.

Il signor Py osserva i suoi futuri alunni da dietro gli occhiali, sembra soddisfatto, sorride e dice loro di seguirlo in classe, dove si ferma davanti alla lavagna.

Sempre lo stesso spaventoso silenzio. Passi e gesti congelati.

Ognuno sceglie il proprio banco a caso. Quelli che si conoscono si mettono insieme. Con un colpetto d’anca Étienne spinge via Adrien per sedersi accanto a Nina. Adrien abbozza e si piazza dietro di lei. La guarda e si dimentica del maestro, si perde nelle sue trecce, nei capelli castani più scuri alla radice e imbionditi dal sole sulle punte, nei due elastici, nella riga nel mezzo, nei bottoni di madreperla del vestito di velluto rosso, nella peluria del collo. La bellezza vista di schiena. Lei percepisce il suo sguardo e si gira per rivolgergli un sorriso malizioso, un sorriso che lo tranquillizza. Ha un’amica. Potrà tornare a casa e dire alla madre: «Ho un’amica». Spera che Nina mangi a mensa come lui.

«Potete sedervi».

Il signor Py si presenta, scrive il proprio nome sulla lavagna. La tensione si allenta, in fondo sembra abbastanza gentile, quasi sorridente, spiega le cose con calma. Forse è cambiato. Dicono che i grandi possono migliorare con il tempo.

La mattinata passa in fretta. Distribuzione dei libri di testo da rivestire quella sera stessa e non domani.

«Detesto la procrastinazione» dice il signor Py frugando nella cartella di cuoio.

Silenzio incerto nell’aula.

«Vedo che non conoscete il significato della parola».

Si alza, passa il cancellino sul proprio nome e scrive sulla lavagna: Procrastinazione, dal verbo della prima coniugazione Procrastinare, e lo sottolinea tre volte.

«Significa rimandare a domani quello che potete fare oggi».

Poi chiede a ogni alunno di alzarsi a turno, dire il proprio nome e cognome e dichiarare il proprio punto debole e quello di forza.

Nessuno si muove.

«Be’, dormite in piedi? Ora vi sveglio io! Procediamo a caso».

Indica la vicina di banco di Adrien, una biondina pallidissima che si alza.

«Mi chiamo Caroline Desseigne, sono brava nella lettura, il mio punto debole è che soffro di vertigini...».

Caroline arrossisce un po’ e si risiede.

«Il prossimo! Quello accanto a te» dice Py.

Adrien si alza. Ha la fronte rossa, le mani umide, il terrore di parlare davanti a tutti.

«Mi chiamo Adrien Bobin. Anch’io vado bene in lettura... Il mio punto debole... è che ho paura dei serpenti».

Nina alza la mano. Il professore la invita a parlare con un cenno del capo.

«Mi chiamo Nina Beau. Il mio punto di forza è il disegno... Quello debole l’asma».

Dopo di lei si alza Étienne.

«Non hai alzato la mano!» tuona Py.

Silenzio.

«Va bene, è il primo giorno. Di solito il primo giorno non ho ancora il piede che mi prude, le vacanze l’hanno stancato. Rimettiti seduto. Se vuoi parlare alzi la mano. Il prossimo!».

Étienne si risiede subito sudando freddo. Gli tremano le mani.

È mezzogiorno, la campanella risuona in tutte le classi. Nessuno osa muoversi. Il signor Py dice di presentarsi a quelli che non l’hanno ancora fatto. Étienne alza la mano più volte, ma il maestro lo ignora fino a quando non li manda tutti a pranzo.

Uscendo dalla classe Étienne e Adrien aspettano Nina davanti alla porta, come per riformare il gruppo. Arrivando, l’amica trova Étienne indispettito.

«Ha fatto presentare tutti tranne me» geme.

«A proposito, come ti saresti presentato?» domanda Nina.

«Étienne Beaulieu. Il mio punto di forza è lo sport, il mio punto debole... non lo so... sono abbastanza bravo in tutto».

«Non hai difetti?» chiede Nina.

«Non credo».

«Non hai paura di niente?» si stupisce Adrien.

«No».

«Neanche in una foresta di notte da solo?».

«Non penso. Non lo so. Dovrei provarci».

Corrono tutti e tre fianco a fianco, sono in ritardo di venti minuti per la mensa.

Nina al centro, Adrien alla sua destra, Étienne alla sua sinistra.

 

 

 

Alunno: Bobin Adrien. 25, rue John-Kennedy, 71200 La Comelle. Nato a Parigi il 20 aprile 1976, francese.

Padre: Bobin Sylvain. 7, rue de Rome, 75008 Parigi. Bancario. Nato a Parigi il 6 agosto 1941, francese.

Madre: Simoni Joséphine. 25, rue John-Kennedy, 71200 La Comelle. Ausiliaria puericultrice. Nata a Clermont-Ferrand il 7 settembre 1952, francese.

Altro responsabile legale, indirizzo, professione, data di nascita, nazionalità, telefono domicilio, telefono lavoro.

Persona da chiamare in caso d’emergenza: Joséphine Simoni, 85 67 90 03.

 

Alunno: Beaulieu Étienne Jean Joseph. 7, rue du Bois-d’Agland, 71200 La Comelle. Nato a Paray-le-Monial il 9 giugno 1976, francese.

Fratello: Paul-Émile, 19 anni. Sorella: Louise, 9 anni.

Padre: Beaulieu Marc. 7, rue du Bois-d’Agland, 71200 La Comelle. Funzionario statale ad Autun. Nato a Parigi il 13 novembre 1941, francese.

Madre: Beaulieu Marie-Laure nata Petit. 7, rue du Bois-d’Agland, 71200 La Comelle. Funzionaria di tribunale a Mâcon. Nata a La Comelle il 1° marzo 1958, francese.

Altro responsabile legale, indirizzo, professione, data di nascita, nazionalità, telefono domicilio, telefono lavoro.

Persona da chiamare in caso d’emergenza: Bernadette Rancœur (collaboratrice domestica), 85 30 52 11.

 

Alunno: Beau Nina. 3, rue des Gagères, 71200 La Comelle. Nata a Colombes il 2 agosto 1976, francese.

Padre: ignoto.

Madre: Beau Marion. 3, rue Aubert, 93200 Saint-Denis. Professione sconosciuta. Nata a La Comelle il 3 luglio 1958, francese.

Altro responsabile legale: Pierre Beau (nonno). 3, rue des Gagères, 71200 La Comelle. Impiegato delle Poste, vedovo. Nato il 16 marzo 1938, francese.

Persona da chiamare in caso d’emergenza: Pierre Beau, 85 29 87 68.